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CUORE SELVAGGIO 16 страница



- Tra le braccia di Renato - conclude Juan con infinita amarezza.

- Non pensi a questo. Io la prego...

- Basta con le suppliche! – la zittì Juan con asprezza -. Non creda che continui a maneggiarmi con suppliche e lacrime. Non sono un sentimentale come Renato, non sono abbastanza felice per volere essere generoso. Al contrario, sono abbastanza sfortunato per odiare fino alla luce del cielo, fino all'aria che respiro, fino alla terra che mi sostiene.... E non ho rinunciato a vendicarmi!

- AIMÉ E, LA MIA VITA, che cosa c’è? Perché stai piangendo? Ti senti molto male?

- Oh, lasciami!

- Perdonami, ma non comprendo, Monica disse che stavi meglio e che mi chiamavi...

- Che cosa sa quell'imbecille...?

- Imbecille tua sorella? - si sorprende Renato, profondamente stupefatto davanti allo sproposito di sua moglie.

- Imbecille, stupida ed impicciona! Quando va al suo convento e ci lascerà in pace?

- Ma, Aimé e, io credo che sei frastornata, fosse di te... perché? Che cosa è quello che hai passato?

- Che cosa è quello che ella ti ha raccontato?

- Niente mi ha raccontato né niente doveva raccontarmi. Tu sei quello che mi sconcerti. Perché parli così di tua sorella? È assurdo che reagisca contro di lei in quel modo, quando non può essere più generosa, più sollecita, più tenera con te...

- Povera Monica! - sospira ipocritamente Aimé e, un pò tranquillizzata davanti alle parole di Renato.

- Ora la compatisci?

- È che non so quello che dico...

Ha asciugato le sue lacrime, ha fatto uno sforzo per reagire. Odia Monica... sì, l'odia, ed il rancore sale alle labbra come una schiuma amara. Ma nel viso di Renato ha visto un'espressione dura, severa, grave, ed astutamente raccoglie candele mentre l'osserva, mentre, come un lampo di speranza, attraversasse la sua mente l'idea di un piano spropositato, ed interroga di nuovo:

- Niente non ti disse Monica del mio svenimento?

- Sì, vita mia, disse che soffrivi, il fatto che io ti ignoravo. Ti ha disturbato che lo dicesse? Non è niente di male. Inoltre, doveva dirlo per tranquillizzarci. Comprendo quello che senti: ti disturba, ti umilia l'idea di soffrire qualcosa. Ma, amore mio, che tonta sei! Quello non è niente di male... tutti soffriamo di qualcosa. Tu sei meravigliosa e perfetta. Quel piccolo male lo curiamo, e se non si cura, è uguale. Il mio amore è per sempre e contro tutto, Aimé e, in fortuna ed in dolore, in salute o in malattia. Ti voglio per sempre, e come dice il rito cristiano: Fino a che la morte ci separi!

Dolcemente, Renato ha stretto Aimé e tra le sue braccia. A poco a poco ha continuato a cambiare la sua espressione ed il suo gesto, mentre, meglio che nessuno riesca, trova in sé stessa la scusa perfetta che cancella la dolorosa impressione di ingratitudine, di durezza e violenza che gli causarono le parole di Aimé e per un momento. E mentre il suo amore salva generosamente la distanza, Aimé e approfitta del momento al volo, troppo astuta per non approfittarsi di qualunque vantaggio che gli sia offerto, troppo calcolatrice per non volere guardarsi contro ogni rischio... nonostante con lo scudo di una lacrima falsa.

- Aimé e, vita mia, ma, perché? Piangi un'altra volta?

- Perdonami.... Ora è in pena per avere parlato male di Monica. Ella è molto buona, Renato.

- Sì, Aimé e, immensamente buona. Sta facendo una grand’opera nell'attenzione dai malati...

- So che sei incantato da lei; ma, in ogni modo, il suo posto non è qui bensì nel suo convento. Ella non è felice con noi ed è un egoismo molto grande da parte nostra impegnarci a mantenerla.

- Ancora non mi sono impegnato.

- Ma lo farai, ti conosco molto bene. Ed è un vero errore da parte tua. Io voglio una casa. Tu ed io dovremmo vivere soli, amore mio... soli nella nostra bella casa di Saint-Pierre. Non mi rispondi?

- Ora no - evade Renato -, ma parleremo di tutto. Per il momento c'è molto da fare a Campo Reale, e come la fortuna mi mette in mano i collaboratori che sognavo...

- Collaboratori? Chi?

- In primo luogo Monica, e dopo.... Suppongo che non potesti vederlo, ti sentisti male. L'uomo che guidava la carrozza...

- Lo vidi perfettamente.

- Lo conoscevi, vero?

- Bene... - accetta Aimé e senza negare né affermare.

- Monica si; Monica lo conosce perfettamente. Ed egli, di vista almeno, affermò conoscerti. Monica mi ricordò che la vostra casa, in Saint-Pierre, sta molto vicino alla spiaggia. Sembra che Juan era abituato a prendere terra per una spiaggia che è giusto dietro il vostro giardino. La cosa curiosa è che tu non lo conosca più di lei, dato che sei stata più tempo vivendo in quella casa...

- Ti dissi di sì lo conoscevo, ma non simpatizzo per niente con lui, e non mi domandare perché, perché non saprei dirtelo; ma non mi è niente, niente simpatico. Andò già via?

- No, Aimé e, non è andato via. L'ho costretto a passare alcuni giorni con noi. Durante questi tenterò di convincerlo affinché accetti un posto in Campo Reale.

- Sei pazzo? - rimprovera Aimé e con vivacità -. Egli non sa niente di proprietà, è un uomo di mare... e con abbastanza brutta fama di certo. L'accusano di contrabbandare e di piraterie.

- In effetti. Ma io ho molto interesse che cambi vita affinché non l'accusino più di niente di tutto quello. Siamo amici dall'infanzia, mio padre promise di proteggerlo. Sfortunatamente, morì senza potere fare quello che si propose, ed io considero un dovere morale fare per Juan quello che mio padre avrebbe fatto.

- Ed è d'accordo egli a lavorare per te?

- Ancora no. Ma te lo dissi già prima: spero di convincerlo. Egli ha avuto fortuna nel suo ultimo viaggio e porta qualche denaro. Forse non vorrà lavorare con me, bensì stabilirsi per suo conto, ed anche in quel caso l'aiuterò; ma, in un modo o nell'altro, voglio riuscire ad essergli amico. Per quel motivo mi dispiace che non simpatizzi con lui e che non sia tu l'unica, perché neanche madre vuole avere niente a che fare con Juan del Diablo, come lo chiamano. Tuttavia, mi fido di continuare a limare le asprezze...

Aimé e ha inclinato la fronte fino ad occultare il viso agli sguardi di Renato. Teme di svelarsi con un gesto e trema come se avesse la febbre, mentre egli accarezza le sue mani con tenerezza, ed indaga sollecito:

- Ti senti meglio? Credi che possa accompagnarci al tavolo?

- Oh, no, Renato! Mi sento molto male. Mi fa male orribilmente la testa e non credo di potere alzarmi. Non mi obbligare ad alzarmi...

- Indubbiamente non ti obbligo, che trovata! Io stesso ti porto al nostro dipartimento...

- Disturberebbe molto alla signora Sofí a che io passassi la notte su questo divano? Per lo meno, lasciami qui alcune ore, lasciami sola, completamente sola ed all’oscurità per riposarmi. Il tempo di sentirmi meglio. Te ne prego, Renato, hai mille cose di cui occuparti.

- Va bene. Se è quello che vuoi, ti lascio sola; ma, ad ogni modo, avviserò la tua donzella affinché sia attenta.

È uscito, ed Aimé e fa dietro di lui un gesto di impazienza.

Non può più; si sente impazzire di disperazione, ed allenta finalmente i nervi tirati. È scivolata dal divano fino a cadere a terra, mordendosi le mani, tirandosi i capelli neri, ritorcendosi come se presa da un’agonia dal più crudele tormento.... Il sangue le bolle nelle vene, il cuore le batte fino a soffocarla e, finalmente, si solleva come afferrandosi ad una determinazione e mormora a voce alta:

- Juan... Juan...! Devo parlargli da solo. Passi quel che passi, devo parlare da sola con lui! - All'improvviso, sente alcuni passi soavi che scivolano riservati, ed allarmata, indaga -: Chi cammina lì? Oh, sei tu, Ana! Che cosa facevi dietro quelle tende?

- Niente, la mia padrona, che cosa vuole che faccia? Il signor Renato mi disse di starle vicino e che aspetti...

- Vieni qua...

Docile alla voce di Aimé e, l'oscura donzella che Sofí a ha ceduto a sua nuora si avvicina a lei, sedendosi molto vicino, ai suoi piedi, sul tappeto, ed inclina la testa guardandola come un animale domestico. Niente sembra essere cambiato in lei durante quei quindici anni: è come se fossero scivolati sulla sua anima infantile, come se eternamente avesse quell'adolescenza ingenua che fa brillare i suoi occhi come due ligniti ed apparire i denti bianchissimi come carne di cocco sulla pelle colore tabacco.

- Stanno diventando brutte le cose in questa casa, vero, sig. ra Aimé e? Anche un'altra volta che venne il bambino Juan...

- Come un'altra volta?

- Bene... l'altra.... Quando si ammazzò il padrone vecchio che fu quello che portò Juan. Allora, il signorino Renato aveva questo, e né Yanina né Battista comandavano nella casa...

- È che i D'Autremont conoscevano già Juan?

- Dunque, certo. E guardi lei che si dissero cose.... Vuole che gli porti una tazza di brodo?

- No. Dimmi dove stanno gli altri.... Che cosa fanno?

- Ognuno, una cosa distinta. La signora Sofí a, rinchiusa, furiosa come quell'altra volta.... Dicono che disse al signorino Renato che ella non andava a mangiare a tavola finché stava qui Juan. Sicura che lo fa affinché il signore Renato lo mandi via. Ma che cosa va, lì sta Juan nella sala da pranzo, tanto alto e tanto buon ragazzo come il padrone Don Francisco venti anni fa. Mi è sembrato, sa, sig. ra Aimé e? Quando lo vidi all'improvviso, mi diede uno spavento. Era in due luci e mi sembrò che si trattasse dell'anima del padrone...

- Dici molte sciocchezze, Ana, e non rispondi a quello che ti ho domandato. Dove stanno tutti? Nella sala da pranzo per caso? Stanno mangiando già? E Monica? Che cosa fa Monica?

- Ora non lo so. Vuole che lo veda e torni ad avvisarla?

- Sì, Ana, perché devo fare qualcosa di grave, importante... qualcosa in che tu sola puoi aiutarmi, e che sarà un segreto tra noi due. Se sai conservarlo, ti regalerò un abito nuovo, di seta, ed alcune scarpe, ed una collana, e tutto quello che vuoi. Ma devi imparare a fare le cose che io tu il comando, ed a tacere, Ana, a tacere come una tomba. Saprai farlo? Me lo giuri?

- Ma certo. Non dico una sola parola a nessuno. Io so farlo molto bene.... di cose che io taccio! Se io parlassi, Signora Aimé e... se io parlassi...

La donzella nativa ha fatto un gesto espressivo, mostrando sorridendo la doppio fila dei suoi denti bianchissimi, felice ed incantata di essere arrivata a quel punto di confidenza che la sua giovane padrona nuova gli apre le porte della sua intimità. Diafana e semplice, incapace di pensare, è magari la complice meno adeguata; ma è troppo violento il mulinello di passioni che strappa l'anima di Aimé e. Ha bisogno di qualcuno, e non è capace di essere prudente...

 

- Non vuoi che parliamo un momento, Monica?

- Certo.... Se lo desideri, col tutto il piacere, Renato. Stanno in uno dei salottini contigui all'ampia sala da pranzo. Appena Monica e Renato hanno assaggiato il caffè ed il cognac serviti dopo la cena. Juan si è ritirato, e Monica sembra respirare con un po' più di fiducia. Ancora la presenza di Renato è per lei preziosa.... assaggia ancora come una caramella, inquietante ed amara, sentirlo al suo fianco, perfino in quei momenti di tensione e di angoscia, sentendo palpitare intorno a lei il pericolo di una catastrofe.

- In primo luogo, voglio ringraziarti: sei l'unica che non ha disertato, l'unica che è venuta ad accompagnarmi a condividere il tavolo con Juan.

- Aimé e è malata, e madre...

- Sì, so già: soffre di emicrania. Anche mia madre, ufficialmente almeno, avrà emicrania durante i giorni che Juan passerà in questa casa. Ed in quanto alla malattia di Aimé e, penso che ella ha esagerato, perché neanche gli è simpatico il povero Juan.

- Te lo disse lei...?

- Me lo disse con ogni franchezza. Siccome le ho chiesto di essere sempre assolutamente sincera con me, la ringrazio di questo. Ma mi sarebbe piaciuto tanto trovarla, come te, comprensiva e gentile con Juan...!

- Non credo che Juan stia bene nell'ambiente di questa casa. Tu stesso lo stai vedendo, Renato. Egli non sembra contento qui. Perché non lo lasci andare?

- Lo lascerò, che rimedio eh! Ma è assurda la cattiva volontà che tutti hanno contro Juan. È scuro ed aspro, perché ha sofferto molto.... la sua storia è lunga. Un altro giorno te la racconterò, benché la verità è che nonostante blocchi me stesso conserva molti punti oscuri. Mio padre aveva in lui un impegno tanto grande... ma lasciamo a papà, benché sia legato con quello che volevo dirti. Voglio fare una modificazione completa al regime di lavoro in Campo Reale. Abbiamo incominciato con la cosa più perentoria che erano i malati; ma in tutto bisogna mettere la mano. Indubbiamente per quello devo avere qui il vecchio Nicola, e guarda che casualità... pensavo di ordinare di cercarlo la prossima settimana, e poco fa vennero a portarmi l'avviso che era fermo a metà strada, per una ruota rotta della carrozza in affitto con cui viene. E, come è naturale, mandai una carrozza a cercarlo.... Ma che cosa succede? Sei inquieta...

- Non mi succede niente. Sono tante cose che...

- Una alla volta andremo risolvendo. Se non sei molto stanca, usciremo dalla galleria a vedere se arriva Nicola. Molto temo che neanche la sua presenza fa piacere a madre.

- Allora...?

- Non gli piace niente che sia contro Battista, ma io sono risoluto a finire con lui e con tutti i suoi abusi. Qui la sua presenza è il male che bisogna estirpare e contro quello non valgono panni tiepidi: è necessario tagliare affinché la cosa guarisca.... Senti? Mi sembra che arrivi una carrozza.... Andiamo...!

- Il signor Renato e la signorina Monica uscirono al giardino perché sentirono arrivare una carrozza, ma non era la visita che aspettavano.... Era la carrozza grande, con gli incarichi della signorina Monica per quei malati che sta curando. In modo che il signore e la signorina rimasero molto divertiti con tanti pacchetti - informa Ana ad Aimé e, di accordo con l'incarico che questa gli facesse...

- E Juan? Fu con essi Juan?

- Che cosa! Juan andò dalla sala da pranzo avendo appena mangiato, dicendo che andava a coricarsi. Ma che cosa fa.... andò a cercare a quel ragazzo che portò con lui, a verificare che cosa gli avevano dato di cenare. E disse ad Esteban che non lo mettesse in nessuna stanza di domestici, perché Colibrí che così egli si chiama quel dannato nero, doveva dormire con lui nella stessa stanza.

- E dove sta ora?

- Passeggiando col ragazzino per il secondo patio, e senza parlare.

- Ascoltami, Ana. È necessario che chiami quel bambino che te lo porti da qualunque parte che lasci solo Juan...

- Per che motivo, mia padrona? - si sorprende la domestica.

- Non domandare e fa' quello che ti comando. Guarda, ti piace questo anello? Prendilo.... È tuo.... Per te.... Ma fa' immediatamente quello che ti comando. Cammina.

 

- Il mio padrone...

- Che cosa vuoi, Colibrí?

Juan si è trattenuto in una di quelle lente camminate delle quali ha fatto già molte volte da un estremo all’altro del secondo patio. È arrivato fino a lì portando con sé il ragazzino, ma non lo guarda né gli parla. È troppo assorto nei suoi amari pensieri, ed il suo sguardo, sentendolo parlare, è quasi di sorpresa, come se risvegliasse da un sonno leggero di sinistre immagini, come se il piccolo ed offusco viso amico lo consolasse un tanto...

- Rimaniamo in questa casa, mio padrone? Nella cucina dissero che dovevamo rimanere per sempre, e che lei avrebbe comandato, e che avrebbero mandato via un uomo molto brutto che è quello che ora sta comandando. Ma quando egli arrivò, tutti tacquero. È un vecchio più brutto, Capitano...! Arrivò rimproverando, un gatto che stava bevendo latte, gli diede un calcio. In realtà è molto cattivo, perché il gatto non faceva male a nessuno. È sicuro quello che dissero, mio padrone?

- No, Colibrí, non è vero. Domani stesso andremo via da questa casa...

- Senza vedere la padrona nuova? Senza cercarla?

- Non c'è la padrona nuova. Colibrí - si dispiace Juan con amara tristezza -. Andremo un'altra volta al Lucifero. Metteremo prua al centro del mare, e non torneremo mai più alla Martinica.

- E la casa grande che doveva fare là, su quelle pietre? E tutte le cose carine che lei pensava, il mio padrone?

- Tutte finirono. Colibrí. Andremo via per non ritornare più!

- Chist... chist...! - chiama Ana, la domestica meticcia.

- Che cosa è quello? Che cosa succede? - Chiede violento Juan.

- Chiamavo il ragazzo, signor Juan. Lo chiamavo per portarmelo. Parlano da soli a lei - mormora a voce bassa Ana e in tono misterioso -. Vogliono parlarle senza che nessuno sappia.

- Chi vuole parlarmi?

- Non gridi. Deve essere senza che lo sappia nessuno. Vada lei a quell'angolo che è ben oscuro, e non gridi. Non parli alto. È un segreto. La padrona non vuole che lo sappia nessuno...

- La padrona? Che padrona? - domanda Juan; ma, all'improvviso, comprende ed esclama -: Aimé e!

- Chist.... non gridi.... non gridi... - supplica Ana. Ed allontanandosi, ordina -: Andiamo, ragazzo.

Un momento, Juan è rimasto immobile, scosso per un sentimento che è sorpresa e collera, ed anche una specie di allegria selvaggia. Aimé e sta lì, di fronte a lui, a pochi passi... più che vederla l'indovina nell'angolo oscuro; distingue la sua figura e, avvicinandosi, vede il suo viso pallido, le sue labbra tremanti,

Le sue mani che si estendono verso lui, supplicanti. Senza proporselo, abbassa la voce.... Per caso lo soffoca il colpo del cuore che aumenta, o l'inspiegabile brivido che percorre la sua schiena, e mormora:

- Tu! Tu!

- Ammazzami, Juan! A te mi avvicino, affinché tu sia quello che mi ammazzi...

- Ad ammazzarti venni, Aimé e.... Ma, in fin dei conti, non credo d’avere nessun diritto...

- Non credi di avere diritto? E quando tu hai dovuto avere diritto per stendere le mani e strappare la vita quanto la vita volle negarti? Quando, Juan?

Aimé e, ha ceduto fuori un passo della penombra per guardarlo con sorpresa, quasi con rabbia. Quel viso freddo, impassibile, ermetico, non è quello che sperava di vedere in Juan. Per uscire al passo, schivando la sua violenza, si è giocata il tutto per il tutto in una frase, ed ora si sente come defraudata nel suo anelito morboso: Juan, il suo Juan del Diablo sembra un altro pianeta quei vestiti di cavaliere. Sembra un altro come sta ora: enigmatico, con un fulgore satanico nelle pupille...

- Per che motivo vuoi che ti ammazzi? Non ami tuo marito, il nobile cavalier D'Autremont? Non sei felice essendo padrona di Campo Reale? Non sei felice coi tuoi stracci di seta e la spazzatura delle tue collane ed i tuoi gioielli?

- Tu sai bene quello che mi fa felice, e non è niente di tutto quello, Juan, tu lo sai...

- Io non so niente. Che cosa posso sapere io della signora D'Autremont, la moglie del mio migliore amico? La moglie di Renato D'Autremont, tanto generoso e tanto sollecito per me come se avessimo lo stesso sangue, tanto preoccupato del mio futuro che non vuole lasciarmi andare nel mare; tanto attento al mio benessere che vuole proteggerlo personalmente; tanto sicuro e fiducioso che mi offre un posto che io potrei molto facilmente rovinare e, inoltre, disonorarlo.

- Ma sei pazzo?

- Lo è lui, in ogni caso. Benché le mie parole ti suonino a sarcasmo, sono la pura e sola verità. Attore comico, no? Straordinariamente spiritoso.... Ma non c'è ragione affinché ti mostri disperata. Al contrario.... Sei una donna fortunata, Aimé e, di fortuna straordinaria. Che cosa vuoi di più?

- Vorrei sapere se sei sincero; vorrei sapere perché parli come parli. Ed inoltre, per che motivo sei venuto? Che cosa ti proponi? Che cosa fai finalmente?

- Per quello che sono venuto, lo dissi già prima: per ammazzarti. Ma qualcuno mi fermò nel primo impulso...

- Monica. .. Quella fu Monica!

- Può essere che fosse ella. Gli devi la vita. Hai qualcosa di cui ringraziarla. Ma posso pensare anche che fu Renato. È difficile dare pugnalate ad un bambino che sorride e che ci chiama il migliore amico della sua " infanzia". E dire a Renato chi sei, è peggio che pugnalarlo. Perché non crede solo in me quel... benedetto di Dio. Crede anche in te. Hai visto niente con più grazia? Crede in te, Aimé e, ti considera la donna più pura, più nobile, più leale. Ti ama come il sole che arriva nella sua vita, illuminandola e purificandola. - Ed infuriandosi lentamente mentre parla, sputa l'insulto -: A te... a te, carogna, spazzatura, donnetta ipocrita e spregevole, sempre di più persa che l'ultima meretrice! Ma calmati, egli non lo sa e tu sei la signora D'Autremont, padrona e regina di Campo Reale - finisce in tono di scherno.

- Oh, Basta! Ammazzami se credi che ti ho ingannato, se defraudai il tuo amore e spezzai il tuo cuore; ma non mi insultare, perché non lo tollero!

- No? Come fai a non tollerarlo?

- Sono capace di gridare, di essere io quella che gli dica tutto!

- Davvero?... Fallo.... Sarà meraviglioso.... Di' la verità a Renato. Digli, inoltre, che ti ho trattato come quello che sei. Chiamalo affinché mi domandi ragione della mia offesa. Aizzalo contro me che questo è quello che sto desiderando: che venga come uomo offeso e che mi ingiuri che mi attacchi. Allora si sarà facile spezzarlo con queste mani. Allora si che la partenza sarà simile. Fallo, Aimé e, fallo! Grida, chiamalo!

- Sai troppo bene che non lo faccio, e di quello ti approfitti per trattarmi come mi tratti - protesta Aimé e germogliando la sua ira per tutti i pori del suo essere -. Sai che sono persa, senza difesa. Sei un codardo!

- Sì... sono un codardo, perché non avrei dovuto ascoltare una parola di nessuno, perché avrei dovuto ammazzare quanti mi chiusero il passo, arrivare fino a te come mi ero proposto e stringere il tuo collo con queste mani... - Juan vide la paura specchiata nel pallido viso di Aimé e e, dispregiativo ed ironico contemporaneamente, la tranquillizza -: No, non ti spaventare, non gridare. Tu si che sei vigliacca... codarda e bassa.... Perché sei bugiarda, ipocrita; perché strisci, strisci mordendo la schiena, infiltrando il tuo veleno per il sangue...

- Juan... Juan... - supplica Aimé e, addolorata -. So che mi odi, devi odiarmi. So che mi disprezzi, devi disprezzarmi. Ma in fondo al tuo cuore mi ami, devi amarmi, perché l'amore non si strappa improvvisamente...

- Tu sei impazzita, e fino all'ultima radice stai fuori!

- Non lo credere, Juan. Stai lottando solo con lui, come io ho lottato durante ore e giorni, ed ad ogni tirata per strapparlo ti sanguina il cuore, come a me mi ha sanguinato, come ancora mi sanguina e duole fino a farmi impazzire. Perché io ti voglio, Juan, tu sei chi continuo ad amare. Niente né nessuno mi farà cambiare.

Ha affondato nella penombra, è scivolato durante la colonna in cui cerca appoggiò, ed ora piange in silenzio, coperto il viso con le mani, mentre Juan la guarda piangere, rotta la volontà nella lotta titanica di quella nuova torba di sentimenti e di idee che sono germogliati nella sua anima, vacillando come in due abissi, e rimprovera:

- Basta con le bugie, le bugie, farse.... Se mi avessi amato, se mi avessi voluto solo un po', solo la metà di quello che mi giuravi...

- Ti volevo e ti voglio!

- Non mentire più! Lì stanno i fatti, i tuoi fatti, troppo profondi, troppo chiari: Ti sposasti con un altro!

- Con un altro che non amo. Te lo giuro! Non lo voglio, non lo volli mai. Lo detesto, mi infastidisce. Le circostanze mi spinsero. Io non sapevo che tu saresti ritornato.... Qualcuno mi disse che non saresti tornato più.

- Chi fu quel qualcuno?

-Nicola, il notaio. Indagai, domandai.... mi disse che avevi confusioni con la giustizia che la polizia ti cercava che non saresti potuto tornare più alla Martinica, ed io pensai che le tue parole erano state false che mentivi deliberatamente quando ti allontanasti promettendo di ritornare. Pensai che ti eri preso gioco del mio amore...

- E perché non aspettasti un po' di più?

- Mi accecò il dispetto; Renato mi sollecitava...

- Naturalmente... sollecitava.... E siccome tu stavi giocando con due mazzi di carte.... No, a me non mi inganni. So chi sei, so come sei... Io non sono Renato, buono e candido. So tutta la malvagità, tutto l'egoismo, tutta la crudeltà fredda ed ipocrita che hai nell'anima.

- Ma mi volesti sapendo questo!

- Sì, ti volli come può amarsi quello che più ci danneggia, la droga che avvelena, il vizio che trascina, il pericolo nel quale possiamo perire ad ogni istante.... Così ti volli, e per te pensai quello che non avevo pensato mai: essere un altro uomo, cambiare vita, colmare la tua ambizione e la tua vanità, umiliare l’unica cosa che avevo nel mondo: il mio orgoglio di pirata.... Diventare come quell’altro, solo per soddisfarti, per volerti alla luce del giorno, per saperti mia, mia solo, benché il Lucifero affondasse in altre mani, benché non potessi continuare a chiamarmi Juan del Diablo, benché tutto in me si facesse polvere, per fare di quella polvere un tappeto di fiori per dove tu camminassi. Così ti volli.... Ma tutto finì, tutto è finito! Volesti essere la signora D'Autremont? Adesso lo sei. Lo sei realmente!

- No! No! mi ammazzerò se mi lasci! Ti giuro che mi ammazzerò se mi lasci!

- Tu ammazzarti? Bah! - respinge Juan in tono dispregiativo -. Se non ti lascio, sarà per farti impazzire, per tormentarti, per torturarti, per fare della tua vita un inferno.

- Non mi lasciare, Juan!

- La mia padrona... la mia padrona.... Viene gente.... Attenzione! - avvisa Ana avvicinandosi affrettata -. Viene gente da quello lato... e credo che ci sia il signor Renato...

- Aimé e! - chiama Monica avvicinandosi al gruppo. Aimé e è retrocessa, affondando nelle ombre; Juan rimane immobile. Monica ha fatto un passo verso di lui avvicinandosi di più, al tempo che arriva lentamente Renato, con una scusa nelle labbra:

- Mi perdoni se interrompo una conversazione interessante. Sentii la voce di Juan, e siccome aveva salutato per andare a coricarsi più di un'ora fa...

- Sì... ma ebbi caldo. Non sono abituato a dormire rinchiuso.

- Monica ha respirato un po' più tranquilla. Per un istante aspettò tesa tremante di angoscia, la risposta che potesse dare Juan. Ora lo sorprende il suo cambiamento repentino, la fredda serenità con cui ha risposto a Renato, il lieve ed amareggiato sorriso che spunta sulle sue labbra, proseguendo -: Pensa che ho passato più notti della mia vita all’aperto che sottotetto.

- Mi rendo conto. Le notti nel mare devono essere deliziose.

- Sì... soprattutto quando si è mozzi o marinai di terza classe, e lo svegliano uno a calci per fare la guardia... - osserva Juan con ironia.

- Non volli alludere a quei ricordi tanto poco gradevoli - sfugge gioviale Renato -; ma, essendo come sei padrone e proprietario della tua barca, sono sicuro che le notti a bordo hanno per te molti incantesimi, tanti che quasi, quasi incomincio a darti ragione.

- La ragione di che cosa?

- Di qualcosa di cui prima parlavo con Monica. - E diventando all'improvviso allusivo, gli ricorda -: Anche tu dicesti che andavi a coricarti, Monica. Mi dicesti che eri stanca, la qual cosa mi sembrò molto logica, e rinunciasti ad aspettare l'arrivo di Nicola...



  

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