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 Benaresyama 2 страница



       Scendemmo tutti e quattro e attraversammo la rotonda che fa da zerbino alla stazione, infilandoci nel bar di fronte alla strada. Fresco e colorato locale di caffè e cappucci e aperitivi, con due tavolini striminziti che dimostravano come non fosse un posto dove la gente si 21

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       ferma a lungo. Ci piazzammo io contro la parete, con Anna alla mia destra, Sandro alla mia sinistra e Cico di fronte a me. Cappuccio e brioche per tutti, e che diavolo.

       - Allora, dove stai andando? - mi chiese Cico.

       Be', pensai, ce n'è qui da dire, e allo stesso tempo sbuffai divertito.

       - E' una storia complicata - risposi. Ma sapevo che mi avrebbe capito.

       Fra tutte le persone del mondo, era quella che vedeva la vita in maniera più simile alla mia; nei pomeriggi d'Inverno dopo la scuola, o nelle serate a casa mia o casa sua, passavamo ore a parlare di questioni filosofiche e di libertà, di arte, di voglia di vivere, di psicologia e di voglia di fare. Era uno Spirito Libero, come me. Quello Spirito Libero che non è da nessuna parte e non è vivere da solo e non è fare il vagabondo ma è qualcosa che hai dentro e ti rende speciale e ti solleva ovunque vai e non è che ti dà la forza di spezzare le catene, in realtà non ti permette nemmeno di finirci incatenato, e così quando te ne vai non c'è nessuna difficoltà, è come aprire la porta e uscire, senza guardarsi indietro, senza pause e senza fatali esitazioni, via nella mente e nel corpo allo stesso tempo. Lui e io ci eravamo sempre considerati fratelli di sangue affrancati dal vincolo spazio-temporale cosicchè nessuna distanza di chilometri o mesi poteva separarci, e la successiva volta che c'incontravamo era come se ci fossimo appena lasciati. E poi ci eravamo scritti lettere a bracche, lettere che parlavano di notte e di poteri oscuri e di magia e di fuoco nelle vene e negli occhi, e di libertà.

       Io in fondo non cerco qualcuno che mi capisca, no, sarebbe assurdo pretendere una cosa del genere - più o meno impossibile - come condizione per un'amicizia; a me basta trovare qualcuno che CAPISCO io, qualcuno che stia lampante e luminoso di fronte a me, e si guadagni la mia ammirazione, che mi costringa ad essere pazzo di lui, a dirgli " Cazzo quanto hai ragione a vivere così "; qualcuno che sia 22

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       un esempio, uno stimolo, un maestro. Qualcuno che riesco a capire, è ben accetto. E Cico fa parte di questa categoria.

       Così mentre di solito mi limitavo a raccontare con molta cautela i miei progetti, per evitare fraintendimenti da parte dei filistei, con lui mi aprii totalmente fiducioso e cominciai con enfasi:

       - Be', vedi, Cico, ho finalmente deciso che è ora di andare, che la vita là a casa non mi basta più e che se voglio combinare qualcosa nella vita - e poi comunque perlomeno trovare me stesso, seguire i miei desideri, le mie aspirazioni - insomma devo andarmene di là. - Sbirciai Anna senza notare nessun segno particolare sul suo viso. - Ho mollato il mio ultimo lavoro, sai, quell'officina, ho chiamato mio cugino Ramon a Bologna e gli ho detto se mi può tenere qualche tempo da lui. Ha detto di sì, e io ho fatto i bagagli e sono partito -

       Pausa. C'erano ancora tante cose da dire ma dovevo fargli assorbire il concetto principale. Mi guardava con la faccia sopresa ma non troppo, come ho detto mi conosceva ormai troppo bene per non sapere che ero esattamente il tipo di persona che avrebbe fatto una cosa simile. E

       sorrideva, probabilmente era contento e orgoglioso di me, ancora una volta, come io ero stato molte volte orgoglioso di lui, e l'avevo considerato spesso un maestro, più che un amico.

       - Poi sono subito arrivati i contrattempi - aggiunsi indicando Anna -

       questa è venuta a prendermi in stazione poco prima che partissi e non voleva lasciarmi andare via... tesoro... ma alla fine sono riuscito io a convincerla a venire con me. E come hai visto prima, la sua presenza aumenta il divertimento. - Concludendo mi sporsi verso di lei e la baciai su una guancia. Sorrideva leggermente imbarazzata, e mi piaceva più che mai.

       - In effetti è stato un bello spettacolo, prima - intervenne Sandro - hai visto con che facce vi guardavano?

       - Basta con le cose normali - risposi con lo sguardo fiero - d'ora in poi 23

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       solo cose matte... sono le cose matte che portano in alto le persone con un po' di talento. -

       - Concordo - mi appoggiò Cico - hai ragione. Siamo sempre chiusi, facciamo sempre le stesse cose, e questo è uno spreco di tutto quello che potremmo fare. Non ci esprimiamo abbastanza.

       - Esatto - ripresi - e io voglio farlo, voglio esprimermi.

       - Vai così, fratello, spacca tutto - ribadì lui e mi porse la mano che io prontamente strinsi in un gesto di fratellanza.

       - E che cosa hai intenzione di fare a Bologna? - mi chiese poi.

       - Bella domanda - commentò ironicamente Anna.

       - Già, bella domanda. A dire la verità non so di preciso. Mi farò aiutare da mio cugino a trovare un lavoro del cazzo e poi userò tutto il resto del mio tempo per conoscere più gente possibile e imparare da loro, per trovare i segreti che si nascondono dentro me e migliorare le mie capacità, e fare una grande vita... sento di poterlo fare... di sicuro voglio provarci, come minimo.

       - Lodevole - si complimentò Sandro - piuttosto impegnativo ma sicuramente bello.

       - Che tipo di " gente" vorresti conoscere, esattamente? - mi incalzò maliziosamente Anna, e vidi un ghigno diffondersi sul volto di Cico.

       Cico l'aveva sempre detto che le ragazze erano la mia rovina, ero un pasticcione e mi innamoravo troppo ed era per quello che non riuscivo mai a portare a termine i miei progetti. E il suo ghigno di quel momento diceva: rischi di non farcela neppure stavolta a causa di questa signorina, vero?

       Ma io ero più carico che mai e pronto a spaccare il mondo in quattro e non pensavo neppure al futuro e non avevo preso ancora una decisione ma se spettava a me sarei andato dove volevo andare e mi sarei portato dietro Anna che stava rivelando un pizzico di Spirito Libero, chissà forse avrei potuto contagiarla; se poi fosse stata lei ad andarsene, 24

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       come diceva di voler fare, be', le avrei scritto lasciandole il mio indirizzo e dicendole di raggiungermi un giorno o l'altro, poi avrei fatto la mia vita e sarei riuscito - ne sono convinto, anche se fa un po'

       male - a dimenticarla in fretta. Le risposi senza bugie:

       - I ragazzi più divertenti e sognatori, le ragazze più belle ed interessanti, quelli che hanno letto Kerouac e Brizzi, quelli che per il caro vecchio Jack erano l'unica gente possibile, quelli che sono " pazzi di vita e pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo", eccetera eccetera; quelli che se non facessero i pazzi si sentirebbero " inutili e tristi come la birra senz'alcol". Voglio conoscere tutti quelli che hanno il fuoco dentro, che sanno evolversi e cercare la verità, gli amanti dell'arte più importante, quella di vivere; voglio conoscere e viaggiare con loro, e allargare le mie mani sul mondo e sempre più in profondità dentro me stesso... perchè tutto quello che io vivo mi muove qualcosa dentro, mi sposta o mi aggiunge idee, pensieri, emozioni; e io non ne ho mai abbastanza, e conoscere altre persone è la prima e più efficace forma di apprendimento, quando quello che vuoi imparare è la vita stessa -.

       Ci fu qualche secondo di silenzio dopo questa mia specie di esplosione orale, questa fiumana di parole che mi era uscita direttamente dal cuore, che mi aveva espresso sentimenti che nemmeno io stesso avevo ancora chiari in mente. Finalmente sapevo cosa volevo. E sentivo ancora quella sensazione di essere paurosamente vicino alla perfezione, e la cosa era ancora più bella pensando che eravamo lì in quattro e più si è e più è difficile raggiungere la perfezione. Perfino Sandro contribuiva, era di poche parole e nemmeno lo conoscevo, ma sprigionava salute positiva, non so come spiegarlo, era perfettamente in sintonia con l'atmosfera. In quei pochi istanti di silenzio amai quelle tre persone come mai avevo amato qualcuno in vita mia. Entrarono a far parte di me per non uscirci mai più - già lo sentivo allora, questo.

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       Il treno arrivò sibilando come il vento freddo delle montagne, impetuosa rumorosa sferragliante carcassa snodabile. Erano ormai le undici e mezza quando salimmo su quel treno, quattro persone, tre zainetti e una borsa, e occupammo così in otto uno scompartimento da sei. La discussione era proseguita scivolando nei sogni di gloria e negli insulti agli attentatori della nostra libertà, insegnanti e datori di lavoro, governanti, nessuno si salvava dalla nostra irrefrenabile ed allegra rabbia. Continuammo a chiacchierare per tutto il tragitto fino a Verona, attraversammo il ponte di Peschiera che passa sopra il Mincio, largo indolente placido fiume che se ne scorre lungo i mari dell'Italia centrale, e io che da buon osservatore osservavo la sua serenità e seguivo il suo invito alla tranquillità; e lo svincolo autostradale che sa sempre di viaggi perchè da lì ero passato tante volte, per andare a Gardaland o al Caneva sport nelle torride estati adolescenti con gli amici di quando ancora il massimo era uscire in bicicletta; o d'inverno nelle fughe sciistiche scomode e addormentate, per un brivido di piacere nel morbido scivolare sulla bianca neve che sempre mi affascina; nell'anno di militare quando correvamo a casa in automobile nelle poche fantasmagoriche licenze, Venerdì pomeriggi 27

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       di inossidabile e sfrenata felicità e sollievo; e, ancora d'estate, quando con mio padre andavamo alla conquista delle città nordiche nei nostri viaggi rilassati e puri, da Cortina in su, Innsbruck, Vienna, Friburgo, Monaco, Copenaghen, tutte queste che per breve tempo mi avevano accolto tra le loro braccia, e lì in mezzo a gente che non parlava la mia lingua ero finalmente diventato viaggiatore, non come condizione materiale ma di spirito, con il gusto non tanto di vedere chiese e musei ma semplicemente di essere lì, un generico altrove, e sentirmi a mio agio, amico di tutte quelle persone che passavano sconosciute eppure adorabili; lì avevo cresciuto il mio Spirito Libero e l'avevo sentito esplodere fino a regalarmi, tra le altre cose, un supremo piacere nel semplice spostamento, nel cambio delle proprie coordinate, insieme alle proprie abitudini e ritmi di vita.

       Così quello svincolo sapeva di viaggi e per questo mi esaltava, quello svincolo che passando in treno si poteva guardare dall'alto in basso, confuso e aggrovigliato sotto, a cavallo del fiume.

       E poi la rada sonnolenta campagna veneta, fatta di case basse e alberi che costeggiano il binario; e poi sullo sfondo compaiono le innevate alture dei colli euganei, e poi il grande agglomerato di una città, e finalmente era Verona. L'ingresso in una stazione che non è il punto di arrivo più importante - nulla a che vedere con stazioni come quelle di Roma, Milano, Torino, e tante altre città - ma sicuramente uno dei punti d'incrocio più importanti, il punto d'intersezione segnato con una matita a punta grossa tra due direttive fondamentali dello sviluppo ferroviario: la lunga via che attraversa da capo a capo la pianura padana, da Torino a Venezia, asse industriale e commerciale attivo e pieno, brulicante, sovraffollato di gente in giro per mille ragioni diverse; e l'asse che scende dal Brennero e si conficca come un mortale colpo di spada nel centro Italia, che collega il nord Austriaco con l'Italia verace, da Bologna in giù. Verona ha una posizione come 28

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       di sala d'attesa universale, dove uno decide insieme la sua destinazione e il suo destino - non a caso queste due parole, destinazione e destino, hanno una radice comune. La vita è un viaggio o i viaggi aiutano a vivere meglio?

       Percosso da queste peregrinazioni mentali, contemplavo l'arrivo in stazione in una sorta di stato mistico ed estatico come un bimbo di fronte alla neve che scende. Poi arraffai la mia borsa e il mio zainetto e scesi con i miei tre adorabili compagni di viaggio nella mia stazione preferita.

       - E qui le nostre strade si dividono - dissi subito dolorosamente, rivolto a nessuno in particolare. Gli altri si limitarono a sorridere.

       Ci avviammo alla tabella degli orari con un chiacchiericcio inutile come un brusì o di sottofondo, come per farci compagnia, per avvertirci che eravamo ancora lì. Il prossimo treno per Bologna era circa un paio d'ore dopo. Cico e Sandro si dovevano fermare a Verona per trovarsi con un loro amico, uno delle migliaia di amici di Cico, che sembrava conoscere metà dei ragazzi che vivevano tra Verona e Milano; e insieme a lui sarebbero andati ad esplorare un negozio di giochi di ruolo, uno di quei buchi affollati di volumi, scatole, miniature e fumetti pieni di nomi arcaici e incomprensibili, dove ragazzi con zainetti e occhiali passano ore a guardare come in cerca di qualche illuminante novità, uscendo poi generalmente senza comprare nulla. Avendo tutto quel tempo, proposi: - Be', allora non possiamo perdere l'occasione di fare quattro passi in questa stupenda città, romantica ed artistica. -

       Ero stato diverse volte a Verona, e avevo sempre sentito un'atmosfera particolare, non so dire se fosse la città o magari semplicemente il mio stato d'animo, ma una sorta di dolce sensazione romantica mi assaliva, come se l'intera città fosse un giardino nel quale passeggiare con una splendida principessa e baciarla di nascosto dietro una siepe. L'Arena 29

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       e la sua piazza Bra, i vicoli storti e le vie dei negozi piene di turisti, e il balcone di Giulietta, meta immancabile delle mie passeggiate; che fosse a metà strada di un viaggio o in una mattina di bruciata da scuola, che fosse in gita con la classe o con i genitori, o che fosse un'escursione solitaria o una gita in compagnia, mi aveva sempre emozionato il tempo passato là. E quel giorno con Cico, Sandro e Anna, sebbene quella non fosse la meta principale del mio viaggio, non potevo rinunciare a qualche passo verso il centro. Guardai Anna come a dirle " se hai qualcosa da dire dillo ora", sperando che non dicesse niente ma che si lasciasse trasportare da noi, in fondo era la prima volta che passavamo un po' di tempo insieme fuori dai posti abituali dove c'erano anche tutti gli altri e ci potevamo vedere in luce differente e magari conoscerci meglio ora che avevamo deciso di amarci... ancora in fondo non avevo deciso se avrei preferito che venisse con me oppure no, ma non stavo troppo a pensarci: la vita e gli altri - in questo caso lei - avrebbero deciso per me. La vita sa condurti dove tu vuoi se sei abbastanza sincero con te stesso, di questo ero sicuro perchè ne avevo già avuto le prove; avevo visto che mi bastava rivolgere la mia attenzione a me stesso, chiarirmi le idee, esprimermi, facendo solo quello che volevo fare e vedendo solo chi volevo vedere, e come per magia mi ritrovavo in situazioni che non avrei nemmeno sperato, in cui sguazzavo come un pesciolino allegro e incosciente.

       Anna non disse niente, si limitò a guardarmi sorridendo, un po' mi faceva paura quel suo silenzio ma come ho già detto avevo l'antifulmine, la prova era tutta sua, se mi deludeva non avrei perso niente. La presi per la mano e le dissi molto poeticamente: - Andiamo, mia cara! - e lei allargò il suo sorriso dicendomi: - Sei matto! - e credo proprio che avesse ragione; non sapevo che mi stava succedendo ma sentivo la freddezza e la ragione che scivolavano via da me cacciate in malo modo dall'euforia del viaggio. E via allora camminando pieni di 30

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       allegria, energia, poesia, e tutte queste altre cose che finiscono in " ia"; giù per viale Porta Nuova, quella grossa via che dalla stazione attraversato l'Adige ti porta fino in centro, nell'ampia piazza Bra; larga arteria di automobili e larghi marciapiedi, negozi e alberghi e balconi mischiati insieme, chè a Verona non è necessario separare la parte artistica perchè è TUTTA artistica, un museo di balconi, scalini e cattedrali, mia dolce romantica veneta città. Io e Anna camminavamo avanti tenendoci per mano, io ero frenetico, elettrico; Cico e Sandro subito dietro, ridendo delle mie battute e del mio entusiasmo.

       - Non è fantastico? - ripetevo in continuazione, oppure: - Dio, che bello! - Ero a meno di ottanta chilometri dalla mia vecchia città ma già la sensazione di libertà mi avvolgeva dolcemente, e rendendomi felice.

       Poi improvvisamente mentre camminavo ci fu un tizio su uno skate-board che passava e io non l'avevo visto e le sue evoluzioni coincisero con le mie e ci fu uno scontro, tra le immediate risate generali; lui non appariva nemmeno tanto arrabbiato - sapevo di aver torto, camminavo agitando la borsa e guardando il cielo, i balconi, Anna, gli altri, insomma ovunque tranne nella direzione in cui andavo.

       Gli chiesi se era tutto a posto e lui disse semplicemente: - Sei stregato anche tu, eh? - e io gli chiesi cosa intendesse dire per stregato, lui sorrise e già mi stava simpatico per quel sorriso, sincero, bello, in quella mattina dal sole obliquo; poi mi spiegò senza nessuna fretta che lui era uno stregato e che dalla mia espressione lo dovevo essere anch'io, uno di quelle persone senza meta, disse proprio così. Io pensai di aver incontrato uno mezzo matto ma in fondo interessante, e forse non era un caso che capitasse sul mio cammino. Continuò dicendo che gli stregati sono le persone che sono sempre per la strada, quelli che guardano il cielo mentre camminano; quelli che camminano quando tutti gli altri corrono e poi corrono quando gli pare, per il semplice gusto di farlo. Lui aveva molti amici stregati, diceva parlando con quel 31

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       rapido squillante accento veneto. Si chiamava Edoardo, Eddie per gli amici e così dicendo ci aveva in un certo modo comunicato che eravamo già diventati amici, o perlomeno lui così aveva deciso. Io accettai con gioia la sua decisione e gli presentai Anna la mia migliore amica e amante, Cico il mio miglior amico ma non amante, e Sandro il mio nuovo amico.

       - Dove andate? - chiese poi.

       - A vedere Verona - risposi pronto, e lui disse che era una buona idea, ma che migliore sarebbe stato GUARDARE Verona, e che ci avrebbe mostrato lui come si fa. Annuii con gioia. - Oh sì, sicuro, sarà un piacere - dissi, e cominciai a seguirlo mentre camminava con lo skate sotto un braccio di quella ampia giacca beige imbottita di pelo che indossava, e i pantaloni larghi verdognoli segnati da striature nere -

       immagino causate da scivolate lungo lisci pavimenti di fredde zone amministrative piene di uffici e gente in cravatta e ventiquattr'ore durante il giorno, ma rimaste deserte la sera o nel week-end. Ci condusse fino in centro, guardammo le vetrine mentre ci arrivavamo, poi passammo sotto i grandi portali e là era la piazza: la grande piazza Bra che si avvolge attorno ai suoi giardini come la coda di una gatto addormentato, e si aggancia all'Arena affacciata per metà su di essa.

       Cico disse che l'Arena era il più bel monumento di quel tipo rimasto in circolazione, e Eddie, senza nascondere il suo orgoglio, gli diede ragione; Anna mi prese la mano e la strinse forte, appoggiando l'altra sulla mia spalla. La vedevo emozionata, e questo mi piaceva da matti.

       Entrammo nel fossato che gira intorno all'antico teatro, percorremmo lenti ed estatici il perimetro, sbirciando dentro le porte, senza entrare, mentre Eddie ci snocciolava la sua personale interpretazione della personalità dell'Arena, che lui considerava come un'essere vivente, una sorta di vecchia amica sempre immobile nello stesso punto, con la capacità di ascoltare e di avere un suo giudizio sulle cose che i ragazzi 32

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       venivano a raccontarle; ci disse che era molto comprensiva ma anche realista, perchè ne aveva sentite tante di storie e aveva visto com'erano poi andate a finire; parlava con voce quasi musicale, così che ascoltarlo era doppiamente piacevole, ci faceva da colonna sonora.

       Ricordavo di essere stato lì anni prima per un concerto di Sting, sotto la luna piena in una serata primaverile con il cielo pulito dalla pioggia del pomeriggio; mi tornava in mente l'atmosfera grandiosa in quell'ambiente che traspirava arte e tempo, tanto bella da farmi venire i brividi. Ero soddisfatto, davvero.

       Eravamo davanti alla fontana dei giardini; mi voltai e guardai i miei quattro compagni, stupito e felice di averli con me. Dissi che ero contento, ero davvero contento, e aggiunsi che non sapevo cosa ci toccava fare. Cico e Sandro mi dissero che a quel punto era ora di andare, dovevano ancora incontrarsi con quel loro amico; allora io risposi: - Sì, certo, abbiamo già fatto tardi, comunque vi ringrazio della splendida compagnia, amici miei. - Cico mi rispose che era stato divertente e che avremmo dovuto farlo più spesso e io gli dissi -

       Abbiamo appena iniziato, vecchio lupo -, e lui mi sorrise e mi disse semplicemente - A presto -, nessun appuntamento, niente, che io e Cico ci trovavamo sempre ad intuito. Ci furono abbracci e strette di mano poi i due ragazzi e i due zainetti si voltarono e se ne andarono per uno dei vicoli.

       Due secondi dopo Eddie disse semplicemente: - Be', ci vediamo - e saltò sul suo skate-board senza darmi il tempo di rispondere, riuscì a urlargli: - Ciao, e grazie di tutto - mentre se ne andava nella piazza.

       Allora mi girai e guardai Anna, la mia cara e fedele Anna, strappata alla sua città e alle sue abitudini per colpa di un pazzo vagabondo alle prime armi. La guardai e l'amai terribilmente, non so perchè, forse per il fatto che era lì, sola in un'altra città con me; la guardai sorridendo e probabilmente si capiva tutto dal mio sguardo, che i ragazzi non sanno 33

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       nascondere le grandi emozioni. Lei mi fissò e si capiva che ora lei aspettava qualcosa da me, la sua parte l'aveva fatta.

       - Be', siamo di nuovo noi due, amore mio - dissi, e cercai di proseguire trovando qualche frase mitica ed entusiasmante ma mentre ci stavo ancora pensando lei mi passò le mani dietro il collo scuotendo il capo, si sporse verso di me e mi baciò lentamente. Poi mi guardò sorridente e mi disse: - Andiamo a mangiare qualcosa? -

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       " Perchè in fondo Cico ha ragione, le scelte più importanti della mia vita le ho fatte seguendo l'amore per una ragazza, o fuggendone, e il mio problema è che mi innamoro facilmente, troppo facilmente, come un'ape che svolazza spensierata da un fiore all'altro impaziente di suggere nuovo nettare e di riprovare immediatamente quello che ha appena terminato, come una drogata di polline, mentre io sono un drogato d'amore, ho bisogno di essere sempre lì a correre dietro a un paio di occhioni dolci.

       E così io ti amo Anna e questo mi spaventa un poco, potresti essere ciò che decide il mio destino e nemmeno rendertene conto, e va be', poi posso dimenticarti in fretta se le cose vanno male perchè mi innamoro facilmente e altrettanto facilmente mi riprendo il cuore, ma intanto le scelte sono fatte e a volte non puoi tornare indietro -

       comunque sia, chissà dove arriverò; chissà se la mia vita è destinata a saltare da un amore all'altro, come il vecchio Jack saltava da una stella cadente all'altra.

       Sempre impegolato mi ritrovo e sempre più spesso desideroso di non aver mai conosciuto le ragazze di cui mi sono innamorato. Succederà così anche con te? Perchè in fondo il mio cuore è tenero come quello 35

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       di tutti gli uomini, se appena affondi i denti sotto la scorza esterna. E

       tu li hai affondati, tesoro mio. E ora morderai? "

       Mi passa per la mente questa riflessione selvaggiamente autodistruttiva seduto di fronte a lei nel bar dove abbiamo deciso di ristorarci anticipando le orde di studenti affamati che tra non molto assedieranno ogni posto da qui alla stazione. Guardo la mia grande Anna e penso che mi piacerebbe persino sposarla, in questo momento, non mi ha deluso, proprio per niente, e vorrei che venisse con me.

       Diavolo. Potrebbe farlo, no?

       Non dico più una parola per qualche minuto, sto lì con la testa appoggiata a un braccio e la guardo, la guardo fisso, e lei risponde al mio sguardo senza dire niente, e stiamo lì a guardarci in silenzio come se stessimo comunicando telepaticamente; forse lo stiamo facendo, forse lei sente i miei pensieri. Poi le prendo la mano, la accarezzo qualche attimo, la stringo e le dico: - Sei grande, Anna.

       E il suo sorriso mi dice il peso delle mie parole nel suo cuore.

       - Ma adesso andiamo -, aggiungo balzando in piedi e vestendomi e acchiappando le borse e lei deve affrettarsi perchè in un attimo sono già fuori, respirando il fresco profumo della libertà in questo giorno di sole obliquo a Verona. Esce bellissima e radiosa la mia ragazza, camminiamo cantando ridendo e baciandoci ancora senza meta per le luccicanti strade scaligere con pochi passanti e molte auto parcheggiate; tutto sembra perfetto come in uno di quei sogni ad occhi aperti che si fanno poco prima di addormentarsi, senza fretta, vorrei che niente cambiasse più.

       Passiamo su sagrati e per le viuzze interne dietro l'Arena, dove si affollano i negozi e i turisti; dalla vetrina di un posto si sente la voce di Dolores 'O Riordan che canta " Be with you" e io ci canto sopra e la canto ad Anna, sì; ci avviamo poi sul lungo Adige per un bel pezzo e nemmeno guardiamo dove stiamo andando, siamo persi a guardarci, a 36

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       ridere, a baciarci, come due innocenti bambini; finchè ci ritroviamo su viale Porta Nuova e allora ci avviamo verso sud sbirciando dentro le entrate degli alberghi e penso che mi piacerebbe passare una notte qui: lo dico ad Anna e lei è d'accordo. Giungiamo infine in stazione e non sono mai stato così felice in vita mia, gente, penso mentre varchiamo l'ingresso del Sacro Edificio Ferroviario, noi che siamo sempre stati Suoi adepti, adepti del sacro Viaggio, ma ora improvvisamente stiamo diventando Sacerdoti, fanatici desiderosi di consacrare ad Esso le nostre vite.

       Noi viaggiatori siamo gente senza orari e senza orologi, e per quanto strano possa sembrare troviamo sempre i treni pronti per noi, noi che ce ne freghiamo, che seguiamo il vento, che ci perdiamo senza fretta nella contemplazione delle stazioni ferroviarie, quasi fossero davvero templi, oasi di libertà dove andare, partire, viaggiare è il senso di tutto, ciò che dà significato. Noi viaggiatori siamo le variabili imprevedibili dell'equazione umana, i cromosomi impazziti, l'anormalità. Noi siamo i caotici che bilanciano l'ordine senza cercare di annullarlo, e in questo ci differenziamo dai viaggiatori-ragionieri che sanno sempre gli orari ed il percorso e hanno tutto quel che serve, tranne forse la capacità di dimenticare che il viaggio è solo qualcosa che ti porta da un posto a un altro. Perchè un viaggio è molto, MOLTO di più di questo. E noi Viaggiatori lo sappiamo.

       Entriamo così in stazione trionfali, e scruto distrattamente il tabellone orario con lo sguardo dolce di chi osserva un bel paesaggio.

       - Vediamo, il prossimo treno per Bologna... perchè tu vieni a Bologna, vero? - le chiedo ricordando improvvisamente che non abbiamo ancora fatto alcun piano, nelle ultime ore ci siamo limitati a mettere da parte i dubbi e goderci la libertà. Ci guardiamo, io e Anna, e improvvisamente tutti i dubbi e i contrasti piombano su di noi con la rabbia di chi era stato escluso senza troppi complimenti. E ora?

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       Lei sospira, si guarda intorno, poi mi guarda dritto negli occhi (amo la sua capacità di tenere lo sguardo senza timidezza, non ha paura di guardare dritto dritto dentro questi miei occhi, fino nel fondo delle mie iridi coraggiose) e mi parla piano, come se avesse paura di svegliare qualcuno.



  

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