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CUORE SELVAGGIO 7 страница



- Benché io si credo, Monica, e non sa come mi rallegra che la casualità mi permetta di contare su di lei, alcune cose che desidero fare e che considero molto urgenti.

- Contare su di me? Non comprendo...

- Certo. Non ho perso la brutta abitudine che lei mi rimproverò più di una volta. Incomincio a riferire le cose dalla fine. Non può comprendermi, dato che non conosce il principio. Ma arriva la signora Molnar... per favore signora Catalina.... si avvicini.... c'è un invito per tutta la famiglia e voglio che tutte mi ascoltiate. Sono venuto per voi...

- Come? per quale motivo? - indaga la signora Molnar.

- Per una visita al paradiso. Mi perdoni la vanteria di chiamare in questa maniera le mie terre di Campo Reale. Necessito che prepariate le vostre cose e che veniate là immediatamente.

- A Campo Reale noi? - si meraviglia Catalina Molnar.

- Io so che la cosa più corretta sarebbe che mia madre venisse per prima, e che l'invito fosse fatto personalmente; ma confido che la scusiate sapendo che è da più di dieci anni che non abbandona la proprietà. La sua salute è abbastanza delicata per non farlo. Ella mi prega che la perdoniate per non essere venuta, inviando solamente questa lettera col suo migliore emissario che io sono stesso. È per lei, signora Catalina. Vuole avere la cortesia di leggerla?

- Sì, figlio, ma... - incomincia a protestare Catalina.

- Credo che non ci sia nessun inconveniente affinché vada con Aimé e a Campo Reale, madre - interviene Monica -. Io, come è naturale, ritornerò al mio convento, ed al ritorno...

- In nessun modo, figlia. Uscisti dal convento perché la tua salute è delicata. Giustamente, tanto il tuo confessore come la badessa mi dissero che sarà magnifica per te una stagione nel campo, e dato che la madre di Renato c'invita tutte e tre...

- La signora D'Autremont non contava su di me - l'interrompe Monica.

- Lei si preoccupa sempre per tutto, Monica - assicura Renato -. E affinché si convinca è necessario che mia madre faccia quel viaggio e venga personalmente a chiederle che c'accompagni un paio di settimane in Campo Reale, lo farà. Sono sicuro di ciò. Inoltre, mi lasci dire ora il fine, del discorso di poco fa. Conto sul suo aiuto ed i suoi consigli per rimediare molte cose che non vanno bene là nelle mie terre.

- Su di me? Ma se io... - comincia a protestare Monica.

- Lei era in un altri tempi la mia migliore amica, Monica. Prescindo dai sue abiti, della barriera di freddezza che si è impegnata ad alzare tra noi due, per dirle... per dirti, Monica, come in quei tempi in cui eravamo come due fratelli, come due sognatori immaginando un mondo nuovo, migliore e più generoso.... Come quando sognavamo di essere re di un mondo di fortuna, di bontà, nel quale nessuno soffrisse, nel quale tutto fosse pace e giustizia.... Perché, Monica, quel mondo io ce l'ho, è mio.... Ma non è un mondo di bontà, di dolcezza, neanche di giustizia. Nella bellezza del mio paradiso sono angoli oscuri, amari; gente trattata crudelmente; bambini che hanno bisogno di un futuro migliore. Io voglio rimediare a tutto questo e ho bisogno di te al mio fianco... come quando lo fosti in quegli anni di adolescenza: la mia guida, la mia compagna, la mia maestra molte volte...

Monica di Molnar tace, inclinata in avanti, tremule le labbra, gli occhi pieni di lacrime che solo con enorme sforzo riesce contenere. Così, di fronte, non osa respingere le parole di Renato; gli arrivano troppo profondamente, c'è una gioia troppo intensa in mezzo al suo dolore profondo, ascoltandolo parlare in quella maniera. Non potrà negargli niente che le chiede così. Sa che non potrà negarglielo e... tuttavia, balbetta un'ultima resistenza:

- Avrei bisogno del permesso dei miei superiori...

- Oggi stesso l'avremo - afferma Renato, deciso -. Andrò al convento, farò che madre scriva alla Badessa...

Monica si è rasserenata totalmente, come se improvvisamente avesse alato dentro sé la forza che necessita, ed inchioda nel viso di Renato il suo pulito sguardo valoroso, accettando:

- Verrò, Renato. Verrò con voi...

- È un dolce squisito, l'hai fatto tu, Aimé e?

- Si; certo... con una ricetta di Monica, che ha imparato a fare meraviglie nella pasticceria del convento, ed aiutata un pochino anche da madre.

- Sicuramente, le tue mani gli mettono qualcosa di angelico...

Renato ha sorriso guardando Aimé e che gli restituisce il sorriso con sforzo, tesi i nervi, fissa tutta la sua attenzione non in quel tavolo familiare, la cui tovaglia bianchissima rifulge gli ultimi resti delle stoviglie d’argento dei Molnar, bensì nell'antico orologio le cui lancette avanzano implacabili la cui campana canterina ricorda l'ora di un appuntamento al quale non sa come accorrere. Sono le otto, e l'ardente cuore gli è sboccato dentro petto.... Sono le otto, e chiaramente la sua immaginazione gli mostra la forte figura virile dell'uomo che salta sulla spiaggia in quel momento e penetra, cercandola fino al fondo della grotta... il mare che ruggisce, le braccia atletiche che potrebbero stare stringendola, la sabbia bianca come un aspro letto profumato di alghe, e Juan del Diablo vicino a lei, coi i suoi occhi di abisso, coi suoi baci di fuoco, col suo corpo massiccio come quello di un orso ed agile come quello di una tigre... con la sua attrattiva irresistibile di tritone di fiera...

- Questo dolce è l’unica cosa speciale che potemmo fare per te, figlio - spiega Catalina, come scusandosi -. Non ti aspettavamo, ed adesso non c’è tempo...

- Sono stato al centro cercando un vecchio amico di mio padre: il notaio Nicola. Ma non ebbi la fortuna di trovarlo nel suo studio. Quando esco di qui andrò a casa sua. Ho urgenza di parlare con lui. Fu notaio dei D'Autremont per molti anni. Non so per quale motivo si allontanò dalla mia casa, ma voglio che vi ritorni. È un uomo buono ed onesto, mio padre l'apprezzava enormemente...

Il vecchio orologio della sala da pranzo lancia nello spazio il suono vibrante dei suoi rintocchi, ed Aimé e si allarma:

- Oh...!

- Che cosa hai, Aimé e? - indaga Renato, sollecito.

- Uffa! Niente.... Che cosa vuoi che abbia? Caldo... fa qui dentro un caldo terribile - si lamenta Aimé e.

- Vogliamo passare nella sala a prendere il caffé? - propone Catalina.

- Non puoi intrattenere molto Renato, madre - rimprovera Aimé e lanciando un'occhiata all'orologio -. Hai sentito già che deve vedere quel signore...

- C'è tempo... dopo avere parlato con lui, forse intraprenderò il ritorno per Campo Reale questa stessa notte - spiega Renato -. La strada è buona. Godiamo di una luna splendida, e sono impaziente di dire a mia madre il risultato soddisfacente del suo invito. Inoltre, quanto più presto me ne vado, più presto ritorno da voi. Quando potranno essere pronte? Il venerdì? Il sabato?

- Credo che il venerdì, vero, ragazze? - reclama Catalina.

- Io sono pronta in qualunque momento - assicura Monica.

- E tu? - domanda Renato alla sua fidanzata; ma non ricevendo risposta di questa, insiste -: Aimé e... non mi senti?

- Oh!, sì, sì, naturalmente.... Che cosa dicevi? - esclama Aimé e, vacillando e come uscendo da un letargo.

- Renato parlava di ritornare da noi il venerdì, ma tu sei come nelle nuvole... - spiega Monica, con un velato rimprovero nella voce.

- È che sto asfissiandomi di caldo. Quando portano quel caffé?

- In qualunque parte è uguale - accetta Renato -. Lo prenderemo qui stesso, poiché lo portano, ed abbrevierò la conversazione, benché non conosca niente di più difficile che andarmene da questa casa.

È tornato a sorridere guardando Aimé e il cui sorriso è ora quasi una smorfia. Non può più, è disperata, e contemporaneamente trema, teme, ricorda la minaccia di Juan: andava da lei se non corre all'appuntamento.

Nella porta, due donne guardano andare a Renato. Dopo, Monica si allontana lasciandosi cadere, come senza forze, su una poltrona di vimini, mentre la signora Molnar socchiude soavemente il battente cercando con la vista sua figlia minore, e domanda a Monica:

- Dove è andata tua sorella?

- Non so. Aveva caldo... al giardino sicuramente.

- Che affascinante è Renato, vero?

Monica non risponde; abbassa la testa come se affondasse i suoi pensieri nel mare agitato della sua anima in tormento. La signora Molnar entra lentamente nella sua camera da letto, mentre attraversando la casa, piena di impazienza, irrompe Aimé e nella stanza di sua sorella. Su una sedia sta il manto nero con cui Monica esce per copre il suo abito di novizia. Senza trattenersi si impadronisce di lui e segue sempre di più in fretta la sua strada. Arrivando al giardino si avvolge dalla testa ai piedi nell'oscuro tessuto, e come un'ombra scivola verso gli alberi, affondando in essi di rotta verso la spiaggia.

 

- Monica.... Che mistero! Che strano che esca così! Tutto in lei è mistero.

Renato D'Autremont pensa a voce alta, sconcertato, di sorpresa. Sta in piedi, a cinquanta metri scarsi della casa delle Molnar le cui bianche pareti illumina la luna piena con la sua luce chiara. Si è trattenuto in quell'angolo, dal quale si deve piegare per non perdere di vista la vetusta residenza. Si è trattenuto con quell'impulso irresistibile degli innamorati, di guardare un'altra volta, benché siano solo le pareti del posto in cui vive l'oggetto del suo amore. Si è trattenuto ansiosamente, sperando di vedere la figura di Aimé e ritagliarsi dietro le grate della finestra, ma nessuno è nella finestra né nella porta. Ha visto solo attraversare un'ombra.... si sente stranamente inquieto. Passo a passo ha girato la casa e fa un giro intorno alla stessa. C'è luce in due stanze. Due delle tre donne che abitano in quella casa sono sveglie, pensa Renato. Come se commettesse un sacrilegio, penetra nel giardino di ombre.

È arrivato al centro di quel massiccio di alberi spessi, dove un'amaca pende da due tronchi. Ora, la luna, filtrandosi tra i rami, mette coltelli di argento sulla maglia di seta e il riflesso delle stelle nelle acque del ruscello vicino. Molto lentamente propende a raccogliere dal suolo un fazzoletto profumato di lilla, uno specchio che rimase abbandonato vicino all'amaca. Riconosce quello specchio. È lo specchio preferito di Aimé e, l'ha visto tra le sue mani cento volte, l'ha visto riflettere la sua bellezza, come ora, quale terso lago minuto riflessa le stelle, e con una tenerezza che invade la sua voce, sussurra:

- Aimé e... vita mia...

Ha baciato il vetro gelato, quello che riflette tante volte la piccola bocca, dolce, calda, fonte di vita per lui. Dopo, lo abbassa davanti. Ha sentito una subitanea vergogna. Sta lì quasi come un ladro. Inquieto, guarda verso la casa. Delle due finestre illuminate, una si spense già. L'altra continua a brillare con luce giallognola.

- Aimé e.... non dormi Tu, vero? Pensi a me, sogni ad occhi aperti? Leggi? Preghi? Per caso attendi con ansia, come me, il giorno di domani per vedermi di nuovo?

Soavemente lascia cadere lo specchio nelle sue tasche, e si allontana con passo rapido.

 

 

- Cristo, ascoltami... Cristo, proteggimi.... Signore, sostienimi, dammi la tua forza nell'agonia, dammi la tua luce nelle tenebre.... ascoltami..

In ginocchio, di fronte all'immagine del Crocifisso che presiede la camera da letto nella quale corsero gli anni puri della sua infanzia, Monica prega.... Prega con le mani giunte, incastrate, con gli occhi aperti fissi in Quello, di chi tutto l'aspetta, con le pallide labbra tremanti, con l'appassionato cuore battendolo sordamente il petto...

- Perché portarmi fino all'ultimo estremo Signore? Perché mettermi di nuovo di fronte a lui? Perché sottopormi alla tentazione? Perché svegliare i ricordi cattivi addormentati appena? Perché, Signore? Perché è tanto dura la prova?

Tutto è silenzio nella casa, meno la sua voce che è come un lieve singhiozzo. Tutta è quiete, meno l'anima torturata che si ritorce volendo scappare dal suo tormento, per accettarlo finalmente:

- Cristo.... Nella tua notte di agonia, anche tu respingesti il calice. Nel tuo Orto degli Olivi, rovesciasti sudore di sangue, piangesti amaramente, e chiedesti al Padre che avesse pietà della tua debolezza. Sono io oggi chi ti chiede pietà... pietà o forza per trionfare su me stessa, per soffocare i battiti del mio cuore, per domare la mia carne ribelle.... non c'è pietà, Signore? Deve esserci? Rispondimi nel mio cuore! Rispondimi! - Un singhiozzo attanaglia la sua gola, impedendogli di seguire la preghiera. Ma presto una sensazione di conformità l'invade, ed esclama -: Sia fatta la tua volontà. Signore.... ma non mi abbandonare nella prova.

 

- Juan! il Mio Juan! Che cosa facevi qui?

Sì; lì sta Juan. Egli è là, e sono le sue braccia quelle che la stringono ed è la sua bocca, di labbra avide e sensuali, quella che bacia la sua con ansia assetata. L'ha trovato nella grotta alta delle scogliere, molto vicino agli ultimi alberi del suo giardino...

- Venivo a cercarti. Ti ho avvisato che lo avrei fatto. Non minaccio mai invano, Aimé e, ed è bene che tu lo sappia. Non mi eludi. Non mi interessavi, non volevo cadere nelle tue reti.... Lo so bene quello che ci si può aspettare delle donne della tua classe...

- Oh, Juan... il mio lupo innamorato!

- Innamorato io?

- Come si chiama, dunque, quello che senti? Non ti interessava, ma mi cerchi a tutte ore. Non volevi avvicinarti a me, ed ora muori se ritardo a un appuntamento. Se quello non è amore, come si chiama?

- Non lo so, né mi importa, sai? - risponde Juan con rudezza -. Ma ascoltami fino in fondo. Non volevo sentire niente per te, ma ti sei proposta di farlo e ci sei riuscita. Ora, capisci che non mi maneggerai a tuo capriccio. Quando vengo, dovrai aspettarmi, dovrai ricevermi, dovrai accorrere quando ti chiamo, ti cercherò dove voglio che tu stia. Questo è quello che andavo a fare ora.

- Senza importarti il danno che mi causi con ciò?

- Bada tu che non debba farlo. Io non ti andai a cercare a casa tua.... Tu scendesti al mio mare, alla mia grotta. Ti divertì il selvaggio, avesti la curiosità di sapere come era l'amore di Juan del Diablo. Bene ora lo sai. Non è qualcosa che possa prendere o respingere come ti piaccia. Non sarò il tuo giocattolo, non sarò il fantoccio di nessuna donna. Le donne si fecero per gli uomini...

- Io invertirei i termini: penso che gli uomini si fecero per le donne - risponde Aimé e, sottilmente divertita, e contenendo a fatica la sua irrefrenabile passione.

- Gli uomini come me comandano sempre, e la donna che sta al suo fianco, anche se fosse una regina, non è più che sua moglie. Capisci?

- Capisco che sei un tiranno, un despota, un pirata e, inoltre, un ingrato. Ma mi piaci più che nessuno. Ti voglio!

Juan è tornato a baciarla con ansia, facendo scivolare il fine manto nero col quale Aimé e si arrotola dalla testa ai piedi, ed alzandolo con la sua larga e dura mano, domanda:

- Che cosa è questo?

- Il travestimento che dovetti mettermi. C'era una visita in casa.... Un invitato a mangiare che prolungò troppo la conversazione. Aveva appena attraversato ancora la porta, quando io corsi per qua. Potevano vedermi da lontano, ma il manto nero mi copre tutto, tutto l'uguaglia e tutto lo dissimula.

- Hm...! Chi era il tuo invitato?

- Uno qualunque. Un amico di madre e di mia sorella.

- Come si chiama?

- Che ti importa se non lo conosci? Un antico amico di Monica che venne a vederla di pomeriggio e rimase per la cena. Ella entrò nella cucina e, con le sue bianche mani di badessa, preparò un dolce delizioso.

- Ah, si? Santa Monica ha quelle attenzioni per qualcuno?

- Santa...? A proposito, dobbiamo sistemare un conto. È possibile che abbia osato parlare con mia sorella?

- Te lo ha raccontato lei?

- È indignata per la tua scortesia, indignata che io tratti con tipi come te. Dovetti dirle che eri un pescatore col quale io chiacchieravo a volte perché mi interessava il tuo mestiere: il modo in cui si destreggiavano l'amo e le reti.... Facesti molto male, Juan. Mia sorella è una brutta nemica.

- Brutta nemica? E che cosa può diventare? Ha influenza lassù? Ordinerà al mare che si divori la mia barca? - si burla Juan, in realtà divertito.

- Sei un mostro di egoismo, Juan del Diablo. Davvero non ti importa niente, niente, di quello che possa succedermi per tutto questo?

- Tu sei quella a cui non sembrò importarti. Quelle cose si pensano prima. Aimé e. Quando io mi impegno ad entrare in porto in plenum temporaneo, so bene quello che mi gioco: la barca e la vita... e l'inferno se li perdo.

- Con te non si può...

- Non mi maneggi. Te l'ho detto mille volte.... Bene vado via. Salpo all'alba, e mi rimangono molte cose che devo fare ancora.

- E sei sicuro di non ritornare prima di cinque settimane? E’ molto tempo...

- Anche io sentirò la tua mancanza, Aimé e - afferma Juan con sincerità.

- Ma non vorrai soffrire, ti impegnerai a dimenticarmi, e mi dimenticherai nelle braccia di altre donne. Lo so perfettamente. Per te ci sono amori in tutti i porti!

- E a chi mancano? Ma non ti preoccupare.... Ritornerò presto e ti porterò un regalo... un regalo degno di te... come per una regina.

L'ha baciata con un bacio di fuoco, bacio lungo col quale sembra sorbirlo la volontà e la vita. Quindi la separa da se, delicatamente...

Ora è lei che si aggancia al suo collo, ella quella che lo bacia appassionata, matta, cieca, come se lanciandosi in braccio a quell'uomo affondasse in un abisso e niente gli importasse bensì il piacere supremo in cui si fondono la vita e la morte...

- Mi troverai quando ritorni, Juan. Te lo giuro.... succeda quel che succeda, starò qui, ti aspetterò. Mi troverai come ora.... mi troverai così purché mi cerchi, anche se debba affondare il mondo intero per questo...

 

- Mi annunci al signor Nicola. È tardi, ma ho la speranza che mi riceva. Gli dica che Renato D'Autremont ha assoluto bisogno di vederlo.

Nell'entrata della modesta casetta che era del notaio di suo padre, Renato dà il suo biglietto ad un domestico e rimane pensoso, sperando. A pesare su di lui, c'è un'immagine che l'accompagna. Senza proporselo, una ed un'altra volta attraversa per la sua immagine quell'ombra che avvolta nel nero manto delle novizie del Verbo Incarnato, vide attraversare il giardino per nascondersi tra gli alberi. Né un istante ha pensato che quella donna possa essere un'altra che Monica; ma, dove poteva andare a quell’ora di notte in quell'angolo dal giardino, e perché quella forma furtiva, quel passo affrettato, quel correre appena lui attraversava la strada, come se avesse aspettato la sua marcia, impaziente per correre là?

- Renato! Ma è lei realmente? – esclama Nicola avvicinandosi con allegria commossa -. Renato D'Autremont, lei mi da la sorpresa e la gioia più grande che ho avuto da molti anni.

- Perdoni la mia intempestività a quest'ora. Vedo che...

- Sì... andavo a coricarmi; ma, subito ho messo la vestaglia, e sono corso. Mi dia un abbraccio, figlio mio. Che gioia vederla! Che meraviglioso uomo è diventato! È un bel pezzo di ragazzo, caspita. Abbastanza simile alla sua signora madre, ma con tutta l'aria, con tutta la magnifica stampa dei D'Autremont. Felice quello che non smentisce la casta.... Ma senta Lei... senta Lei. Prenderemo qualcosa. Che cosa gradisce? Whisky? Cognac?

- Niente... niente, il mio amico. Venni solo a chiacchierare un momento.

- E allora quella chiacchierata bisogna celebrarla, ed anche il suo ritorno alla Martinica. Già vari giorni fa, vero?

- Quasi un paio di settimane...

- La ringrazio che sia venuto tanto presto a vedermi, e so già quello che prendiamo. -Nicola si è alzato e, allontanandosi un po', alza la voce per chiamare -: Serapio.... Serapio! Prepara due rum-punch come la nostra tradizione comanda. - Dopo, ritornando dove si trova Renato, esclama -: Non va lei a disprezzarmi la bibita nazionale, vero?

- In nessun modo...

- Renato, il piccolo Renato che ritorna fatto tutto un signore ingegnere. Ma come sta' bene lei, Renato! A me mi troverà vecchio, rifinito.... Ed inoltre, povero. Quasi, quasi povero di solennità. La mia corsa è come la politica: crescono poco gli uomini onesti come me, ed io non ho potuto curarmi da quella malattia ereditaria. Onesto fu mio nonno, onesto fu mio padre, e se io avessi avuto un figlio, sono sicuro che sarebbe più stretto e più povero di me, anche se è quasi, quasi, impossibile - ride gioviale.

- Se il suo male non è più che quello, presto lo rimediamo. Ho molto lavoro per lei - offre Renato, affettuoso e magnanimo.

- Che cosa? Come? Spero che lei non sia avvolto in un intreccio di carte - si allarma il buon Nicola.

- Non sono avvolto in niente, ma credo che ci siano molte cose da sistemare e che lei può aiutarmi.

- Per quello, conti sempre su me ed a qualunque ora.

- Me l'appena ha dimostrato e, inoltre, già il cuore me lo diceva. Per questo suonai con tanta fiducia alle porte di casa sua. Non so perché avevo la sicurezza che mi avrebbe ricevuto a qualunque ora, ed abusai della sua bontà. La verità è che appena sono stato a Saint-Pierre. Ho passato questi giorni in Campo Reale al fianco a mia madre.

- Ed a proposito, come sta la signora D'Autremont? - si interessa, sempre attento, il vecchio notaio.

- Coi suoi eterni acciacchi, ma meglio che mai, mi sembra.

- Lei lo sa che veniva a visitarmi? - domanda Nicola con manifesta vacillazione.

- Bene... non esattamente...

- Ma ha dato la sua approvazione? Voglio dire... è d'accordo con quell'aiuto che, secondo lei, devo prestargli?

- Lo sarà quando lo saprà, naturalmente. Appena ho avuto tempo di parlare con lei di due o tre questioni, e sono tante quelle che dobbiamo trattare...

Il notaio Nicola ha guardato da un'altra parte, mentre il suo unico domestico mette tra tutti e due i due bicchieri di rum-punch in un vassoio di stagno. È la bibita tipica delle piccole Antille Francesi, dolce ed aromatica come la terra che la offre. Come sette anelli di colori, le sette righe dei sette distinti liquori che si mettono in lei senza mescolarli: il verde smeraldo della menta, il goloso marrone della crema di cacao, il rosso rubino del curacao, il giallo topazio del chartreuse, il bersaglio trasparente dell'anice, l'opale chiaro del benedettino e la doratura del rum profumato e caldo. Salvando con un gesto il suo turbamento, l'anziano alza il suo bicchiere:

- Per lei, amico mio. Per lei e per il suo felice ritorno a questi luoghi.

- Per lei, e per la nostra Martinica, Nicola.

- Nostra? Sua, figlio mio, sua - commenta Nicola in tono gioviale -. Credo che, per lo meno, nella metà della sua estensione territoriale, e per caso mi imbarazzo. Ma non vale inorgoglirsi né arrossire. Fino ad ora lei non ha il merito della cosa buona né la colpa della cosa brutta.

- Ma accetto entrambe le cose, come accetto il mio cognome.

- Così si parla. Mi piace la sua fermezza. Se devo essere sincero, lei mi provoca una sorpresa gradita nell’essere come è: D'Autremont.... D'Autremont dalla testa ai piedi... e per caso il meglio dei D'Autremont.

- Umilmente, senza vanità, aspiro a meritare quelle parole. Ma prima di entrare in materia più complicata, ho bisogno dalle sue labbra di un'informazione chiara, fedele, imparziale. Ho capito che, per fortuna, non è difficile. Si tratta di Juan... Juan del Diablo. Credo che continuino a chiamarlo così, ed ora con vera ragione.

- Sì, Renato. Sfortunatamente, il nostro Juan del Diablo ha fatto onore al suo motto che oggi è tristemente celebre nei bassifondi della città. Non so se saprà che sparì negli stessi giorni in che imbarcavano lei per la Francia, e che tutte le mie indagini furono vane. Per un buon periodo non si seppe niente di lui. Dopo, io dovetti assentarmi.... Problemi di lavoro e di famiglia mi portarono alla Guayana, dove rimasi vari anni. Quando ritornai, correva già la diceria.... Sorsero vari piccoli scandali.... Allora lo cercai, andai a vederlo...

- E che cosa? - vuole sapere Renato, vivamente impressionato.

- Non c'era assolutamente niente da fare. Juan non volle vedermi né ascoltarmi. Niente mi doveva, è certo; neanche considerazione. In realtà, nessuno fece mai niente per lui, quando egli poteva avere bisogno di qualcuno. Oggi è padrone della sua vita, rude e selvaggio come un pirata dei secoli scorsi. Ha una barchetta sinistra, una specie di barchetta artigliata, per non so quale concessione strana che ottenne dal Governatore di Guadalupe, con la quale prende parte non solo a commercio torbido, ma anche a intrecci di contrabbando o di clandestini, è venuto alle mani. Per stagioni è come un terremoto il tale Juan. Non c'è rissa di taverna, non ci sono lite né estorsioni, né dolo né scandalo, in Saint-Pierre, nel quale non cammini più o meno ingarbugliato, ma con una fortuna o un'abilità tanto indiavolate che ancora nessuno è riuscito a portarlo di fronte ad un tribunale.

- Incredibile - mormora Renato, pensoso -. Juan... Juan.... E pensare che il mio povero padre...

Si è alzato senza finire la frase e cede alcuni passi per il vetusto soggiorno, corrugato il cipiglio, il gesto ostinato e preoccupato. Nicola si avvicina, appoggiando la mano sul suo braccio, e tenta di consigliarlo:

- In questo mondo ci sono cose che non hanno rimedio, e questa è una di quelle. Se vuole sentire il mio consiglio, dimentichi Juan, Renato. Dimentichi Juan...

 

- Da dove vieni?

- Ehi? Che cosa?

Sorpresa, tremando. Aimé e si è erta e si fa indietro un passo davanti alla stessa porta della camera da letto di sua sorella, a dove silenziosamente arrivò per lasciare cadere su una sedia quel manto nero nel quale si avvolse due ore prima. L'ha sorpresa il brusco alzarsi dalla testa di Monica; la sorprende anche la mano tesa di sua sorella sottomettendo il suo braccio, ma è troppo astuta, troppo mondana per lasciare vedere quella sorpresa... e sorride, sorride riuscendo a dare alla sua voce il tono frivolo delle parole senza importanza:

- Ti spaventai? Pensai che dormivi...

- Tu sei quella che si è spaventata.

- Io? perché? Che sciocchezza... entrai a...

- A lasciare qui il mio manto, sto lo vedo. Per ciò ti domando da dove vieni... per che motivo lo prendesti. Vuoi rispondermi?

- Naturalmente. Non c'è motivo di adottare quel tono drammatico. Vengo, Semplicemente, dal giardino, a prendere un po' d'aria.... Ero da ore annegando.... Detesto le visite di complimento, sotto la lampada della sala, con gli occhi di madre ed i tuoi inchiodati addosso come se volessero fulminarmi non appena sorrido a Renato.

- Nessuno ti ha rimproverato mai di sorridere a Renato - replica Monica con fermezza aggressiva.

- Come vuoi; non discuto. È molto tardi ed è meglio che entrambe andiamo a dormire. Qui hai il tuo manto, e perdonami per averlo preso senza il tuo permesso.

- Per quale motivo lo prendesti? Siccome stavi soffocando di caldo. ..

- Bene, figlia, dispensami - si scusa Aimé e di cattivo aspetto -. Non mi prenderò la libertà di usare per niente i tuoi stracci. Non tornerò a farlo mai più. Sei d'accordo? Pace, e buona notte. Ad altri li ammorbidisce il convento; ma a te è diventato insopportabile. Ancora più di prima che eri già abbastanza...

- Aimé e! - protesta Monica con un rimprovero nella voce.

- Buona notte, sorella - saluta Aimé e, allontanandosi -. Calmati ed addormentati. Non ho più voglia di discutere...



  

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