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CUORE SELVAGGIO 18 страницаNicola ha guardato Renato che contempla le due figure, giunte vicino alla ringhiera. Ma nemmeno un muscolo si muove sul suo fine viso impassibile, non c’è nei suoi occhi un'espressione che possa denunciare quello che attraversa la sua anima. La sua mano si estende per riempire di nuovo il bicchiere, e dopo lo porta alle sue labbra finendolo lentamente, assaggiandolo... - Vorrebbe che parlassimo da soli, Renato. - Lo siamo quasi. Nicola. - Bene, ma non così. Voglio dire nel tuo ufficio, con una gran calma, con un'assoluta libertà di parlare... - Per quale motivo, Nicola? Per consigliarmi che non lasci Juan in questa casa? È inutile. Forse non l'avrei mai dovuto portare. In realtà, non lo portai, venne da solo, come se il suo destino lo spingesse, e rimarrà.... rimarrà, perché è il mio desiderio più ardente. Perché io mi sono impegnato a che rimanga! - Juan, mi senti? Juan...! La voce di Aimé e suona inutilmente carica di passione... Juan non gli risponde, non gira la testa per guardarla. Le sue mandibole si stringono solo un po' di più, per caso si contraggono le sue mani appoggiate alla ringhiera e diventa più intensa la feroce espressione delle sue pupille, fisse, senza vederlo né guardarlo, nell'aperto paesaggio. Ma Aimé e dà un passo avvicinandosi un po’ di più, inconscia degli occhi che seguono ognuno dei suoi movimenti dietro di lei, e contemporaneamente tremando come se con quel tremare, temere e sperare, riempisse fino ai bordi il bicchiere ombroso delle sue emozioni. - Juan, che cosa hai deciso delle nostre vite? - Della tua vita? - risponde Juan in tono basso, ma sdegnoso e tagliente -. Niente. Tu stessa decidesti, tu stessa scegliesti la strada, tu stessa segnalasti la meta alla quale volevi arrivare, alla quale sei arrivata già. Restaci, nella cima.... Tutto quello che la tua vista raggiunge ti appartiene.... È giusto che lo paghi con la moneta del tuo corpo. E non dico con la moneta della tua anima perché non credo che abbia anima... - Tu sei l'unico che non ha diritto di dubitarlo. Non sfuggire i miei occhi, guardami in viso per dirmi questo. - Non penso di tornare a guardarti in faccia! - sputa Juan al tempo che si allontana. - Juan! - chiama Aimé e, ed alzando più la voce, ripete -: Juan...! - Che cosa succede? - domanda Renato avvicinandosi a sua moglie. - Oh, niente! - cerca di dissimulare Aimé e facendo un enorme sforzo -. Juan sembra completamente sordo. Stavo chiedendogli qualcosa... qualcosa sul tempo. Suppongo che per un navigatore non sarà difficile... Il trepidare di un tuono ed una raffica a fiato di un uragano ha interrotto le vacue parole di Aimé e, e Renato osserva con freddezza: - Credo che per nessuno è difficile predire il cattivo tempo quando sta già su di noi. - No... certo.... Sono tonta, vero? Santo sia Dio! Piove a catinelle... e quel Juan... - ha esteso la mano, senza sapere che cosa fare né che cosa dire, completamente sconcertata, segnalando l'uomo che va fermo e trascurato, indifferente alla pioggia, al vento, al temporale che scarica già sulla valle, andando più rapido il crepuscolo che arriva -, Tuo hai visto un uomo più strano, Renato? Stavamo parlando del cattivo tempo, ed all'improvviso va via.... va via sotto quella pioggia.... Suppongo che non sarà pazzo il tuo nuovo amministratore. Sarebbe una vera pena, perché avevi ragione, guadagna molto col suo aiuto. Avvicinandomi, parlandogli, trovo che sia simpatico il tuo Juan dal Diablo! Che pittoresco e che simpatico! - Posso sapere in che occasione, in che momento hai parlato abbastanza con Juan per cambiare idee rispetto a lui? Aimé e è rinsavita scuotendo la testa, come per svegliarsi, come per ritornare alla realtà. Guarda gli occhi di suo marito, fissi, inchiodati nel suo viso come se pretendesse di indovinare che cosa è quello che turba la sua anima, e balbetta: - Bene... subito. Stavamo qui, insieme, parlando, mentre guardavamo le nuvole... - Mi sembra che fossi solo tu quella che parlava. Nemmeno una volta lo vidi girare verso di te la testa per guardarti... nemmeno una sola. - Caspita, non pensai che ci fissassi tanto! Da ciò che si vede, stavi spiando i nostri minimi movimenti... - Non spiavo; ti guardavo, ti guardavo come ogni volta che stai a portata della mia vista. Sono un uomo che ti ama, Aimé e. - Oh, lo so! Altrimenti, non ti saresti sposato. Risparmiami il promemoria che non portai dote al matrimonio. - Solo un villano potrebbe fare a sua moglie un'allusione simile. Solo un villano, Aimé e; ma da ieri è la terza volta che mi tratti come un villano. - Da ieri sei come pazzo, come una fiera: nervoso, esasperato, diffidando di me, tormentandomi.... Suppongo che litigasti con tua madre e siccome con lei non puoi sfogarti... - Per la quarta volta mi offendi, Aimé e. Che cosa hai? Perché sei cambiata in questo modo? Perché in poche ore tutta la tua soavità, tutta la tua dolcezza...? - Tutta la mia dolcezza, che cosa? Finisci! - È che non so nemmeno come incominciare. Tu sai che io mi ero fatto il proposito di non discutere mai con te, sai che avevo l'illusione che vivere l'uno vicino all'altro indovinandoci i pensieri, che i nostri sentimenti fossero come uno solo, che con un solo sguardo riuscissimo ad arrivare ognuno in fondo all'anima dell'altro... - Oh, sei terribilmente romantico, Renato! - interrompe Aimé e con un certo malumore -. Vuoi fare della vita un idillio, un poema, e la vita ha molti giorni volgari, molte ore brutte, molti momenti spiacevoli nei quali non si può vivere sognando... - Ma amando si! - Bene, a tutte le ore... - A tutte le ore! Sempre! Quello fu il mio proposito e tu lo condividevi, l'accettavi e lo giurammo, lo giurammo entrambi di fronte all'altare. È che tanto presto te ne sei dimenticata? Giurasti di essere come parte di me stesso, ed io giurai di portarti nel mio cuore ed amarti come la mia carne. Presto l'hai dimenticato! - È che sei diventato insopportabile...! - Esclama Aimé e con ira, alzando la voce. - Non gridare. Nicola ci sta guardando - rimprovera Renato in tono basso e fermo -. Non voglio dargli il triste spettacolo dei nostri dissapori. - Mi dispiace, ma non so fingere! - Devi farlo, dato che sei una D'Autremont. - Caspita... era molto tardato ad uscire l'illustre cognome! - Che cosa dici? - si sorprende Renato. - Che non lo menzioni più, perché sono stufa di lui, capisci? Stufa! Come di questa proprietà, di questa casa e di... - Taci! - ordina imperioso Renato. Dopo, cambiando il tono, si dirige al vecchio notaio -: Si avvicini, Nicola. Stavamo comprovando che piove a catinelle. - Sì, abbiamo sopra un buon temporale, ma non c'è motivo per allontanarsi, perché è così quasi tutti i giorni. Tuttavia, sembra che sia passeggero e continua già ad ammainare. Nicola si è avvicinato alla ringhiera, osservando passando, col suo sguardo comprensivo e penetrante, i visi tesi del giovane D'Autremont e di sua moglie. Ella è molto pallida ed a lui tremano le labbra. Lo sguardo del vecchio guarda senza vedere nella notte tormentosa, e torna da loro più tranquillo dopo non avere trovato serenità nell’allontanamento di Juan. E deviando la conversazione, domanda: - Non avrò l'onore di salutare oggi la signora Sofí a? - Temo di no. Nicola. È quello che stavo tentando di spiegarle prima. Tra mia madre e me c'è una certa disparità di criterio. Malgrado io abbia cercato a tutti i costi di evitarlo, ci siamo scontrati. E lei è un amico in cui ho molta fiducia affinché io non glielo nascondi... più che un amico, poiché l'appena ho nominato il nostro assessore legale. - E lo dissi già prima: che molto temo che parte di quel dispiacere sia stato per la mia nomina... - No, mia madre si dispiace della presenza di Juan. Ma neanche Aimé e simpatizzava con lui. Ora ho la speranza che cambi mia madre come è cambiata mia moglie... benché sia in un modo meno rapido... Ha guardato Aimé e in un modo strano e lei gira la testa schivando quello sguardo che Nicola capta pienamente. Come se lei si gettasse nell'acqua, il vecchio notaio si decide: - E perché quell'impegno di portare Juan a Campo Reale, Renato? - Lei è quello che meno dovrebbe domandarlo, dato che sa che quella fu la volontà espressa di mio padre. Sperai di trovare in lei un alleato, e mi risulta esattamente il contrario. - Sto tentando di proteggere la tranquillità di questa casa. Juan è giovane e violento; probabilmente dissoluto, di carattere molto indipendente, e temo che sia abbastanza maleducato. La sua presenza nel salone della signora Sofí a... - Non ha motivo per frequentarlo. Come amministratore può costruirsi una piccola casa in qualunque altro posto della proprietà. Lì può vivere a suo modo e fare quello che gli piace. - Mi sembra una grande idea. - Aimé e ha parlato, completamente serena, con un raro lampo nelle pupille di lignite, e sembra sfidare lo sguardo sorpreso dei due uomini, dominando la situazione con scioltezza mondana -. È una forma di conciliare le cose. Io so che Renato non ha un altro desiderio. Lei è un amico, ed io sono già sua moglie. Nicola, facciamo tutto il possibile per compiacerlo ed aiutarlo. Credo che a lei non manchi autorità né diplomazia per addomesticare un po' quel gatto randagio di Juan del Diablo. Lo faccia, Nicola, lo faccia... per Renato. Solo alcuni passi si è allontanato il notaio, dal giovane compagno; solo un istante ha lasciato loro soli, tentando a sua volta di rasserenarsi, di penetrare fino in fondo il mulinello oscuro che vede agitarsi intorno a loro. Ma quel momento è bastato affinché Aimé e sorrida a Renato, affinché si appoggi al suo braccio facendogli sentire la calda e tenera pressione delle sue dita, alzando la testa per guardarlo da molto vicino, di fronte e davanti, con quel suo sguardo, intenso e caldo, i cui effetti lei conosce molto bene, e sussurra con umiltà: - Perdonami, Renato, a volte sono violenta, impaziente, maleducata.... Sì, lo riconosco. È il mio carattere, e forse non manca ragione a chi assicura che mi viziarono troppo. Perdonami.... Io so che a volte divento insopportabile; ma è solo un momento, il mio Renato. È come una raffica... non lo so neanche io... una specie di esplosione dei miei nervi.... Naturalmente, non può tenere in conto niente di quello che dico quando sto così, perché niente è vero. Do un'impressione brutta, lo so perfettamente: l'impressione di odiare quello che più ama. Ma io so che tu sei capace di comprendermi... di comprendermi e di perdonarmi, vero? - Anch’io devo chiederti perdono forse - si scusa Renato soave, ma dubitando -: ti trattai rude ed aspramente.... Ma dicesti cose tanto dure e tanto strane.... Dicesti che odiavi il mio nome, la mia casa... questa casa ed il mio nome che sono tuoi, perché insieme alla mia anima ed il mio cuore intero te li ho dati. Sentii qualcosa di spaventoso, Aimé e. Ebbi l'orribile sensazione che era tutto una farsa, perché tu eri stata capace di mentirmi e di ingannarmi. L'orrenda impressione che non mi avevi mai voluto! - Ma che pazzia, Renato! - protesta Aimé e con falsa tenerezza -. Ti chiedo in ginocchio che dimentichi le mie parole. Non mi chiedere spiegazione di esse, non pretendere che io ti dica perché le dissi. Io stessa non lo so, e neanche potrei ripeterle. Le ho dimenticate ed è necessario che anche tu le dimentichi. Te ne prego! Perché ti voglio, ti adoro, Renato... Si è gettata nelle sue braccia che la stringono con ansia, con un tremore nel quale vibrano ancora il dubbio e l'angoscia. E mentre con gli occhi chiusi si appoggia in quel petto leale, Aimé e pensa ad altri occhi, ad altre braccia, ad un altro petto più largo e duro: pensa e sogna un istante che un'altra volta sta tra le braccia di Juan del Diablo...
SOTTO GLI ALBERI, Juan si è imbattuto in Monica, ed un momento la ammira come se si svegliasse, come se ritornasse alla realtà da un mulinello di incubi, ed è tanto terribile l'espressione del suo viso che Monica trema come se si affacciasse ad un abisso. - Juan, che cosa le è successo? - Ancora non è successo niente, Santa Monica. Stia calma... - consiglia Juan contenendosi a fatica e con una vibrazione di ironia nella voce. - Sono perfettamente calma, ma se lei potesse vedere il suo viso... - Che cosa ha il mio viso? Non è tanto bello né tanto suggestivo quanto quello di Renato, vero? - Perché parla sempre in quel modo abominevole? Lei lo rende difficile, Juan di Dio... - Perché non cambia quello stupido motto? - Suona un po' meno male che quello che lei si rallegra in ostentare... incomincio a credere che con meno ragione che pretende di avere. - Davvero? Che cosa le fa pensare questo? - Non crede che la storia di Colibrí può essere abbastanza? Quel bambino l'adora, Juan. Afferma che lei è l'uomo migliore del mondo... - Ed egli che cosa sa? - confuta Juan ridendo amaramente. - Che cosa le succede? Perché ride così? - È il mio modo di farlo. Rido di lei e di tutti quelli prudenti, come deve ridere il Diablo. Che meravigliosa ipocrisia! Lei non vuole altro che fingere, coprire, gettare terra sul marciume, avvolgere in stracci la piaga... - Juan, per Dio... - protesta Monica contenendo appena la sua infiammata ira -. Lei...! - Io, che cosa? Finisca.... Sia franca, dica la verità.... mi insulti... se è quello che sta desiderando. Mentre unisce le mani, mentre mi guarda con viso di agnello, mentre mi dice con la sua dolce voce che non sono tanto cattivo, quello che sta desiderando è che uno di questi raggi mi fulmini.... Bene, perché non dice le cose come stanno, ed in pace... - Io non auguro male né a lei né nessuno.... A lei meno che a nessuno. - E questo perché? Perché glielo ordina la sua morale cristiana? Meraviglioso! - Meraviglioso, sì, benché lei pretenda di burlarsi. Perché non mi dissero mai parole più sublimi nella lingua umana che quelle di Gesù: " Amate i vostri nemici, benedite quelli che vi perseguitano e vi maltrattano, pregate Dio per quelli che vi tormentano. " - Fantastico! - tenta di ridere Juan furioso -. Non pensai di ridere, Santa Monica, ma lei ha il dono di provocarmi... " Amate" i vostri nemici si pratica questa massima in società? Chi la pratica? Sì lo so già: l'ineffabile Renato... - Le proibisco di prendersi gioco di lui! - Caspita! E con quanta energia! Perché lo difende tanto? Glielo ho domandato già varie volte, ma non si è degnata rispondere. Perché, Santa Monica? C'è anche qualche precetto della morale cristiana che ordina dare la vita per un cognato? - Basta! Lei è un canaglia, tremendamente! - Quanto in fretta lei cambia opinione! Ero l'uomo migliore del mondo... ed improvvisamente sono un canaglia, un tremendo, un selvaggio, una fiera, un demonio... Juan del Diablo. Quello mi piace sentirlo dire. Lo dica molte volte, perché a momenti mi sembra che lo sto dimenticando, e non voglio dimenticarlo. Mi aiuti col suo odio e col suo disprezzo. Ho bisogno di essi, sono come un revulsivo, come il ferro incandescente che si applica al morso velenoso di un rettile... - Che cosa si propone allora? - si esaspera Monica, visibilmente sconcertata -. Che cosa fa? Pensa ancora di realizzare l'infamia di cui mi parlò prima? - Portarmi Aimé e? Le faccio notare che è l’unica cosa che lei desidera. - Non può essere.... stai mentendo! - Se lo domanda a sua sorella, benché a lei, probabilmente, non dice la verità. Le dirà che io la perseguo che la minaccio... non che ora mendica quello che disprezzò che in fin dei conti preferisce Juan del Diablo... - Ella non può sentire né dire questo! Sarebbe tanto meschina, tanto spregevole...! - Come io stesso.... lo ripeta; lo disse già una volta: che la disprezzava per essere capace di amarmi. Ebbene la disprezzi, continui a disprezzarla con tutta la sua anima, perché me è quello che ella vuole, è con me, e non col cavaliere D'Autremont che desidera stare.... È rivelatrice, ambiziosa e malvagia, ma è una donna in carne ed ossa, non come lei, di pasta celestiale.... Lei è impeccabile ed intoccabile; ma con tutta la sua purezza, temo che ha messo gli occhi dove non deve, dove non glielo permette la sua morale cristiana... - Basta... taccia! Di me lei non ha niente da dire! Canaglia! - Calma! - ordina Juan, sottomettendola con fermezza -. Non osi schiaffeggiarmi. Di cavaliere non ho più che i vestiti. Lei stava per passarsela molto male... - Tutto è in lei abuso e durezza. Oh, mi lasci! - Ovviamente.... La lascio.... non mi interessano i suoi sentimenti. Là c’è Renato se ha la fortuna che lui la voglia. Le segnalo solo la sua campana di vetro affinché non tiri pietre a quelle degli altri, ed affinché non si metta più sulla mia strada. - Non riuscirà nel suo piano! Ostacolerò a tutti i costi che lei riesca in ciò si propone. Lotterò con tutte le armi! - Faccia attenzione che non si rivoltino contro il suo Renato... - Non è il mio Renato né non lo sarà mai! - esclama Monica in franca disperazione -. Ma lei non farà quello che si propone, non si porterà Aimé e da questa casa, perché prima sono capace di ammazzarla! Juan che è tornato a prenderle le mani sottomettendole forte tra le sue dure e larghe, ed un istante la ammira sentendola per la prima volta donna vicino a lui, mentre qualcosa di simile ad un sorriso si affaccia alle sue labbra quando calca: - Una cosa è certa: lei ama Renato.... E per lui è capace perfino di minacciarmi di morte. Non la credevo capace di tanto. Lei ha un temperamento fino ad ammazzare con queste mani bianche e soavi che hanno unghie come artigli, come vedo. Sa che all'improvviso lei mi risulti interessante? Non c'è dubbio che è anche bella. Soprattutto, come sta' ora, dibattendo come una gatta selvaggia, perso totalmente l'aria di badessa.... Ahi, fiera! Juan l'ha sciolta. Monica ha inchiodato fieramente i denti nella sua mano, ed ora fugge mentre egli, sorpreso, si ristagna il sangue, e commenta burlone: - Demoni col santa!
- Monica, figlia, che cosa hai? Che cosa ti succede? Sei stanca? - Sì, madre, molto stanca... Con sforzo, Monica si è alzata dolcemente aiutata dalle mani tremule di sua madre. Stanno nella sua camera da letto e la signora Molnar l’ha trovata in ginocchio, giunte le mani, infossato il viso tra le braccia, come svenuta sul letto. Passò molto tempo, da quando arrivò dal campo dopo il suo incontro con Juan, e c'è un'ondata di rossore sulle sue guance quando lo sguardo di sua madre si inchioda su di lei indagatore. La sua testa si inclina con l'orribile impressione che l'accusa di Juan ha lasciato su lei un'orma visibile.... Si, trema, trema, agonizza pensando che gli occhi di quell'uomo sono penetrati fino in fondo alla sua anima che sta di fronte a lui come nuda come se questo la facesse sentire nuda anche di fronte agli altri, e crede di vedere un rimprovero perfino da quegli occhi stanchi, offuscati per le lacrime, gli occhi di sua madre che la guardano con pena, lamentandosi: - Non sai quanto mi tormenta che tu debba soffrire così per tua sorella, tu che potresti essere felice nel cammino che scegliesti, tu che conosci le passioni.... Per caso feci male a pregarti che difendessi tua sorella... - Non facesti male.... penso solo che ella non desidera essere difesa. - Tua sorella te lo disse? Gli parlasti? - No; parlai con lui, con Juan del Diablo che non rinuncia a quello che chiama la sua rivincita, la sua vendetta.... Che assicura che è lui, solo lui che Aimé e ama; che rudemente mi ordina uscire dalla sua strada.... Ed a volte penso che quell'uomo avesse ragione insultandomi... - Ma ti ha insultato? - È come una tigre in zelo. La vuole... la vuole, sente che le circostanze lo rinchiudono e come una tigre si difende ad unghiate. Ma non è quello, madre, non è paura quello che mi ispira. È... qualcosa che non capisco... qualcosa che non capisco... - Ma tu eri decisa, fortemente. Che cosa ha potuto dire per cambiarti così? Che minaccia ha potuto formulare? - Non fu una minaccia, fu solo un'orribile verità. - E che cosa poté trovare egli contro te? Tu hai tutta la forza, tutta l'autorità morale necessaria.... la tua condotta, la tua dignità, la tua purezza... - La mia purezza... - ripete Monica con amarezza. - Perché lo dici di quello modo, figlia? Mi allarmi! - No, madre, non ti allarmare.... È puro il mio corpo. Andai fino ad oggi, a qualunque costo, per strade di purezza e di dignità; ma a volte un sentimento nasce ed è come una pianta velenosa le cui radici ci si inchiodano dentro imputridendoci l'anima. A volte penso che dovremmo fuggire, andarcene lontano, cercare, come sognai un giorno, la pace... la pace per la mia anima in fondo ad un convento o ad una tomba! - Che cosa dici? Perché parli in quel modo? - Non devo parlare così, è vero. Non devo parlarti in questo modo.... Ma quell'uomo... - Che cosa è successo con quell'uomo? È un malvagio, vero? Uno malvagio ostinato a portarci la disgrazia... - Neanche mi sembra a volte un malvagio. Penso che soffre che ha sofferto nella sua vita tanto, tanto, che volontariamente ammazzò nella sua anima la compassione e la pietà. Penso che ama Aimé e, eccome la ama! Altrimenti… ma tanto quanto Renato. Che cosa c'è in lei, che cosa c'è nella sua anima o nella sua carne che così si impadronisce del cuore degli uomini? - Ma tutto quello non è più che una disgrazia! Non lo vedi, figlia? Ella è solo una schiava delle sue passioni, delle sue pazzie. Se ora l'abbandoni, se le lasci mancare ai suoi doveri, chissà fino a dove arriverà? A me non mi ascolta; io non ho parole con cui cosa sottometterla. Non le lasciare commettere una pazzia; quindi saranno inutili le sue lacrime...! Figlia, figlia, in te confido.... Confido che tu, per amore di sorella... - E se non fosse solo per amore di sorella? – la interrompe Monica -. Se fosse un altro amore quello che mi spingesse? Monica ha affrontato tremando lo sguardo di sua madre. È come se affrontasse la sua propria coscienza, come se mostrasse con orrore quella ferita che sanguina nascosta in fondo alla sua anima, quella ferita che Juan ha scoperto, disarmandola scoprendola, crocifiggendola nel più terribile dei dubbi. Ma dietro un lungo silenzio, suona, umida di lacrime, la voce materna: - Se un amore sfortunato ti sei fatto tanto generosa, figlia mia, se per lui hai accettato tutti i sacrifici e solo lotte per vederlo felice, rinunciando tu a tutto, che Dio ti benedica per la nobiltà della tua anima! Che Dio ti benedica, figlia, perché tutti ci salvi salvando la felicità di Renato: perché salvi lei, matta e ceca; perché mi salvi che non potrei resistere un colpo simile... perché salvi il buon nome di tuo padre... Monica si è sollevata come se improvvisamente il temporale della sua anima si rasserenasse, come se una nuova luce le illuminasse l'oscuro sentiero, come se una forza nuova la sostenesse, dando alla sua anima la facoltà di accettare tutti i sacrifici, di assimilare tutti i dolori, di affrontare tutte le tempeste. Dopo, unisce le mani e cade di nuovo in ginocchio davanti al cui gesto Catalina chiede: - Figlia, che cosa fai? - Ringrazio Dio, madre. Con lacrime gli chiedevo che mi illuminasse ed egli mi inviò le tue parole. Disperata gli chiesi che mi mostrasse il sentiero e attraverso la tua voce me l'ha mostrato. Ora so l’unica cosa che importa e non tornerò a vacillare.... non tornerò a dubitare! Con passo lento, sui sentieri bagnati, Juan è ritornato a casa. Ha schivato le scalinate di pietra che danno alle larghe gallerie, ha sperato che nessuno l'osservasse ed è penetrato per la stretta porticina del muro, attraversando i patii interni, solitari, appena illuminati per il pallido fulgore di una mezza luna che spunta tra le nuvole stracce. Con strana precisione ricorda appena i dettagli di quella casa già vista, e, come una freccia che facesse centro, si trattiene vicino alle finestre socchiuse di quelle lussuose stanze dell'ala sinistra, preparate per quattro settimane di felicità: il dipartimento nuziale di Aimé e e Renato. - Chi aspettavi, Aimé e? - domanda Juan distillando amaro sarcasmo. - Chi se non te io posso aspettare? - Non lo so, non conosco i latifondisti vicini a Campo Reale... - Basta! - cigola Aimé e iraconda -. Fino a quando devo sopportare i tuoi insulti? - Fino a che io non mi stanchi di insultarti! Fino a che mi sazi di dirti chi sei, fino a che ti saturi dell'odio e del disprezzo che conservo per te! - Per odio e per disprezzo, saresti andato via già. C'è qualcosa di più che ti sottomette che ti addolora che a me ti avvicina, benché non voglia confessarlo. C'è qualcosa che ti fa disperatamente mio, come c'è qualcosa che mi fa disperatamente tua. Sì, Juan, tua... benché, come dicesti prima, non vuoi ritornare a guardarmi in viso. Perché non lo fai? Perché torni a cercarmi come piace a te? - Suppongo che un uomo è meno che un cane quando una passione lo fa il suo schiavo - si dispiace Juan mordendo con rabbia la confessione. Ha ceduto un passo verso Aimé e, avvicinandosi di più, ma ella retrocede, guarda da uno e da un altro lato, spia nelle ombre, si mette in allerta, e finalmente preso il braccio di Juan, obbligandolo ad allontanarsi alcuni passi, mentre indica: - Vieni, stiamo in un posto non adatto.... Renato andò ad accompagnare il notaio fino alla stanza della signora Sofí a, ma può ritornare, può ritornare, e non deve trovare che parliamo. C'è in lui qualcosa di strano. Non so se sospetta o no, ma bisogna avere prudenza, Juan. Molta prudenza, molto tatto, molta calma.... bisogna avere pazienza, Juan... - Pazienza, per quale motivo? - Per aspettare... - E con passione supplicante, Aimé e esclama -: Juan... Juan.... È inutile ingannarci. Mi vuoi, Juan, mi vuoi. La tua ira, le tue ingiurie, la tua rudezza, la tua crudeltà non significano più che una cosa: ancora mi ami. Puoi insultarmi, maledirmi, battermi; puoi pensare che desideri solo la mia morte, ma in fondo non è vero... in fondo, Juan, vita mia, tu mi ami! Lentamente lo ha spinto fino all'estremo del lungo corridoio, lo ha fatto scendere i quattro scalini che separano l'aperta galleria dai larghi arriates, occultandolo dietro lo spesso rampicante. Sta tanto vicino, tanto, che il suo alito di fuoco, come una fiammata di passione e pazzia, passa sul viso di Juan infiammandolo, ubriacandolo.... E c'è nella sua voce un miscuglio di supplica e di ordine, dicendo: - Sì, Aimé e, ti voglio. Sei mia, mia, e mia benché sia in fondo all'inferno! Ti voglio! Dovresti essere morta, ti avrei dovuto ammazzare con queste mani, ma ti voglio e ti bacio maledicendoti, e dovresti tremare perché ogni minuto, stringendoti, sento anche l'impulso di stringere sempre di più, fino a troncare la tua vita, affinché non mi guardi con quegli occhi che mi hanno inchiodato come pugnali, affinché non mi parli con quella voce che mi penetra a poco a poco, facendomi impazzire ed avvelenandomi.... Perché quando ti sento mia, qui, al mio fianco, come sei ora, non sono un uomo, sono una fiera. Una fiera capace di tutte le infamie.... Andiamocene... subito, subito, in questo istante. Andiamocene lontano!
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