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La macchina



Tergicristallo - дворник

Faro - фара

Rallentare – уменьшить скорость, замедлиться

Abitacolo - салон

Strombettare - сигналить

Claxon - клаксон

Frenare - тормозить

Lignea - деревянный

Ottagonale - восьмиугольник

Falce - серп

Serbatoio – бак (бензина)

Scorciatoia – кратчайший путь

Sterzare - крутануть руль

Banchina molle – сырой тротуар

Stridore di pneumatici – скрип рессор

Girabacchino – коловоротная рукоятка

Paraurti - бампер

Fare il pieno (facciamo il pieno) – залить полный бак бензина

Specchietto retrovisore – зеркало заднего вида

Volante (al volante) – руль (за рулём)

Sedile -  Сидение

Portiera - дверца

 

Metti i verbi al passato remoto

 Io (sentirsi) _______sicuro, forse, per tre minuti.

(arrivare) ______ alla porta d'ingresso prima di Cannella, e la (spalancare) _______.

Lui (entrare) _____ barcollando, e (richiudere) _______ immediatamente l'uscio alle sue spalle e (tirare) _____ il catenaccio. Sotto gli occhi chiari c'erano segni profondi, e non indossava un farsetto sgargiante e le calze lunghe. Aveva bisogno di farsi la barba e indossava un abito di lana marrone. Su un brac­cio portava un soprabito di gabardine e calzava scarpe di pelle scura. Ed era veramente Random... il Random che avevo visto sulla carta... ma la bocca ridente sembrava stanca, e aveva le unghie sporche.

«Corwin! » (dire, lui) _____, e mi (abbracciare) _______.

Gli (io, stringere) ______ la spalla.

«Mi sembra che tu abbia bisogno di bere qualcosa, » (io, dire).

«Sì. Sì. Sì... » (ammettere) _____ lui, ed io lo (guidare) _______ in direzione della biblioteca.

Circa tre minuti dopo, quando Random (sedersi) _____, con un bicchiere in una mano e una sigaretta nell'altra, mi (dire) ____:

«Mi inseguono. Arriveranno qui presto. »

Flora (lanciare)______ un grido soffocato: entrambi l'(ignorare) _________.

«Chi? » (io, domandare) _______.

«Gente venuta dalle Ombre, » (rispondere) ______ lui. «Non so chi siano, né chi li abbia mandati. Ma sono quattro o cinque, forse addirittura sei. Erano a bordo dell'aereo insieme a me. Ho preso un jet. Sono apparsi verso Denver. Io ho spostato l'aereo diverse volte per sottrarli, ma non è servito a nulla... e io non volevo allontanarmi troppo. Me ne sono liberato a Manhattan, ma è soltanto questione di tempo. Credo che arriveranno qui presto. »

«E non hai idea di chi li abbia mandati? »

«Be', credo che possiamo avere la certezza che è stato qualcuno della famiglia. Forse Bleys, forse Julian, forse Caine. Forse addirittura tu, per attirarmi qui. Comunque, spero di no. Non lo hai fatto, vero? Non sei stato tu? »

«Purtroppo no, » (io, dire) ______. «Sembrano ossi duri? »

Random (scrollare) _______ le spalle.

«Se fossero stati soltanto due o tre, avrei tentato di organizzare un'imboscata. Ma sono troppi. »

Era piuttosto piccolo, meno di un metro e settanta, e pesava forse sessanta chili. Ma sembrava che parlasse maledettamente sul serio. Ero sicuro che avesse parlato sul serio, quando aveva detto che ce l'avrebbe fatta a sistemare, da solo, due o tre aggressori. All'improvviso, mi (io, chiedere) _______ quale poteva essere la mia forza fisica, dato che ero suo fratello. Mi sentivo piacevolmente forte. Sapevo che sarei stato disposto ad affrontare chiunque, faccia e faccia, senza particolari timori. Ma quanto ero forte?

All'improvviso, (io, capire) ______ che avrei avuto la possibilità di accertarlo.

(loro, bussare) ______ alla porta d'ingresso.

«Che cosa dobbiamo fare? » (chiedere) ________ Flora.

Random (ridere) ______, (slaciarsi) _______ la cravatta, la (buttare) ________ sulla scrivania, sopra il soprabito. Poi (togliersi) ______ la giacca e (guardarsi) _______ intorno. I suoi occhi (posarsi) ________ sulla sciabola: (lui, attraversare) ______ in un istante la biblioteca e la (prendere) -______ in mano. Io (sentire) _______ il peso della calibro 22 nella tasca della mia giacca, e (togliere) ______ la sicura.

«Cosa facciamo? » (chiedere) _____ Random. «C'è una probabilità che riescano ad entrare, » (dire) ________. «Perciò entreranno. Quand'è stata l'ultima volta che hai partecipato a un combattimento, sorella? »

«È passato troppo tempo, » (rispondere) ________ lei.

«E allora faresti meglio a ricordare in fretta, » le disse Random, «perché c'è pochissimo tempo. Sono guidati, posso assicurartelo. Ma noi siamo tre, e al massimo loro sono il doppio. Perché preoccuparci? »

«Non sappiamo che cosa sono, » disse Flora.

Bussarono di nuovo.

«Che cosa importa? »

«Niente, » dissi io. «Devo andare ad aprire? »

Tutti e due impallidirono leggermente.

«Tanto vale aspettare... »

«Potrei chiamare la polizia, » dissi io.

Risero tutti e due, quasi istericamente.

«Oppure Eric, » dissi, guardando all'improvviso Flora.

Ma lei scosse il capo.

«Non ne abbiamo il tempo. Abbiamo il Trionfo, ma prima che lui possa rispondere — ammesso che lo voglia — sarebbe già troppo tardi. »

«E questa potrebbe anche essere opera sua, eh? » os­servò Random.

«Ne dubito, » ribatté Flora. «Ne dubito molto. Non è il suo stile. »

«È vero, » risposi, per il gusto di farlo, e per far loro capire che ero al corrente di tutto.

Bussarono di nuovo, e questa volta molto più forte.

«E Cannella? » chiesi, colpito da un pensiero improv­viso.

Flora scosse il capo.

«Immagino sia molto improbabile che vada ad aprire la porta. »

«Ma non sapete contro cosa vi trovate, » esclamò Ran­dom e si precipitò fuori dalla biblioteca.

Lo seguii lungo il corridoio, fino al vestibolo, e arrivai in tempo per impedire a Cannella di aprire la porta.

La rimandammo nelle sue stanze, rapidamente, con l'ordine di chiudersi dentro, e Random osservò:

«Questo dimostra la forza dell'opposizione. A che punto stiamo, Corwin? »

Scrollai le spalle.

«Se lo sapessi, te lo direi. Almeno per il momento, siamo nella stessa barca. Scostati! »

E aprii la porta.

Il primo uomo cercò di spingermi da parte, ma io lo ricacciai indietro, a braccia rigide.

Erano sei: questo lo vedevo benissimo.

«Che cosa volete? » domandai.

Ma quelli non dissero neppure una parola: e vidi le pistole.

Sferrai un calcio, sbattei la porta e tirai il catenaccio.

«Sta bene, sono veramente lì, » dissi io. «Ma come faccio a sapere che tu non mi stai combinando qualche scherzo? »

«Non puoi saperlo, » disse Random. «Ma vorrei essere davvero in grado di combinarlo. Hanno l'aria pericolosa. »

Dovetti ammettere che aveva ragione. I tipi che stava­no sotto il portico erano massici e avevano i cappelli tirati sugli occhi. I loro visi erano interamente coperti da ombre.

«Vorrei sapere a che punto stiamo, » disse Random.

Avvertii una vibrazione da farmi accapponare la pelle, nella vicinanza dei timpani. In quel momento, mi resi conto che Flora aveva suonato il suo fischietto.

Quando sentii lo schianto di una finestra sfondata, sulla mia destra, non mi sorpresi di udire ringhi gutturali e latrati, sulla sinistra.

«Ha chiamato i suoi cani, » dissi io. «Sei belve tremen­de, che in altre circostanze potrebbero avercela con noi. »

Random annuì, e ci avviammo entrambi nella direzio­ne dello schianto.

Quando arrivammo nel soggiorno, due uomini erano già entrati e tutti e due erano armati.

Abbattei il primo e mi buttai sul pavimento, sparando al secondo. Random mi scavalcò con un balzo, brandendo la sciabola, e vidi la testa del secondo uomo volare dalle spalle.

Ma intanto altri due erano entrati dalla finestra. Sca­ricai loro addosso la pistola automatica, e udii i ringhi dei cani di Flora mescolati a colpi d'arma da fuoco, un'arma che non era la mia.

Vidi tre uomini sul pavimento, e tre dei cani di Flora. Mi faceva piacere pensare che ne avevamo liquidati metà, e mentre gli altri entravano dalla finestra, ne uccisi un altro in un modo che mi sorprese.

All'improvviso, e senza stare a riflettere, afferrai un'e­norme poltrona e la scagliai attraverso la camera a una distanza di una decina di metri. Centrò un uomo, spez­zandogli la schiena.

Balzai verso gli ultimi due che erano rimasti, ma prima che potessi attraversare la stanza, Random ne ave­va trapassato uno con la sciabola, lasciandolo ai cani perché lo finissero, e si stava volgendo verso l'altro.

L'altro, tuttavia, venne abbattuto prima che Random potesse agire. Uccise un altro dei cani prima che riuscis­simo a fermarlo: ma poi non ebbe più occasione di ucci­dere. Random lo strangolò.

Constatammo che due dei cani erano morti, ed uno era gravemente ferito. Random uccise il ferito con un rapido affondo: poi dedicammo l'attenzione agli uomini.

C'era qualcosa d'insolito nel loro aspetto.

Flora entrò e collaborò alla nostra indagine.

Innanzi tutto, i sei avevano gli occhi egualmente iniet­tati di sangue. Molto iniettati di sangue. Sembrava che in loro fosse una cosa normale.

E poi, tutti avevano una giuntura in più a ogni dito, e speroni affilati e incurvati in avanti sul dorso delle mani.

Tutti avevano mandibole prominenti; e quando aprii a forza la bocca ad uno di loro, contai quarantaquattro denti, quasi tutti più lunghi di quelli umani: parecchi erano molto più affilati. La pelle era grigiastra, dura e lucida.

C'erano senza dubbio anche altre differenze: ma quelle già bastavano a dimostrare qualcosa.

Prendemmo le loro armi, e io mi tenni tre piccole pistole piatte.

«Sono usciti dalle Ombre, è sicuro, » disse Random, e io annuii. «E sono stato veramente molto fortunato. Ap­parentemente non sospettavano che io avrei trovato simili rinforzi... un fratello militante e circa mezza tonnellata di cani. » Andò a guardare oltre la finestra sfondata, e decisi di lasciarlo fare. «Niente, » disse dopo un po'. «Sono sicuro che li abbiamo liquidati tutti. » Poi chiuse i pesanti tendaggi arancione e li barricò con diversi mobili piutto­sto alti. Mentre Random provvedeva a questo, io frugavo in tasca ai morti.

Non rimasi molto stupito, quando non trovai docu­menti d'identità.

«Torniamo in biblioteca, » disse Random. «Così potrò finire di bere. »

Ripulì la lama, scrupolosamente, prima di sedersi, e la rimise sui supporti. Mentre lui provvedeva a questo, por­tai qualcosa da bere a Flora.

«Quindi sembra che io sia temporaneamente al sicu­ro, » disse lui, «adesso che siamo in tre. »

«Sembrerebbe di sì, » ammise Flora.

«Dio, è da ieri che non mangio! » annunciò Random.

Flora andò ad avvertire Cannella che poteva uscire senza pericolo, purché stesse alla larga dal soggiorno: e le disse di portare da mangiare in biblioteca.

Appena uscì dalla stanza, Random si girò verso di me e chiese:

«Come stanno le cose tra voi due? »

«Non voltarle le spalle. »

«È ancora dalla parte di Eric? »

«A quel che ne so. »

«E allora cosa ci fai, qui? »

«Stavo cercando di indurre Eric a venirmi a cercare personalmente. Lui sa che è l'unico modo in cui potrà fregarmi, e volevo vedere fino a che punto ci tiene. »

Random scosse il capo.

«Non credo che lo farà. » disse. «Non gli conviene. Finché tu sei qui e lui è là, perché dovrebbe arrischiarsi? Ha sempre la posizione più forte. Se vuoi fregarlo, dovrai andarlo a cercare tu. »

«Sono appunto arrivato alla stessa conclusione. »

Allora gli brillarono gli occhi, e ricomparve il suo vecchio sorriso. Si passò la mano tra i capelli color paglia, senza distogliere lo sguardo dal mio.

«Hai intenzione di farlo? » chiese.

«Può darsi, » dissi io.

«Non tirar fuori i 'può darsi' con me, piccolo. Ce l'hai scritto in faccia. Sarei quasi tentato di starci, lo sai. Tra tutti i rapporti personali, le parentele sono quelle che stanno nel mezzo, nell'ordine, il sesso è quello che mi piace di più, ed Eric è quello che mi piace di meno. »

Accesi una sigaretta, riflettendo.

«Tu stai pensando, » disse Random mentre riflettevo, «'Fino a che punto posso fidarmi di lui, questa volta? È subdolo e carogna, e senza dubbio mi tradirà, se qualcuno gli offre una combinazione migliore. ' Giusto? »

Annuii.

«Tuttavia, fratello Corwin, ricordati che, anche se non ti ho mai fatto molto bene, non ti ho mai fatto neppure del male. Oh, qualche scherzo, lo ammetto. Ma, nel com­plesso, puoi dire che siamo andati sempre d'accordo... cioè, non ci siamo dati fastidi a vicenda. Pensaci sopra. Mi sembra di sentire Flora o la sua cameriera che sta arri­vando, quindi cambiamo argomento... Ma presto! Non credo che tu abbia un mazzo delle carte da gioco preferite della famiglia, vero? »

Scossi il capo.

Flora rientrò annunciando:

«Fra poco, Cannella porterà da mangiare. »

Brindammo a quell'annuncio, e Random mi strizzò l'occhio, dietro le spalle di Flora.

La mattina seguente, i cadaveri erano scomparsi dal soggiorno, non c'erano macchie sul tappeto, e la finestra appariva riparata. Random mi spiegò che «aveva provveduto a tutto. » Non mi parve il caso di chiedergli altro.

Ci facemmo prestare la Mercedes di Flora e andammo a fare un giro. La campagna sembrava stranamente cam­biata. Non avrei saputo indicare con precisione che cosa mancasse o che cosa ci fosse di nuovo, ma in un modo o nell'altro mi dava una sensazione diversa. Anche questo mi fece venire il mal di testa, quando cercai di pensarci, perciò decisi di rinunciare per il momento a quelle consi­derazioni.

Io ero al volante, e Random mi stava accanto. Osservai che mi sarebbe piaciuto ritornare ad Ambra... tanto per vedere come avrebbe reagito.

«Mi stavo domandando, » rispose lui, «se lo facevi soltanto per vendetta o per qualcosa di più. » E in questo modo rilanciò la palla a me, in modo che rispondessi o meno, come lo ritenevo più opportuno.

Io lo ritenni opportuno. Feci ricorso alla frase abitua­le:

«Ho pensato anche a questo, » dissi. «Ho cercato di calcolare le possibilità. Sai, forse potrei 'tentare'. »

Allora Random si girò verso di me (stava guardando fuori dal finestrino) e disse:

«Immagino che abbiamo avuto tutti quell'ambizione, o almeno quel pensiero... io so di averla avuta, anche se ho mollato alle prime fasi del gioco... e a giudicare da quello che provo, varrebbe la pena di tentare. Lo so, vuoi sapere se ti aiuterò. La risposta è 'sì '. Lo farò soltanto per fregare gli altri. » Poi: «Cosa pensi di Flora? Credi che sarebbe d'aiuto? »

«Ne dubito molto, » dissi io. «Si schiererebbe dalla nostra parte se le cose andassero bene. Ma chi può essere sicuro, a questo punto? »

«O a qualunque punto, » mi corresse lui.

«O a qualunque punto, » ripetei, così avrebbe pensato che io sapessi quale tipo di reazioni avrei ottenuto.

Avevo paura di confidargli le condizioni della mia memoria. Avevo anche paura di fidarmi di lui, quindi non lo feci. C'erano tante cose che desideravo sapere, ma non avevo nessuno cui rivolgermi. Pensai un po' anche a questo, mentre continuavamo a viaggiare.

«Bene, quando vorresti incominciare? » domandai.

«Quando sarai pronto tu. »

Ecco, mi aveva rilanciato la palla, e io non sapevo assolutamente che cosa fare.

«Che ne diresti di subito? » chiesi.

Random tacque. Si accese una sigaretta; credo lo fa­cesse per acquistare tempo.

Lo imitai.

«Sta bene, » disse Random, alla fine. «Quand'è stata l'ultima volta che sei tornato indietro? »

«È passato tanto tempo, » gli risposi, «che non sono neppure sicuro di ricordare la strada. »

«D'accordo, » disse lui. «Allora dobbiamo allontanarci, prima di poter tornare indietro. Quanta benzina hai? »

«Tre quarti di serbatoio. »

«Allora gira a sinistra alla prossima svolta, e vedremo cosa succede. »

Obbedii, e mentre proseguivamo, tutti i marciapiedi cominciarono a scintillare.

«Accidenti! » esclamò Random. «Sono passati circa vent'anni da quando ho fatto questa passeggiata. Ricordo troppo presto le cose giuste. »

Proseguimmo, ed io continuavo a domandarmi cosa diamine stava succedendo. Il cielo era diventato un po' verdognolo, e poi si sfumò di rosa.

Mi morsi le labbra, per resistere all'impulso di fare domande.

Passammo sotto un ponte e, quando uscimmo dall'al­tra parte, il cielo era ridiventato del suo colore normale; ma c'erano dappertutto mulini a vento, grandi e gialli.

«Non preoccuparti, » disse Random, in fretta. «Potreb­be essere peggio. »

Notai che la gente che incontravamo era vestita in modo piuttosto strano, e che la strada era di mattoni.

«Svolta a destra. »

Obbedii.

Nubi violacee coprirono il sole, e incominciò a piovere. I lampi scaturivano tra le nuvole, e i cieli brontolavano sopra di noi. Io avevo messo in moto i tergicristallo a tutta velocità, ma non servivano a molto. Accesi i fari e rallentai ancora di più.

Avrei giurato di aver incontrato un cavaliere che cor­reva nella direzione opposta: tutto vestito di grigio, con il colletto alzato e la testa abbassata per ripararsi dalla pioggia.

Poi le nubi si dispersero, e ci trovammo a viaggiare lungo la riva del mare. Le onde scrosciavano altissime, ed enormi gabbiani si abbassavano fin quasi a sfiorarle. La pioggia era cessata, e io spensi i fari, fermai i tergicristal­lo. La strada, adesso, era asfaltata, ma io non riconoscevo quella località. Nello specchietto retrovisore non c'era traccia della città da cui eravamo appena partiti. Strinsi convulsamente le mani sul volante quando all'improvviso passammo accanto a una forca da cui pendeva lo sche­letro di un impiccato, che oscillava nel vento.

Random continuava a fumare ed a guardare fuori dal finestrino, mentre la strada si allontanava dalla spiaggia e s'incurvava girando intorno a una collina. Una piana erbosa, priva d'alberi, si estendeva alla nostra destra, e una fila di colline si innalzava alla sinistra. Il cielo ormai era di un azzurro cupo ma brillante, come una polla limpida e profonda, riparata ed ombreggiata. Non ricor­davo di aver mai visto un cielo come quello.

Random abbassò il vetro per buttare fuori il mozzico­ne di sigaretta; entrò una brezza gelida che turbinò all'in­terno dell'abitacolo fino a quando lui richiuse il finestri­no. La brezza aveva odore di mare, salmastro e pungente.

«Tutte le strade portano ad Ambra, » disse, come se fosse un assioma.

Poi ricordai ciò che aveva detto Flora il giorno prima. Non volevo far la figura dell'ignorante né aver l'aria di voler tenere nascoste informazioni importanti: ma dovevo dirgli, nel mio interesse oltre che nel suo, quello che significavano secondo me le affermazioni di Flora.

«Sai, » incominciai, «quando l'altro giorno hai chiama­to e io ho risposto al telefono perché Flora non c'era, ho la netta impressione che lei cercasse di raggiungere Am­bra, e che avesse trovato la strada bloccata. »

Random rise.

«Quella donna ha ben poca immaginazione, » rispose. «Naturalmente doveva essere bloccata, in un momento simile. Alla fine, saremo costretti ad andare a piedi, ne sono sicuro, e senza dubbio ci vorrà tutta la nostra forza e tutta la nostra ingegnosità per riuscirvi, se pure ci riusciremo. Flora pensava di poter tornare come una principessa, in pompa magna, camminando su un tappeto di fiori? È una stupida. Per la verità, non merita di vivere, ma non sta a me decidere, per ora.

«Al crocicchio svolta a destra, » disse poi.

Che cosa stava succedendo? Sapevo che, in qualche modo, lui era responsabile degli strani cambiamenti che avvenivano intorno a noi, ma non riuscivo a comprendere come ci riuscisse, e dove ci portasse. Sapevo che dovevo imparare il suo segreto, ma non potevo chiederglielo così, apertamente, altrimenti avrebbe intuito che non lo cono­scevo. E allora sarei stato in sua balia. Sembrava che lui non facesse altro che fumare e guardare: ma quando superammo un avallamento della strada entrammo in un deserto azzurro: e il cielo era roseo sopra le nostre teste, nel cielo scintillante. Nello specchietto retrovisore, miglia e miglia di deserto si stendevano dietro di noi, a perdita d'occhio. Un bel trucco.

Poi il motore tossì, sputacchiò, riprese, e ripeté dacca­po la scena.

Il volante cambiò forma sotto le mie mani.

Diventò una falce; e il sedile sembrò spostarsi più all'indietro, la macchina parve abbassarsi, e il tergicristal­lo divenne più inclinato.

Io, comunque, non dissi nulla, neppure quando c'in­vestì la tempesta di sabbia color lavanda.

Ma quando si disperse, repressi a stento un grido.

C'era una lunga fila di macchine bloccate, per circa un chilometro davanti a noi. Erano tutte immobilizzate, e potevo sentirle strombettare.

«Rallenta, » disse Random. «È il primo ostacolo. »

Rallentai, e un'altra raffica di sabbia ci avvolse.

Prima che avessi il tempo di accendere i fari si disper­se, e io sbattei più volte le palpebre.

Tutte le macchine erano scomparse, e i loro claxon erano ammutoliti. Ma adesso la strada scintillava, come avevano fatto per un certo tempo i marciapiedi, e io sentii che Random, sottovoce, malediceva qualcosa o qualcuno.

«Sono sicuro di aver cambiato esattamente nel modo che voleva lui, chiunque sia stato a preparare quel bloc­co, » disse. «E mi irrita di avere fatto quello che lui si aspettava... esattamente la cosa più ovvia. »

«Eric? » domandai.

«Probabilmente. Cosa ritieni che dovremmo fare? Fermarci e tentare per un po' il percorso più difficile, oppure andare avanti e vedere se ci sono altri blocchi? »

«Andiamo avanti per un po'. Dopotutto, quello era soltanto il primo. »

«D'accordo, » disse Random: ma poi aggiunse: «Chissà cosa sarà il secondo? »

Il secondo ostacolo era una cosa... non saprei come descriverlo altrimenti.

Era una cosa che sembrava un crogiolo con le braccia, accovacciato in mezzo alla strada: abbassava le braccia, raccoglieva le automobili e le divorava.

Frenai di colpo.

«Che cosa ti ha preso? » mi domandò Random. «Conti­nua, continua. Altrimenti, come faremo a passare? »

«Mi ha un po' sconvolto, » dissi io, e lui mi lanciò una lunga occhiata obliqua, mentre si stava avvicinando una nuova tempesta di sabbia.

Avevo sbagliato a parlare: adesso lo capivo.

Quando la polvere si fu dispersa, noi stavamo corren­do sulla strada di nuovo deserta. E si scorgevano torri, in lontananza.

«Credo di averlo fregato, » disse Random. «Ho combi­nato parecchie cose in una, e credo che forse lui non l'aveva previsto. Dopotutto, nessuno può tener d'occhio tutte le strade che portano ad Ambra. »

«È vero, » risposi io, augurandomi di riscattarmi dal passo falso che aveva attirato su di me quella strana occhiata.

Cercai di valutare Random. Era un uomo piccolo, dall'aria debole, che avrebbe potuto morire facilmente quanto me, la sera prima. Quale era il suo potere? E che cos'era, tutto quel gran parlare di Ombre? Qualcosa mi diceva che, qualunque cosa fossero le Ombre, adesso ci stavamo muovendo in mezzo a loro. Come? Era qualcosa che stava facendo Random, e poiché sembrava fisicamen­te in posizione di riposo, con le mani in piena vista, doveva trattarsi di qualcosa che faceva con la mente. Ma come?

Bene, l'avevo sentito parlare di «aggiungere» e di «sottrarre», come se l'universo in cui lui si muoveva fosse una colossale equazione.

Decisi, con improvvisa sicurezza, che in qualche modo lui aggiungeva e sottraeva cose nel mondo visibile tutto intorno a noi, per portarci in un allineamento sempre più vicino allo strano luogo che era Ambra.

Un tempo anch'io avevo saputo come fare. E la chiave, lo compresi in un lampo, consisteva nel ricordare Ambra.

Ma io non riuscivo a ricordarla.

La strada s'incurvò bruscamente, il deserto terminò lasciando il posto a prati d'erba alta, azzurra, dall'aria tagliente. Dopo un po', il terreno divenne leggermente collinoso, e ai piedi della terza collina l'asfalto finì, e noi proseguimmo su una stretta strada di terra. Era compat­ta, e si snodava tra colline più imponenti, su cui comin­ciavano ad apparire piccoli cespugli e cardi appuntiti come baionette.

Dopo circa mezz'ora, le colline si allontanarono, e noi ci addentrammo in una foresta di alberi tozzi, con i grossi tronchi e le foglie rombiche che avevano i colori arancio e porpora dell'autunno.

Incominciò a cadere una pioggia leggera, e c'erano molte ombre. Dagli strati di foglie infradiciate s'innalza­vano nebbie pallide. Da qualche parte, verso destra, udii un ululato.

Il volante cambiò forma altre volte: la sua ultima versione era lignea, ottagonale. La macchina, adesso, era altissima, ed avevamo acquisito un tappo ornamentale del radiatore che aveva la forma di un fenicottero. Mi astenni dal fare commenti in proposito; mi adattai alle posizioni che venivano assunte dal sedile e ai nuovi comandi che il veicolo aveva acquistato. Random, tuttavia, lanciò un'oc­chiata al volante proprio mentre risuonava un altro ulula­to, scosse il capo, e all'improvviso gli alberi divennero molto più alti, festonati di liane penzolanti e di un velo azzurrognolo di muschio, mentre la macchina ridiventava quasi normale. Diedi un'occhiata all'indicatore della ben­zina e vidi che avevamo circa metà serbatoio.

«Stiamo procedendo abbastanza bene, » osservò mio fratello, e io annuii.

All'improvviso la strada si allargò e acquisì una super­ficie di cemento. C'erano canali da entrambi i lati: erano pieni di acqua fangosa. Su entrambi scorrevano foglie, ramoscelli e piume colorate.

All'improvviso mi sentii stordito, in preda a una legge­ra vertigine, ma Random mi disse «Respira lentamente e profondamente, » prima ancora che avessi la possibilità di fare commenti. «Stiamo prendendo una scorciatoia, e l'atmosfera e la gravità saranno un po' diverse per un certo tempo. Credo che fino a ora siamo stati piuttosto fortunati, e io vorrei insistere, per quanto ne valga la pena... avvicinarci il più possibile e il più rapidamente possibile. »

«Buona idea, » dissi.

«Forse sì e forse no, » rispose lui. «Ma credo che ne valga la pena... Attento! »

Stavamo salendo su un dosso, e un camion lo superò e scese a tutta velocità verso di noi. Era sul lato sbagliato della strada. Sterzai per evitarlo, ma sterzò anche il ca­mion. All'ultimo momento, dovetti lasciare la sede strada­le, spingendomi sulla banchina molle alla mia sinistra, e dirigermi verso il bordo del canale, per evitare lo scontro.

Alla mia destra, il camion si fermò con uno stridore di pneumatici. Cercai di guidare la macchina fuori dalla banchina e di riportarla sulla strada, ma eravamo blocca­ti nel terreno troppo soffice.

Poi sentii sbattere una portiera, e vidi che il camioni­sta stava scendendo dalla parte destra della cabina... il che significava che lui guidava sul lato giusto della strada, dopotutto, e che noi eravamo dalla parte sbagliata. Ero sicuro che negli Stati Uniti il traffico non scorresse come in Gran Bretagna, ma ero ormai certo che avevamo ab­bandonato da parecchio tempo la Terra che io conoscevo.

Il camion era un'autocisterna. Sul fianco c'era scritto ZUNOCO, in grandi lettere rossosangue, e sotto c'era il motto: 'Nui viacciamo in tuto il monto». Il guidatore mi coprì d'insulti, quando io scesi, girai intorno alla macchi­na e incominciai a scusarmi. Era alto come me, e massic­cio come un barile di birra, e stringeva in mano un girabacchino.

«Senta, le ho detto che sono mortificato, » gli dissi. «Che cosa vuole che faccia? Non c'è andato di mezzo nessuno e non ci sono stati danni. »

«Non dovrebbero dare la patente a quelli come lei! » urlò l'uomo. «È un pericolo pubblico! »

Allora Random scese dalla macchina e disse: «Signor mio, farebbe meglio ad andarsene per la sua strada. » E aveva in pugno una pistola.

«Mettila via, » gli dissi: ma Random fece scattare la sicura e spianò l'arma.

L'uomo si voltò a guardarlo, con un'espressione spa­ventata: spalancò gli occhi e la bocca.

Random alzò la pistola e prese meticolosamente di mira la schiena del camionista, e io riuscii a deviargli il braccio mentre premeva il grilletto.

Il proiettile colpì l'asfalto e rimbalzò lontano.

Random si girò verso di me: era sbiancato in viso.

«Maledetto stupido! » esclamò. «Il proiettile avrebbe potuto colpire la cisterna! »

«Avrebbe anche potuto colpire l'individuo che avevi preso di mira. »

«E allora, che cosa importa? Non passeremo mai più da questa strada, in questa generazione. Quel bastardo ha osato insultare un Principe d'Ambra! Io pensavo solo a difendere il tuo onore. »

«Al mio onore so badare da solo, » gli dissi. Una forza gelida e irresistibile s'impadronì improvvisamente di me e rispose: «Perché spettava a me ucciderlo e non a te, se avessi deciso così. » Mi sentivo invadere dall'indignazione.

Random piegò la testa, mentre la portiera della cabina sbatteva e l'autocisterna si rimetteva in moto.

«Mi dispiace, fratello, » disse lui. «Non è stata presun­zione da parte mia. Ma mi ha offeso sentire uno di loro parlarti in quel modo. So che avrei dovuto lasciare che lo sistemassi tu come giudicavi più opportuno, o almeno avrei dovuto consultarmi prima con te. »

«Be', in ogni caso, » gli dissi, «ritorniamo sulla strada e muoviamoci, se possiamo. »

Le ruote posteriori erano sprofondate fino al mozzo, e mentre le fissavo, cercando di decidere qual era il modo migliore per risolvere il problema, Random mi chiamò:

«D'accordo, ho afferrato il paraurti anteriore. Tu af­ferra quello posteriore, e la riporteremo sulla strada... e sarà meglio che la mettiamo sulla carreggiata di sinistra. »

Non stava scherzando.

Aveva detto qualcosa a proposito della gravità, ma io non mi sentivo poi tanto leggero. Sapevo di essere molto forte, ma non credevo di essere in grado di sollevare la parte posteriore di una Mercedes.

Ma d'altra parte, dovevo provarci, poiché Random sembrava aspettarselo, e io non potevo rivelargli indiret­tamente le lacune della mia memoria.

Perciò mi chinai, afferrai il paraurti, e cominciai a raddrizzare le gambe. Con un suono risucchiante, le ruote posteriori si liberarono dal terreno umido. Io sostenevo l'estremità posteriore della macchina a circa sessanta centimetri dal suolo! Era pesante, accidenti se era pesan­te... ma potevo farcela!

A ogni passo, sprofondavo di quindici centimetri nel terriccio molle. Ma la portavo! E Random stava facendo altrettanto, reggendo la macchina per il paraurti anterio­re.

La posammo sulla carreggiata, con un leggero sobbal­zare delle sospensioni. Poi mi tolsi le scarpe e le svuotai del fango, le pulii con manciate d'erba, mi sfilai le calze, ripulii alla meglio i calzoni, gettai le calzature sul sedile posteriore e tornai a sedermi scalzo al volante.

Random balzò a bordo, sul sedile accanto e disse: «Senti, vorrei scusarmi ancora... »

«Lascia perdere, » dissi io. «È una faccenda chiusa. »

«Sì, ma non voglio che tu mi serbi rancore. »

«Non te ne serberò, » gli dissi. «Ma tieni a freno la tua impetuosità, in futuro, quando si tratta di togliere la vita a qualcuno in mia presenza. »

«Lo farò, » promise lui.

«E allora muoviamoci. » E proseguimmo.

Passammo attraverso un canyon roccioso, poi attra­versammo una città che sembrava interamente costruita di vetro, o di una sostanza molto simile; gli edifici erano alti, sottili e apparentemente fragili, e la gente era traspa­rente... il sole brillava attraverso i loro corpi, rivelando gli organi interni e i resti del pasto più recente. Ci fissarono, mentre passavamo. Si affollarono agli angoli delle strade, ma nessuno tentò di fermarci o di passare davanti a noi.

«I Charles Fort di questo luogo, senza dubbio, cite­ranno l'avvenimento per molti anni a venire, » disse mio fratello.

Annuii.

Poi non ci furono più strade: ci trovammo a procedere su quella che sembrava un'interminabile distesa di silicio. Dopo un po' si restrinse e diventò la nostra strada; e dopo un altro po' comparvero paludi alla nostra sinistra e alla nostra destra, basse, brune e fetide. E vidi quello che avrei giurato fosse un diplodoco alzare la testa e guardar­ci dall'alto in basso. Poi, in cielo, sopra di noi, passò una sagoma enorme dalle ali di pipistrello. Adesso il cielo era di un azzurro reale, e il sole era dorato come le biade.

«Ormai ci resta solo un quarto di serbatoio, » commen­tai.

«Va bene, » disse Random. «Ferma la macchina. »

Obbedii e attesi.

Per molto tempo — per circa sei minuti, credo — lui rimase in silenzio; poi: «Vai avanti, » disse.

Dopo poco più di cinque chilometri arrivammo a una barricata di tronchi, e io mi accinsi ad aggirarla. Da una parte c'era un cancello, e Random mi disse:

«Fermati e suona il claxon. »

Eseguii, e dopo un po' il cancello di legno cigolò sugli enormi cardini di ferro e si aprì verso l'interno.

«Entra, » disse Random. «Non è pericoloso. »

Entrai, e sulla mia sinistra vidi tre pompe della Esso; il piccolo edificio più indietro era di un tipo che avevo visto innumerevoli volte, in circostanze più normali. Mi fermai davanti a una pompa e attesi.

L'individuo che uscì dall'edificio era alto poco più di un metro e mezzo, enormemente grasso, con il naso che sembrava una fragola e spalle larghe quasi un metro.

«Facciamo il pieno? » chiese.

Annuii.

«Benzina normale, » dissi.

«La porti un po' più avanti, » fece lui.

Portai la macchina più avanti e chiesi a Random:

«Il mio danaro vale qualcosa, qui? »

«Guardalo, » rispose lui. Lo guardai.

Il mio portafogli era pieno di banconote arancione e gialle, con numeri romani agli angoli, seguiti dalle lettere D. R.

Random sogghignò, mentre io esaminavo il danaro.

«Vedi, ho provveduto a tutto, » mi disse.

«Magnifico. A proposito, comincio ad avere fame. »

Ci guardammo intorno, e vedemmo l'immagine di un tale che si offriva di vendere Pollo Fritto del Kentucky in un altro posto, e ci guardava da un grande cartellone.

Naso di Fragola fece traboccare un po' di benzina per terra, per arrivare alla cifra tonda, riattaccò il tubo, si avvicinò e disse: «Otto Drachae Regum. »

Pescai una banconota con «V D. R. » e tre con «I D. R. » e gliele porsi.

«Grazie, » fece l'uomo, e se le infilò in tasca. «Devo controllare olio e acqua? »

«Sì. »

Aggiunse un po' d'acqua, e mi disse che il livello dell'olio andava bene, poi sporcò un poco il parabrezza con uno straccio sudicio. Poi agitò la mano e rientrò nell'edificio.

Proseguimmo fino al locale di Kenni Roi e prendem­mo un secchio pieno di Partie di Luccertola Fritta del Kentucki e un altro secchio di birra debole e piuttosto salata.

Poi ci lavammo nella toeletta, suonammo il claxon al cancello, e attendemmo fino a quando arrivò ad aprirci un uomo con un'alabarda sulla spalla destra.

Ci rimettemmo in viaggio.

Un tirannosauro balzò davanti a noi, esitò per un momento, e poi se ne andò per i fatti suoi, verso sinistra. Altri tre pterodattili passarono sulle nostre teste.

«Mi dispiace lasciare il cielo di Ambra, » disse Random; sebbene non capissi cosa voleva dire esattamente, gli risposi con un grugnito.

«Comunque, ho paura di provare tutto in una volta, » continuò lui. «Potremmo finire a pezzi. »

«D'accordo, » dissi io.

«Ma d'altra parte, questo posto non mi piace. »

Annuii, e così proseguimmo, fino a quando la pianura di silicio finì e tutto intorno a noi ci fu soltanto roccia nuda.

«E adesso che cosa stai facendo? » mi azzardai a chie­dere.

«Adesso che ho il cielo, vorrei provare a trovare il terreno, » fu la risposta.

Lo strato di roccia si frantumò in numerose rocce, mentre proseguivamo. Tra l'una e l'altra c'era terra, nera e nuda. Dopo un po', ci fu più terra e meno rocce. Finalmente, vidi chiazze di verde. Dapprima un po' d'erba qua e là. Ma era un verde molto vivo, simile e dissimile da quello comune sulla Terra che conoscevo io.

Ben presto ci fu molto verde.

Dopo un po' comparvero gli alberi, sparsi qua e là lungo il nostro percorso.

Poi ci fu una foresta.

E che foresta!

Non avevo mai visto alberi come quelli... possenti e maestosi, di un ricco verde cupo, leggermente sfumato d'oro. Torreggiavano altissimi. Erano enormi pini, querce, aceri, e molti altri che non riuscivo a distinguere. Tra i rami spirava una brezza dalla fragranza fantastica e deli­ziosa: ne sentii il profumo quando abbassai un po' il vetro. Decisi di aprire completamente il finestrino e di lasciarla entrare, dopo averla aspirata.

«La Foresta di Arden, » disse l'uomo che era mio fratel­lo: e sapevo che aveva ragione; e in qualche modo lo amai e lo invidiai per la sua saggezza, la sua conoscenza.

«Fratello, » dissi, «Stai andando benissimo. Molto me­glio di quanto mi aspettassi. Grazie. »

Le mie parole parvero coglierlo alla sprovvista. Era come se non avesse mai ricevuto una parola gentile da un parente, prima di quel momento.

«Sto facendo del mio meglio, » rispose, «e lo farò fino in fondo, lo prometto. Guarda! Abbiamo il cielo, e abbia­mo la foresta! È quasi troppo bello per essere vero! Abbiamo passato il punto di mezzo, e niente ci ha dato particolarmente fastidio. Credo che siamo molto fortuna­ti. Mi darai una Reggenza? »

«Sì, » dissi io, senza sapere che cosa intendeva dire: ma ero disposto a concedergliela, se era in mio potere.

Allora lui annuì e disse:

«Sei un tipo a posto. »

Vocabolario:

Traduci in russo: fregare, scintillare, arrivare alla conclusione, mulino a vento, brezza gelida, in pompa magna, avvallamento, specchio retrovisore, volante, rallentare, convenire, marciapiedi, crogiolo.

Traduci in italiano: тень, могучие стволы деревьев, завывание, фламинго, бак, грузовик, кроваво-красный, столкновение, осмелиться, покрывать оскорблениями, прийти к заключению, блестеть/сверкать, «Какая муха тебя укусила? », «Ты мне дашь регентство? », «Ты нормальный парень»

Trova le parole che significano:

1) Luccicare, lampeggiare

2) uno strumento di laboratorio utilizzato per il contenimento di composti chimici che devono essere portati a temperature elevate.

3) Diminuire la velocità

4) Un bravo ragazzo

5) il potere sovrano esercitato da una personalità in sostituzione del monarca.

6) un genere di uccelli della famiglia Phoenicopteridae.

7) una struttura costruita per sfruttare l'energia del vento (energia eolica)

8) con grande sfarzo

Metti le preposizioni:

1) Lo seguii _____ il corridoio, fino _____ vestibolo, e arrivai _____ tempo ____ impedire ___ Cannella ___aprire la porta.

2) Avvertii una vibrazione ___ farmi accapponare la pelle, ____ vicinanza dei timpani.

3) Strinsi convulsamente le mani ___ volante quando ___'improvviso passammo accanto ___ una forca ___ cui pendeva lo sche­letro __ un impiccato, che oscillava ___ vento.

4) Io ero ___ volante, e Random mi stava accanto. Osservai che mi sarebbe piaciuto ritornare ___ Ambra... tanto ___ vedere come avrebbe reagito.

5) _____ specchietto retrovisore non c'era traccia ____ città ____ cui eravamo appena partiti.

6) Sapevo che, __ qualche modo, lui era responsabile ____ strani cambiamenti che avvenivano intorno ___ noi, ma non riuscivo___ comprendere come ci riuscisse, e dove ci portasse.

7) Flora pensava ___ poter tornare come una principessa, ___ pompa magna, camminando __ un tappeto __ fiori?

8) Attra­versammo una città che sembrava interamente costruita ___ vetro, o ____ una sostanza molto simile.

Traduci in russo:

1) Io ero al volante, e Random mi stava accanto. Osservai che mi sarebbe piaciuto ritornare ad Ambra... tanto per vedere come avrebbe reagito.

2) Io avevo messo in moto i tergicristallo a tutta velocità, ma non servivano a molto. Accesi i fari e rallentai ancora di più.

3) Era piuttosto piccolo, meno di un metro e settanta, e pesava forse sessanta chili. Ma sembrava che parlasse maledettamente sul serio. Ero sicuro che avesse parlato sul serio, quando aveva detto che ce l'avrebbe fatta a sistemare, da solo, due o tre aggressori.

4) All'improvviso, e senza stare a riflettere, afferrai un'e­norme poltrona e la scagliai attraverso la camera a una distanza di una decina di metri. Centrò un uomo, spez­zandogli la schiena.

5) Random abbassò il vetro per buttare fuori il mozzico­ne di sigaretta; entrò una brezza gelida che turbinò all'in­terno dell'abitacolo fino a quando lui richiuse il finestri­no. La brezza aveva odore di mare, salmastro e pungente.

6) Flora pensava di poter tornare come una principessa, in pompa magna, camminando su un tappeto di fiori? È una stupida. Per la verità, non merita di vivere, ma non sta a me decidere, per ora.

7) Cercai di valutare Random. Era un uomo piccolo, dall'aria debole, che avrebbe potuto morire facilmente quanto me, la sera prima. Quale era il suo potere?

8) Ma adesso la strada scintillava, come avevano fatto per un certo tempo i marciapiedi, e io sentii che Random, sottovoce, malediceva qualcosa o qualcuno.

9) Poi sentii sbattere una portiera, e vidi che il camioni­sta stava scendendo dalla parte destra della cabina... il che significava che lui guidava sul lato giusto della strada, dopotutto, e che noi eravamo dalla parte sbagliata.

10) «Fratello, » dissi, «Stai andando benissimo. Molto me­glio di quanto mi aspettassi. Grazie. » Le mie parole parvero coglierlo alla sprovvista. Era come se non avesse mai ricevuto una parola gentile da un parente, prima di quel momento.

Rispondi alle domande

1) In che condizioni è arrivato Random a casa di Flora?

2) Chi lo inseguiva?

3) Che cosa ha sorpreso Corwin durante la battaglia?

4) Che cosa di strano avevano questi tipi nella loro apparenza? Chi li ha mandati secondo Random?

5) Perché Random ha deciso di aiutare Corvin?

6) Dove hanno deciso di andare?

7) Corvin si è fidato di Random? Gli ha raccontato delle condizioni della sua memoria? Perché (no)?

8) Che cosa ha colpito Corvin quando lui e Random viaggiavano nel Mercedes di Flora?

9) Com’è cambiato il paesaggio?

10) Chi era la causa di quei cambiamenti? Corvin l’ha capito? Come? Come ha reagito?

11) Che cosa pensava Random di Flora? Perché?

12) Che ostacoli hanno affrontato i personaggi per strada?

13) Che cos’è successo per strada? Chi era il colpevole?

14) Come si comportava l’autista?

15) Come hanno risolto il problema? Come si sono comportati Corvin e Random?

16) Perché Random voleva difendere l’onore di Corvin? Di che opinione era invece Corvin?

17) Che cosa ha sentito Corvin dopo questo incidente?

18) Come i fratelli hanno dimostrato a vicenda il loro amore?

19) Cosa possiamo dire dei caratteri dei personaggi giudicando dall’incidente sulla strada? Inserisci tutta l’informazione che hai saputo nella tua tabella.

20) Chi sono Random e Corvin?

Sei d’accordo o meno che

1) Corvin era più umano di Random

2) Random odiava Eric così come Crovin

3) Random era mago e anche Corwin poteva possedere le stesse capacità.

Commenta le seguenti frasi

1) “Tutte le strade portano ad Ambra ” (Di che città avresti potuto sentire una frase simile? Giudicando da questo paragone cosa possiamo dire di Ambra? )

2) “Le mie parole parvero coglierlo alla sprovvista. Era come se non avesse mai ricevuto una parola gentile da un parente, prima di quel momento”

Fai la lista delle  cose strane che ha affrontato Corvin mentre viaggiava con Random ( per esempio: il cielo è diventato verde, poi rosa; un cavaliere, un deserto azzurro, il volante è diventato falce. Continua la lista. )

Spiega i nomi (cosa significano, a che cosa sono legati nel testo, desrivi le cose che indicano): la foresta di Arden, “ZUNOCO”, Denver, Drachea Regum, Manhattan.

Cosa puoi aggingere alla descrizione dei personaggi Corwin, Random e Flora. Aggiungi la nuova informazione nella tabella.

Era un piccolo spione omicida; e ricordavo che era sempre stato un ribelle. In passato i nostri genitori ave­vano cercato di imporgli un po' di disciplina, lo sapevo, ma non c'erano mai riusciti. E in quel momento ricordai che avevamo avuto in comune gli stessi genitori: e questo, seppi all'improvviso, non era vero per quanto riguardava me ed Eric, me e Flora, me e Caine, e Bleys e Fiona. E probabilmente altri: ma quelli li ricordavo, lo sapevo con certezza.

Stavamo viaggiando su una strada sterrata e sconnes­sa, attraverso una cattedrale di alberi enormi. Sembrava che la foresta continuasse all'infinito. Mi sentivo al sicu­ro, in quel posto. Di tanto in tanto mettevo in fuga un cerbiatto, sorprendevo una volpe che attraversava la strada o stava ferma sul bordo. In certi punti, il fondo stradale era segnato da impronte di zoccoli. La luce del sole era filtrata dalle fronde, e scendeva ad angolo, come le tese corde dorate di uno strumento musicale hindu. La brezza era umida e odorava di cose vive. Pensai che conoscevo quel posto, che in passato ero passato spesso a cavallo per quella strada. Avevo cavalcato nella Foresta di Arden, vi avevo passeggiato a piedi, c'ero andato a caccia, mi ero sdraiato sotto qualcuno di quei grandi alberi, con le braccia incrociate sotto la testa, guardando in alto, mi ero arrampicato tra i rami di alcuni di quei giganti, guardando giù in quel mondo verde continuamente mute­vole.

«Amo questo luogo, » dissi, rendendomi conto solo in parte di aver parlato a voce alta.

E Random rispose:

«L'hai sempre amato. »

E forse c'era una sfumatura di divertimento nella sua voce. Non ne ero sicuro.

Poi, in lontananza, udii una nota che riconobbi: la voce di un corno da caccia.

«Accelera, » disse all'improvviso Random. «Sembra il corno di Julian. »

Obbedii.

Il corno suonò di nuovo, più vicino.

«Quei suoi maledetti segugi faranno a pezzi questa macchina, e i suoi uccelli ci strapperanno gli occhi! » disse. «Non vorrei incontrarlo, quando è così ben prepa­rato. Qualunque cosa stia inseguendo, so che sarebbe felicissimo di lasciarlo perdere per una selvaggina come noi. »

«'Vivi e lascia vivere' è la mia filosofia, di questi tempi, » osservai.

Random ridacchiò.

«Che strana idea. Scommetto che resisterà per cinque minuti interi. »

Poi il corno suonò di nuovo, ancora più vicino, e Random esclamò: «Dannazione! »

Il tachimetro indicava centoventi, in strani numeri runici, e io non osavo andare più in fretta, su una strada come quella.

E il corno suonò di nuovo, questa volta molto più vicino, tre lunghe note, e sentii l'abbaiare dei cani, sulla sinistra.

«Adesso siamo vicinissimi alla Vera Terra, sebbene siamo ancora lontani da Ambra, » disse mio fratello. «Sarebbe inutile fuggire attraverso le Ombre adiacenti, perché se insegue veramente noi, continuerà a seguirci. O lo farà la sua ombra. »

«Cosa facciamo? »

«Accelera, e speriamo che non stia seguendo noi. »

E il corno risuonò ancora una volta, quasi accanto a noi, adesso.

«Che cosa diavolo cavalca? Una locomotiva? » chiesi.

«Direi che cavalca il possente Morgenstern, il cavallo più veloce che abbia mai creato. »

Lasciai che quell'ultima parola mi turbinasse per un po' nella testa, meravigliandomi. Sì, era vero, mi disse una voce interiore. Lui aveva creato Morgenstern, dalle Ombre, fondendo in quella bestia la forza e la velocità di un uragano e di una pila atomica.

Ricordai che avevo motivo di temere quell'animale, e poi lo vidi.

Morgenstern era sei spanne più alto di qualunque altro cavallo che avessi mai visto, e i suoi occhi avevano il colore spento di quelli di un cane Weimaraner, e il suo mantello era tutto grigio, e gli zoccoli sembravano d'ac­ciaio levigato. Correva come il vento, affiancato alla mac­china, e Julian gli stava rannicchiato in sella... il Julian della carta da gioco, con i lunghi capelli neri e i lucenti occhi azzurri, e aveva addosso la sua armatura a scaglie bianche.

Julian ci sorrise e agitò la mano in segno di saluto, e Morgenstern rialzò la testa e la sua criniera magnifica ondeggiò nel vento, come una bandiera. Le zampe quasi non si vedevano, nella rapidità del movimento.

Ricordai che una volta Julian aveva ordinato a un uomo di indossare i miei abiti smessi e di tormentare quella bestia. Era per questo che aveva cercato di travol­germi e di calpestarmi, durante una caccia, quando ero smontato per scuoiare un cervo.

Avevo richiuso il vetro del finestrino, e quindi non pensavo che potesse riconoscermi dall'odore. Ma Julian mi aveva visto, e credevo di sapere che cosa significava. Tutto intorno a lui correvano i Segugi della Tempesta, con i loro corpi solidissimi e i denti d'acciaio. Anch'essi erano venuti dalle Ombre, perché nessun cane normale poteva correre in quel modo. Ma sapevo, con certezza assoluta, che la parola «normale» non si poteva applicare a nulla, in quel luogo.

Poi Julian mi fece segno di fermarmi, e io diedi un'oc­chiata a Random che annuì.

«Se non lo facciamo, ci travolgerà, » disse. Perciò fre­nai, rallentai, mi fermai.

Morgenstern s'impennò, agitò le zampe in aria, colpì il suolo con tutti e quattro gli zoccoli e si avvicinò al galoppo. I cani mulinarono intorno a noi, con le lingue penzoloni, ansimando. Il cavallo era coperto da un velo lucente di sudore.

Abbassai il vetro del finestrino.

«Che sorpresa! » disse Julian, con quel suo modo di parlare lento, quasi difettoso; e un grande falco verde e nero volteggiò nell'aria e gli si posò sulla spalla sinistra.

«Sì, davvero, » risposi. «Come stai? »

«Oh, benissimo, » rispose lui. «Come sempre. E tu e il fratello Random? »

«Io sono in buona forma, » dissi, e Random annuì e osservò: «Pensavo che ti dedicassi ad altri passatempi, in un momento come questo. »

Julian inclinò la testa e lo guardò di traverso, attra­verso il parabrezza.

«Mi diverto a massacrare bestie, » disse; «e penso con­tinuamente ai miei parenti. »

Un brivido freddo mi scorse lungo la spina dorsale.

«Il rumore del vostro veicolo a motore mi ha distratto dalla caccia, » disse. «Sul momento, non ho pensato che portasse a bordo voi due. Direi che non state semplice­mente facendo un viaggio di piacere, ma che avete in mente una destinazione, per esempio Ambra. È vero? »

«È vero, » ammisi. «Posso chiederti come mai sei qui, anziché là? »

«Eric mi ha incaricato di sorvegliare questa strada, » rispose Julian, e mentre parlava posai la mano su una delle pistole che portavo infilate nella cintura. Avevo la sensazione che un proiettile non riuscisse a trapassare l'armatura, comunque. Pensai di sparare a Morgenstern.

«Bene, fratelli, » disse Julian, sorridendo. «Vi do il bentornato e vi auguro buon viaggio. Senza dubbio vi rivedrò tra breve in Ambra. Buon pomeriggio. » E con questo commiato, girò il cavallo e si diresse verso la foresta.

«Andiamocene di qui, » disse Random. «Probabilmente sta progettando un'imboscata o una caccia. » Si sfilò una pistola dalla cintura e se la mise sulle ginocchia.

Proseguii ad andatura sostenuta.

Dopo circa cinque minuti, quando stavo appena co­minciando a respirare un po' più tranquillamente, udii il corno. Premetti l'acceleratore, pur sapendo che ci avrebbe raggiunti egualmente, ma cercando di acquistare tempo e di distanziarlo il più possibile. Slittammo alle curve e salimmo ruggendo su per le colline e le valli. A un certo punto per poco non investii un cervo, ma riuscii a girargli intorno senza rallentare.

Il corno suonò più vicino: e Random stava borbottan­do imprecazioni oscene.

Avevo la sensazione che dovessimo percorrere ancora parecchia strada attraverso la foresta, e questo non mi tranquillizzava affatto.

Raggiungemmo una lunga dirittura, e io potei proce­dere a tutta velocità per circa un minuto. Le note del corno di Julian risuonarono più lontane. Ma poi entram­mo in un tratto di foresta dove la strada diventava tor­tuosa, e io fui costretto a rallentare. Julian ricominciò a guadagnare terreno.

Dopo circa sei minuti, lo vidi nello specchietto retrovi­sore. Procedeva tonando lungo la strada, con la sua muta intorno che abbaiava e sbavava.

Random abbassò il vetro del finestrino e dopo un minuto si sporse e cominciò a sparare.

«Maledetta quell'armatura! » esclamò. «Sono sicuro di averlo colpito due volte, ma non è successo niente. »

«Non mi va l'idea di uccidere quella bestia, » dissi io, «ma prova a colpire il cavallo. »

«Ho già provato parecchie volte, » disse Random, but­tando sul tappetino la pistola scarica ed estraendo l'altra. «O sono un tiratore molto peggiore di quanto pensassi, oppure è vero quello che dicono; ci vuole un proiettile d'argento per uccidere Morgenstern. »

Colpì dei cani con i proiettili dell'ultimo caricatore, ma ne restavano ancora due dozzine.

Gli passai le mie pistole, e lui liquidò altri cinque cani.

«Terrò l'ultimo caricatore, » disse, «per la testa di Julian, se verrà abbastanza vicino! »

Erano a una quindicina di metri più indietro, in quel punto, e guadagnavano terreno, perciò frenai di colpo. Alcuni cani non riuscirono a fermarsi in tempo, ma Julian scomparve all'improvviso, un'ombra scura ci passò sopra.

Morgenstern aveva scavalcato la macchina con un bal­zo! Poi girò su se stesso, e mentre cavallo e cavaliere si voltavano verso di noi, premetti l'acceleratore e la mac­china si avventò.

Con un magnifico balzo, Morgenstern si tolse di mez­zo. Nello specchietto retrovisore, vidi due cani lasciar cadere un parafango che avevano strappato e riprendere l'inseguimento. Alcuni rimasero a giacere sulla strada: e adesso erano quindici o sedici a inseguirci.

«Ottima azione, » disse Random, «ma sei stato fortuna­to che non si siano buttati sulle gomme. Probabilmente non avevano mai dato la caccia a un'automobile. »

Gli passai l'ultima pistola che mi era rimasta e gli dissi:

«Cerca di farne fuori altri. »

Lui sparò con calma e con precisione esatta, e ne liquidò altri sei.

E Julian, ormai, era a fianco della macchina, con la spada nella destra.

Suonai il claxon, sperando di spaventare Morgenstern, ma non servì a nulla. Sterzai verso di loro, ma il cavallo si scostò zampettando. Random si acquattò sul sedile e sparò oltre me, impugnando la pistola con la destra ap­poggiata all'avambraccio sinistro.

«Non sparare, adesso, » gli dissi. «Sto cercando di far­lo fuori. »

«Sei pazzo, » disse Random, mentre io frenavo di nuo­vo.

Tuttavia, abbassò l'arma.

Non appena ci fermammo, spalancai la portiera e balzai fuori... ancora scalzo! Accidenti!

Mi chinai, schivando la sua lama, gli afferrai il brac­cio, e lo strappai dalla sella. Lui mi colpì alla testa con il pugno sinistro, coperto dal guanto di maglia di ferro, e vidi fuochi d'artificio e provai un dolore terribile.

Julian giaceva dov'era caduto, intontito, e tutto intor­no a me c'erano cani che mi mordevano, e Random che li prendeva a calci. Raccolsi fulmineamente la spada di Julian che era caduta a terra e gliela puntai alla gola.

«Richiamali! » gridai. «O ti inchioderò a terra! »

Lui urlò ordini ai suoi cani, che indietreggiarono. Random teneva la briglia di Morgenstern e lottava con il cavallo.

«E adesso, caro fratello, che cos'hai da dire in tua difesa? » domandai.

C'era un freddo fuoco azzurro nei suoi occhi, e il suo volto era privo d'espressione.

 

Voacbolario:

spione omicida – шпион-убийца

ribelle - бунтовщик

imporre disciplina - принуждать к дисциплине

andare a cavallo (cavalcare) – скакать на лошади

cavalcare con un balzo - перепрыгнуть

arrampicarsi - залезать

un corno da caccia – охотничий рог

segugio - гончая

fare a pezzi – разорвать на куски

selvaggina - дичь

Dannazione! – Проклятье!

Tachimetro – спидометр

Fondere - смешивать

Acciaio levigato – гладкая сталь

Travolgere - перевернуть

Zoccolo - копыто

Parabrezza – лобовое стекло

Massacrare – убивать с особой жестокостью

Dare il bentornato – поздравить с благополучным возвращением

Giacere - лежать

Traduci in italiano:

1) Он был маленьким шпионом-убийцей и я помнил, что он всегда бунтовал. Наши родители пытались принудить его к дисциплине, но, насколько я знал, это им так и не удалось.

2) Я подумал, что знаю это место, что в прошлом я проезжал здесь не раз. Я скакал на лошади в Арденнском лесу, ходил пешком, ездил на охоту, лежал под одним из этих гигантских деревьев, положив руки под голову и смотря вверх, залезал на деревья.

3) В дали я услышал звук, который узнал: звук охотничьего рога. «Дай газу! », сказал Рэндом. «Кажется, это рог Джулиана»

4) «Эти его чёртовы гончие разорвут в клочья эту машинку, а его птички выклюют нам глаза», сказал он. «Не хотел бы я встретить его, когда он так хорошо подготовился. Что бы он там не преследовал, я знаю, что он будет счастлив бросить это ради такой добычи как мы».

5) «Ну что, братья», сказал Джулиан улыбаясь. «Поздравляю с возвращением в Янтарное Королевство и счастливого вам пути. Скоро там увидимся. Доброго дня». И с этими словами, он повернул коня и направился к лесу

6) «Какой сюрпиз», сказал Джулиан в своей медленной растянутой манере.

7) «Я развлекаюсь тем, что зверски убиваю животных», сказал он, «и постоянно думаю при этом о своих родственниках»

Sinonimi: stare sdraiato, trucidare, rovesciare, Caspita!, andare a cavallo, obbligare a seguire le regole, insorto

Domande:

1) Corwin ha ricordato la Foresta di Arden?

2) Come ci passava il tempo?

3) Cosa hanno sentito Random e Corwin mentre passavano la Foresta?

4) Di chi era?

5) Che tipo di persona era Julian? Che cosa faceva nella Foresta?

6) Qual era il suo hobby?

7) Quali animali erano con lui? Che tipo di animali erano?

8) Come ha salutato Julian i suoi fratelli? Cosa gli ha detto? Era sincero con loro?

9) Che intenzioni aveva veramente Julian? Li ha lasciati in pace veramente?

10) Corwin è riuscito a superare Julian? Come?

11) Come si comportava Julian quando era battuto?

У меня с родственниками расхождение только по аграрному вопросу, - любил говаривать Корвин после возвращения. - Они хотят, чтобы я лежал в земле, а я хочу, чтобы они лежали в земле!

Серебряные строчки на черных брюках выполняют функции индикаторов загрязнения.

Чем дальше в лес, тем злее Джулианы.

Джулиан о Флоре: мозг состоит на 80 процентов из жидкости, и мало того, что она тормозная, так многим еще конкретно не долили...

Джулиан:

- Алло, это общество защиты животных?

- Да, у вас проблемы?

- На дереве в Арденском лесу сидит Корвин и оскорбляет моих собак последними словами...

 

 



  

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