Хелпикс

Главная

Контакты

Случайная статья





Tana French 24 страница



L'unica cosa interessante che lo riguardava era, sorprendentemente, il bel completo che indossava. Se avessi dovuto immaginarlo, mi sarei aspettato un abito firmato, con la griffe ben in vista, ma che gli cadeva male addosso. Il vestito che portava, invece, era stato cucito a mano e il tessuto era di una morbida lana grigia con una lieve sfumatura di verde. Sotto, indossava una camicia color avorio con un leggero rigato color salvia. Non so bene perché, ma quella piccola incongruità mi spinse a pormi delle domande, a dire il vero per la prima volta, sulla linea d'indagine di Sam. Mi domandai se Andrews potesse essere più subdolo e pericoloso di quanto gli dessi credito.

Si era fatto accompagnare dal suo legale, naturalmente, e rispondeva a una domanda su dieci. Sam era riuscito, lavorando con accanimento su una pila di documenti da far girare la testa, a dimostrare che era proprietario di grossi appezzamenti di terreno a Knocknaree. Solo a quel punto Andrews aveva smesso di negare di avere anche mai sentito nominare quel luogo. Ma non c'era modo di fargli aprire bocca sulla sua situazione finanziaria, anzi diede a Sam una pacca sulle spalle e gli disse affabilmente: «Se avessi uno stipendio da poliziotto, Sam, ragazzo mio, sarei più preoccupato delle mie finanze che di quelle di chiunque altro» mentre l'avvocato mormorava con tono spento: «Il mio cliente non può rivelare informazioni su questo argomento» e tutti e due si mostravano profondamente scioccati nell'udire delle telefonate minatorie. Mi agitavo e controllavo l'orologio ogni trenta secondi. Cassie era appoggiata al vetro e mangiava una mela, offrendomene di tanto in tanto un morso, sovrappensiero.

Andrews però aveva un alibi per la notte in cui era morta Katy, e dopo una bella quantità di risentita retorica acconsentì a fornirlo. Aveva passato la serata a giocare a poker a Killiney con alcuni dei " ragazzi" e quando avevano finito, intorno a mezzanotte, aveva deciso di non tornare a casa in auto. «I poliziotti non sono più comprensivi come una volta» aggiunse, facendo un occhiolino a Sam. Così era rimasto a dormire nella stanza degli ospiti. Fornì i nomi e i numeri di telefono dei " ragazzi" perché Sam potesse avere conferma della situazione.

«Allora è fantastico» concluse Sam. «Dovremo solo confrontare le voci per poterla eliminare come autore delle telefonate. »

Un'espressione ferita si materializzò sul volto tozzo di Andrews. «Sono certo che si renderà conto, caro Sam, di non potersi aspettare da me più di quanto abbia già fatto» rispose, «dopo il modo in cui sono stato trattato. » Cassie cominciò a ridacchiare.

«Mi dispiace che si senta così, signor Andrews» disse Sam in tono severo. «Può dirmi quali aspetti del trattamento che le abbiamo riservato hanno rappresentato un problema, per l'esattezza? »

«Mi avete trascinato qui, facendomi perdere gran parte di una giornata di lavoro, Sam, e mi avete trattato come un sospettato» rispose Andrews, la voce che gli si gonfiava e vibrava a causa dell'ingiustizia subita. Anch'io cominciai a ridere. «Ora, so bene che siete abituati ad avere a che fare con gente da poco che non ha niente di meglio da fare, ma deve capire cosa significa tutto questo per un uomo della mia posizione. Sto perdendo opportunità d'oro perché sono qui ad aiutarvi, potrei avere già rinunciato a qualche migliaio di euro e adesso pretende anche che stia qui a fare non so cosa con la voce per un uomo di cui non ho mai neanche sentito parlare? » Sam aveva ragione: aveva una vocetta stridula da tenore.

«Nessun problema, questo lo risolviamo» disse Sam. «Non è necessario farlo adesso il confronto vocale. Se le aggrada, può tornare questa sera o domattina, in ore per lei non lavorative. Organizzo io. Le può andare bene? »

Andrews sporse le labbra. L'avvocato, un tipo neutro per natura, non mi ricordo neanche che faccia avesse, sollevò un dito esitante e chiese di poter conferire per qualche istante con il suo cliente. Sam spense la videocamera e venne a unirsi a noi nella sala d'osservazione. Si allentò la cravatta.

«Ciao» ci salutò. «Bella vista, eh? »

«Avvincente» risposi. «Dev'essere anche più divertente da dentro. »

«Non ti dico. Una risata al minuto. Cristo, avete visto quel maledetto occhio? Mi ci è voluto parecchio prima di capire perché all'inizio pensavo che non riuscisse a mantenere l'attenzione per più di…»

«Il tuo sospettato è più divertente del nostro» si intromise Cassie. «Quello che ci ritroviamo noi non ha neanche un tic o roba del genere. »

«A proposito» dissi, «non programmare il confronto vocale per questa sera. Devlin ha già un altro appuntamento, e dopo, se siamo fortunati, potrebbe non essere dell'umore per fare altro. » Se fossimo stati veramente fortunati, avremmo potuto chiudere il caso, entrambi i casi, quella sera stessa senza che Andrews dovesse fare altro, ma non ne accennai. Al solo pensiero, mi si stringeva la gola.

«Oddio, giusto» disse Sam. «L'avevo dimenticato, scusate. Ma abbiamo messo un bel po' di carne al fuoco, no? Due sospetti in un giorno. »

«Siamo forti, cazzo» commentò Cassie. «Un bel cinque per Andrews! » Incrociò gli occhi e partì con la mano per incontrare quella di Sam. La mancò. Eravamo tutti su di giri.

«Se qualcuno ti colpisce dietro la testa, rimani bloccato così » disse Sam. «È quello che è successo a Andrews. »

«E tu dagli un'altra botta e vedi di sbloccarlo» fece Cassie.

«Santo cielo, ma sei politicamente scorretta! » dissi. «Finisce che ti denuncio alla Commissione nazionale per i diritti degli strabici stronzi. »

«Senti chi parla. Sei un uomo bianco etero e quindi politicamente scorretto per definizione. Dovresti cedermi parte del tuo potere, non punzecchiarmi. »

«Non sono certo che il mondo sia pronto per una Cassie Maddox con più potere di così » la presi in giro.

«Non mi sta dicendo un cazzo di niente» ci interruppe Sam. «Ma va bene lo stesso. Non mi aspettavo granché da lui, oggi. Voglio solo innervosirlo un po' e che accetti di fare il confronto vocale. Una volta ottenuta un'identificazione, potremo metterlo un po' sotto pressione. »

«Aspettate un momento. Ma cos'è … sbronzo? » chiese Cassie. Si sporse fino ad appannare col respiro il vetro per osservare Andrews che gesticolava e bisbigliava furiosamente all'orecchio del suo avvocato.

Sam fece un largo sorriso. «Occhio di lince. Non credo sia proprio ubriaco, non abbastanza purtroppo da diventare ciarliero… ma in effetti emana odore di alcol, quando gli si va vicino. Se è bastato il pensiero di venire qui a scombussolarlo a tal punto da farsi un cicchetto, vuol dire che ha qualcosa da nascondere. Magari sono solo le telefonate, ma…»

Il legale di Andrews si alzò, si sfregò le mani lungo i lati dei pantaloni e fece nervosamente segno verso il vetro. «Secondo round» disse Sam mentre già cercava di rimettersi a posto il nodo della cravatta. «Ci vediamo dopo, ragazzi. Buona fortuna. »

Cassie mirò al cestino nell'angolo e lanciò il torsolo della mela. Lo mancò. «Tiro in sospensione di Andrews» commentò Sam, e si diresse verso l'uscita con un bel sorriso stampato in faccia.

 

Lo lasciammo al suo lavoro e uscimmo per fumarci una sigaretta. Forse sarebbe passato un po' di tempo prima che ne avessimo di nuovo la possibilità. C'è un ponticello sopraelevato che attraversa uno dei sentieri che entra nel giardino. Ci sedemmo lì, con la schiena appoggiata alla balaustra. La zona intorno al Castello aveva una colorazione dorata e nostalgica nella luce obliqua del tardo pomeriggio. Turisti in pantaloncini corti e con gli zaini si fermavano a osservare incuriositi le merlature. Uno di loro, non so per quale motivo, scattò una foto anche a noi. Un paio di bambini giocavano ai supereroi, con le braccia aperte, nell'intrico di sentieri del giardino.

L'umore era improvvisamente cambiato, l'esplosione di esuberanza si era dissipata e Cassie si era rinchiusa in un recinto di pensieri privati. Si teneva abbracciata alle ginocchia, volute di fumo salivano dalla sigaretta che bruciava, dimenticata, tra le sue dita. Di tanto in tanto le capita di essere di quell'umore. In quella circostanza ne fui felice. Neppure io avevo voglia di parlare. Riuscivo solo a pensare che stavamo per piombare su Jonathan Devlin con tutto quello di cui disponevamo; se mai fosse crollato, sarebbe stato quel giorno. In quel caso, non avevo la più pallida idea di quello che avrei fatto, di cosa sarebbe accaduto.

All'improvviso, Cassie sollevò la testa e andò con lo sguardo oltre le mie spalle. «Guarda» disse.

Mi voltai. Jonathan Devlin stava attraversando il cortile, con le spalle curve, le mani affondate nelle tasche del grande impermeabile marrone che indossava. Le linee altezzose degli alti edifici attorno a lui avrebbero dovuto schiacciarlo, invece mi sembrava che gli si conformassero, creando strane geometrie con lui come punto nodale, permeandolo di un significato denso e impenetrabile. Non ci aveva notati. Teneva la testa china e il sole, basso sui giardini, gli stava di fronte; forse a lui apparivamo solo come contorni indistinti, sospesi in una luminosa aureola come santi e doccioni scolpiti. Alle sue spalle, lasciava sull'acciottolato un'ombra lunga e ondeggiante.

Passò proprio sotto di noi e lo osservammo, da dietro, mentre avanzava verso l'entrata. «Be'…» Spensi la sigaretta. «Direi che è arrivato il nostro turno. »

Mi alzai e allungai una mano per aiutare Cassie a rimettersi in piedi, ma lei non si mosse. Mi fissò con occhi improvvisamente seri e indagatori.

«Cosa? » domandai.

«Non dovresti condurlo tu, questo interrogatorio. »

Non risposi. Rimasi lì sul ponte, con la mano protesa verso di lei. Dopo qualche istante, scosse la testa con aria disgustata e l'espressione di poco prima sparì. Mi afferrò la mano e si lasciò tirare su.

 

Lo portammo nella stanza degli interrogatori. Quando vide la parete sgranò gli occhi ma non proferì parola. «I detective Maddox e Ryan interrogano Jonathan Michael Devlin» pronunciò Cassie, rimescolando in una delle scatole e tirando fuori un fascicolo straripante. «Non è obbligato a dire nulla a meno che non lo desideri, ma tutto ciò che dirà verrà trascritto e potrà essere usato come prova. D'accordo? »

«Sono in arresto? » chiese Jonathan. Non si era mosso dalla porta. «Per cosa? »

«Cosa? » chiesi, stupito. «Ah, la lettura dei diritti… Santo cielo, no. È solo routine. Vogliamo solo aggiornarla sui progressi dell'indagine e vedere se ci può aiutare a fare un altro passo avanti. »

«Se fosse in arresto» aggiunse Cassie, lasciando cadere l'incartamento sul tavolo, «lo saprebbe. Per cosa pensava di poter essere in arresto? »

Jonathan si strinse nelle spalle. Lei gli sorrise, prese una sedia e la mise proprio di fronte alla spaventosa parete. «Prego, si sieda. » Dopo un momento, lui si tolse lentamente l'impermeabile e si sedette.

Lo aggiornai brevemente. Ero quello al quale lui aveva rivelato con fiducia la sua storia e quella era una piccola arma a corto raggio che non avevo intenzione di far esplodere fino al momento opportuno. Per il momento ero il suo alleato. Fui, in larga parte, onesto con lui. Gli parlai delle piste che avevamo battuto, degli esami di laboratorio eseguiti. Gli elencai, uno per uno, i sospetti che avevamo identificato ed eliminato: i compaesani convinti che lui stesse ostacolando il progresso, i pedofili e i tossici abituali, le Ombre in Tuta Sportiva, il tipo che pensava che il body di Katy fosse sfacciato, Sandra. Sentivo il fragile e silenzioso esercito di fotografie dietro di me, in attesa. Jonathan se la stava cavando bene, continuò a guardarmi fisso negli occhi per quasi tutto il tempo. Riuscivo però a vedere lo sforzo di volontà che si era imposto.

«Quindi, mi state dicendo che, in pratica, non avete concluso nulla» riassunse alla fine, con pesantezza. Appariva molto stanco.

«Oddio, no» intervenne Cassie. Era rimasta seduta all'angolo del tavolo, col mento appoggiato al palmo della mano, a osservare in silenzio. «Assolutamente no. Quello che il detective Ryan le sta dicendo è che abbiamo compiuto moltissimi progressi, in queste ultime settimane. Siamo riusciti a eliminare un sacco di gente. E questo è quello che ci resta. » Inclinò la testa verso la parete. Lui non le staccò mai gli occhi dal volto. «Abbiamo le prove che l'assassino di sua figlia è un uomo della zona, che conosce a fondo Knocknaree e dintorni. Disponiamo di prove scientifiche che collegano la sua morte con la scomparsa nel 1984 di Peter Savage e di Germaine Rowan, il che indica anche che l'assassino ha almeno trentacinque anni e ha mantenuto forti legami con l'area per oltre vent'anni. Molti degli uomini che corrispondono a questa descrizione hanno un alibi, quindi il campo si restringe ancor di più. »

«Le prove ci dicono anche» intervenni, «che non ci troviamo di fronte a un assassino che agisce sull'impeto del momento. Quest'uomo non ammazza a caso. Lo fa perché sente di non avere altra scelta. »

«Quindi pensate che sia un pazzo» disse Jonathan. Gli si contorse la bocca. «Un pazzo…»

«Non necessariamente» dissi. «Sto solo dicendo che a volte le situazioni sfuggono di mano, sfociano in tragedie che in realtà nessuno voleva accadessero. »

«Vede, signor Devlin, questo restringe ulteriormente il campo: cerchiamo qualcuno che conosceva tutti e tre i bambini e che aveva un motivo per volerli morti» spiegò Cassie. Stava in equilibrio sulle gambe posteriori della sedia, con le mani dietro la testa e gli occhi fissi su di lui. «Lo prenderemo. Ci stiamo avvicinando ogni giorno di più. Quindi, se c'è qualcosa che ci vuole dire… qualsiasi cosa, di entrambi i casi… questo è il momento. »

Jonathan non rispose subito. Fatta eccezione per il ronzio basso e sinistro delle luci al neon sopra di noi e il lento e monotono scricchiolio della sedia sulla quale Cassie si stava dondolando, la stanza era immersa nel silenzio. Jonathan spostò lo sguardo da Cassie alle fotografie: Katy sospesa in quell'impossibile arabesque, Katy che rideva su un prato verde con i capelli che svolazzavano da una parte e un panino in mano, Katy con un occhio semiaperto e sangue scuro incrostato sul labbro. Quello che vedevo sul volto dell'uomo era dolore nudo e crudo. Dovetti fare uno sforzo per non distogliere gli occhi e guardare altrove.

Il silenzio si protrasse. Riconobbi che, in maniera quasi impercettibile, qualcosa stava accadendo in Jonathan. C'è una sorta di crollo specifico della bocca e della colonna vertebrale, come un cedimento dei muscoli sottostanti, che i detective conoscono: appartiene all'istante che precede la confessione di un sospettato, quando alla fine, quasi con sollievo, lui lascia che le difese lo abbandonino. Cassie aveva smesso di dondolarsi sulla sedia e io sentivo il cuore in gola. Anche le fotografie, dietro di me, sembravano emettere piccoli respiri… inspiravano, trattenevano, espiravano… pronte a scivolare giù dalla parete, a involarsi lungo il corridoio e a uscire nella sera scura, liberate, se solo lui avesse detto la parola fatale.

Jonathan si passò duramente una mano sulla bocca, incrociò le braccia e ricambiò lo sguardo di Cassie. «No» disse. «Non c'è niente. »

All'unisono, Cassie e io lasciammo andare il fiato. In realtà sapevo che era stato troppo sperare che finisse così in fretta e ora, dopo quell'istante di trepida attesa, quasi non mi importava più. Perché a quel punto ero sicuro almeno che Jonathan sapesse qualcosa. Ce l'aveva praticamente detto.

Fu però uno shock. L'intero caso era stato così affollato di possibilità e di ipotesi (" Okay, ammettiamo solo per un secondo che sia stato Mark, va bene, e che la malattia e il vecchio caso alla fine non siano collegati, e che Mel stia dicendo la verità: da chi potrebbe essersi fatto aiutare per liberarsi del corpo? " ) che la certezza aveva cominciato a sembrare irraggiungibile, un lontano sogno d'infanzia. Mi sentivo come se mi fossi mosso tra abiti vuoti appesi in una soffitta poco illuminata e d'un tratto avessi sbattuto contro un corpo umano caldo, solido e vivo.

Cassie abbassò le gambe anteriori della sedia sul pavimento. «Va bene» disse, «va bene. Torniamo all'inizio. Lo stupro di Sandra Scully. Quando accadde, esattamente? »

La testa di Jonathan si voltò bruscamente verso di me. «Ha ragione» gli dissi. «Scadenza dei termini. » Non era vero perché, come avevamo avuto modo di scoprire, non c'era prescrizione per lo stupro, ma era irrilevante: non avevamo alcuna possibilità di incriminarlo comunque.

Mi rivolse una lunga e diffidente occhiata. «Estate dell'84» si decise alla fine. «Non saprei dirle la data. »

«Abbiamo delle dichiarazioni che lo situano nelle prime due settimane di agosto» disse Cassie e aprì il file. «Le sembra corretto? »

«Potrebbe benissimo essere. »

«Ci sono anche dichiarazioni che attestano la presenza di testimoni. »

Si strinse nelle spalle. «Non saprei. »

«Per la verità, Jonathan, ci è stato detto che lei li inseguì nel bosco e che tornò indietro dicendo: " Maledetti ragazzini". A me sembra che lei sapesse di chi si trattava. »

«Forse sì. Non ricordo. »

«Come si sentiva all'idea che dei bambini sapessero quello che avevate fatto? »

Un'altra alzata di spalle. «Lo ripeto, non ricordo. »

«Cathal sostiene…» Cassie sfogliò le pagine. «Cathal Mills afferma che lei era terrorizzato all'idea che andassero alla polizia. Lui dice che, cito testualmente, " era in un tale stato di paura da farsela nelle mutande", fine della citazione. »

Nessuna risposta. Jonathan si accomodò meglio sulla sedia, a braccia conserte, solido come un muro.

«Cosa avrebbe fatto per impedire che la denunciassero? »

«Nulla di che. »

Cassie rise. «Andiamo, Jonathan. Sappiamo chi erano quei testimoni. »

«Uno a zero per voi, allora. » Aveva ancora il volto contratto, duro, non cedeva di un millimetro, ma le guance stavano diventando rosse: si stava arrabbiando.

«E pochi giorni dopo lo stupro» proseguì Cassie, «due di loro sparirono. » Si alzò, senza fretta, stiracchiandosi, e attraversò la stanza per andare verso la parete con le foto.

«Peter Savage» disse, appoggiando un dito sulla foto di scuola. «Vorrei che guardasse questa foto, signor Devlin, per favore. » Attese finché Jonathan non sollevò la testa e, di scatto, non si mise a fissare la fotografia con atteggiamento di sfida. «Ci hanno detto che era un leader nato. Avrebbe potuto guidare la campagna " Spostiamo l'autostrada" insieme a lei, se fosse stato vivo. I suoi genitori non possono cambiare casa, lo sa questo? A Joseph Savage, qualche anno dopo, offrirono un lavoro da favola, ma avrebbe comportato il trasferimento a Galway e non se la sentirono: Peter sarebbe potuto tornare a casa un giorno e scoprire che se n'erano andati. »

Jonathan fece per dire qualcosa ma Cassie non gliene diede il tempo. «Germaine Rowan…» Spostò la mano verso la fotografia seguente. «… nota come Jamie. Voleva diventare veterinaria da grande. Sua madre non ha spostato nulla nella sua stanza, continua a spolverarla ogni sabato. Quando, negli anni Novanta, cambiarono i numeri di telefono e si passò a sette cifre, se lo ricorda?, be', Alicia Rowan si recò alla sede centrale di Telecom É ireann e li implorò, in lacrime, di lasciarle tenere il vecchio numero a sei cifre, nel caso in cui un giorno Jamie avesse cercato di chiamare casa. »

«Noi non abbiamo avuto nulla…» cominciò Jonathan, ma lei lo interruppe di nuovo, alzando la voce e coprendo quella di lui.

«E Adam Ryan. » La foto delle mie ginocchia sbucciate. «I suoi genitori si trasferirono per l'enorme pubblicità e per la paura che chiunque l'avesse fatto la prima volta tornasse a riprenderselo una seconda. Spariti dai radar. Ma, ovunque sia, è tutta la vita che si trascina dietro quell'evento. Lei ama Knocknaree, no, Jonathan? Lei ama far parte di una comunità all'interno della quale è vissuto fin da quando era piccolo? Anche Adam magari avrebbe fatto la stessa scelta, se gliene avessero dato la possibilità. Ora è là fuori, da qualche parte, in un qualsiasi posto del mondo, e non può più tornare a casa. »

Le parole mi risuonarono dentro come le campane di una città sommersa. Era brava, Cassie: anche se solo per una frazione di secondo, mi sentii invadere da un tale senso di feroce desolazione che mi sarei messo a ululare come un lupo, la testa rovesciata all'indietro.

«Lei sa quello che provano i Savage e Alicia Rowan per lei, Jonathan? » domandò Cassie. «Invidia. Lei ha potuto seppellire sua figlia, ma è anche peggio non poter fare nemmeno quello. Ricorda come si è sentito il giorno in cui Katy non tornava a casa? Sono vent'anni che loro si sentono così. »

«Quelle persone meritano di sapere cosa è successo, signor Devlin» intervenni, a bassa voce. «E non solo per il loro bene. Abbiamo lavorato sull'ipotesi che i due casi siano collegati. Dobbiamo sapere se ci stiamo sbagliando, o l'assassino di Katy potrebbe sfuggirci. »

Qualcosa attraversò lo sguardo di Jonathan. Una strana miscela di orrore e speranza, pensai, ma sparì troppo in fretta perché potessi esserne certo.

«Cosa accadde quel giorno? » insistette Cassie. «Il 14 agosto 1984. Il giorno in cui Peter e Jamie sparirono? »

Jonathan sprofondò di più nella sedia e scosse la testa. «Vi ho detto tutto quello che so. »

«Signor Devlin» incalzai, sporgendomi verso di lui, «è facile capire come sia potuto succedere. Lei era terrorizzato per la faccenda di Sandra. »

«Sapeva che la ragazza non rappresentava una minaccia» proseguì Cassie. «Era innamorata persa di Cathal, non avrebbe detto nulla che lo mettesse nei guai e se anche l'avesse fatto sarebbe stata la sua parola contro la vostra. Le giurie hanno la tendenza a dubitare delle vittime degli stupri, soprattutto di quelle che hanno già avuto rapporti sessuali consenzienti con i loro assalitori. Avreste potuto definirla una troia e tornarvene a casa liberi. Ma quei ragazzini… una sola parola da parte loro e sareste finiti in galera per direttissima. Non potevate sentirvi tranquilli finché fossero rimasti in circolazione. »

Si staccò dal muro, avvicinò una sedia e si sedette accanto a lui. «Non andaste a Stillorgan, quel giorno, vero? »

Jonathan si mosse, si raddrizzò appena nelle spalle. «Sì » scattò. «Invece sì. Io, Cathal e Shane. Al cinema. »

«Cosa andaste a vedere? »

«Quello che dissi ai poliziotti. Sono passati vent'anni. »

Cassie scosse la testa. «No» lo contraddisse. Quella piccola e fredda sillaba ricadde come una bomba di profondità. «Magari uno di voi, scommetterei su Shane… è quello che io avrei lasciato indietro… ci andò davvero al cinema, così da poter raccontare agli altri due la trama del film, nel caso in cui qualcuno avesse fatto domande. Forse ci andaste tutti e tre, per avere un alibi, ma ne usciste non appena si spensero le luci. Ma prima delle sei, due di voi, almeno, erano tornati a Knocknaree, nel bosco. »

«Cosa…» esclamò Jonathan. La sua faccia era deformata da una smorfia di disgusto.

«I ragazzini tornavano sempre a casa per l'ora di cena, alle sei e mezzo, e sapevate che poteva volerci un po' prima di trovarli, all'epoca il bosco era piuttosto esteso. Ma li trovaste. Stavano giocando, non si nascondevano, magari stavano anche facendo un bel po' di rumore. Li coglieste alla sprovvista, proprio come avevano fatto loro con voi, e li prendeste. »

Ci eravamo preparati quella parte in precedenza, naturalmente: avevamo studiato tutto a puntino, elaborato una teoria che permettesse di inserirci tutto quello che avevamo verificato fin nei minimi dettagli. Ma c'era qualcosa che si agitava in me, una piccola sensazione di disagio che sgomitava e si contorceva… " No, non è andata così …" Ma era troppo tardi: avevamo iniziato e non c'era modo di fermarci.

«Non ci siamo mai andati in quel maledetto bosco quel giorno. Noi…»

«Toglieste loro le scarpe per impedirgli di scappare. Poi uccideste Jamie. Non ne saremo certi fino a quando non troveremo i cadaveri, ma scommetto che usaste una lama. L'accoltellaste o le tagliaste la gola. In un modo o nell'altro il suo sangue finì nelle scarpe di Adam. Forse le usaste apposta per raccogliere il sangue, nel tentativo di non lasciare troppe tracce. Magari pensaste di gettarle nel fiume, insieme ai corpi. Ma poi, Jonathan, mentre eravate alle prese con Peter, vi distraeste e non prestaste attenzione a Adam. Lui si riprese le scarpe e si mise a correre a perdifiato. C'erano segni di lacerazioni sulla sua maglietta: credo che uno di voi stesse per accoltellarlo ma lui riuscì a sfuggirgli… e ve lo perdeste. Adam conosceva quel bosco meglio di voi e si nascose fino a quando le squadre di ricerca non lo trovarono. Come vi faceva stare la cosa, Jonathan? Sapere di aver fatto quello che avevate fatto per niente perché c'era ancora un testimone libero? »

Jonathan fissava il vuoto, con la mascella serrata. Mi tremavano le mani. Le feci scivolare sotto il tavolo.

«Vede, Jonathan» riprese Cassie, «è per questo che penso che foste solo in due. Tre ragazzi grandi e grossi contro tre bambini, non ci sarebbe stata gara. Non avreste avuto bisogno di togliere loro le scarpe per non farli scappare, sarebbe bastato che teneste un bambino a testa e Adam non avrebbe mai fatto ritorno a casa. Ma se eravate solo in due, cercare di bloccarne tre…»

«Signor Devlin» dissi. La mia voce aveva uno strano suono, echeggiante. «Se lei è quello che non era presente, se lei è quello che era andato al cinema per fornire l'alibi, be', allora deve dircelo. C'è una grossa, grossissima differenza tra essere un assassino ed essere solo un complice. »

Jonathan mi guardò come anche Cesare doveva aver guardato Bruto. Tu quoque, Brute… «Siete fuori di testa, tutti e due» rispose. Respirava rumorosamente con il naso. «Voi… vaffanculo tutto quanto. Non li toccammo neanche quei ragazzini. »

«Lo so che non era lei il capobanda, signor Devlin» dissi. «Era Cathal Mills. Ce l'ha detto lui. Cito: " Jonner non avrebbe mai e poi mai avuto le palle anche solo per pensarci". Se lei fu solo complice, o anche solo un testimone, faccia un favore a se stesso e ce lo dica ora. »

«Sono solo un mucchio di stronzate. Cathal non ha confessato nessun omicidio, perché di omicidi non ne abbiamo commessi. Non ho la più pallida idea di cosa sia successo a quei ragazzini e non me ne frega niente. Non ho niente da dire su di loro. Voglio solo sapere chi ha fatto questo a Katy. »

«Katy» ripeté Cassie, sollevando le sopracciglia. «Okay, come vuole. Torneremo dopo su Peter e Jamie. Parliamo di Katy. » Spinse indietro la sedia con uno stridio, facendo sobbalzare Jonathan, e si avvicinò alla parete. «Queste sono le cartelle mediche di Katy. Quattro anni di patologie gastriche inspiegabili, che finiscono la scorsa primavera quando dice alla sua insegnante di danza che smetterà, e in un batter d'occhio, non sta più male. Il medico legale sostiene che era tutto a posto. Vuole sapere cosa ci dice questa faccenda? Ci dice che qualcuno stava avvelenando Katy. Non è difficile: un po' di candeggina per le pulizie qui, una dose di detersivo per sgrassare il forno là, anche l'acqua salata è sufficiente. Succede di continuo. »

Stavo osservando Jonathan. Il rossore dovuto alla rabbia gli era defluito dalle guance. Ora era bianco, bianco come un morto. La sensazione di disagio che avevo provato poco prima evaporò come foschia e d'un tratto fui di nuovo certissimo: lui sapeva.

«E non si trattava di un estraneo, Jonathan, non si trattava di un costruttore che ce l'aveva con lei. Era qualcuno che aveva accesso a Katy quotidianamente, qualcuno di cui lei si fidava. Ma questa primavera, quando Katy ha avuto la seconda chance alla Royal Ballet School, quella fiducia stava cominciando a ridursi. Si rifiutò di continuare a prendere quella roba. Forse minacciò di dirlo. E poi, solo qualche mese dopo…» Cassie diede una manata a una delle commoventi foto post mortem. «… Katy muore. »

«Stava coprendo sua moglie, signor Devlin? » chiesi con gentilezza. Riuscivo a respirare a stento. «Di solito, quando un bambino viene avvelenato, è la madre. Se cercava solo di tenere unita la sua famiglia, possiamo aiutarla. Possiamo fare in modo che la signora Devlin riceva l'aiuto di cui ha bisogno. »



  

© helpiks.su При использовании или копировании материалов прямая ссылка на сайт обязательна.