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CUORE SELVAGGIO 11 страница



- Signore, non permettere che la mia lingua continui a muoversi goffamente. Dammi la forza di tacere e l'umiltà di abbassare la testa di fronte all'ingiustizia...

Le sue lacrime sono corse un istante, ma si asciugano al contatto della sua pelle ardente. Qualcosa come un presentimento la scuote. Ha sentito che un caldo sguardo l'avvolge. Qualcuno l'osserva, qualcuno è vicino a lei. Bruscamente, gira la testa ed un brivido la scuote...

- Renato! No... no...!

Monica fugge. Pretende di fuggire, schivare a Renato. Non sente la forza di resistere ora al suo sguardo di fronte a lei, davanti, di ascoltare le sue parole che crede cariche di rimproveri. Vuole esulare da quel tormento, ma non può. Egli l'ha seguita, ha attraversato anche il piccolo tempio e la ferma chiudendolo il passo appena pesta i quadri del giardino che li circonda, rimproverandola:

- Fuggi come se avessi visto il demonio. Perché?

- Non ti avevo visto. Finii di pregare e...

- Non mentire! - l'interrompe Renato -. Perdonami se ti sembro brusco e rude, ma abbiamo la fiducia di fratelli. Ti guardai e ti considerai sempre come la più fraterna delle amiche, e presto saremo realmente fratelli.

- Non si è fratelli per il sangue! - protesta Monica, doluta per il rimprovero di Renato.

- Vedo che per me non vuoi esserlo, ed è proprio per quel motivo il mio impegno di parlarti.

- Non vale la pena. Disturberò poco. Credo che domani stesso possa ritornare a Saint-Pierre e aspettare nella mia casa madre ed Aimé e.

- Tanto male ti senti nella mia? Tanto spiacevole ti risulta la mia presenza? Perché suppongo che non sarà quella della mia povera madre che ti ha colmato di attenzioni che fino ad oggi era incantata da te, quello che... - si interrompe e, adottando un tono affettuoso, domanda -: Monica, che cosa hai? Mentre pregavi ti vidi piangere. Sarebbe necessario essere cieco per non darmi conto che anche adesso stai lottando con le tue lacrime. Soffri. .. vedo che soffri.... Ma, perché? Per chi?

Con che terribile sforzo sottomette Monica il cuore che gli è sboccato. Con che sfoggio di volontà suprema inghiotte il nodo di lacrime che l’ha avvolta nella gola come una serpe, e stringe le mani inchiodandosi le unghie nella pelle, mentre il pallido viso si rasserena, mentre trova miracolosamente la sufficiente forza per rispondere fredda e cortese.

- Sei molto gentile preoccupandoti per le mie lacrime. Ma non gli dare più importanza di che quella che hanno: un po' di eccitazione nervosa ed un po' di nostalgia per la pace del mio convento. Ti assicuro che non è più che quello.

- È che prima ti esprimesti in una maniera che... - respinge Renato.

- Che non poteva offendere nessuno - si ribella Monica, distorta ma contenendosi mediante un supremo sforzo -. Mi limitai a domandare a mia sorella se era sicura del suo sentimento. Credo che nel matrimonio sia preferibile pentirsi un'ora prima che un minuto dopo.

- In effetti; ma, perché Aimé e dovrebbe pentirsi? In che cosa puoi essere sicura di pensare che non sono degno di lei?

- Io non ho mai detto questo! - nega vivamente Monica.

- Non è necessario dirlo visto che l’hai fatto capire con ogni chiarezza - si lamenta Renato con una certa amarezza -. C'è qualcosa in me che non ti piace per tua sorella. Cambiasti totalmente, smettesti di essere la mia amica da quando ti rendesti conto che l'amavo.... È la verità. E parliamo chiaro d'un colpo: da quando uscisti dal convento, le poche volte che ci siamo visti mi hai trattato con freddezza, con antipatia... quasi potrei dirti con odio. Perché? Che cattiveria ti ho fatto? Nessuna, vero? Che cosa puoi avere contro me bensì la paura che non faccia felice tua sorella? Che vizi vedi in me? Che difetti mi trovi?

Un'altra volta Monica l'ha guardato in silenzio, contenendo le sue emozioni. Un'altra volta ha fatto il miracolo di rimanere fredda e serena, soffocando quella verità che sembra battergli le tempie col battere del suo cuore. Un'altra volta è riuscita a rispondere cortesemente, con qualcosa di simile ad un sorriso:

- Quello che dici è puerile, Renato. Chi può trovare in te un difetto? Sei l'uomo più ricco dell'isola, il più importante dopo il Governatore, e nonostante che egli prima venga la maggior parte della gente. Hai nome, fortuna, gioventù e talento. A che cosa meglio di te può sperare una donna?

- Eccedi nell'elogio, o sei crudele nel tuo scherzo. Se io ho tutto quello, che cosa hai tu contro me?

- Niente, Renato. Che cosa posso avere? Viviamo in mondi differenti, e questo non è il mio; per quel motivo risulto incomprensibile agli occhi di molti, ai tuoi in primo luogo. Dimenticati di me che si dimentichino tutti. Permettimi di tornare a Saint-Pierre, e sarò felice, tanto immensamente felice come desidero che arrivi ad essere tu. Dimenticati di me, Renato. È tutto quello che devi fare.

- Monica... Monica...! - richiama Renato vedendo che questa si allontana con passo rapido.

 

- Il mio Renato, che cosa succede? Che cosa hai? - domanda Aimé e, avvicinandosi sollecita al suo fidanzato -. Sei distorto, molto pallido, e non credo che valga la pena. Non devi fare il minimo caso di quanto si è detto...

- Parlavo con Monica...

- Lo so. La vidi passare correndo. Uscii a cercarti, perché mi immaginai che saresti venuto dietro a lei e non potevo consentire che mi calunniasse...

- Calunniarti? - si sorprende Renato -. Non disse niente di te. Che cosa poteva dirmi? Sono io che, per quello che ho visto, non la soddisfo come cognato...

- Ti disse quello? - esclama Aimé e nel colmo dello stupore.

- È troppo chiaro affinché non lo capisca. Credo che non mi trovi degno del tuo amore e che la disturbi vedere come mi vuoi.

Aimé e ha fatto un sforzo per contenere un sorriso divertito che soffoca nelle sue labbra, e respira dopo profondamente, sentendosi sicura di sé stessa, gode come mai della situazione, con forza e potere per decidere tre vite al suo capriccio e, accondiscendente, gli rimprovera:

- Il mio caro Renato, è incredibile che ti fidi tanto poco dei tuoi meriti che dia tanta importanza alle sciocchezze di Monica...

- Tu gliela desti primo di me. Se sono sciocchezze, perché ti alterasti in quella maniera?

- Io non sono più che una debole donna. Tu, invece, sei l'uomo forte, saggio, intelligente.... la cosa migliore è che ti dimentichi degli scatti di Monica.

- È precisamente quello che mi ha chiesto ella: che la dimentichi che le lasci tornare domani stesso a Saint-Pierre per aspettare lì il vostro ritorno.

- Mi sembra molto azzeccato, ma non che ella vada via da sola. Sarà meglio che ritorniamo tutte e tre che sistemiamo là le cose mentre tu le sistemi qui che ordini di riparare a gran velocità la casa della capitale che è il posto indicato affinché passiamo la nostra luna di miele, e quando abbiano trascorso quelle cinque settimane indispensabili per tutto questo, sposiamoci mentre Monica ritorna al suo convento che è il posto che più gli confà. Che prenda finalmente l’abito e che professi. - E con una giovialità che è piuttosto ironia, dichiara -: E che preghi per noi che preghi per i nostri peccati, poiché ha scelto quella strada per arrivare al cielo.

- Te ne vai anche tu? Mi lasci?

- Per alcuni giorni solamente, il mio stupido caro. È indispensabile. Se dobbiamo sposarci, ci sono mille cose che devo disporre. Se siamo ufficialmente promessi per sposarci, non è molto corretto che io viva nella tua casa che dormiamo sotto lo stesso tetto. Non ti sembra?

L'ha baciato con un lungo bacio ardente, chiudendo gli occhi, per caso sognando che sia un'altra bocca quella che bacia, ed un istante trascinato per quello mulinello, risponde Renato al suo bacio di fuoco, sussurrando:

- Aimé e... vita mia...!

- Ed ora, formali - consiglia Aimé e, reagendo -. Vado a disporre le cose affinché presto ci portino domani a Saint-Pierre. Io lo dico a madre e... – si interrompe vedendo alcuni passi di Yanina, e non può fare a meno di lanciare un'esclamazione di sorpresa - Ah...!

- La signora Sofí a aspetta il signor Renato nelle sue stanze - avvisa la meticcia, adottando un tono umile -. Lo prega che vada immediatamente.

- Con lei non si guadagna che spaventi, Yanina - scherza Aimé e con intenzione maligna -. Che cosa è quello che si mette ai piedi per pestare come i gatti?

- Il mio desiderio di servire ai D'Autremont, signorina. Non c'è stata fino ad ora in questa casa niente che sorprende né da occultare...

- Né c’è neanche ora, Yanina - rimprovera rudemente Renato -. Lei può omettere le reticenze.

- Perdono, signore. Io dissi solo...

- Sentii perfettamente quello che disse. Non voglio continuare a parlare della questione, poiché ho chiarito il punto totalmente ed assolutamente. Non ci sono misteri, ma di tutto si può parlare non davanti alla servitù.

- Che cosa? - si sorprende ora Yanina.

- Sarà molto salutare che lo ricordi - calca Renato. Dopo, cambiando l'espressione, si rivolge ad Aimé e -: Col tuo permesso, vedo che cosa vuole madre.

- Ed anche io vado dalla mia gente. Fino ad allora, vero?

- Fino a sempre, la mia vita...

Si è inclinato, portandosi alle labbra la mano di Aimé e e baciandola con tenero rispetto. Poi si sono allontanati ambedue per distinte rotte, mentre, inclinata davanti il, ardendo le guance abbasso come l'offesa di un schiaffo, Yanina rimane immobile, tesa, fino a che lo sguardo scuro e sereno dell'uomo che si avvicina, si fissa in lei ed osserva:

- Yanina, che cosa fai qui?

- Niente, zio... - schiva la meticcia facendo un vero sforzo.

- A quello si applicano tutti in questa casa: a non fare niente. E quelli che sono nel campo, se io non fossi sempre attento, col frustino nella mano, non ci sarebbe neanche lì chi si muovesse. La mia vita la lascio nelle nuove piantagioni di canna che stiamo facendo! Si sono dissodati quattro appezzamenti in scalino, quasi fino alla cima alta del monte. Mi piacerebbe che il signore Renato lo vedesse. Dovrebbero dire che si unisca al ritorno di lì. Mi senti? - brontola Battista. Ed osservando distintamente l'estranea espressione di sua nipote, indaga -: Ma che cosa è che hai? Sembra quasi che piangi. Che cosa ti è successo?

- Niente. Il signore Renato si è degnato ricordarmi che non sono qui più che una domestica. Lo disturbò che avvicinandomi lo vedessi baciando a quella Molnar... a quella Aimé e che non è più che un qualunque...

- Ma come osi...?

- Chiunque può vederlo. Basta guardarla. Ma il signore Renato è sordo e cieco, perché non vuole né sentire né vedere. Bene, è meglio che io taccia, zio.

- D’accordo. Credo che sia meglio che taccia se dici spropositi. La signorina del Molnar sarà la nostra padrona tra cinque settimane come mi dicesti.

- In Campo Reale non ci sarà mai più che una padrona: la signora Sofí a. L'altra che non venga.... Meglio che non venga, perché gli andrà troppo male se viene!

- Ma che cosa dici? Troppo male?

- Ed io sarò quella che si occuperà di questo!

- Che cosa fai, Monica? Vedo che affretti le cose...

La voce di Aimé e è arrivata fino a Monica battendo i suoi nervi in tensione, fermandola, per lasciarla immobile di fronte alla piccola valigia che sta mettendo in ordine. Si trovano nell'ampissima camera da letto che le hanno destinato in quella specie di palazzo campestre, la più semplice delle tre, nonostante i ricchi tendaggi, i levigati piani, i lussuosi e ben curati mobili...

- Puoi lasciarmi un momento in pace, Aimé e?

- Non ti preoccupare. Non vengo a discutere né a fare ti rimproveri. Al contrario. Non ci sarebbero motivi di esserci. Sono incantata dalla tua magnifica iniziativa di tornare quanto prima a Saint-Pierre. L'idea è, naturalmente, del mio più assoluto piacere.

- Me l'immagino. So quanto desideri perdermi di vista.

- In questo caso, perdere di vista il mio futuro palazzo, la mia futura famiglia ed il mio futuro regno...

- Dove vuoi arrivare con ciò?

- Comprenderai che anche madre ed io andiamo via. Glielo ho già detto ed è rimasta poco più o meno che con un attacco di nervi. Sarebbe conveniente che la calmassi, tu che sai farlo. La povera madre ha un sacro orrore da che c'esuli Renato, ma io no. So che l'ho ben sicuro e benché ti faccia male sentirlo voglio dirtelo un'altra volta.

- Non mi fa male. Lamento moltissimo di avere detto quello che dissi. Per quel motivo voglio ritornare a Saint-Pierre; ma ritornare io sola. In nessun modo che per causa mia si interrompa la vostra visita.

- Per te non si interrompe niente, sorella. Calmati. Io sono quella che vuole andare via, io sono quella che è stufa di tutto questo.

- E, tuttavia, pretendi di sposarti con Renato - confuta Monica senza potere ammorbidire il tono violento della sua voce -. Perché non sei leale con lui? Perché mi obblighi a fare quello che non voglio fare? Se continui così, mi obbligherai a parlargli chiaramente.

- Non credo che oserai. Oggi perdesti un'occasione stupenda. Avresti potuto sincerarti, parlargli del tuo amore, ma l’unica cosa che ti è riuscito fu fargli capire che non ti piaceva per cognato. Perché, naturalmente, me lo disse. Egli mi racconta tutto. Fino ai suoi più reconditi pensieri mi appartengono. Ed è un bambino, sai? È un bambino tonto... e suppongo che la cosa sia abbastanza buona per continuare ad essere tonto fino alla fine dei suoi giorni.

- Se sapessi come mi ripugni quando parli così! Come ti odio quando...!

- Che confusione di sentimenti fai, sorella! - l'interrompe Aimé e con una risatina soave -. Mi odi perché sei gelosa, e sei gelosa perché lo vuoi.

- Vuoi tacere subito? Che cosa è ciò che pretendi? Farmi diventare matta?

- Calmati, Monica, e non gridare. Indovinasti dicendo che non sono sicura dei miei sentimenti e, naturalmente, voglio farlo prima di sposarmi.

- Che cosa dici, Aimé e? - si rassicura la novizia.

- Cercare la mia verità in alcuni giorni di riposo e di isolamento. Voglio tornare a Saint-Pierre per questo: per essere sola. Per chiarirmi di come sono realmente le cose; per decidere se mi sposo con Renato, o se non mi sposo. Faccio quello che tu chiameresti esame di coscienza. Può essere che mi sposi. Sono troppi i vantaggi che Renato mi offre. Può essere che non mi sposi che preferisca la libertà alla ricchezza. Nel secondo caso... - la sua voce non può mascherare l'ironia che l'invade -: Nel secondo caso, mia cara sorella, ti darò una prova della mia generosità che tanto hai messo in dubbio. Te lo restituirò!

Come un lampo di speranza ha attraversato l'anima di Monica, benché le ultime parole di sua sorella la feriscano e l'offendono. Dubita, lotta, vacilla, si ritorce in quella dura battaglia ostinata contro sé stessa, mentre quasi affabile, quasi sorridente, gode Aimé e della rivincita di vederla tremare. Forse un momento attraversa la compassione gli occhi scuri di Aimé e, ma si spegne al grido del suo egoismo, al benevolente piacere di maneggiare altre anime al suo capriccio, mentre la parola violenta esplode nelle labbra di Monica:

- Non hai niente da restituirmi! Ma non credere che continui a divertirti, giocando con lui!

- Perché no? Quando si arrende il cuore senza condizioni, non possiamo lamentarci troppo di quello che succede. Ed egli mi consegnò il suo cuore. Mi vuole più che sé stesso e senza imbarazzo me lo confessa.

- Perché è cieco, perché non sa chi sei. Se ti conoscesse realmente, se io gli dicessi di te... - denota sordamente Monica -. E troppo sai bene quello che potrei dirgli.

- Tu sei che non lo sai - si infuria Aimé e -. Non puoi accusarmi di sciocchezze, di bambinate, di semplicionerie. Non hai una prova contro me, e ti sfido che mi accusi senza prove. Vedrai se ti crederà, vedrai contro chi si metterà...

- Contro di me, sfortunatamente - accetta Monica con profondo dolore.

- Mi rallegro molto che lo comprenda. Ma benché fosse vero, benché riuscissi a dimostrargli che sono indegna, sai quello che otterresti con questo? Che ti odiasse! Perché ammazzare la sua fede in me e condannarlo sentirsi il più sfortunato degli uomini!

- Di quello ti approfitti...

- Non faccio altro che difendermi. Buona tu sei per non farlo. Se da bambina io non fossi stata all'erta.... Con me non fare la buona. Vorresti vedermi morta...

- Con quanti linguaggi ingiusti, Aimé e! Io vorrei vederti felice, ma facendo felice anche lui. Sapere che eri capace di essere onorata, degna, retta, di essergli leale, completamente leale...

- Davvero? Solo con essere sicura di questo ti considereresti felice? Che sia leale, vero? Che sia sincera.... Perché bene, lo sarò. È giusto quello che ti prometto: non mi sposerò con Renato senza essere sicura di potere offrirgli quella felicità che tu vuoi per lui e che io desidero per me stessa. Ma quando mi sposerò, se mi deciderò di farlo, mi farai il favore di lasciarmi stare. È tutto un patto. Accetti? Bolliamo con un bacio?

- Accetto... ma non è necessario il bacio.

- Rancorosa, eh? - ride divertita Aimé e -. Io sono quella che dovrebbe essere arrabbiata. Una buona pugnalata alle spalle volevi darmi. Ma a me non mi importa. Sei la pecora bianca delle due sorelle: applicata la nobile, la prudente, la buona.... Io ho alcune macchie, ma sono la più forte e non ti conservo rancore di nessuna specie. - E dicendo e facendo, bacia sua sorella.

- Figlie... vado, meno male. - È Catalina che arriva vicino ad esse -. Temei che continuassero a discutere. È tanto doloroso per me vedervi in quella maniera, una contro l'altra.... Dolgono tanto nel cuore di una madre quei dissapori.... Ah, se i figli sapessero...! - Un sospiro riempie il cuore della madre.

- Madre, per Dio, non diventare romantica - respinge Aimé e con allegra giovialità -. Passò già tutto; fu una nuvoletta d’estate. Vero, Monica?, Ma vedrai come non tornerà a succedere. Da ora in poi, mia sorella ed io ci comportiamo meravigliosamente: io nella mia casa e lei nel suo convento. La situazione ideale per non dispiacerci. E se passando gli anni avrò una figlia leggera e civettuola, Lei la manderò dalla sua zia la badessa affinché la predichi e...

- Aimé e! - l'interrompe la voce di Renato che la chiama dal corridoio.

- Credo che mi chiami Renato - commenta Aimé e; e dopo, alzando la voce, risponde -: Sono qui, caro. Entra.

- Mi perdonino- si scusa Renato dalla soglia -. Senza dubbio, interrompo una conversazione familiare, ma è il caso perché madre vuole parlarti subito, Aimé e. Alla poveretta le è dispiaciuto abbastanza della notizia del vostro viaggio.

- In due minuti sistemo io tutto e la convinco delle nostre magnifiche ragioni - assicura Aimé e -. Non vieni con me, Renato?

Questo è rimasto guardando Monica, immobile di fronte alla piccola valigia aperta, tanto pallida, tanto fragile, con un'espressione tanto dolorosa nelle labbra che un irresistibile sentimento di amichevole compassione l'avvicina a lei, e supplica:

- Non vorrei che andassi via dispiaciuta con me, Monica.

- Non lo sono, Renato, né ci sarebbe ragione per ciò. Sei il migliore degli uomini...

- Non lo sono, ma desidero esserlo, per offrire a tua sorella tutta la felicità che merita, affinché un giorno possa guardarmi come fratello maggiore, benché non abbiamo lo stesso sangue...

Con rapido gesto ha preso la mano di lei, portandosela alle labbra, e dopo va dietro Aimé e...

- Che buon ragazzo, Signore - esclama Catalina -. Non ce n’è di meglio nel mondo intero. Anche io preparo le valigie.

Monica è rimasta sola, immobile, sentendo sulla pelle della sua mano destra la dolce ed ardente sensazione di quel bacio, il caldo diletto di quella carezza che accende di rossore le sue guance... e furiosamente si inchioda le unghie, cancellando con sangue l'orma di quello bacio...

 

 

- È UN GRANDE onore la sua visita da me, signorina, ma francamente non ricordo...

- Non affatichi la sua memoria, dottor Nicola. È la prima volta che ci vediamo... da vicino. Di vista la conosco abbastanza bene. In Saint-Pierre, più o meno, tutti ci conosciamo, vero?

- Io non credo di avere avuto fino ad ora il piacere.

- Il mio nome è Aimé e.... Aimé e di Molnar...

- Ora si. Finissima! dopo tutto, non ha torto. Di vista, più o meno, tutti ci conosciamo. Conosco la sua signora madre, e il suo signore padre che riposi in pace, fu anche il mio amico. Ma, in che cosa posso servirla? In primo luogo, mi ascolti.... mi ascolti...

- Non è necessario; la mia visita sarà molto breve...

Dominando i suoi nervi, guardando furtivamente dalle finestre e le porte di quel vecchio e scalcinato ufficio, Aimé e sembra decidersi a giocarsi la pericolosa carta del suo impegno. È già da vari giorni in Saint-Pierre informandosi inutilmente, domandando invano, scivolando sull'orlo degli ambienti in cui potrebbe raccogliere una qualche informazione, e finalmente si è decisa a far visita il vecchio notaio che ora, contemplandola tra curioso e compiaciuto, afferma:

- La vidi a volte da bambina, ma si è trasformato meravigliosamente. In che cosa posso servirla, figlia mia? La vedo nervosa...

- Oh, no! Nella maniera più assoluta.... la mia visita è una sciocchezza.... Voglio dire che non è per niente serio. Passai vicino e pensai: Può darsi che il signor Nicola sappia qualcosa dei miei incarichi. Non mi capisce, certo. Mi perdoni. È un intreccio.... E’ che io avevo dato alcune monete al Capitano di una certa goletta affinché mi portasse dalla Giamaica profumi inglesi.

- Profumi inglesi? Non c'invia la Francia i migliori profumi del mondo? - Si scandalizza il buon Nicola.

- Sì, sì.... Certo.... Ma non si tratta di quello. Era un profumo speciale quello che io volevo.... Un profumo per cavalieri.... Ed alcune camicie. Alcune di quelle ammirabili camicie inglesi che non somigliano a nessuna. Si tratta di un regalo che voglio fare. Un regalo per il mio promesso. Sono fidanzata, dottore Nicola. Mi sposerò molto presto...

- Congratulazioni per il suo futuro. Ma prosegua il suo racconto: Lei diede alcune monete al Capitano di una goletta...

- Affinché mi portasse profumi della Giamaica. Ma l'uomo non è ritornato...

- E lei vuole chiedermi. Se ho delle credenziali?

- Oh, no! Assolutamente. Credo che si tratti di una persona di fiducia. Me lo raccomandarono come tale. Ma nessuno mi dà notizie di lui, e siccome qualcuno mi informò che era amico suo...

- Il mio amico un Capitano di goletta? Come si chiama?

- Il cognome non lo so. La sua barca si chiama il Lucifero

- Juan del Diablo! Ma è fantastico quello che lei mi racconta. Juan del Diablo, commissionario di profumi!

- Bene.... Era un favore particolare quello che andava a fare. Glielo pregai, prima di partire, gli diedi il denaro, mi disse che presto starebbe stato di ritorno, ma nessuno sa niente di lui.

- In effetti, signorina Molnar. Nessuno sa niente di lui, né credo che lo saprà per molto tempo. Mi vedo nell'obbligo di essere sincero, perché conosco il suo promesso: conosco ed amo il giovane cavaliere Renato D'Autremont.

- Dottor Nicola... - si ingozza Aimé e col nervosismo della sorpresa specchiata nel suo caro viso.

- E non so perché mi immagino che lui l’ha inviata qui.

- Che cosa dice? - sollecita Aimé e al colmo dello stupore.

- Renato appartiene alla rara casta di uomini troppo generosi, troppo buoni. A lui lo preoccupa straordinariamente la fortuna di Juan del Diablo, e non gli è bastato tirarlo fuori da una difficoltà ricevendo la sua ingratitudine in cambio. Ora si impegna a sapere che cosa è stato di lui, vero? E siccome teme un sermone da parte mia diede il compito a lei...

- Io... io...? - balbetta Aimé e, senza indovinare o comprendere.

- La mia cara signorina Molnar, molto temo che Juan, per il quale confesso che sento nonostante tutto affetto, sia messo in una questione abbastanza brutta. Non sente consigli. Si è impegnato a fare improvvisamente fortuna. Con sicurezza non so quello che sta facendo, ma temo che le autorità si trovino già sulle sue tracce. Non credo che possa ritornare, non credo che torniamo a vederlo per Saint-Pierre per molti anni. Perché se ritornasse, è quasi sicuro sarà gettato in fondo ad una cella. E Juan del Diablo non è tanto pronto per quello!

 Nicola ha parlato lasciandosi portare dai suoi sentimenti senza riflettere appena sull'effetto che le sue parole ebbero nella cara ragazza che l'ascolta costernata, unite le mani, ingrandite le pupille, contenendo miracolosamente l'ondata di disperazione che l'avvolge. Infine, Aimé e di Molnar si alza e, più che parlare, le sue labbra balbettano:

- Lei è sicuro di questo?

- Naturalmente. Dica a Renato che non si preoccupi più di lui che lo lasci percorrere la sua fortuna. Ben felici possiamo stare che non l'impicchino un giorno di questi o gli strappino il cuore, di una pugnalata, in una rissa in una taverna. Che se fino ad ora è uscito bene da tutti gli intrecci, non vuol dire che quella fortuna durerà sempre. Un giorno sarà finito, e za! un matto in meno...

- Creda lei che sia pazzo?

- Credo che fosse molto disgraziato da bambino e che quelle cose lasciano sempre orma. Nacque con una stella nera.... È una storia lunga e confusa... è meglio che non parli di lui. Per quale motivo?

- È che io vorrei sapere.... Se lei me lo dice, gli do la mia parola di non ripeterlo a nessuno... non a Renato almeno. Bene, la verità è che egli non sa che sono venuta. Io venni per mio conto, inquieta vedendolo preoccupato. Ed anche per quello dei profumi è certo. Egli mi promise di ritornare... ritornare entro cinque settimane.

- L'aspetti cinque anni... e per caso ritornerà. I suoi incarichi erano un regalo per Renato?

- Sì, ma non voglio che egli lo sappia.

- Il mio consiglio è che si dimentichi di tutto questo lei anche.

- Si dimenticherà anche lei della mia visita?

- Va bene.... Se lei lo desidera...

- Glielo prego. Mi ha fatto lei un gran favore... un enorme favore...

 

- Sì, Renato, amato e voluto. Mi sembra davvero una buona idea. Amato e voluto affretta le cose. Orientati sempre con la tua ragione, per il tuo criterio, che è quello che deve prevalere nel matrimonio. Cattivo è che un uomo accetti in tutto i capricci di una donna. So già quello che pensi: come ti posso parlare in questo modo, essendo io donna. Dunque, perché sei mio figlio, Renato, e ti so soffice, compiacente, tenero, troppo generoso, per caso troppo innamorato...

- Ma, madre... - c'è un rifiuto nella voce di Renato per i concetti di sua madre.

- Nessuno ci sente. Credo che possa esserti assolutamente sincera. Tu sai che nessuno ti ama più di me. Nessuno!

- Aimé e mi vuole...

- Naturalmente, figlio. In questo confido. Ti ama, non c’è motivo per non volerti. Ben contenta può essere con la sua fortuna. Ti ama, ma, oltre a volerti, deve rispettarti, capire che il suo destino è essere soggetta a te che il suo primo dovere è compiacerti. Aimé e che è deliziosa, mi sembra, tuttavia, un po' inquieta, viziata e viziata in estremo. Una madre molto soffice, un padre assente prima e dopo morto.... Sua sorella maggiore sembra molto scontenta con lei. E Monica, nonostante i suoi scatti, mi sembra una persona eccellente, solida e retta.

- L'ho vista sempre così, ma ora, i suoi nervi...



  

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