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Richard Laymon 1 страница



 

Anche le taccole e gli sciacalli tremavano e avevano paura quando strani allarmi, creando caos, si propagavano nella notte.

 

HENRY LOVEWORTH, The Portent

 

 

Ai miei genitori Kathleen e Kelly Laymon che mi hanno messo al mondo, mi hanno allevato con amore e mi sono stati sempre vicini. Con amore.

 

 

Bodie si dimen& #242; sulla sedia alla ricerca di una posizione pi& #249; comoda. Impossibile. La sedia era stata progettata da un sadico.

Anche la musica.

Avrebbe potuto essere al cinema. O a casa, sdraiato in poltrona a leggere un libro. Invece eccolo l& #236;, nella Wesley Hall, su una sedia che gli bucava le ossa ad ascoltare un quartetto per archi.

La musica continuava.

Noiosa da morire. Doug Kershaw o Charlie Daniels, loro s& #236; che sapevano come si suona un violino.

Melanie, naturalmente, non avrebbe battuto il piede n& #233; si sarebbe agitata al ritmo della musica.

Infatti sedeva statica come una morta, la schiena rigida e suonava ci& #242; che sembrava lo sfondo musicale di Quattro rammolliti all’ora del t& #232;.

Malinconica Melanie.

Ricordava un poeta che medita il suicidio. Magra, quasi spettrale. Capelli neri lucenti che le raggiungevano le spalle. Grandi occhi tristi in un viso cos& #236; bianco da sembrare trasparente. Un lungo collo pallido e vulnerabile. E il collarino, naturalmente, una di quelle strisce di velluto attorno al collo.

Bodie trovava quei nastrini molto erotici. Specialmente quando lei non indossava altro.

«Se lo slaccio la testa si stacca? » le aveva chiesto una volta.

«Forse. »

A cavalcioni su Melanie, lui aveva allungato la mano per levare il nastro di velluto.

Lei aveva sussurrato: «Non ancora». Poi aveva aggiunto: «Ora».

Sensibile e paurosa, ma non priva di senso dell’umorismo.

Bodie cambi& #242; posizione sulla sedia. Si sent& #236; un po’ meglio dopo aver accavallato le gambe. Stavolta era stato abbastanza furbo da scegliere un posto in prima fila. All’ultimo concerto era cos& #236; compresso da non riuscire neppure ad accavallare le gambe. Guard& #242; l’orologio: dieci minuti alle nove. Erano gi& #224; trascorsi cinquanta minuti, ne mancavano ancora settanta. Si chiese se sarebbe sopravvissuto cos& #236; a lungo.

La fine del pezzo fu sottolineata da un tranquillo applauso, e Bodie batt& #233; le mani pi& #249; forte di tutti.

Penseranno che ho apprezzato il pezzo. Proprio cos& #236;, apprezzo il fatto che sia finito.

Melanie lo guard& #242;. La sua espressione non cambi& #242;. Distaccata, solenne e altera. Bodie le strizz& #242; l’occhio.

Lei si affrett& #242; a distogliere lo sguardo, ma arross& #236;. Un po’ di colore apparve su collo e faccia. Si mosse leggermente, poi irrigid& #236; la schiena pi& #249; di prima e appoggi& #242; fermamente il mento contro il violino nell’attesa di riprendere a suonare.

La nuova melodia risuon& #242; identica a quella precedente.

Ci risiamo.

Bodie guard& #242; di nuovo l’orologio. Erano trascorsi soltanto due minuti.

Non preoccuparti, si disse. Finir& #224;. Alla fine. Poi la libert& #224;. Potrai stirarti, rilassarti. Una lunga passeggiata fino a Sparkey’s.  Una pizza al salame e un boccale di birra. Sollievo.

Basta resistere fino alle dieci.

Ma c’& #232; qualcuno a cui piace realmente questa musica? La sala era abbastanza affollata. Non era possibile che i presenti fossero tutti fidanzati, parenti o amici dei suonatori. Be’, molti erano studenti e insegnanti della scuola di musica. Probabilmente si bevevano il concerto, allo stesso modo in cui Melanie…

Lei si pieg& #242; come se le avessero sferrato un calcio nella schiena, anche se dietro di lei non c’era nessuno. Si port& #242; le mani al viso. Il violino cadde sul pavimento. Il violoncellista alla sua sinistra fece appena in tempo a evitare l’archetto. La ragazza emetteva strani suoni soffocati, un tremito le scuoteva il corpo.

Bodie balz& #242; in piedi e corse verso di lei.

Un infarto?

Un colpo apoplettico? Epilessia?

Bodie si ferm& #242; davanti a Melanie, facendo attenzione a non calpestare il violino, e le afferr& #242; i polsi. Le braccia rigide della ragazza si contorsero nella stretta come pervase da una scarica elettrica.

«Melanie! » La voce di lui non ebbe nessun effetto.

Bodie le immobilizz& #242; le braccia ai lati del corpo. Il viso della ragazza era a pochi centimetri dal suo, grigio e contorto, gli occhi rovesciati, la lingua penzoloni. La saliva le colava sul mento. Il suo respiro sibilante alitava caldo sulla faccia di Bodie.

Qualcuno inciamp& #242; su di lui. Si accorse che erano circondati da una folla. Le persone mormoravano, alcune facevano domande, altre pronunciavano consigli.

«Indietro! » grid& #242; Bodie.

Era spaventato. Non era mai stato cos& #236; spaventato. Era come se Melanie fosse stata colpita da una scossa elettrica.

«Un medico», disse una voce dietro di lui. «Chiamate un medico o un’ambulanza. »

«S& #236;, fate presto! » grid& #242; Bodie.

La sedia di Melanie s’inclin& #242; di colpo mentre lei puntava i piedi sul pavimento. La sedia cadde e si abbatt& #233; su di lui. Bodie che stava tirando le braccia di Melanie perse l’equilibrio e barcoll& #242; all’indietro. Qualcuno cerc& #242; di afferrarlo, inutilmente. Cadde a terra, con sopra la ragazza la cui fronte gli picchi& #242; sul naso.

A un tratto il tremito cess& #242; e la rigidit& #224; del corpo di Melanie si attenu& #242;. Giaceva immobile. Bodie sent& #236; il sapore del sangue che dal labbro superiore gli gocciolava in gola. «Stai bene? » domand& #242;.

Melanie scosse la testa. «Devo andare a casa», mormor& #242;. Guard& #242; la folla raccolta attorno a loro. «Mi dispiace», aggiunse, e scoppi& #242; in lacrime.

 

Assicurarono a tutti che entrambi stavano bene. L’ambulanza non era ancora stata chiamata. Bodie declin& #242; l’offerta di essere accompagnato all’ospedale. Con il fazzoletto premuto sul naso, spieg& #242; che lui stesso avrebbe accompagnato Melanie all’ospedale per un controllo. Lei annu& #236; con un cenno del capo, ma non piangeva pi& #249;. «Non & #232; niente», disse. «Grazie. Grazie a tutti. »

Una componente del quartetto le port& #242; la custodia del violino. «C’& #232; tutto», disse la ragazza. «Il violino & #232; intatto. »

Alcuni del gruppo rimasero con loro mentre lasciavano la sala, offrendo simpatia e frasi d’incoraggiamento, pronti ad aiutare in caso di ricaduta. Il professor Trueblood, capo del settore musicale, li precedette e apr& #236; le porte. «Ho la macchina qui dietro», disse. «Vi accompagno al Pronto Soccorso. Insisto. »

«Davvero, sto bene», replic& #242; Melanie. «Grazie, comunque. »

«A lei ci penso io», lo rassicur& #242; Bodie attraverso il fazzoletto inzuppato.

«Anche lei ha bisogno di cure, giovanotto. »

«Io sto bene. »

Il professor Trueblood li guard& #242; allontanarsi dalla porta della Wesley Hall mentre i due giovani si affrettavano gi& #249; per le scale. Appena si furono allontanati, iniziarono a camminare lentamente.

Camminarono per un po’ in silenzio nella notte calda. Poi Melanie chiese: «Come va il naso? »

«Vivr& #242; », rispose lui. «Credo che non sanguini pi& #249;. »

«Mi dispiace, ti ho fatto male. »

«Non & #232; niente», replic& #242; lui e la guard& #242;. «Vuoi dirmi che cosa & #232; successo? »

«Oh, Bodie! » bisbigli& #242; lei, passandogli un braccio attorno alla schiena e posandogli la mano sul fianco. «& #200; stato terribile. »

«Lo so. Ho visto. »

«Non quello. Ci& #242; che ho visto. »

«Che cosa hai visto? »

«Mio padre. Doveva essere pap& #224;. O mia sorella. » Lei strinse la mano sul fianco di Bodie. «Dio! Lui… lui dev’essere morto. Uno dei due, comunque. Io… Accidenti. » Melanie singhiozz& #242;. «Io non so quale dei due. Ma credo pap& #224;. Quando & #232; successo l’ultima volta era la mamma. »

Bodie si ferm& #242;, si volt& #242; e la fiss& #242; negli occhi che luccicavano. Il dolore di Melanie lo turbava, gli faceva male. Ma le parole… Che cosa stava dicendo?

Si cacci& #242; il fazzoletto in tasca e le cinse le spalle con il braccio. Si accorse troppo tardi di avere del sangue sulle dita. «Voglio capire», dichiar& #242;.

Melanie s’irrigid& #236;. Abbass& #242; la testa e si asciug& #242; il naso con il polsino. «C’era qualcosa che veniva verso di me», attacc& #242; con voce tremante. «Era una cosa scura, faceva rumore e correva nella mia direzione e allora ho capito che dovevo togliermi di mezzo altrimenti mi avrebbe uccisa. Ma non avevo tempo, la cosa andava troppo veloce e mi ha raggiunta. »

Lui l’attir& #242; dolcemente a s& #233;. Melanie abbass& #242; il viso contro il collo dell’uomo. «Forse, non & #232; tutto successo nella tua mente? » le sussurr& #242;. «Mentre… tremavi e ti dibattevi? »

Sent& #236; che annuiva. «Ges& #249; », mormor& #242; Bodie.

«L’altra volta che & #232; successo avevo undici anni, ero al campeggio estivo. Allora si trattava della mamma. »

Aveva gi& #224; parlato a Bodie della perdita della madre, che era scivolata nella vasca da bagno fracassandosi la testa prima di morire annegata. «Quella volta avevi avuto una visione… come stasera? » volle sapere Bodie.

«Non esattamente come stasera… ma s& #236;, ecco perch& #233; so che pap& #224; & #232; morto. »

«Non lo sai», obiett& #242; lui. «Non per certo. »

Lei non rispose.

«Andiamo, torniamo a casa. Puoi telefonare a tuo padre. Magari & #232; tutto normale. »

 

Nel loro appartamento a due isolati dal campus, Bodie rimase in piedi silenzioso dietro Melanie mentre la ragazza componeva il numero. Sulla camicetta bianca si vedevano le macchie di sangue lasciate dalle sue dita.

Melanie rimase in ascolto per lungo tempo, poi riappese e si volt& #242; verso di lui. «Non risponde nessuno. »

Bodie guard& #242; l’orologio. Le nove e mezzo. Otto e mezzo, in California. «Pu& #242; darsi che siano usciti a cena. Perch& #233; non riprovi fra un’ora? »

«Non serve. »

«Non puoi essere cos& #236; sicura», disse lui. «Quante volte hai avuto queste… visioni? »

«Solo una volta, cos& #236;. Forte come questa. Quando mamma & #232; stata uccisa. »

«Perch& #233; non me ne hai mai parlato? »

Lei tacque un momento e strinse le braccia attorno a lui. «Non volevo che mi prendessi per una un po’ strana. »

«Tanto lo sapevo gi& #224;. »

«Ti amo, Bodie. »

«Vedi? Questo dimostra che sei un po’ strana. »

«Gi& #224;. »

«Senti, che cosa vuoi fare? »

«Andare da pap& #224;. »

«Adesso, subito? »

«S& #236;, devo andare. Non resisto. »

«Vuoi che venga con te? »

«Ti dispiace? »

«No di certo. »

«Puoi tornare in tempo per le lezioni di luned& #236;, io mi fermer& #242; finch& #233; …» Melanie s’interruppe e scroll& #242; le spalle.

«Forse troveremo che tutto & #232; normale. »

Lei non comment& #242;.

Mentre si abbracciavano, Bodie pens& #242; al viaggio. La casa del padre di Melanie era a Brentwood, in California, a pi& #249; di otto ore da Phoenix. Se partivano alle dieci sarebbero arrivati verso le sei di mattina, le cinque per il Pacifico.

Un lungo viaggio, soprattutto senza aver dormito. Ma Bodie prov& #242; una certa eccitazione all’idea della corsa, un viaggio notturno nel deserto, con Melanie al suo fianco. Potevano bere un caff& #232; lungo la strada. Sarebbe stata una piccola avventura, anche se l’occasione si prospettava tutt’altro che lieta.

«Facciamo i bagagli e andiamo», decise.

 

 

«Lui incendia la casa e pensa: brucio il corpo, cos& #236; non rimane nessuna traccia. Sono proprio intelligente. Invece non & #232; cos& #236; intelligente come crede. Ci vuole ben altro che un incendio in una casa per disfarsi di un cadavere, anche se arrostisce come una bistecca di manzo. »

Il medico legale della contea di Los Angeles sogghign& #242; e annu& #236; alle proprie osservazioni, che provocarono risatine e gemiti nel suo pubblico. Pen si guard& #242; attorno. Il piccolo orientale, un incrocio fra Quincy e Charlie Chan, aveva incantato i suoi ascoltatori. Pendevano dalle sue labbra.

Era contenta di aver trovato finalmente il coraggio di venire a una di queste riunioni. Anche se finora aveva venduto solo un racconto, si sentiva orgogliosa di sedere fra tanti scrittori di libri gialli.

Gary Beatty si chin& #242; sulla sua sedia sfiorandola con la spalla. Si lev& #242; il sigaro sottile dalla bocca. «Quell’uomo & #232; un bravo oratore», decret& #242; piegando il labbro come Sam Spade. «Peccato che non parli inglese. »

 

Gary era la prima persona che aveva conosciuto alla riunione. Era arrivata presto, aveva trovato da parcheggiare in una via laterale accanto al Circolo della Stampa e si era affrettata sotto la pioggia a raggiungere il bar del Circolo, si era appena seduta quando lui s’era arrampicato sullo sgabello vicino.

«Ciao, Allen», aveva salutato il barman.

«Gary, come va? » Allen, un orientale, parlava con una voce simile a quella di Paul McCartney. «Che cosa ti servo? Coors o Bud? »

«Facciamo una Coors. »

Allen fin& #236; di preparare la vodka-tonic di Pen e mise il bicchiere davanti alla ragazza. Pen fece per aprire la borsetta. Gary scosse la testa. «Offro io. »

«No, davvero…»

«A caval donato…»

«Be’…»

«Non mi costringa a usare le maniere forti, piccola. Potrebbe piacere a entrambi. »

Pen era rimasta con Gary, bevendo e chiacchierando, per una ventina di minuti. Poi lui l’aveva accompagnata nella sala delle riunioni.

 

«Questo divider& #224; gli uomini dalle donne», disse Gary, mentre si spegnevano le luci.

«Crede che far& #224; vedere i corpi? » s’inform& #242; Pen.

Gary pieg& #242; indietro la testa e soffi& #242; un anello di fumo. «Non ne sarei affatto sorpreso. »

Le prime diapositive mostravano l’edificio principale di medicina legale di Los Angeles con i furgoni in dotazione. Mentre apparivano sullo schermo, il coroner forn& #236; le statistiche sul suo dipartimento, il bilancio annuale, il numero di cadaveri esaminati l’anno precedente e il mese prima. Gary, not& #242; Pen, prendeva appunti. «Svolgiamo un gran lavoro», concluse il coroner.

Poi cominci& #242; il peggio.

Mostr& #242; la diapositiva di una sala per le autopsie. Tavoli di acciaio inossidabile immacolato. Vassoi di strumenti chirurgici. Bilancini per pesare gli organi. Tavole inclinate per raccogliere i liquidi fuoriusciti dai cadaveri.

Pen si rese conto di trattenere il respiro. Espir& #242;, poi inal& #242; profondamente e bevve un sorso di vodka che si era portata dal bar.

La diapositiva successiva inquadrava un campo inondato di sole. Uno dei furgoni del coroner era vicino a due auto della polizia. Parecchi uomini stavano in piedi fra le erbacce alte fino al ginocchio. «Bel posticino per un picnic, ma abbiamo un cliente. » Il proiettore scatt& #242; e apparve il cliente.

Una donna. Era distesa a faccia in gi& #249;. La pelle appariva grigio bluastra e gonfia. I piedi erano sporchi. Attorno a lei si vedevano le scarpe e le caviglie degli uomini della foto di prima. «Non & #232; l& #236; da molto tempo. Una notte, forse. »

Un’inquadratura delle natiche. Ci& #242; che ora sembrava una macchia scura, era in realt& #224; una contusione intorno a un morso. «Il nostro killer ha commesso un grosso errore. Ama i morsi. I segni dei denti non sono impronte digitali, ma quasi. Buon per noi, male per lui. Forse avremo un campione di saliva. In questo caso possiamo ottenere il tipo di sangue dalla saliva. E inchiodarlo. »

L’immagine cambi& #242;.

Un’altra donna nuda. Pi& #249; robusta della prima. Giaceva prona nella sala delle autopsie. L’ometto si avvicin& #242; allo schermo e punt& #242; il dito sul deretano della donna. Entrambe le natiche erano di un rosso grigiastro. «Lividore post-mortem. Quando il cuore cessa di pompare, la gravit& #224; agisce sul sangue. Il sangue filtra. » Il coroner indic& #242; altre chiazze sulle scapole e dietro le gambe.

Pen tir& #242; un profondo sospiro. Le girava la testa e si sentiva mancare. Qualcosa non va, pens& #242;. Troppa vodka? Avrebbe voluto bere un altro sorso, ma non os& #242;.

La foto successiva mostrava un uomo.

Era su un tavolo, un panno blu gli copriva la faccia. Era nudo. La pelle rossa. «Questo non & #232; lividore post-mortem, n& #233; scottatura da sole. Questa & #232; cianosi», spieg& #242; il medico legale. Pen seguit& #242; a sbirciare il pene inerte del morto, distolse lo sguardo, guard& #242; di nuovo.

Chiuse gli occhi. Aveva la faccia fredda e tirata. Se la sfreg& #242; con una mano. Era umida.

Lo chiamano sudore freddo, si disse.

Cristo.

Che cosa ci faccio qui?

Apparve un primo piano di una faccia scarna. Un uomo con le basette lunghe. E una macchiolina bianca fra i peli della narice sinistra. «Sempre la natura che lavora», comment& #242; il coroner.

Pen sent& #236; un ronzio nelle orecchie.

Il coroner indic& #242; la chiazza bianca. «Uova di mosche. Simili a piccoli orologi. Sappiamo che se ne sono andate dopo la morte, perci& #242; …»

Pen pos& #242; il bicchiere sul pavimento, raccolse la borsa e l’ombrello. Si alz& #242; sulle gambe tremanti, pass& #242; davanti a Gary e si fece strada lungo la parete della sala finch& #233; raggiunse la scala che era piuttosto stretta. Si ferm& #242;, temendo di non riuscire a scendere. Si disse: forza, devo uscire di qui prima di vomitare.

Tenendo il manico dell’ombrello sul polso sinistro, afferr& #242; la ringhiera di legno e inizi& #242; a scendere.

Aveva la bocca piena di saliva. La scala era buia. Quando lei sbatteva le palpebre, lampeggiava una scarica elettrica azzurrognola. Strinse la ringhiera facendo scivolare la mano, pronta ad appoggiarsi se le gambe avessero ceduto.

O svieni o vomiti, pens& #242;. Una delle due.

Dio che disastro.

Uova di mosca.

Si controll& #242;, la gola serrata, le lacrime agli occhi.

Arriv& #242; in fondo alla scala e inspir& #242; profondamente l’aria fresca. Serv& #236;. Il suono della pioggia sul cortile davanti a lei era gradevole. Sembrava piovesse pi& #249; forte di prima.

Tremava ancora leggermente, ma ci vedeva meglio e la fredda morsa allo stomaco si stava allentando. Arricci& #242; le labbra e allarg& #242; la bocca. Le guance non erano pi& #249; intorpidite.

Apr& #236; l’ombrello e si domand& #242; che cosa doveva fare. Una cosa era certa, non sarebbe tornata di sopra. Restavano due alternative: poteva attraversare il cortile fino al bar del Circolo e aspettare che la riunione terminasse, o andare a casa.

Forse Gary si sarebbe fermato al bar dopo la fine della conferenza e in tal caso potevano nascere dei guai.

Probabilmente alla fine avrebbe dovuto respingerlo.

Meglio andare.

Pen si incammin& #242; verso l’ingresso. La pioggia tamburellava sul suo ombrello mentre lei attraversava di corsa il cortile e scendeva gli scalini di cemento per raggiungere il parcheggio.

 

Venti minuti dopo, chiuse la porta del suo appartamento e attacc& #242; l’ombrello gocciolante sulla maniglia. Con la schiena appoggiata alla porta per tenersi in equilibrio, si sfil& #242; gli stivali. Li port& #242; nella camera da letto e accese la luce.

Era bello togliersi i vestiti. Appese la gonna umida nell’armadio, infil& #242; un paio di vecchi mocassini e indoss& #242; la vestaglia. L’indumento era morbido sulla pelle.

Accese il riscaldamento in bagno. Poi and& #242; in cucina e prese dal frigorifero una bottiglia di Borgogna.

Un bicchiere di vino, un buon libro, un lungo bagno caldo… la vita era bella. Valeva la pena tornare a casa.

Il tappo usc& #236; con un leggero schiocco.

Pen prese dall’armadietto un bicchiere di cristallo e lo riemp& #236;. Torn& #242; in bagno. Bevve un sorso, il vino era freddo in bocca, caldo dopo che lo ebbe inghiottito. Il suo calore dilag& #242;.

Bello, pens& #242; Pen.

Molto meglio che restar seduta nel bar del Circolo della Stampa.

Qualcosa avrebbe potuto nascere dall’incontro con Gary.

Scordatelo.

Lui avrebbe cercato solo di ottenere qualcosa. Lo fanno tutti. E se non ci stai, tentano di costringerti. All’inferno gli uomini.

Pos& #242; il bicchiere e la bottiglia accanto alla vasca in modo da averli a portata di mano. Si inginocchi& #242;, mise il tappo e gir& #242; il rubinetto dell’acqua calda. Ottenne la temperatura giusta, quasi bollente, poi si asciug& #242; le mani e and& #242; a prendere un libro.

Senza il cordone allacciato, la vestaglia si apr& #236;. La lasci& #242; aperta, troppo pigra per riallacciarlo.

Accese la luce nello studio. Sulla scrivania c’era il nuovo libro di Dean Koontz. Era un’edizione con la copertina rigida, poco adatta a essere letta nella vasca.

Si avvicin& #242; alla libreria, sbatt& #233; la coscia contro lo spigolo della scrivania e grid& #242; per il dolore. Sfregandosi la parte, si lasci& #242; cadere sulla sedia.

«Ges& #249;! » borbott& #242;.

Quando il dolore diminu& #236;, alz& #242; la mano. Niente sangue sulla gamba, ma la pelle s’era sbucciata lasciando scoperta la carne viva; emise un sospiro sommesso e pens& #242;: accidenti, perch& #233; non guardo dove vado? Chiss& #224; che male mi far& #224; con l’acqua calda.

Fece per alzarsi.

Fu allora che not& #242; la luce rossa della segreteria telefonica che lampeggiava. Guard& #242; pi& #249; attentamente.

Quattro chiamate mentre era fuori. Una sera movimentata.

Riavvolse il nastro e premette il tasto per ascoltare i messaggi, poi si volt& #242; e si diresse nuovamente verso gli scaffali della libreria.

«Ciao, bellezza. » Pen non riconobbe la voce dell’uomo. «Mi dispiace che non sei in casa. Volevo parlarti del mio grosso cazzo e della tua calda figa. »

Quelle parole le mozzarono il fiato. Pen si gir& #242; di scatto, fiss& #242; il registratore.

«Ti piacerebbe se ti fottessi fino a farti saltare il cervello, eh? Sicuro, te lo metto…»

La ragazza si slanci& #242; verso la scrivania con il braccio teso, le dita rigide pronte a colpire la voce. Ridurla al silenzio. La prevenne la segreteria telefonica, un tranquillo bip segnal& #242; la fine del messaggio.

Pen aveva le gambe molli, si aggrapp& #242; alla scrivania, i gomiti ai fianchi, le mani sul legno.

Secondo messaggio.

Stessa voce.

«Che ne diresti se ti cacciassi la lingua…»

Lei premette il tasto dello stop.

Chiuse gli occhi, chin& #242; la testa. Respir& #242; profondamente mentre le martellava il cuore.

Maledetto maniaco demente. Meno male che non ero in casa. Meglio le uova di mosca che…

Pen apr& #236; gli occhi. Sbirci& #242; il ciuffo biondo fra le gambe. Strinse la vestaglia e allacci& #242; stretto il cordone. Poi guard& #242; la segreteria telefonica.

Forse il bastardo aveva smesso dopo due telefonate.

Premette il tasto, «…ti vengo in bocca, voglio bombardarti gi& #249;, gi& #249; …»

Spinse con forza il tasto, la cassetta scatt& #242; in su. Pen la prese dall’apparecchio e la gett& #242; via.

 

 

Si dirigevano a ovest sulla Highway 10, un’ora dopo aver lasciato Phoenix; i fari del suo furgone Volkswagen bucavano l’oscurit& #224; e illuminavano pi& #249; di quanto a Bodie interessasse vedere oltre la corsia.

Oltre lo steccato non c’era niente.

Nada.

Diavolo, c’& #232; un sacco di roba laggi& #249;, pens& #242; lui. Rocce, sabbia, cactus, tarantole e scorpioni. Ed erbacce.

Si ricord& #242; di un vecchio episodio di Thriller  o forse di The Outer Limits  (difficile ricordare quale dei due), dove una coppia era rimasta bloccata in una zona simile a questa. Circondati da…

Una pallida forma delle dimensioni di un bidone per le immondizie attravers& #242; sfrecciando la luce dei fari. Bodie premette il freno, ma la cosa era gi& #224; sparita oltre la corsia.

Un animale doveva aver saltato il recinto.

Bodie si sent& #236; rizzare i capelli in testa.

«Viene a cercarci», disse citando la sua frase preferita di La notte dei morti viventi.  Poi tent& #242; di sorridere.

Melanie si gir& #242; verso di lui. Il suo viso era una pallida chiazza ovale con macchie scure al posto degli occhi e delle labbra. «Era solo una battuta», disse lui. Lei non replic& #242;. «Ti ricordi il vecchio Thriller? O forse era The Outer Limits.  Una coppia era… Perch& #233; non parli? »

«Sono stata cos& #236; cattiva con lui. Non ho mai smesso di rimproverarlo per… quanto & #232; capitato alla mamma. So che non & #232; stata colpa sua, ma lui era in casa. Se soltanto l’avesse sentita cadere… Se io fossi stata l& #224;, invece che al campeggio…»

«Chi ti ha mandato al campeggio? » s’inform& #242; Bodie.

«Loro, mamma e pap& #224;. Io non volevo andarci, ma loro hanno detto che sarebbe stata un’esperienza di vita. Pensavano che fossi troppo dipendente e introversa, che il campeggio mi avrebbe aiutato a maturare. Non avevo scuse per non andare. Capisco che non dovrei ritenermi responsabile dell’incidente capitato alla mamma. E neppure pap& #224;. Non & #232; stata colpa sua n& #233; mia. Ma quello che si capisce e quello che si prova dentro non combaciano mai. Cos& #236;, le cose non sono pi& #249; andate bene fra me e pap& #224;, dopo la disgrazia. Ho tentato… Solo che non potevo perdonare n& #233; lui n& #233; me. Poi lui se n’& #232; andato e si & #232; risposato. »

«Subito? »

«No, io facevo il secondo anno di liceo. & #200; stata la rottura definitiva. Voglio dire, lui sessant’anni e Joyce ventisei. Disgustoso. Non riuscivo a sopportarlo. Mi sono trasferita da mia sorella e ho vissuto con lei finch& #233; ho finito le superiori. Proprio non potevo…» La voce di Melanie tremava. «Ora & #232; morto e io non…» Cominci& #242; a piangere.

«Non lo sai con certezza se & #232; morto», le ricord& #242; Bodie.

«Lo so, lo so. »

«Troveremo una stazione di servizio, deve essercene una da qualche parte. Cos& #236; potrai richiamare. »

«Non servirebbe a niente. »

«Si vede che hai una gran fiducia nelle tue visioni. Potresti sbagliarti. »

Lei tir& #242; su con il naso e non rispose.

«Tu stessa hai ammesso di non sapere chi era la vittima. Pensavi che potesse essere tuo padre o tua sorella. »

«Era pap& #224;. »

«Ora ne sei sicura? »

«S& #236;. »

«Sai, forse questo & #232; un caso di precognizione e se cos& #236; fosse potrebbe forse esistere un modo per impedire che succeda. »

«Non lo so», mormor& #242; Melanie.

Non fu un diniego deciso. Bodie sent& #236; di aver aperto una breccia nella sicurezza della ragazza. Perlomeno una fessura. «Quando hai avuto la visione di tua madre, & #232; stato prima o dopo l’incidente? »

«Nello stesso momento. Ho avuto la visione mentre lei stava annegando. »

«Okay, quella & #232; stata la tua prima esperienza con questo genere di cose. Stavolta potrebbe essere completamente diverso. Anzi, se ci ripensi bene, la seconda volta non & #232; quasi mai uguale alla prima. Rifletti. Il tuo primo drink, il tuo primo appuntamento con un ragazzo. La prima volta che hai conosciuto il sesso. So per certo che la seconda volta & #232; differente… un nuovo gioco, per cos& #236; dire. »

«Mi fa piacere che lo trovi divertente. »

«Sto solo cercando di aiutarti, Mel. Sei sconvolta, ma & #232; possibile che la tua visione non sia ci& #242; che credi. Forse tuo padre o chiunque altro sta bene. Forse questo & #232; stato un avvertimento e tu devi andare laggi& #249; per impedire che succeda ci& #242; che hai visto. »

«S& #236;, credo che sia possibile», ammise Melanie. Ma non c’era nessuna convinzione nella sua voce.

& #200; possibile, concluse Bodie fra s& #233;. E possibile anche che il maledetto episodio sia frutto della sua fantasia. La colpa che scaraventava addosso a suo padre, probabilmente ha fatto scattare il desiderio inconscio che morisse. Dio solo sapeva che cosa le passava nella mente. Una bomba a orologeria emotiva che finalmente scoppiava.



  

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