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CUORE SELVAGGIO 3 страница



- No. Fece quello che mi piacerebbe che tu facessi se ridessero qualche volta di te.

- Ma di me non ride nessuno.... si tolgono il cappello quando passo, e se l'accento, mi baciano la mano.

D'Autremont si è alzato con gesto strano. Ha accarezzato la bionda e cadente chioma di suo figlio; lo spinge soavemente fino alla porta dell'ufficio e lo licenzia:

- Vai a dormire, Renato. A domani.

 

Francisco D'Autremont ha attraversato la sua enorme casa, portando nella mano una piccola lampada di petrolio, ha attraversato il patio dei domestici fino ad arrivare alla socchiusa porta da quell'ultima stanza, dove su un pagliericcio di paglia, reso per le dure emozioni del giorno, dorme il piccolo Juan.

Un istante alza la luce, illuminandolo. Guarda il petto nudo, la testa ben formata, il viso di nobili e regolari tratti.... Così, con gli occhi chiusi, sembra cancellarsi in lui la somiglianza materna, ed i duri tratti della razza paterna emergono nel viso infantile...

 

- Figlio! Figlio mio...? Magari.... Magari...!

Una dubita sottile e penetrante, una dubita che germogliando sembra rompere nel suo cuore qualcosa di duro e freddo, portandogli il cuore in gola, come può portare la lingua bruciante di una fiamma, si è sentito inondato l'anima di Francisco D'Autremont. Solo, contemplando quel bambino che dorme, ha sentito finalmente l'impulso di cercato invano da prima.... Può darsi che Bertolozi non mentisse, può darsi che fossero verità le sue ultime parole.... E, per la prima volta, non è un sentimento indefinibile, miscuglio di curiosità e rancore, quello che lo riempie l'anima. È come un profondo orgoglio, come una profonda soddisfazione, un violento desiderio che, in realtà, sia nel proprio torace quel ramo robusto, rude ed audace, sintesi ardente del suo spirito di avventura e di combattimento. Qualunque uomo potrebbe essere orgoglioso di pensare a quel ragazzo straordinario suo figlio, indurito come un uomo di fronte alla disgrazia, e la domanda si fa affermazione nelle sue labbra:

- Mio figlio! Sei! Figlio mio...!

Con emozione che gli fa tremare, scopre i tratti uguali: la fronte retta ed arrogante, le sopracciglia larghe e popolate, l'energico mento quadrato e duro, le lunghe braccia muscolose, il petto alto e largo... e, per contrasto doloroso, pensa a Renato, biondo e fragile, anche se brilla nei suoi occhi chiari lo sguardo di un'intelligenza superiore; in Renato, tanto uguale a sua madre, erede legale della sua fortuna e del suo cognome, suo unico figlio davanti al mondo...

- Francisco! - l'interpella Sofí a con voce distorta, penetrando nell'umile recinto -. Che cosa pensi? Che cosa fai qui? Che cosa significa questo?

- Sono io quello che fa le domande - dice D'Autremont, riprendendosi dalla sorpresa -. Che cosa significa questo, Sofí a? Perché non stai riposando?

- Posso riposare per caso, quando tu...?

- Quando io, che cosa? Finisci!

- Niente... ma vorrei sapere da quando tu vai, con una lampada, comprovando e vegliando il sonno dei domestici.

- Non è un domestico!

- Che cosa è? Dillo d'un colpo! Dillo!

- Eh? Che cosa? - è Juan che si sveglia a causa delle voci alte -. Il signore D'Autremont.... La signora...

- Non ti muovere... rimani dove sei.... Dormi... riposa. .. e domani vieni da me non appena ti alzi - gli consiglia D'Autremont.

- Affinché mi faccia il favore di portartelo da questa casa!

- Taci! non parliamo davanti al ragazzo!

Bruscamente l'ha presa per il braccio, obbligandola ad uscire dal patio, gli occhi accesi con quello scatto di collera violento che gli è tanto comune, e con ira a fatica contenuta, l'accusa:

- Hai perso il giudizio, Sofí a?

- Credi che mi manchi ragione per perderlo? - si esalta Sofí a -. Credi che non abbia motivi per essere disperata? Stavi lì, guardandolo dormire, contemplandolo come mai guardasti il nostro Renato!

- Basta, Sofí a, Basta...!

- Quel bambino è tuo figlio! Non puoi negarlo. È tuo figlio. Tuo figlio... è di alcuna di quelle donnacce con le quali mi hai sempre ingannato. Da che stagno lo tirasti fuori per portarlo a casa mia, per darlo per compagno a mio figlio?

- Taci?

- No! non tacerò! Che mi sentano i sordi! Perché non lo tollero! È tuo figlio e non lo voglio qui! Tiralo fuori da questa casa! Tiralo fuori, o sarò io quella che esce con mio figlio!

- Vuoi dare un scandalo?

- Non mi importa! Uscirò per Saint-Pierre! Il Governatore. ..

- Il Governatore non fa altro che quello che piace a me! - assicura D'Autremont abbassando il tono di voce che lo ritorna più minaccioso -. Sei ridicola!

- Il Maresciallo Pontmercy fu amico di mio padre, conosci i miei fratelli.... Egli dovrà proteggermi! Perché io...!

- Taci! Taci!

- Papà...! Che cosa fai a madre...? - grida Renato, avvicinandosi angosciato.

D'Autremont ha sciolto il collo bianco che le sue mani follemente stringevano; è retrocesso barcollante, mentre suo figlio gli fa davanti con impulso feroce:

- Non la toccare! Non gli fare male, perché io... io...!

- Renato! - rimprovera D'Autremont.

- Io ti ammazzo se tu attacchi madre!

D'Autremont è retrocesso anche di più, spenta all'improvviso la sua rabbia, completamente sconcertato.... Un momento guarda dopo le sue mani che arrivarono fino al collo di Sofí a,; bruscamente, volta le spalle e si perde tra le ombre...

- Renato!... Figlio!.... - esclama Sofí a, scoppiando a piangere.

- Nessuno ti farà male, madre. Nessuno ti fa mai male. Chiunque ti faccia male, io l'ammazzo!

 

 

- CHI È QUELLO? Il signore D'Autremont...? - È Nicola, il notaio, che fa la domanda a Battista, il domestico.

- Sì.... È il cavallo bianco del padrone.... Il Diablo è sciolto in questa casa da quando arrivò quel maledetto ragazzo.

- Taccia! Taccia! Qualcosa è dovuto accadere...!

 Nicola è uscito frettolosamente dalla lussuosa camera da letto dove l'hanno sistemato. Non gli basta guardare per la finestra. Esce dal largo portone che circonda la casa, scende le scalinate di pietra, segue con occhi sorpresi la bianca sagoma di quel cavallo che si perde già per i campi alla luce della luna, ed esclama:

- Sig..... Sig....! Ma che assurdità!

Altri occhi hanno visto allontanarsi l'arrogante figura che è Francisco D'Autremont sul suo cavallo favorito. Altri occhi infantili, aperti per caso di sorpresa, e di spavento. È Juan. Ha sentito tutto da quell'ultima stanza del patio dei domestici, ed ora, fosse già della casa, corre come frastornato fino a che una mano cade sul suo braccio, mantenendolo rudemente...

- E tu dove vai? - inquisisce Battista -. Dove vai, ti sto domandando...

- Io andavo.... Io...

- Non devi andare da nessuna parte bensì a letto, dove ti hanno mandato già due ore fa...

- È che il signore D'Autremont...

- Non ti deve importare quello che fa il signore D'Autremont.

- Ma la signora Sofí a...

- Di questo ti importa anche meno.

- È che io vidi, io sentii. .. Io non voglio che per colpa mia...

- Neanche in quello che capita per colpa tua devi mettere. Tu non fai niente. Ti hanno portato affinché ubbidisca ed affinché taccia. Cammina nella tua stanza. Cammina al tuo letto, se non vuoi che te lo dica con altri modi. Cammina! - gli ha dato un rude spintone, mettendolo nella stanza, e chiudendolo a chiave.

- Mi apra! mi Apra! - grida il ragazzo, battendo con forza la porta.

- Taci, condannato! Ti aprirò quando viene il padrone. Taci!

 

- Ana, devo parlare immediatamente con la signora.

- La signora non vuole vedere nessuno, signor Nicola. Ha l'emicrania... e quando la signora ha l'emicrania, non vuole vedere nessuno.

La voce lenta, senza modulazioni, nauseante e sovraccarico della donzella favorita della signora D'Autremont, si estende come barriera brandisca fermando l'impeto del notaio che andava ad attraversare già i tendaggi che danno avanzata alle stanze private da Sofí a.

- Quello che devo dirgli è importante – insistette Nicola.

- La signora non sente nessuno quando gli duole la testa. Dice che quando gli parlano, gli duole più. Inoltre, è molto presto.

- Annunciami, digli che è urgente, e vedrai che mi fa passare.

La donzella meticcia ha sorriso mostrando la sua dentatura bianca, mentre muove alla moda la riccia testa fiorita con una minuta cuffia di pizzo francese. Soave e testarda, ostinata e mite, sembra avere il dono di esaurire la pazienza del notaio.

- Non hai sentito, avvisa la tua signora? Perché rimani lì ferma?

- Per avvisare la signora devo parlargli, e la signora non vuole che gli parlino quando gli duole la testa...

- Che cosa succede...? - interrompe Sofí a, uscendo dalla sua camera da letto.

- Mi perdoni, Sig. ra, ma è necessario che parliamo alcuni minuti.... È importante.

- Deve essere molto grave se lei viene alle sei del mattino.

- È che il signore D'Autremont non è ritornato da ieri sera dopo che uscì a cavallo.

- Non è ritornato?

- No, Sig. ra, e nessuno sa a dove fu né perché uscì da quello modo. Io lo vidi passare come anima che porta il diavolo e domandai ai domestici, ma nessuno poté spiegarmi.

Sofí a ha fatto un lieve gesto di stanchezza, appoggiandosi sulla sua donzella. Né le lacrime largamente compiante, né la notte di insonnia cambiano in niente il suo aspetto sempre perfetto: pallida, fragile come un fiore di serra semiasfissiata tra le stufe, dà l'impressione di ascoltare per la prima volta le cose che conosce bene. In questo caso, le sue labbra si stringono lievemente ed un breve e rosso lampo di rancore attraversa il suo sguardo.

Che cosa pretende che io sappia, Nicola?

- Dicono che uscì dopo avere parlato con lei. Io so che questi giorni ha sofferto emozioni molto spiacevoli che si trovava in un disastroso stato di inquietudine, di inquietudine, di violenza contenuta...

- Allora lei sa più di me. Ha visto, è il destino triste delle donne: che non dobbiamo sapere niente. È venuto lei al peggiore posto ad informarsi...

Il notaio ha cercato il bambino, con lo sguardo inquieto, però Renato ha approfittato dell'opportunità per uscire dalle stanze di sua madre. Già dall'altro lato delle tende, si trattiene un istante per sentire con interesse le parole del notaio.

- Oserei chiedergli un po' di pazienza con il signore D'Autremont in questi giorni, sig. ra Lei è l'unica persona che può alleviare il suo carico o renderlo più pesante; perché, benché forse lei sia arrivata a dubitarlo, suo marito l'adora, Sofí a.

- Ha una strana maniera di adorarmi - si dispiace di Sofí a, con amarezza -. Ma questo, naturalmente, è un tema personale e privato. Concludendo: non so dove sia andato Francisco né perché ha passato la notte fuori casa. Ed ora, mi scusi, sono molto occupata: preparo il mio viaggio a Saint-Pierre, con Renato. Può dirlo lei a mio marito se è lui che l’ha inviato ad informarsi del mio stato psicologico. Parto per Saint-Pierre ed inviai già una lettera al Maresciallo Pontmercy affinché mi faccia il favore di ricevermi appena io arrivo alla capitale.

 

Libero dalla compagnia di sua madre e della vigilanza di Ana, Renato si è allontanato a buon passo. La sua testa arde... le idee ed i sentimenti sembrano girare dentro lui in vivace amalgama. Quelle dure parole che mai ascoltò tra i suoi genitori, quella violenza di Francisco D'Autremont, alla quale si fece davanti per amore di figlio ed istintivamente di cavalleria, tutto il cumulo di eventi strani che sembrano girare intorno a se, si accalcano sul cielo azzurro della sua felice infanzia, facendogli sentire, per la prima volta nella sua vita, terribilmente sfortunato. Non vuole parlare ai domestici, non vuole aumentare con commenti la pena di sua madre... ma deve confidare a qualcuno l'angoscia che riempie il suo cuore di bambino. Pensa al suo amico... per quel motivo cerca Juan. Ma la stanza dove lo credeva rinchiuso è vuota. Dalla finestra aperta sul campo, manca una sbarra che lascia il vuoto necessario affinché Juan scappasse.... non lo cerca con un'ansia crescente, con l'amara sensazione di abbandono di chi vedi vacillare, per la prima volta, come se per lui fossero vangelo ed oracolo: i suoi genitori...

Per la stessa breccia che aprì Juan, Renato si lascia cadere saltando contemporaneamente alla pendenza che chiama con urla il fuggiasco:

- Juan... Juan...!

L'ha appena visto, già abbastanza lontano dalla casa, vicino a quel ruscello di alveo pietroso che scende a salti dalla montagna, impetuoso e violento come lo è tutto in quell'isola sorta dai mari al soffio di un vulcano, ed arriva fino a lui, soffocato per la corsa.

- Juan, perché non rispondevi?

Lentamente, Juan si è alzato, guardandolo quasi malvolentieri. Sente per lui una specie di rancore. È tanto diverso da tutti i ragazzi che egli aveva visto fino ad allora.... Con quei biondi e cadenti capelli moltissimi, lo stretto pantalone di fustagno, la camicia di seta bianca... è come un fantoccio di porcellana che sarebbe scappato da una delle decorazioni del salone. Ma Renato gli sorride in un modo virile ed evidente, e gli occhi chiari lo guardano affettuosi, sinceri, in una corrente di irresistibile simpatia, alla quale " Juan" del Diablo resiste restringendo le spalle...

- Per quale motivo continui a gridare? Vuoi che mi acchiappino?

- Per caso fuggi?

- Certo! non mi vedi?

- Hm... Battista disse ad Ana che ti aveva rinchiuso affinché non disturbassi; ed io, non appena potei, scappai dalla stanza di madre per venire ad aprirti la porta.

- Non disturbarti, me ne vado.

- Andartene? Vuoi dire che vai via?

- Certo. Ma non so per dove.... non voglio stare qui più!

- Ma papà vuole che tu ci stia, ed io anche. Sei il mio amico e non ti lascio. Non andare via, Juan. Anch'io sono triste ora.... Il signore Nicola disse a madre che tu eri stato molto disgraziato che avevi sofferto già troppo per i tuoi anni, e io, allora, non lo capii bene, perché non sapevo quello che era soffrire in realtà.

- Ed ora lo sai?

- Sì... perché ora sono triste. Papà, all'improvviso, diventò cattivo.

- All'improvviso? Non avevano litigato mai prima?

- No.... Mai. Ma come sai che litigarono? Eri sveglio ieri sera?

- Loro mi svegliarono...

- Chi? Papà e madre? Perché a me no. Io ero alzato. Papà mi aveva mandato a dormire, ma io, a volte, non lo ascolto. All'improvviso lo vidi passare e pensai che andava a rimproverarti per quello che io gli avevo contato che facesti nel pomeriggio. Poi passò madre, allora aspettai un momento, fino a che sentii che gridavano, e quando arrivai.... Bene, se eri sveglio sentisti tutto. Papà... - la voce si spezza nella sua gola -. Papà si comportò male con madre.

Ora è lui che sfugge lo sguardo di Juan, come se si vergognasse pensare che lui aveva ascoltato la scena passata. Ma Juan stringe le labbra senza rispondere, sentendosi uomo di fronte a Renato, con l'istintiva coscienza che deve tacere, continuare a tacere quel segreto torturante che non sa se è bugia o verità...

- Io non so come incominciò la lite. Sentii che madre voleva andare a Saint-Pierre e che papà non voleva lasciarla. E diventò furioso quando ella disse che andrebbe ad ogni modo a vedere il Governatore ed il Maresciallo quello... che non so né come si chiama, ma che era amico di mio nonno.... Ed allora... se lo avessi sentito, lo sai già. Dovetti mettermi in mezzo per difendere mia madre, e papà ed io abbiamo litigato. Egli andò a cavallo e non è ritornato ancora a casa. Per quel motivo sono triste...

Renato ha aspettato una risposta, un commento, ma niente risponde Juan, accigliato e silenzioso, per quello che interroga delicatamente:

- Credi che papà non ritornerà più? Io so che ci sono uomini che si arrabbiano molto e vanno via per sempre della sua casa.

- Certo che ritorna.

- Credi che ritorni? Veramente? - esclama Renato, con allegria. Ma atto seguito, l'invade la preoccupazione -. Ma continuerà a litigare con madre se ritorna? Ed a me, Juan? A me, credi che papà non mi vuole più bene?

- Volere bene...?

- Non sai quello che è volere bene? Non ti vollero mai bene? Non amasti mai nessuno? Né tua madre?

- Io non ebbi...

- Tutti hanno. Sarà che non ti ricordi. Le mamme sono molto buone e quando uno è piccolo lo curano molto e lo addormentano nelle braccia. Tutti hanno. Fino ai ma poveri, quelli che vivono nelle baracche.... Alcuni non si ricordano, ma tutti ebbero madre. - All'improvviso si rovescia ed esclama -: Oh! Guarda quella gente che viene per di lì.

- Lì Si... sembra come se portino un morto...

- Un morto?

- Non sai cos’è un morto? Non vedesti mai un morto?

- No, non lo vidi mai. Ma... quello non è un morto. .. È una barella di rami. Portano un uomo disteso.

- Ferito o morto...

- È papà! - quasi protesta pubblico Renato, con lo spavento specchiato nel suo bianco viso -. È papà!

 

 

 

- CHE SUCCEDE? - Si allarma Sofí a.

- Vive, Sig. ra – risponde Nicola, triste ma sereno contemporaneamente -. E mentre c'è vita, c'è speranza.

Stupisce, abbattuta per la brutale impressione della notizia, Sofí a è crollata sui cuscini di un sofà, coprendosi il viso con le mani, mentre bisbiglia:

- Francisco...! Francisco...!

- Da quando lo vidi uscire in quella maniera, temetti un incidente. Per quel motivo chiesi che lo cercassero dappertutto.

- Ma, che cosa succede? Come fu? - vuole sapere, nella sua angoscia, la signora D'Autremont.

- Suppongo che, nella sua collera, fece galoppare il cavallo fino ad aumentare per sentieri molto scoscesi. Naturalmente, andarono in fondo ad un burrone. Uscì pazzo, cieco di ira... neanche permise che gli sellassero il cavallo!

- Dov’è? Voglio vederlo!

- Ora lo stanno portando. Mi affrettai per precederla, ed inviai già un uomo col cavallo più rapido, a prendere un medico della capitale. Cadde da una gran altezza.... Eccoli!

- Francisco... il mio Francisco, puoi vedermi? Puoi sentirmi?

Inclinata sul letto ampissimo, contenendo con sforzo le lacrime che si accalcano nelle sue palpebre, Sofí a D'Autremont aspetta con ansia la parola che possono pronunciare le labbra tremule di Francisco; ma è inutile, solo le palpebre si sollevano con sforzo e lo sguardo vago si fissa in lei: sguardo di un'anima che si stacca già dalle cose terrene.

- Mi senti? Mi capisci? Francisco... il mio Francisco!

- Credo che sia inutile... - chiarì Nicola tristemente.

- No... non dica questo! - si esaspera Sofí a -. Quel medico, quel medico che lei comandò di cercare, quando sarà qui?

- Temo sia già abbastanza tardi. Sfortunatamente, si è perso molto tempo. L'incidente ha dovuto subirlo già alcune ore fa.... E dopo, portarlo fino a qui...

- Re... nato - sussurra, con sforzo, D'Autremont.

- Eh...? - È Sofí a che sente aleggiare nel suo cuore un alito di speranza.

- Renato... - torna a mormorare D'Autremont.

- Ha detto Renato - commenta Sofí a.

- Si; chiama suo figlio - spiega Nicola -. Lo chiama, vuole vederlo, vuole parlare con lui. Dove sta?

- Renato... figlio! Vieni qua!

Sofí a ha alzato la voce e è andato verso la porta, dove i due ragazzi, muti, tesi, con le mani chiuse, contemplano la dolorosa scena, e con una brusca tirata li separa trascinando suo figlio fino al letto del moribondo le cui palpebre hanno girato a sollevarsi e nelle cui pupille trema la luce di un'ansia, di un anelito imperioso...

- E’ qui, e qui ci sono anch’io. Il mio Francisco.

- Renato... rimani al mio posto...

- Non dire questo - interrompe Sofí a -. Il medico verrà subito e ti rimetterai bene.

- Presto tu sarai il padrone di questa casa... - ha fatto un enorme sforzo, alzando la testa per guardare il gruppo che formano, vicino ad egli, il figlio e la madre. E la sua mano si solleva fino a toccare la fronte infantile coperta dai capelli biondi -. So che baderai a tua madre... che saprai difenderla quando io non ci sarò più. Di questo sono ben sicuro.... Ma c'è qualcosa più... che voglio chiederti: bada a Juan! Bada a Juan, Renato... vogliagli bene ed aiutalo... come se fosse tuo fratello!

- Francisco... Francisco! - si angoscia Sofí a.

- Perdonami, Sofí a... e non impedire che Renato compia la mia ultima volontà. Oh...!

- Sig. ra.... Sig. ra!, il medico sta arrivando... il medico della capitale sta arrivando - annuncia Battista che si avvicina rapido e soffocato -. Lo videro già uscire dalla gola, viene già per qua...

- Tardi... tardi... è troppo tardi! - grida Sofí a, dibattendosi negli artigli della disperazione.

 

 

LE FUNZIONI FUNEBRI Di Francisco D'Autremont durano già da tre giorni. La vedova non volle che fosse trasportato a Saint-Pierre, ma è nella piccola chiesa di Campo Real, quella proprietà con onori di paese, dove il suo corpo è stato messo in cappella ardente tra ceri e fiori, e dove arrivano a rendergli omaggio, dai più umili uomini che lavorano le sue terre, fino alle più importanti personalità della capitale: il Governatore, gli alti funzionari dello Stato, il Maresciallo Pontmercy e l'alta ufficialità della nave che per quel motivo ritardò di un’ora il suo salpare. Nell'ampissima sposa, nei giardini, nelle strade, è l'andare e venire silenzioso e costante: un traffico senza sorrisi né allegria che, affranta di dolore l'anima, con una profondità e contenuto tormentoso che non trabocca in singhiozzi né in lacrime, presiede la fragile donna che gli è vissuta accanto, contro tutto ciò che il mondo potrebbe aspettarsi.

Dimenticato da tutti, il lussuoso abito di panno azzurro rotto e macchiato, i capelli vivaci ed i piedi nudi, Juan gira intorno alla piccola chiesa bianca con un'ansia incontenibile di avvicinarsi a colui che giace per sempre, il quale gli fecero odiare le labbra di Bertolozi, e che stranamente, tuttavia, ama con un sentimento confuso, sordo, profondamente doloroso, che gli fa sentire una sensazione di abbandono come non la sentì mai nel suo abbandono, e mormora per sé:

- Padre! Era mio padre.... Era mio padre.... è già vicino al feretro, nella cappella sovraffollata di fiori, dove non c'è miracolosamente nessuno in quest’istante... solo la fragile forma a lutto di una donna che il ragazzo non ha visto, una donna che si avvicina tremando di collera, gli vide appena appoggiare le mani sul bordo della scatola mortuaria. È Sofí a che, con ira appena contenuta, gli grida:

-Cosa fai qui? Perché sei entrato qui? Non hai niente da cercare! Vattene! Allontanati! Vattene dove io non ti veda più! Vattene per sempre, maledetto!

Cieca di una collera che invano trattiene nella sua gola, Sofí a ha segnalato a Juan la porta della cappella, mentre il ragazzo retrocede tremante, sentendo che il gesto e le parole di quella donna lo feriscono e lo offendono come nessuno lo offese mai. Lì, molto vicino, per sempre immobile e gelato nella sua lussuosa scatola, sta l'uomo che gli diede l'essere, il padre che tentò di proteggerlo con tardivo pentimento. Ed è la prima volta nei suoi dodici anni che sta sul punto di fiorire un sentimento di tenerezza nel suo cuore scuro e selvatico.... Ma tutto d'un colpo, la voce e le parole di quella donna l'hanno spezzato. Retrocede, la guarda ed esce come un sonnambulo, mentre Renato D'Autremont si avvicina per la porta contraria, indagando:

- Madre, che è successo? Perché cacci Juan?

- Lascia tranquillo a Juan! Rimani qui, al lato, vicino al feretro di tuo padre... dove devi stare.

- Ma papà comandò...

- Taci!

Gli ha stretto il braccio, obbligandolo a tacere, mentre nella porta di fronte, senza ostacoli aperta sul campo, appaiono già le figure imponenti del Governatore e del Maresciallo Pontmercy.

Comincia l'ora più solenne delle sontuose funzioni funebri. Le dita di Sofí a si allentano sciogliendo il braccio di Renato, le lacrime accorrono ai suoi occhi, ed un singhiozzo amarissimo esplode finalmente nella sua gola, mentre Renato scappa di lì...

- Juan... Juan!

- Lasciami, Renato. Vado via subito...

- Non puoi andartene! Papà non voleva che te ne andassi!

- La signora mi ha cacciato.

- Ho sentito... ma non importa. Papà mi comandò che avessi cura di te.

- Tu? Badare a me?

- Che cosa ti credi? Dopo papà e madre, io sono quello che comanda.

- Ora il tuo papà è morto e l'unica che comanda è la signora. Ella non vuole vedermi più.... mi disse di andare via...

- Che uscissi dalla chiesa, ma non da Campo Reale. Saint-Pierre sta molto lontano. Devi andare in carrozza o a cavallo. Inoltre, non ti lasceranno uscire.

- Chi non mi lascia?

- I domestici, i lavoratori... ed i soldati. Non vedi quanti soldati ci sono?

- Sì... ma non hanno niente a che vedere con me.

- Si devono vedere. Papà non voleva che andassi via. Tutti lo sanno. Se ti vedono, ti sottometteranno, ti rinchiuderanno...

- E fuggirò!

- Non conosci la strada...

- So che camminando per il bordo del mare, si arriva sempre a Saint-Pierre. Bene... se trovo una scialuppa, arriverò prima.

- E pescherai nella scialuppa?

- Certo, giacché devo mangiare.

- Ti mangi il pesce che peschi, così, come lo tiri fuori?

- È meglio che morire di fame.

- Portami con te, Juan!

- Te? Sei pazzo?

- Portami con te! Io voglio imparare a pescare ed a maneggiare una scialuppa. Quando sarò grande, sarò marinaio e comanderò una nave, come il Maresciallo.

- Quando sarai grande, farai un viaggio. Ora no.

- Vado via e dopo ritorno, come faceva il mio papà. Egli diceva sempre che quando egli fosse venuto a mancare, io avrei comandato in casa e sarei stato quanto lui. Ora, voglio venire con te e ho denaro per comprare una scialuppa...

- Hai denaro? Il tuo denaro? Tuo? - Juan si mostra interessato.

- Certo. Ho molto denaro in una scatola...

- Signorino Renato! - chiama la voce di Battista, il domestico.

- Ti stanno già cercando - sorride Juan, dispregiativo -. figurati quello che farebbero se andassi via.

- Andiamo via con tutto il mio denaro se mi aspetti durante la notte. Sai dove? Là sotto, di fianco al ruscello...

- Signorino Renato! - torna a suonare la voce del domestico, già più vicino.

- Ora devo andare via. Fuggii solo per dirti che non andassi via. Ma se mi porti con te, non importa.... andiamo via e baderò a te come voleva che facessi il mio papà.

- Ma sei sordo, signorino? - dice Battista, avvicinandosi dove si trovano i ragazzi -. Tua madre mi ordinò di cercarti. Hai già età per capire che devi stare al suo fianco...

- Vado Battista. Non devi gridare...

- Non grido, ma la signora si dispera - risponde il domestico abbassando la voce. Più subito, in tono aspro, esclama -: Ah! mi disse Anche che ti cercassi e che non ti lasciassi andare. Hai capito? Aspetta là che la signora disponga della tua sorte, perché ora ella è, e solo ella, quella che comanda in questa casa.

Le ore sono passate lentamente. Il corpo di Francisco D'Autremont si trova già sotto terra; gli importanti funzionari che accorsero dalla capitale, sono ritornati dopo rendere i loro rispetti alla vedova, ed un silenzio spesso, tanto di pena come di esaurimento e di stanchezza, cade sulla sontuosa dimora, sui fertili campi, sulle centinaia baracche dei lavoratori come se un crespo di lutto galleggiasse sul cielo che avvolgono le ombre nell'opulenta tenuta di Campo Reale.



  

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