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CAPITOLO 210 gennaio 1985 Ci vediamo quasi ogni giorno, di pomeriggio, perché mia mamma non vuole che io esca di sera. Ci incontriamo in biblioteca, al parco, andiamo in bicicletta insieme, qualche volta — durante il week-end — anche a ballare. È bellissimo. Non sono mai stata così felice nella mia vita. Purtroppo entrambi dobbiamo studiare, così spesso ci vediamo solamente per mezz’ora. Quando proprio non possiamo incontrarci, oggi per esempio, ci telefoniamo. Al fine settimana andiamo sempre a “visitare” Milano. Anche se tutt’e due siamo di qua, ci siamo accorti di non conoscere bene la nostra città. Domenica scorsa, per esempio, siamo andati alla Pinacoteca di Brera. È incredibile quante cose sa e racconta Filippo su quadri, gente di altri tempi ed episodi storici. Poi mi ha portato in un bar che conosce lui, vicino al museo. È un bar adesso di moda, ma per lungo tempo lo hanno frequentato artisti che hanno venduto al proprietario le loro opere in cambio di qualche bottiglia di vino e di un pasto. Abbiamo parlato dei nostri progetti: vogliamo andare all’università. Lui vuole studiare Scienze, è bravissimo a scuola, ma non è un secchione. I suoi compagni di classe dicono che è una specie di genio. Ma dovrà anche lavorare perché la sua famiglia è piuttosto povera. Io voglio studiare Economia. Voglio diventare manager come mio padre. Mi ha detto: “Ci sposeremo dopo l’università e abiteremo in una grande casa. ” 20 marzo 1985 Oggi sono andata a casa di Filippo e ho conosciuto la sua famiglia. Abita in un piccolo appartamento lontano da casa mia, in un quartiere popolare. II suo appartamento è proprio minuscolo. Addirittura non ha una camera per sé. Deve dormire con i suoi due fratelli, due piccoli mostri, che gridano e fanno continuamente rumore. Sono contenta di non avere fratelli, anche se sono sicura che non sarebbero così maleducati. La mamma fa la casalinga. È una donna grassa e piuttosto brutta, ma molto dolce. Anche il padre è grasso e parla sempre ad alta voce, anzi urla. E comunque molto gentile. Mi hanno offerto del vino siciliano, forte, ma molto buono. Ne ho bevuto due bicchieri e poi ero un po’ubriaca. Certo c’è una grossa differenza tra le nostre famiglie, ma non m’importa. Io lo amo lo stesso, anzi ancora di più.
2 maggio 1985 Sono un po’ depressa. Ho avuto una discussione con i miei genitori a causa di Filippo, o meglio, del rapporto tra me e Filippo. Da qualche settimana mia mamma mi dice: “Sei distratta... non studi abbastanza... sei sempre fuori... ” Papà lo vediamo soltanto di sera, ma la mamma deve avergli parlato. Così ieri sera sono venuti tutti e due nella mia camera e mi hanno detto: “Dobbiamo parlarti. ” Quando dicono così, sono sempre guai! Ha cominciato la mamma: “Mi sembra che trascuri lo studio in questo periodo. ” Me lo aspettavo! “Non è vero, ” ho risposto io, “prendo sempre dei buoni voti. ” Mio padre ha detto: “Lunedì sono andato a parlare con la professoressa di scienze. Mi ha detto che hai preso sei nel compito in classe. ” “Papà, non sono mai stata brava in scienze. ” La mamma ancora: “In inglese hai preso soltanto sette. ” “Non è un brutto voto. ” Papà ha commentato: “Non ti sei mai accontentata. ” “Adesso sì. Non esiste soltanto la scuola. ” La mamma ha ribattuto: “Cosa allora? ” Papà ha proseguito con voce triste: “Cosa succede, cara? ” “Esco con un ragazzo, lo sapete. ” “Sì, ma è così importante per te? ” “Sì, ” rispondo io, “importantissimo. Io... lo amo... ” Loro mi guardano. Non capiscono. Per loro sono ancora una bambina. Prima di andà rsene, papa mi dice: “Continua pure a vedere il tuo... il tuo? ” “Filippo, ” dico io. “Ma non dimenticare ciò che è importante per il tuo futuro e se hai problemi, parlane con noi. ”
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