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Tana French 34 страница«È lui il ragazzo che era con gli altri due spariti a Knocknaree, secoli fa» disse Rosalind, con voce alta, musicale, quasi noncurante. Se non fosse stato per una minuscola traccia di piacere, sarebbe stato un tono completamente neutro. «Adam Ryan. Sembra proprio che non le dica le cose fino in fondo, dopotutto, non è vero? » Qualche minuto prima avevo pensato che non avrei potuto sentirmi peggio e sopravvivere. Sullo schermo, Cassie ricadde in avanti con la sedia e si grattò un orecchio. Si mordeva il labbro per non sorridere, ma non avevo proprio idea di cosa avrebbe fatto. «È stato lui a dirglielo? » «Sì. Siamo molto intimi, ormai. » «Le ha anche detto che aveva un fratello che è morto quando aveva sedici anni? Che è cresciuto in un orfanotrofio? Che suo padre era alcolizzato? » Rosalind la fissava. Non sorrideva più e gli occhi erano diventati due fessure, elettrici. «Perché? » chiese. «Tanto per controllare, a volte dice anche questo. Dipende, Rosalind» disse, tra il divertito e l'imbarazzato. «Non so come dirglielo, ma a volte, quando cercano di costruire una relazione con un testimone, i detective dicono cose che non sono del tutto vere. Cose che pensano possano aiutare il testimone a sentirsi a proprio agio, a parlare. Capito cosa intendo? » Rosalind continuava a fissarla, immobile. «Mi ascolti» proseguì Cassie, «sono certa che il detective Ryan non ha mai avuto un fratello, che suo padre è una persona molto perbene senza nessuna tendenza all'alcol e che è cresciuto nel Wiltshire, cosa che spiega quell'accento. E che non è delle parti di Knocknaree. E non è nemmeno cresciuto in un orfanotrofio. Ma, qualsiasi cosa le abbia detto, so che voleva soltanto aiutarla a contribuire a trovare l'assassino di Katy. La prego di non ritorcere questa cosa contro di lui. D'accordo? » Nella registrazione, la porta si aprì di scatto e Cassie fece un salto. Rosalind non si mosse, non tolse neppure gli occhi dal viso di Cassie. O'Kelly, rimpicciolito dall'angolazione della telecamera ma comunque riconoscibile dalla pettinatura, fece capolino nella stanza. «Maddox» disse brusco. «Due parole. » La sera prima, mentre facevo uscire Damien, avevo visto O'Kelly nella stanza d'osservazione che si dondolava sui tacchi e guardava con impazienza attraverso il vetro. Non ne potei più. Afferrai il telecomando, premetti il tasto STOP e rimasi a fissare lo schermo azzurro senza in realtà vederlo. «Cassie» dissi, dopo molto tempo. «Mi ha chiesto se era vero» disse lei come se stesse leggendo una relazione. «Gli ho detto di no e che se anche lo fosse stato di sicuro non lo avresti detto a Rosalind. » «Non gliel'ho detto, infatti. » Mi pareva importante che lo sapesse. «Non gliel'ho detto. Le ho detto solo che due miei amici erano scomparsi quando ero bambino, perché capisse che mi rendevo conto di quello che stava passando. Non avrei mai pensato che sapesse di Peter e Jamie e facesse due più due. Non mi è mai venuto in mente. » Cassie aspettò che finissi di parlare, poi: «Mi ha accusata di averti coperto» disse. «Ha detto anche che avrebbe dovuto separarci già da parecchio. Ha detto che avrebbe fatto confrontare le tue impronte con quelle del vecchio caso, fosse stato costretto a tirare giù dal letto un esperto della Scientifica, ci fosse voluta anche tutta la notte. E se fosse venuto fuori che corrispondevano, ha detto, avremmo potuto ritenerci fortunati a conservare il posto. Mi ha detto di mandare a casa Rosalind. L'ho affidata a Sweeney e ho tentato di telefonarti. » Da qualche parte, in fondo al mio cervello, sentii un clic, minuscolo e definitivo. La memoria lo ingrandisce e lo rende simile a uno schianto violento: ghiaccio che si apre in larghe crepe a zigzag, sfregamento di metallo in un macchinario fuori controllo. La verità è che fu la sua stessa minuscola dimensione a renderlo così terribile. Restammo seduti a lungo senza parlare. Il vento sbatteva folate di pioggia contro la finestra. A un certo punto, Cassie fece un profondo respiro e pensai che stesse per piangere, ma quando sollevai lo sguardo non vidi lacrime sul suo viso. Era pallido, quieto e molto, molto triste.
Eravamo ancora seduti in quella posizione quando entrò Sam. «Che succede? » disse, scrollandosi la pioggia dai capelli e accendendo le luci. Cassie si scosse, sollevò la testa. «O'Kelly vuole che tu e io facciamo un altro tentativo per scoprire il movente di Damien. Gli agenti lo stanno portando qui. » «Ottimo» disse Sam. «Vediamo se una faccia nuova lo smuove un po'». Gli era bastata un'occhiata per intuire qualcosa. Mi chiesi quanto e, per la prima volta, se avesse sempre saputo e semplicemente ignorato. Prese una sedia e si sedette accanto a Cassie. Si misero a discutere su come interrogare Damien. Non avevano mai fatto un interrogatorio insieme. Le loro voci erano esitanti, sincere. Si rivolgevano l'un l'altro con frasi che finivano con piccoli punti interrogativi: dici che dovremmo…? E se provassimo a…? Cassie accese di nuovo il video e gli fece vedere alcune parti dell'interrogatorio della sera prima. Il fax produsse una serie di rumori forsennati e sputò fuori i tabulati del cellulare di Damien. Si chinarono sulle pagine, la penna in mano, confabulando. Quando uscirono dalla stanza – Sam mi fece un rapido cenno di saluto, da sopra la spalla – aspettai nella sala operativa vuota fino a quando non fui sicuro che avessero iniziato l'interrogatorio e andai a osservarli. Erano nella stanza principale. Mi infilai furtivamente nella sala d'osservazione. Sentivo le orecchie che mi bruciavano, come uno che entra in un pornoshop. Non volevo vedere, era l'ultima cosa al mondo alla quale avrei voluto assistere, ma non riuscivo a starmene lontano. La stanza era stata allestita in modo da risultare il più confortevole possibile: cappotti, borse e sciarpe sulle sedie; sul tavolo caffè, bustine di zucchero, telefoni cellulari, una caraffa d'acqua e un piatto di brioche alla mela, appiccicaticce, prese dal bar fuori dal Castello. Damien, infagottato nello stesso maglione troppo grande e negli stessi pantaloni multitasche, con i quali probabilmente aveva anche dormito, teneva le braccia strette intorno al corpo, come ad abbracciarsi, e si guardava intorno con gli occhi sgranati. Dopo il caos estraneo della cella, quello doveva sembrargli il paradiso, sicuro, caldo e quasi casalingo. Da certe angolature, si intravedeva una ridicola crescita di barba biondastra sul suo mento. Cassie e Sam si misero a chiacchierare del più e del meno, appoggiati al tavolo. Offrirono a Damien del latte. Sentii dei passi nel corridoio e mi irrigidii. Se era O'Kelly, mi avrebbe buttato fuori, rimandato alle intercettazioni telefoniche. Il caso, ormai, non mi riguardava più. Passarono oltre senza rallentare. Poggiai la fronte al vetro a specchio e chiusi gli occhi. Prima gli chiesero piccoli particolari senza importanza. Le voci di Cassie e di Sam si incrociavano con destrezza, consolatorie come una ninnananna. " Come hai fatto a uscire di casa senza svegliare tua madre? " " Ah sì? Lo facevo anch'io da ragazzino…" " L'avevi già fatto? " " Dio, com'è cattivo questo caffè! " " Vuoi per caso una Coca o qualcos'altro? " Erano proprio bravi, Cassie e Sam. Molto bravi. Damien si stava rilassando. A un certo punto rise persino, un piccolo patetico singhiozzo. «Tu fai parte di " Spostiamo l'autostrada", no? » domandò Cassie, con lo stesso tono di prima. Soltanto io potevo riconoscere l'impercettibile variazione d'impostazione della sua voce che indicava che stava tornando su un argomento cruciale. Aprii gli occhi e mi raddrizzai. «Quando hai iniziato a frequentarli? » «Questa primavera» disse subito Damien, «verso marzo, credo. C'era un avviso nella bacheca dell'università. Su una protesta. Sapevo che d'estate avrei lavorato a Knocknaree, quindi mi sono sentito come… coinvolto, no? E così ci sono andato. » «Era la protesta del 20 marzo? » chiese Sam, sfogliando delle carte e massaggiandosi la nuca. Stava facendo il poliziotto di provincia, tutto d'un pezzo, gentile e non troppo sveglio. «Sì, credo di sì. Era fuori dal Dà il, se può aiutarvi. » Damien sembrava quasi stranamente a suo agio a quel punto, si sporgeva sul tavolo e giocherellava con la tazzina del caffè, loquace e impaziente come a un colloquio di lavoro. Era un comportamento che mi era già capitato di osservare, soprattutto in chi commetteva un reato per la prima volta: non erano abituati a pensare a noi come al nemico, e appena lo shock di essere stati presi svaniva, la testa si svuotava e diventavano collaborativi semplicemente a causa dell'allentarsi della tensione. «Ed è stato allora che sei entrato nel comitato? » «Sì. Knocknaree è un sito molto importante, i primi insediamenti risalgono a…» «Mark ce l'ha detto» intervenne Cassie, sorridendo. «Come puoi immaginare. È stato in quell'occasione che hai conosciuto Rosalind Devlin, oppure la conoscevi già? » Un breve momento di confusione. «Cosa? » «Quel giorno era al tavolo delle firme della petizione. È stata quella la prima volta che l'hai vista? » Un'altra pausa. «Non so cosa intendete dire» si limitò a dire Damien. «Avanti, Damien» fece Cassie, sporgendosi in avanti per cercare di intercettare il suo sguardo. Ma lui fissava la sua tazza del caffè. «Sei stato bravissimo finora, non deludermi proprio adesso, okay? » «I tuoi tabulati telefonici sono pieni di chiamate e SMS diretti a Rosalind» disse Sam, tirando fuori dei fogli pieni di righe fatte con l'evidenziatore e mettendoli davanti a Damien. Lui li guardò senza espressione. «Perché non vuoi che sappiamo che eravate amici? » chiese Cassie. «Non c'è niente di male in questo. » «Non voglio che venga coinvolta in questa faccenda» disse Damien. Le sue spalle cominciavano a irrigidirsi. «Non stiamo cercando di coinvolgere nessuno. Vogliamo solo capire cosa è successo. » «Ve l'ho già detto. » «Lo so, lo so. Porta pazienza, però, okay? Dobbiamo soltanto definire tutti i dettagli. È stato allora che hai conosciuto Rosalind, alla manifestazione? » Damien allungò una mano e sfiorò i tabulati telefonici con un dito. «Sì » rispose. «Quando ho firmato la petizione. Ci siamo messi a parlare. » «Vi siete stati simpatici e quindi avete mantenuto i contatti? » «Sì, più o meno. » A quel punto Sam e Cassie fecero un passo indietro. " Quando hai iniziato a lavorare a Knocknaree? " " Come mai avevi scelto quello scavo? " " Sì, anche a me sembra una cosa affascinante…" Gradatamente, Damien si rilassò di nuovo. Pioveva ancora, l'acqua scendeva lungo i vetri come una pesante cortina. Cassie andò a prendere dell'altro caffè, con l'espressione di qualcuno che avesse commesso una marachella, posò sul tavolo un pacchetto di biscotti alla crema sottratto alla mensa. Non c'era più alcuna fretta, adesso che Damien aveva confessato. L'unica cosa che poteva fare era chiedere un avvocato, e un avvocato gli avrebbe consigliato di dire ciò che stavano cercando di fargli dire loro, che c'era un complice, il che avrebbe significato dimezzare la colpa, creare confusione, cose che gli avvocati della difesa adorano. Cassie e Sam avevano tutto il giorno, tutta la settimana, tutto il tempo che ci voleva. «Dopo quanto tempo avete iniziato a stare insieme, tu e Rosalind? » chiese Cassie dopo un po'. Damien, che si era messo a piegare l'angolo di uno dei fogli dei tabulati, a quella domanda sollevò lo sguardo, sorpreso e circospetto. «Cosa? Ma noi non eravamo… insomma… siamo solo amici. » «Damien» disse Sam in tono di rimprovero, battendo con un dito sulle pagine. «Guarda qui. La chiamavi tre, quattro volte al giorno, le mandavi almeno dieci messaggi, parlavate per ore in piena notte…» «Oddio, sono cose che ho fatto anch'io…» disse Cassie, nostalgica. «Quelle sono le tipiche spese telefoniche di quando si è innamorati…» «… non chiami gli altri tuoi amici nemmeno un quarto di così. Il novantacinque per cento della tua bolletta è fatto di telefonate a lei, ragazzo mio. E non c'è niente di male. È una ragazza deliziosa e tu sei un giovanotto molto carino. Perché non dovreste stare insieme? » «Aspetta un attimo» disse Cassie, all'improvviso. «Non è che Rosalind c'entri per caso qualcosa? È per questo che non vuoi parlare di lei? » «No! » urlò quasi Damien. «Lasciatela stare! » Cassie e Sam rimasero a fissarlo, con le sopracciglia inarcate. «Scusate» biascicò subito lui, cadendo a sedere come un sacco. Era tutto rosso. «Io… io volevo solo dire che non voglio che venga coinvolta… potete lasciarla fuori da tutto questo? » «E allora perché tutti questi segreti, Damien» chiese Sam, «se lei non c'entra niente? » Damien si strinse nelle spalle. «Perché … non abbiamo detto a nessuno che uscivamo insieme. » «E perché? » «Il padre di Rosalind si sarebbe arrabbiato. » «Non gli sei simpatico? » chiese Cassie, con un tono di sufficiente sorpresa da sembrare un complimento. «No, non è questo. I suoi genitori non vogliono che abbia un ragazzo. » Damien rivolse uno sguardo ansioso a tutti e due. «Potreste… insomma, potreste evitare di dirglielo? Per favore? » «Fino a che punto si sarebbe arrabbiato, esattamente? » chiese Cassie a voce molto bassa. Damien si mise a spezzettare la plastica della sua tazza del caffè. «Non volevo che finisse nei guai. » Ma il rossore non era sparito e lui respirava in fretta. C'era sotto qualcosa. «Un testimone ci ha detto» disse Sam, «che Jonathan Devlin potrebbe aver picchiato sua figlia Rosalind di recente, almeno una volta. Sai se è vero? » Damien sbatté rapidamente le palpebre e si strinse nelle spalle. «Come faccio a saperlo? » Dopo essersi scambiati una breve occhiata, Sam e Cassie si allontanarono nuovamente dall'argomento. «Come avete fatto a tenerlo nascosto a suo padre? » chiese Cassie, con un tono di complicità. «All'inizio ci incontravamo solo in città, nei weekend, e andavamo a prendere il caffè e cose così. In casa, Rosalind diceva che si vedeva con la sua amica Karen, una compagna di scuola, così non le facevano storie. Poi… mah, poi ci siamo incontrati anche di sera. Allo scavo. Dopo che i suoi genitori si erano addormentati, Rosalind sgattaiolava fuori di casa e mi raggiungeva. Ce ne stavamo seduti sull'altare di pietra oppure, se pioveva, nella baracca dei reperti, a parlare. » Facile da immaginare, facile e affascinante. E dolce: coperta attorno alle spalle e un cielo di campagna pieno di stelle, con la luna che trasformava lo scarno panorama dello scavo in un luogo incantato. Aveva il potere irresistibile e primordiale delle leggende: il padre crudele, la bella fanciulla imprigionata nella torre, circondata da rovi spinosi, che chiama aiuto. Avevano creato un loro mondo notturno e proibito e Damien lo aveva sicuramente trovato molto bello. «Qualche volta veniva allo scavo con Jessica e io facevo fare loro il giro. Non parlavamo molto per paura che qualcuno se ne accorgesse ma… era così, solo per vederci… E quella volta, in primavera…» Sorrise lievemente, guardandosi le mani. Un sorriso timido, intimo. «Mi ero trovato un lavoretto part‑ time, confezionavo panini in un negozio di alimentari. Ero riuscito a risparmiare abbastanza per potercene andare via per un weekend. Prendemmo il treno fino al Donegal e ci fermammo in un piccolo B & B. Ci registrammo come se… come se fossimo sposati. Rosalind aveva detto ai suoi che avrebbe passato il weekend con Karen, a studiare per gli esami. » «E cosa andò storto? » chiese Cassie. Percepii che la sua voce varcava di nuovo la soglia dell'attenzione. «Katy scoprì di voi due? » Damien sollevò lo sguardo, allarmato. «Cosa? No… Mio Dio, no. Fummo attentissimi. » «E allora cosa è successo? Dava fastidio a Rosalind? Le sorelle minori a volte riescono a essere molto irritanti. » «No…» «Rosalind era gelosa dell'attenzione dedicata a Katy in quel periodo? Cosa? » «No! Rosalind non è così … era felice per Katy! E poi non arriverei a uccidere qualcuno solo per… non sono… non sono… non sono un pazzo! » «E non sei neppure un violento» disse Sam, mettendogli davanti altri fogli. «Questi sono tutti interrogatori che ti riguardano. I tuoi professori e i tuoi compagni di scuola ricordano che ti tenevi alla larga dalle risse. È così? » «Be', sì …» «E allora l'hai fatto solo per il brivido, alla fin fine? » intervenne Cassie. «Per vedere che effetto fa uccidere una persona? » «No! Ma che state…» Sam girò intorno al tavolo e si chinò su Damien. «I ragazzi dello scavo dicono che George McMahon ti dava il tormento, proprio come faceva con tutti gli altri, ma tu sei l'unico che non ha mai perso la pazienza con lui. Cos'è stato allora a farti perdere la testa al punto di uccidere una ragazzina che non ti aveva mai fatto niente di male? » Damien si raggomitolò sconsolato nel maglione, il mento affondato nel collo, e scosse la testa. Avevano sferrato l'attacco troppo presto e con troppa forza. Lo stavano perdendo. «Ehi, guardami. » Sam fece schioccare le dita in faccia a Damien. «Ho l'aria di essere tua madre? » «Cosa? No…» Ma la domanda così inaspettata lo aveva spiazzato. Sollevò gli occhi sconvolti e disperati. «Ecco bravo. Perché non sono tua madre, e questa non è una cosa da niente per cui puoi cavartela facendo il broncio. Questa è una faccenda molto, molto seria. Hai attirato una ragazzina innocente fuori da casa sua, nel pieno della notte, l'hai colpita alla testa, l'hai soffocata e guardata morire e poi le hai infilato dentro il manico di una cazzuola. » Damien sussultò violentemente. «E adesso ci vieni a dire che l'hai fatto senza alcun motivo. È questo che pensi di andare a dire al giudice? Che tipo di sentenza pensi che emetterà? » «Non capite, non capite! » gridò Damien, con la voce rotta di un tredicenne. «Lo so, lo so che non riusciamo a capire, ma è quello che stiamo cercando di fare. Aiutaci, Damien. » Cassie si era chinata su di lui, teneva entrambe le mani del ragazzo tra le sue, lo costringeva a guardarla. «Non capite! Una ragazzina innocente? Tutti lo pensavano. Katy per loro era una specie di santa, tutti pensavano che fosse perfetta… ma non era così! Solo perché era una bambina non vuol dire che fosse… non mi credereste se vi raccontassi alcune delle cose che ha fatto. Non mi credereste! » «Io ti crederei» disse Cassie a voce bassa, pressante. «Qualsiasi cosa mi dirai, Damien, ne ho viste di peggio in questo lavoro. Ti crederò, fidati. » Damien era rosso in viso, gli tremavano le mani che Cassie aveva tra le sue. «Faceva arrabbiare suo padre con Rosalind e Jessica. Loro avevano sempre paura. Si inventava le cose e poi gliele andava a dire… che Rosalind era stata cattiva con lei o che Jessica aveva toccato le sue cose o roba così … non era mai vero, si inventava tutto e lui le credeva sempre. Rosalind ci aveva provato una volta a dirgli che non era vero, per proteggere Jessica, ma lui… lui…» «Cosa faceva? » «Le picchiava! » gemette Damien. Alzò la testa di scatto e gli occhi, rossi e ardenti, si fissarono in quelli di Cassie. «Le riempiva di botte! Ha rotto la testa a Rosalind con un attizzatoio, capite? Una volta ha sbattuto Jessica contro il muro e le ha rotto un braccio. E poi lo faceva, lo faceva con loro, e Katy guardava e rideva! » Strappò via le mani dalla stretta di Cassie e si asciugò furiosamente le lacrime con il dorso della mano. Non riusciva quasi a respirare. «Intendi dire che Jonathan Devlin aveva rapporti sessuali con le figlie? » chiese Cassie, la voce calma ma le pupille dilatate. «Sì. Sì. Lo faceva con tutte e tre. A Katy…» Il viso di Damien si contorse. «A Katy piaceva. Riuscite a… a immaginare qualcosa di più perverso? Come si fa a… ecco perché era la sua preferita. Odiava Rosalind perché lei… perché lei non voleva…» Si morse il dorso della mano e pianse. Mi accorsi che avevo trattenuto il respiro troppo a lungo perché mi sentivo svenire. Ero anche sul punto di vomitare. Mi appoggiai al vetro freddo e mi concentrai cercando di respirare lentamente e con un certo ritmo. Sam trovò un fazzoletto di carta e lo tese a Damien. A meno che non fossi ancora più stupido di quanto già avessi dato ampia dimostrazione di essere, Damien credeva a ogni parola di ciò che stava dicendo. E perché no? Se ne leggono di peggio sui giornali, ogni giorno. Bambini di pochi mesi violentati, ragazzini tenuti a morire di fame in una cantina, neonati ai quali vengono strappati gli organi. Perché non questo? Con una tale mitologia che si allargava e riempiva sempre più la sua mente, perché non credere alla sorella cattiva che tiene Cenerentola nella polvere? Anche se non è facile da ammettere, volevo crederci anch'io. E, per un attimo, quasi lo feci. Era perfetto, spiegava e scusava quasi tutto. Ma, a differenza di Damien, io avevo visto le cartelle cliniche e il rapporto del medico legale. Jessica si era fratturata il braccio cadendo dal quadro svedese, a scuola, sotto gli occhi di almeno cinquanta testimoni, e Rosalind non si era mai rotta la testa. E Katy era morta vergine. E avevo visto quella cassetta. Una specie di sudore freddo mi scese lungo la schiena, leggero e invadente. Damien si soffiò il naso. «Non dev'essere stato facile per Rosalind raccontarti queste cose» disse dolcemente Cassie. «È stata molto coraggiosa. Sai se ha cercato di parlarne anche con altri? » Damien fece segno di no con la testa. «Lui le diceva che se avesse parlato con qualcuno di quella cosa l'avrebbe uccisa. Io sono stato il primo di cui si sia fidata abbastanza per dirglielo. » C'era una specie di meraviglia nella sua voce, meraviglia e orgoglio e, sotto le lacrime, il moccio e il rossore, il viso gli si era illuminato di una specie di debole e ispirato fulgore, quello del giovane cavaliere che stava partendo alla ricerca del Santo Graal. «E quando te l'ha detto? » chiese Sam. «Un po' a pezzi. Come diceva lei, è stato difficile per Rosalind. Non ho saputo niente fino a maggio, credo…» Damien arrossì ancora di più. «Ci stavamo… baciando e io cercavo di accarezzarle il… seno. Rosalind si infuriò e mi spinse via dicendo che non era quel tipo di ragazza. Rimasi un po' sorpreso… non mi pareva di aver fatto poi chissà che, no? Uscivamo da quasi un mese… insomma, non che questo mi desse il diritto di… però … comunque, ero solo stupito, ma Rosalind era preoccupata che potessi arrabbiarmi con lei. Allora… allora mi disse cosa le aveva fatto suo padre. Per spiegare come mai avesse reagito così. » «E tu? » chiese Cassie. «Le dissi che doveva andarsene! Ci saremmo presi un appartamento, i soldi li avremmo trovati… Io avevo lo scavo e Rosalind poteva trovarsi dei lavoretti come modella. Un tizio di una grossa agenzia di modelle l'aveva vista e le aveva detto più volte che sarebbe potuta diventare una top model, solo che suo padre non voleva… Non volevo che mettesse più piede, in quella casa, ma Rosalind disse di no, che non avrebbe lasciato Jessica. Riuscite a immaginarvi che tipo di persona è? Sopportare tutto solo per proteggere sua sorella. Non ho mai conosciuto nessuno così coraggioso. » Se avesse avuto solo un paio d'anni di più, quella storia lo avrebbe mandato di corsa al telefono più vicino per chiamare la polizia, o il Telefono azzurro. Ma aveva solo diciannove anni. Gli adulti erano ancora solo degli estranei prepotenti che non capivano niente e ai quali non bisognava dire niente perché avrebbero usato le maniere forti e rovinato tutto. Probabilmente non gli era mai venuto in mente di poter chiedere aiuto. «Disse perfino che…» Damien distolse lo sguardo. Stava per scoppiare di nuovo in lacrime. Pensai, vendicativo, che in galera sarebbe stato veramente nei guai se non la smetteva di farsi venire i lacrimoni ogni cinque minuti. «Mi disse che poteva anche darsi che non sarebbe mai riuscita a… a fare l'amore con me. Per via dei brutti ricordi. Non sapeva se si sarebbe mai più potuta fidare di qualcuno. Se mi fossi trovato una ragazza normale, mi disse… sì, usò proprio il termine " normale" … avrebbe capito. L'unica cosa che mi chiedeva, se mai fossi stato dell'idea di andarmene, era di farlo subito, prima che si fosse affezionata troppo a me…» «Ma tu non volevi lasciarla» continuò Cassie piano. «Certo che no» disse semplicemente Damien. «Io sono innamorato di lei. » C'era qualcosa nella sua espressione, una purezza così assoluta, temeraria e sconvolgente che, ci crediate o no, mi spinse a invidiarlo. Sam gli porse un altro fazzoletto di carta. «C'è solo una cosa che non capisco» disse, pacato e consolatorio. «Volevi proteggere Rosalind… è ovvio, è naturale, qualsiasi uomo avrebbe fatto lo stesso. Ma perché eliminare Katy? Perché non Jonathan? Io sarei andato a prenderlo con le mie stesse mani. » «Glielo dissi» fece Damien, poi si fermò, a bocca aperta, come se avesse detto qualcosa di pericoloso che potesse incriminarlo. Cassie e Sam ricambiarono il suo sguardo senza fare una piega. «Be'…» proseguì, dopo un attimo. «Io… vedete, una notte Rosalind aveva male allo stomaco e alla fine riuscii a farglielo dire… Non voleva, ma lui… le aveva dato dei pugni. Quattro volte. Solo perché Katy gli aveva detto che Rosalind non le faceva cambiare canale per guardare un balletto in TV… Non era vero, naturalmente, Rosalind avrebbe cambiato canale se Katy glielo avesse chiesto… Io… non sono più riuscito a sopportarlo. Ci pensavo tutte le notti, quello che le toccava subire, non riuscivo a dormire… Non potevo sopportare che continuasse a succedere! » Fece un respiro e riprese il controllo della voce. Cassie e Sam annuirono comprensivi. «Dissi… sì, dissi così: " Io lo ammazzo". Rosalind… non riusciva a credere che l'avrei fatto davvero, che l'avrei fatto per lei. E io… be', era un po' come se… insomma, non è che proprio scherzassi ma non dicevo neanche sul serio. Non avevo mai pensato di poter fare una cosa simile in tutta la mia vita. Ma quando vidi quanto fosse importante per lei anche solo che l'avessi detto… nessuno si era mai offerto di proteggerla prima… quasi pianse, e non è una ragazza che piange spesso, è una persona molto forte. » «Sono sicura che lo è » disse Cassie. «Allora, come mai non sei andato a cercare Jonathan Devlin una volta che ti era venuta in mente quell'idea? » «Ma se lui moriva» disse Damien, sporgendosi in avanti e facendo ampi gesti con le mani, ansioso, «la madre non sarebbe stata in grado di badare a loro, per via dei soldi e anche perché … è un po' fuori dalla realtà, no? Le avrebbero mandate in qualche istituto e le avrebbero separate, e Rosalind non avrebbe più potuto prendersi cura di Jessica… e Jessica ha così bisogno di lei, è messa così male che non riesce a fare niente. Rosalind pensa ai compiti e a un sacco di altre cose. E Katy… Katy sarebbe andata a fare le stesse cose a qualcun altro. Se solo non ci fosse stata lei, sarebbe andato tutto a posto! Il loro papà faceva quelle cose solo quando era Katy a spingerlo. Rosalind me lo raccontava e si sentiva così colpevole… Gesù, si sentiva colpevole… lei! A volte diceva che avrebbe voluto che Katy non fosse mai nata…» «Ed è così che ti è venuta l'idea» disse Cassie con voce neutra, ma capivo dalla smorfia impercettibile della bocca che era arrabbiata. «Hai pensato di uccidere Katy. » «È stata una mia idea» disse subito Damien. «Rosalind non c'entra niente. Non voleva… all'inizio ha detto di no. Non voleva che rischiassi tanto per lei. Era sopravvissuta per tanti anni, diceva, poteva sopravvivere altri sei, fino a quando Jessica non avesse raggiunto un'età sufficiente per consentire a loro due di uscire di casa. Ma io non potevo permettere che restasse lì! Per un pelo non era morta, quella volta della frattura alla testa. È rimasta in ospedale per due mesi. Sarebbe potuta morire. » Improvvisamente anch'io m'infuriai, non contro Rosalind ma contro Damien, per essere stato così assurdamente idiota, un perfetto imbecille, il classico personaggio dei cartoni animati che va a mettersi da solo proprio dove cade l'incudine. Mi rendo conto, è ovvio, sia dell'ironia della cosa sia delle noiose implicazioni psicologiche che si celavano dietro la mia reazione, ma in quel momento l'unica cosa che riuscivo a pensare era di entrare fragorosamente nella stanza dell'interrogatorio e sbattere la faccia di Damien sulle cartelle cliniche. " Le vedi queste, deficiente? Dove la vedi qui la frattura alla testa? Non ti è venuto in mente di farti vedere almeno la cicatrice prima di uccidere una bambina per questo? "
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