Хелпикс

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Tana French 35 страница



«Quindi hai insistito» disse Cassie, «e alla fine Rosalind ha in qualche modo accettato. »

Questa volta Damien si accorse del tranello. «È stato per Jessica! A Rosalind non importava quello che poteva succedere a lei, ma Jessica… Rosalind temeva che avesse un crollo nervoso o qualcosa del genere. Non pensava che potesse sopportare altri sei anni così! »

«Ma Katy non ci sarebbe più stata per la maggior parte del tempo» disse Sam. «Stava per andare alla scuola di ballo a Londra. Adesso sarebbe già via. Non lo sapevi? »

Damien quasi ululò. «No! L'ho detto, ho chiesto a… non capisce… non le importava niente di fare la ballerina. Le interessava solo essere al centro dell'attenzione. In quella scuola nessuno le avrebbe dato importanza, non sarebbe stata niente di speciale, e sarebbe tornata prima di Natale… sarebbe tornata a casa! »

Di tutto quello che le avevano fatto, tra tutti e due, quella era la cosa che mi sconvolgeva di più: la perfezione diabolica, la gelida precisione con la quale aveva mirato alla sola cosa alla quale Katy Devlin aveva tenuto davvero, colpendola e distruggendola. Pensai alla voce bassa e profonda di Simone, alla scuola di danza. Sé rieuse. In tutta la mia carriera non avevo mai sentito così chiaramente la presenza del male, il suo odore forte e marcescente nell'aria, viticci invisibili che si avvinghiavano alle gambe del tavolo, che sfioravano con oscena delicatezza maniche e gole. Mi si drizzarono i capelli sulla nuca.

«Quindi è stata legittima difesa» disse Cassie, dopo un momento di irrequieto silenzio da parte di Damien. Sia lei che Sam evitavano di guardarlo.

Damien colse l'occasione al volo. «Ecco sì, proprio così. Insomma, non ci avremmo mai nemmeno pensato se ci fosse stato un altro modo. »

«Capisco. Sai, Damien, non sarebbe la prima volta che succede: mogli che uccidono un marito violento, cose così. E il giudice di solito è anche comprensivo. »

«Ah, sì? » Damien sollevò occhi grandi e pieni di speranza.

«Certo. Quando sentiranno quello che ha passato Rosalind… io non mi preoccuperei troppo di lei, sai? »

«Voglio solo evitare che si trovi nei guai. »

«Allora la cosa migliore è che ci racconti per bene tutti i particolari, okay? »

Damien emise un sospiro flebile e stanco, misto a una sorta di sollievo. «Okay. »

«Bravo» fece Cassie. «Allora continuiamo. Quando avete preso la decisione? »

«Era forse luglio. Metà luglio. »

«E quando avete deciso la data? »

«Solo qualche giorno prima che succedesse. Avevo detto a Rosalind che dovevamo costruirci un alibi sicuro perché sapevamo che voi della polizia sareste andati subito a cercare il colpevole in famiglia. Aveva letto lei stessa da qualche parte che le famiglie sono le prime sospettate. Allora una notte, credo che fosse venerdì, ci siamo incontrati e mi ha detto che il lunedì dopo aveva organizzato che lei e Jessica andassero a dormire a casa delle cugine. Sarebbero rimaste sveglie a chiacchierare fino alle due, così sarebbe stato perfetto. Io dovevo solo essere sicuro che tutto fosse fatto prima delle due e che… che la polizia poi avrebbe potuto ricostruire l'ora…»

Gli tremava la voce. «E tu cosa hai detto? » chiese Cassie.

«Io… io sono andato nel panico. Insomma, fino ad allora non era stata proprio una cosa vera, no? Credevo che… sotto sotto ero sicuro che non l'avremmo mai fatto. Era solo una cosa di cui si era parlato e basta. Era un po' come Sean Callaghan… Sean, dello scavo… Prima aveva un gruppo. Si sono sciolti ma lui è sempre lì che dice: " Oh, quando il gruppo si riunirà allora sì che faremo il colpo grosso…". Insomma, lui lo sa benissimo che non lo faranno mai, ma parlarne lo fa sentire meglio. »

«È una cosa che succede a tutti» commentò Cassie, sorridendo.

Damien annuì. «Era proprio così. Ma poi Rosalind disse " lunedì prossimo" e improvvisamente mi parve che… che fosse una pazzia, no? Dissi a Rosalind che forse dovevamo andare alla polizia o una cosa del genere, invece. Ma ci andò giù di testa. Continuava a dire: " Io mi fidavo di te, mi fidavo veramente di te…". »

«Si fidava di te» disse Cassie, «ma non abbastanza da fare l'amore con te? »

«No» disse piano Damien, dopo un attimo. «Cioè, sì. Dopo che decidemmo di Katy… cambiò tutto per Rosalind, sapendo che l'avrei fatto per lei. Noi… lei non sperava più di riuscirci ma… voleva provarci. Io lavoravo già allo scavo, quindi mi potevo permettere un bell'albergo… si meritava qualcosa di bello, no? La prima volta non… non ce l'ha fatta. Ma ci siamo tornati il weekend dopo e…» Si morse il labbro per non piangere.

«Dopo» disse Cassie «è stato molto difficile poter cambiare idea. »

«Proprio così. Quella notte, quando dissi che forse potevamo andare alla polizia, Rosalind… pensò che avessi detto che l'avrei fatto solo per… per portarmela a letto. È così fragile, ha sofferto così tanto. Non potevo permettere che pensasse che l'avevo semplicemente usata. Vi immaginate quanto l'avrei fatta soffrire? »

Un altro silenzio. Damien si passò il dorso della mano sugli occhi e riprese il controllo di sé.

«Quindi decidesti di farlo» disse Cassie, con voce pacata. Lui annuì, un cenno del capo doloroso, da adolescente. «Come siete riusciti ad attirare Katy allo scavo? »

«Rosalind le ha detto che aveva un amico allo scavo che aveva trovato… una cosa…» Damien fece un gesto vago. «Un medaglione. Un medaglione con l'immagine dipinta di una ballerina. Le ha detto che era una cosa molto antica e magica, che lei aveva messo da parte tutti i suoi risparmi e l'aveva comprata da questo suo amico, che ero poi io, come regalo portafortuna per Katy, per la scuola di balletto. Solo che Katy doveva andarlo a prendere perché questo amico pensava che fosse una grande ballerina e voleva il suo autografo per quando fosse diventata famosa. E che ci doveva andare di notte perché vendere i reperti era vietato, quindi bisognava fare tutto in segreto. »

Pensai alla Cassie bambina, esitante fuori dalla porta del capanno del bidello. " Vuoi le meraviglie? " I bambini pensano in modo diverso, aveva detto. E Katy era andata incontro al pericolo nello stesso modo, come era successo a Cassie, con la speranza di trovare una magia.

«Insomma, avete capito cosa voglio dire? » C'era una nota supplichevole nella voce di Damien. «Lei era così, ci credeva proprio che la gente facesse la coda per avere un suo autografo. »

«Veramente» disse Sam, «aveva motivo di pensarlo. Moltissime persone le avevano chiesto l'autografo dopo la raccolta fondi. » Damien sbatté le palpebre.

«E quindi cosa è successo quando è arrivata alla baracca dei reperti? » chiese Cassie.

Damien si strinse nelle spalle, a disagio. «Quello che sapete già. Le ho detto che il medaglione era in una scatola sulla mensola dietro di lei e quando si è girata per prenderlo io… ho preso la pietra e… è stata legittima difesa, come avete detto voi. Insomma, per difendere Rosalind, non so come si chiama…»

«E la cazzuola? » chiese Sam, diretto. «Anche quella è stata legittima difesa? »

Damien spalancò gli occhi come un coniglio investito dalla luce dei fari di un'auto. «La… la cazzuola, sì. Quella. Insomma, io non riuscivo a… avete capito, no? » Deglutì. «Non potevo farle quella cosa. Era… sembrava… ancora me lo sogno. Non ci riuscivo. Poi ho visto la cazzuola sul tavolo e allora ho pensato che…»

«L'accordo era che tu la violentassi? Okay, va tutto bene» si affrettò a rassicurarlo Cassie quando vide il lampo di panico sul viso di Damien. «Abbiamo capito come sono andate le cose, non stai mettendo Rosalind nei guai. »

Damien sembrava poco convinto, ma lei sostenne il suo sguardo. «Credo…» disse dopo un attimo. Il suo colorito era di nuovo pallido e verdastro. «Dovevo… Rosalind aveva detto… era molto turbata, ma diceva che non era giusto che Katy non sapesse mai quello che aveva passato Jessica, così alla fine le ho detto che l'avrei… mi dispiace, mi sento quasi…» Ebbe un colpo di tosse, o forse un conato di vomito.

«Respira» disse Cassie. «Stai bene, hai solo bisogno di un po' d'acqua. » Gli tolse la tazza di plastica tutta sbrindellata, ne prese una nuova e la riempì. Gli mise una mano sulla spalla mentre beveva, dandogli una leggera stretta. Lui teneva la tazza con tutte e due le mani e respirava profondamente.

«Ecco fatto» disse Cassie, quando vide un po' di colore tornargli sul viso. «Stai andando benissimo. Quindi l'accordo era che tu violentassi Katy, invece hai usato la cazzuola, quando era già morta? »

«Non ce l'ho fatta» disse Damien nella tazza, cupo e selvaggio. «Lei ne aveva combinate sicuramente di molto peggio, ma io non ci sono riuscito. »

«È questo il motivo per cui» Sam sfogliò i tabulati delle intercettazioni telefoniche con un dito «le chiamate tra te e Rosalind si sono praticamente interrotte dopo la morte di Katy? Due chiamate il martedì, il giorno dopo l'omicidio. Una mercoledì mattina presto, una il martedì successivo e poi più nulla. Rosalind era arrabbiata con te perché l'avevi delusa? »

«Non so nemmeno come abbia fatto a saperlo, io avevo paura di dirglielo. Ci eravamo detti che non ci saremmo parlati per un paio di settimane, così la polizia, insomma voi, non avreste potuto metterci in relazione, ma poi, tipo una settimana dopo, mi ha mandato un SMS dicendo che forse era meglio che non ci sentissimo più, perché era ovvio che non ero veramente innamorato di lei. Le ho telefonato per capire cosa era successo e… sì, ovviamente era molto arrabbiata! » Damien balbettava, la voce gli si era alzata di tono. «Insomma, sistemeremo tutto ma… Dio, aveva di sicuro tutte le ragioni per avercela con me. Il… Katy… l'hanno trovata solo mercoledì perché io sono andato nel panico, e stavo quasi per rovinare il suo alibi e non avevo… non avevo… lei si era fidata completamente di me, non aveva nessun altro, e io non ero riuscito nemmeno a farne una giusta, solo perché sono un coglione del cazzo. »

Cassie non disse nulla. Mi dava le spalle, le vedevo le fragili protuberanze delle ossa della colonna vertebrale. Sentivo dolore come fosse stato un peso, solido, che mi tirava per la gola, per i polsi. Non potevo più ascoltare. L'immagine della piccola Katy che danzava per un po' d'attenzione mi aveva svuotato di tutta la rabbia, di tutto. Avrei voluto solo dormire, di un sonno indotto, liberatorio, e che qualcuno mi avesse svegliato alla fine di quella giornata, dopo che la pioggia avesse lavato quello scempio.

«Sapete una cosa? » disse piano Damien, poco prima che io lasciassi la stanza. «Dovevamo sposarci. Appena Jessica si fosse… ripresa abbastanza e Rosalind se la fosse sentita di lasciarla. Adesso non sarà più possibile, vero? »

 

Rimasero con lui tutto il giorno. Sapevo, più o meno, quello che stavano facendo: avevano ricostruito il nucleo della storia e adesso ci ritornavano sopra, mettendo a posto date, particolari, controllando ogni lacuna o incoerenza. Ottenere una confessione è solo l'inizio, dopo bisogna blindarla, intuire gli appigli che potrebbero trovare la difesa e le giurie, essere certi che tutto sia messo nero su bianco quando il colpevole è ancora in vena di chiacchierare e prima che abbia la possibilità di offrire una spiegazione alternativa. Sam è un tipo instancabile, avrebbero fatto un ottimo lavoro.

Sweeney e O'Gorman entravano e uscivano dalla sala operativa: tabulati telefonici di Rosalind, profili di lei e di Damien ottenuti da altri interrogatori. Li mandavo nella stanza degli interrogatori. O'Kelly fece capolino e mi guardò male: finsi di essere intento a spulciare intercettazioni. A metà pomeriggio, Quigley entrò per discutere del caso. A parte il fatto che non avevo voglia di parlare con nessuno in generale, meno che mai di parlare con lui, era un cattivo segno: l'unico vero punto di forza di Quigley è un infallibile sesto senso per le sconfitte degli altri. A parte qualche sporadico tentativo di risultarci simpatico, fino a quel momento aveva lasciato in pace sia me sia Cassie, dedicandosi a dare il tormento ai novellini, ai colleghi alla soglia della pensione o comunque a quelli la cui carriera era andata improvvisamente a rotoli. Prese una sedia e me la mise troppo vicina, accennando cupamente al fatto che avremmo dovuto prenderlo settimane fa, il nostro uomo, che lui avrebbe saputo darmi delle dritte utili se solo gliele avessi chieste, e sottolineando tristemente il mio inspiegabile errore psicologico nel consentire a Sam di prendere il mio posto nell'interrogatorio. Chiese dei tabulati telefonici di Damien e poi suggerì astutamente che avremmo dovuto prendere in considerazione l'ipotesi che potesse esserci il coinvolgimento della sorella. Mi scoprii improvvisamente incapace di liberarmene e questo aumentò in me la sensazione che la sua presenza non fosse soltanto fastidiosa ma anche sinistramente infausta. Era come un grosso uccello del malaugurio che berciasse inutilmente sulla mia scrivania imbrattandomi tutti i documenti.

Finalmente, come i bulletti a scuola, sembrò rendersi conto che ero messo troppo male perché valesse la pena tormentarmi, così ritornò a fare quello che stava facendo prima, assumendo un'aria offesa che dilagò sui suoi lineamenti dilatati e piatti. Smisi di fingere di archiviare le intercettazioni e andai alla finestra, dove rimasi per qualche ora, a guardare la pioggia e ad ascoltare il debole rumore familiare della squadra, alle mie spalle: la risata di Bernadette, lo squillare dei telefoni, le voci maschili che si alzavano di tono, bellicose, e si smorzavano subito allo sbattere di una porta.

Erano le sette e venti quando sentii finalmente Cassie e Sam nel corridoio. Le loro voci erano troppo basse perché potessi capire le parole, ma riconoscevo il tono. È buffo come il cambiare di una prospettiva possa farti notare le cose: non mi ero mai reso conto di quanto fosse profonda la voce di Sam fino a quando non l'avevo sentito interrogare Damien.

«Voglio andare a casa» disse Cassie, entrando nella sala operativa. Si lasciò cadere su una sedia e appoggiò la testa sulle mani intrecciate sul tavolo.

«È quasi finita» disse Sam. Non era chiaro se si riferisse alla giornata o all'indagine. Fece il giro del tavolo e si sedette anche lui. Passando, con mia immensa sorpresa, appoggiò brevemente la mano sulla testa di Cassie.

«Com'è andata? » chiesi, con una nota innaturale nella voce.

Cassie non si mosse. «Molto bene» disse Sam. Si stropicciò gli occhi, facendo una smorfia. «Credo che ce l'abbiamo fatta a chiarire le cose, almeno per quello che riguarda Donnelly. »

Suonò il telefono. Era Bernadette che ci diceva di restare nella sala operativa perché O'Kelly voleva vederci. Sam annuì e si lasciò cadere pesantemente su una sedia, a ginocchia larghe, come un contadino che torna da una giornata di lavoro nei campi. Cassie sollevò la testa con grande sforzo e prese dalla tasca posteriore il suo taccuino sgualcito.

Com'era sua abitudine, O'Kelly ci fece aspettare per un po'. Nessuno di noi parlò. Cassie scarabocchiò sul taccuino un alberello appuntito e vagamente sinistro. Sam rimase appoggiato al tavolo con lo sguardo perso sulla lavagna piena di scritte. Io me ne stavo alla finestra, a guardare fuori, verso il giardino ordinato e immerso nel buio dove piccole folate di vento scuotevano di tanto in tanto le siepi. La nostra posizione nella stanza sembrava predisposta ad arte da un regista, con grande equilibrio di spazi, significativa in un modo oscuro e inquietante. Lo sfarfallio e il ronzio delle luci al neon mi avevano messo quasi in uno stato di trance. Cominciavo a sentirmi come in un'opera teatrale esistenzialista, con il ticchettio di un orologio che avrebbe segnato per sempre le 19. 38 e noi che non avremmo mai più potuto muoverci da quelle pose predestinate. Quando alla fine O'Kelly aprì la porta, fragorosamente, fu quasi uno shock.

«Prima di tutto» disse cupo, prendendo una sedia e dando una manata su una pila di fogli che erano sul tavolo. «O'Neill, che cosa hai intenzione di fare con tutto quel casino di Andrews? »

«Lo lascio perdere» disse Sam, tranquillo. Sembrava molto stanco. Non che avesse borse sotto gli occhi o cose del genere, chiunque non lo conoscesse avrebbe detto che era in forma, ma la sua sana rudezza campagnola era sparita e aveva un'aria terribilmente giovane e vulnerabile.

«Ottimo. Maddox, ti tolgo cinque giorni di ferie. »

Cassie sollevò lo sguardo per un attimo. «Sì, signore. » Cercai di scoprire, di nascosto, se Sam apparisse sorpreso o se sapesse già di cosa si trattava, ma il suo viso rimase impassibile.

«E, Ryan, sei assegnato al lavoro di scrivania fino a nuovo ordine. Non so come abbiate fatto voi tre capolavori a incastrare Damien Donnelly, ma potete ringraziare la vostra buona stella di esserci riusciti, altrimenti la vostra carriera sarebbe messa ancora peggio di com'è ora. Tutto chiaro? »

Nessuno di noi ebbe l'energia di rispondere. Mi staccai dalla finestra e mi misi a sedere, il più lontano possibile dagli altri.

O'Kelly ci lanciò un'occhiataccia e decise di prendere il nostro silenzio per un assenso. «Bene. A che punto siamo con Donnelly? »

«Direi che stiamo procedendo» disse Sam, quando si rese conto che né io né Cassie avremmo detto niente. «Confessione piena, compresi alcuni particolari che non avevamo ancora recuperato e prove di tipo medico‑ legale. Credo che l'unico modo di scagionarlo sarebbe chiedere l'infermità mentale… ed è quello che farà, se riesce a trovare un buon avvocato. Adesso si sente una merda e dice di essere colpevole, ma gli passerà di sicuro dopo qualche giorno in cella. »

«La dovrebbero piantare tutti quanti con questa gran cazzata dell'infermità mentale» disse O'Kelly, amaro. «Quei cazzoni che vanno al banco dei testimoni e dicono non è colpa loro. Vostro Onore, mammina li ha costretti a usare troppo presto il cesso invece del vasino e così non sono riusciti a trattenersi e hanno ammazzato la bambinetta… Tutte cagate. Quello non è più matto di me. Fatelo visitare da uno dei nostri e mettete nero su bianco. » Sam annuì e prese nota.

O'Kelly sfogliò le sue carte e ci sventolò sotto il naso un rapporto. «Ora, cos'è questa faccenda della sorella? »

L'aria nella stanza si fece pesante. «Rosalind Devlin» disse Cassie sollevando la testa. «Lei e Damien avevano una storia. Da quello che dice lui, l'idea dell'assassinio è venuta a lei, è stata lei a fargli pressione. »

«Sì, d'accordo. Ma perché? »

«Secondo Damien» disse Cassie con voce pacata, «Rosalind gli avrebbe detto che Jonathan Devlin abusava sessualmente delle sue tre figlie e picchiava Rosalind e Jessica. Katy, che era la sua preferita, lo incoraggiava e a volte causava gli abusi sulle altre due. Rosalind gli diceva che se si eliminava Katy gli abusi sarebbero cessati. »

«Prove a sostegno di questa versione? »

«No, tutto il contrario. Damien sostiene che Rosalind gli avrebbe raccontato che Devlin le aveva fracassato la testa e aveva rotto un braccio a Jessica. Di questo non c'è traccia sulle cartelle cliniche, niente che indichi abusi. Jessica si è rotta il braccio a scuola, davanti a decine di testimoni. E Katy, che secondo questo racconto avrebbe avuto per anni rapporti sessuali con suo padre, è morta vergine. »

«Allora perché perdete tempo con queste stronzate? » O'Kelly dette una manata sul rapporto. «Abbiamo il colpevole, Maddox. Adesso va' a casa e lascia agli avvocati il resto. »

«Perché le stronzate le ha dette Rosalind, non Damien» disse Cassie, e per la prima volta nella sua voce c'era una pallida traccia di energia. «Qualcuno ha fatto stare male Katy per anni. E non è stato Damien. La prima volta che doveva andare alla scuola di balletto, molto prima che Damien sapesse perfino della sua esistenza, qualcuno l'ha fatta stare così male che ha dovuto rifiutare il posto all'accademia. Qualcuno ha messo in testa a Damien di uccidere una ragazzina che non aveva praticamente mai visto… Lo ha detto anche lei, signore, il ragazzo non è pazzo, non sentiva vocine che gli dicevano di farlo. L'unica persona che corrisponde a questa versione dei fatti è Rosalind. »

«E quale sarebbe il suo movente? »

«Non riusciva a sopportare il fatto che Katy avesse su di sé tutta l'attenzione e l'ammirazione. Signore, sono pronta anche a scommetterci dei soldi, e molti. Anni fa, quando si è resa conto che Katy aveva davvero talento per la danza, Rosalind ha cominciato ad avvelenarla. È facilissimo, purtroppo: candeggina, emetici, sale da cucina… In tutte le case ci sono decine di sostanze che possono provocare misteriosi disturbi gastrici in una ragazzina se si riesce a convincerla che deve ingerirle. Magari facendole credere che è una medicina segreta, che la farà stare meglio, e se ha solo sette o otto anni e chi lo dice è la sorella maggiore… Ma quando Katy ha saputo di avere una seconda occasione alla scuola di balletto, non si è fatta più convincere così facilmente. Ormai aveva dodici anni, era abbastanza grande da mettere in discussione quello che le veniva detto. Si è rifiutata di prendere quella roba. Questo, più l'articolo sul giornale, la raccolta fondi e il fatto che Katy stava diventando una celebrità per Knocknaree… È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Aveva osato sfidare Rosalind apertamente, e Rosalind non poteva permetterlo. Quando ha conosciuto Damien ha capito che poteva usarlo. Quel poveretto è un idiota nato. Non è una cima, e farebbe qualsiasi cosa per accontentare una ragazza. Per qualche mese, è ricorsa al sesso, alle storie lacrimevoli, alle blandizie, ai sensi di colpa, a tutto quello che poteva per convincerlo a uccidere Katy. E finalmente, il mese scorso, è riuscita a rimbambirlo, a eccitarlo, a imbonirlo a tal punto che a lui è sembrato di non avere più scelta. In un certo senso, un po' matto lo era diventato sul serio. »

«Non andare a raccontare questa roba fuori da questa stanza» tagliò corto O'Kelly. Cassie fece qualcosa di simile a una stretta di spalle e si rimise a disegnare.

La sala operativa piombò nel silenzio. La storia era orribile in sé, vecchia quanto Caino e Abele ma con nuovi, acuti risvolti. È impossibile per me riuscire a descrivere il misto di emozioni che provai ascoltando il racconto di Cassie. Non guardavo lei, guardavo le fragili e indistinte ombre fuori dalla finestra, ma non c'era modo di evitare di ascoltarla. Ha una bellissima voce quando racconta, bassa, duttile, flautata. Ma le parole che usava sembravano strisciare sibilando lungo le pareti, lasciando una traccia appiccicosa di buio nella luce e andando ad annidarsi negli angoli più remoti, tra pavimento e soffitto, in un intrico di filamenti.

«Ci sono prove? » chiese finalmente O'Kelly. «O ti stai solo fidando della parola di Donnelly? »

«No, prove vere e proprie no» rispose Cassie. «Possiamo provare la relazione tra Damien e Rosalind, abbiamo i tabulati con le chiamate dei loro cellulari, ed entrambi ci hanno dato la stessa falsa pista sull'inesistente tizio in tuta, il che indica che dopo il fatto è stata sua complice, ma potrebbe benissimo non aver saputo nulla dell'omicidio prima che avvenisse. »

«Certo che non ci sono prove» ribadì secco O'Kelly. «E io che ve lo chiedo pure. Siete tutti e tre della stessa opinione? O è solo una crociata personale di Maddox? »

«Io sono d'accordo con il detective Maddox, signore» disse subito Sam, deciso. «È tutto il giorno che interrogo Donnelly e credo che dica la verità. »

O'Kelly sospirò, esasperato, e fece un cenno con il mento verso di me. Era ovvio che pensava che Cassie e Sam stessero solo complicando le cose, voleva finirla con le carte che riguardavano Damien e dichiarare chiuso il caso. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, in fondo in fondo è uno che non riesce a essere un despota. Non sarebbe mai riuscito a ignorare l'opinione unanime della squadra. Mi dispiaceva per lui perché ero di sicuro l'ultima persona alla quale avrebbe voluto essere costretto a chiedere sostegno.

Alla fine, anche se per qualche motivo non riuscii a dirlo ad alta voce, annuii anch'io. «Fantastico» disse O'Kelly stancamente. «Davvero fantastico. Va bene. La storia di Donnelly basta a malapena ad accusarla, di certo non a incriminarla. Abbiamo bisogno di una confessione. Quanti anni ha? »

«Diciotto» risposi. Non parlavo da così tanto che la voce mi uscì come un gracidio spaventato. Mi schiarii la gola. «Diciotto. »

«Grazie a Dio per le sue piccole benevolenze, almeno. Se non altro non sarà necessario interrogarla in presenza dei genitori. Bene, O'Neill e Maddox, portatela qui, dateci dentro più che potete, spaventatela a morte fino a quando non crolla. »

«Non funzionerebbe» disse Cassie, aggiungendo un altro ramo all'albero che stava disegnando. «Gli psicopatici hanno un livello d'ansia molto basso. Bisognerebbe puntarle una pistola alla tempia per spaventarla davvero. »

«Psicopatici? » dissi, dopo un istante di sorpresa.

«Cristo, Maddox» disse O'Kelly, seccato, «un po' meno hollywoodiana, se puoi. Non se l'è mica mangiata, la sorella. »

Cassie sollevò lo sguardo dal taccuino, le sopracciglia sollevate che formavano due archi perfetti e delicati. «Non lo dicevo in senso cinematografico. Rosalind corrisponde al profilo clinico. Niente coscienza, nessuna empatia, bugiarda patologica, manipolatrice, affascinante, intuitiva, desiderosa di attenzione, facile alla noia, narcisista, diventa molto cattiva quando viene contrastata… di sicuro mi dimentico qualcosa ma più o meno corrisponde, no? »

«Direi che ce n'è più che abbastanza» disse secco Sam. «Però, aspetta un momento… Quindi se anche riuscissimo a farla processare potrebbe cavarsela con l'infermità mentale? » O'Kelly biascicò qualcosa disgustato, senza dubbio in relazione sia alla psicologia in generale sia a Cassie in particolare.

«È del tutto sana di mente» rispose Cassie, sbrigativa. «Lo dichiarerebbe qualsiasi psichiatra. La sua non è affatto una malattia mentale. »

«Da quanto lo sai? » chiesi.

Lo sguardo di Cassie si puntò su di me. «Ho iniziato a pensarci la prima volta che l'ho vista. Non sembrava avere nessun rapporto con il caso: l'omicida non era uno psicopatico, era evidente, e lei aveva un alibi ineccepibile. Avevo pensato di dirtelo, ma mi avresti creduta? »

" Avresti dovuto fidarti di me" pensai intensamente, e mi sembrò quasi di averlo detto ad alta voce. Io e Sam ci scambiammo varie occhiate, perplessi e a disagio.

«Comunque» disse Cassie, tornando al suo disegno, «è perfettamente inutile cercare di farla confessare con l'intimidazione. Gli psicopatici non reagiscono alla paura, forse solo all'aggressività, alla noia o al piacere. »

«Okay» disse Sam. «E l'altra sorella? Jessica, no? Potrebbe sapere qualcosa? »

«Probabilmente sì » dissi io. «Sono molto intime. » Un angolo della bocca di Cassie si sollevò leggermente alla parola che avevo scelto.

«Ah, Cristo» esclamò O'Kelly. «E lei ha dodici anni, no? Quindi significa avere i genitori. »

«In realtà » disse Cassie, senza sollevare lo sguardo, «dubito fortemente che parlare con Jessica possa servire a qualcosa. È totalmente succube di Rosalind. Qualsiasi cosa le abbia fatto, è talmente inebetita che riesce a stento a ragionare per conto suo. Se trovassimo un modo per accusare Rosalind sì, forse prima o poi potremmo ricavare qualcosa anche da Jessica, ma fino a quando Rosalind sarà in quella casa, avrà troppa paura di dire qualcosa di sbagliato. »

O'Kelly perse la pazienza. Detesta sentirsi sconcertato e la tensione palpabile nella stanza doveva avergli fatto venire la pelle d'oca da un pezzo, quasi più del caso stesso. «Fantastico, Maddox. Grazie mille. E allora che diavolo suggerisci di fare? Avanti, vedi di tirar fuori qualcosa di utile invece di startene lì a sparare a zero sulle idee degli altri. »

Cassie smise di disegnare e fece dondolare la penna su un dito. «Okay» disse. «Gli psicopatici si eccitano quando riescono a esercitare il loro potere sugli altri. Quando riescono a manipolarli, a infliggere dolore. Io credo che dovremmo giocare su questo. Darle tutto il potere che può reggere e vedere se si lascia andare. »



  

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