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Tana French 21 страница



«Ammesso che questi deficienti ci diano qualche informazione, non sarà su un disco o in un database. Saranno cinque milioni di scatole da scarpe piene di documenti, e dovremo leggerceli tutti e guardare ogni singolo cazzo di nome. Ci vorranno settimane. »

«E magari si è anche trasferita, si è sposata, è emigrata e sarà pure morta, ma hai un'idea migliore? »

Mi venne, all'improvviso. «A dire il vero, sì » risposi afferrando la giacca. «Vieni. »

«Scusa? Dove andiamo? »

Girai la sedia di Cassie verso la porta mentre passavo. «A parlare con la signora Pamela Fitzgerald. Allora, chi è il tuo genio preferito? »

«Be'… Leonard Bernstein. » Cassie sbatté giù con gioia la cornetta e balzò in piedi. «Ma per oggi mi vai bene tu. »

 

Ci fermammo da Lowry a comprare una scatola di biscottini per la signora Fitzgerald, se non altro per scusarci del fatto che ancora non le avevamo ritrovato la borsetta. Fu un errore, perché la generazione della signora Fitzgerald è incontrollatamente competitiva in fatto di generosità. I biscotti significarono che si sentì in obbligo di tirare fuori dal freezer un sacchetto di focaccine, scongelarle nel microonde, spalmarci sopra il burro e riempire di marmellata un vecchio piattino, mentre sedevamo sull'orlo del suo insicuro divano, io che facevo ballare un ginocchio come un pazzo e Cassie che con lo sguardo mi segnalava di smetterla. Sapevo anche che quelle dannate focaccine andavano mangiate, altrimenti ci saremmo sentiti ripetere " Su, avanti" all'infinito.

La signora Fitzgerald ci controllava attentamente, strizzando gli occhi per vederci meglio, e sospirò soddisfatta e si rilassò nella poltrona soltanto quando ingollammo un sorso di tè – così forte che mi si accartocciò la bocca – e demmo un morso a una delle focaccine. «A me le focaccine piacciono molto» ci disse. «Ma quelle semplici, perché se sono alla frutta mi si attaccano alla dentiera. »

«Signora Fitzgerald» cominciò Cassie, «si ricorda di quei due bambini scomparsi nel bosco circa vent'anni fa? » All'improvviso quasi mi dispiacque che fosse stata lei a dirlo, ma a me mancava il coraggio. Ero certo che mi sarebbe venuta meno la voce e che mi sarei tradito. A quel punto, la signora Fitzgerald si sarebbe insospettita e, dopo avermi osservato con più attenzione, avrebbe finito per riconoscere il terzo bambino. A quel punto saremmo stati lì davvero tutto il giorno.

«Certo che me li ricordo» rispose, sdegnata. «Fu terribile. Non trovarono più neanche l'ombra di quei poverini. Nessun funerale degno di questo nome, niente di niente. »

«Cosa pensa che accadde? » chiese di punto in bianco Cassie.

Le avrei dato un calcio perché stava perdendo tempo, ma capii, sebbene riluttante, cosa la spinse a fare quella domanda. La signora Fitzgerald era la vecchietta furba della favola che sbirciava il mondo da una casetta fatiscente nel bosco, astuta e circospetta; c'era da credere che fosse in grado di fornire la risposta all'enigma, anche se magari un po' criptica per essere compresa subito.

Ispezionò la sua focaccina con aria pensierosa, le diede un morso e si picchiettò le labbra con un tovagliolino di carta. Ci stava tenendo sulla corda e se la godeva un mondo. «Un pazzo li ha gettati nel fiume» rispose alla fine. «Che Dio li benedica. Qualche pazzo che non si doveva lasciare in libertà. »

Notai che il mio corpo ebbe la solita, automatica reazione e la cosa mi fece infuriare: mi tremavano le mani e il battito cardiaco era aumentato. Appoggiai la tazza. «Allora crede che siano stati uccisi» dissi, abbassando la voce per essere certo di riuscire a controllarla.

«Certo, cos'altro, giovanotto? La mia povera mamma, che riposi in pace – era ancora viva allora; morì tre anni dopo di influenza ‑, diceva sempre che era stato il pooka, il folletto dispettoso, a prenderli. Ma era molto all'antica, che Dio la protegga. » Fui colto alla sprovvista. Il pooka è un antico personaggio che spaventa i bambini ed è tratto da una leggenda: è un selvaggio e malevolo discendente di Pan e antenato di Puck. Non era sulla lista di sospetti di Kiernan e McCabe. «No, sono finiti nel fiume, altrimenti i vostri uomini ne avrebbero ritrovato i corpi. Ci sono persone che dicono che sono ancora nella foresta, quei due poverini. Theresa King, che sta nella Lane, li ha visti l'anno scorso, mentre ritirava il bucato. »

Anche questa non me l'aspettavo, anche se forse avrei dovuto. Due bambini spariti per sempre nel bosco locale, era ovvio che entrassero a far parte del folklore di Knocknaree. Non credo ai fantasmi – piccole forme che sfrecciavano al tramonto, richiami senza parole – ma quel pensiero mi procurò brividi freddi lungo tutto il corpo. E indignazione: come poteva vederli una donna qualunque della strada accanto e io no?

«All'epoca» ripresi, cercando di riportare la conversazione sui binari giusti, «raccontò alla polizia che c'erano tre scapestrati che bazzicavano sempre al limitare del bosco. »

«Piccoli furfanti» rispose la signora Fitzgerald con passione. «Sputavano per terra, oltre a tutto il resto. Mio padre diceva sempre che sputare è segno di maleducazione. Ah, ma due di loro alla fine sono diventati bravi ragazzi. Il figlio di Concepta Mills si occupa di computer, ora. Si è trasferito in città, a Blackrock, per la precisione. Knocknaree non andava bene per lui. E Devlin, certo, abbiamo già parlato di lui. È il padre di quella povera piccola Katy, che Dio protegga la sua anima. È un brav'uomo. »

«E il terzo? » domandai. «Shane Waters? »

La signora Fitzgerald increspò le labbra e bevve un sorso di tè con fare compassato. «Non so niente di lui. »

«Ah… A lui è andata male, vero? » chiese Cassie in tono confidenziale. «Posso prendere un'altra focaccina, signora Fitzgerald? Erano secoli che non ne mangiavo di così buone. » Erano anche secoli che le facevano schifo. Dice che " non sanno di cibo".

«Prendila pure, cara, che un po' di carne addosso non ti farebbe male. Ce ne sono molte altre di là. Ora che mia figlia mi ha regalato il microonde, ne faccio sei dozzine alla volta, le congelo e le tiro fuori quando servono. »

Cassie scelse accuratamente la sua focaccina, ne morse un pezzo molto grande e commentò: «Mmm». Se ne avesse mangiate tante da spingere la signora Fitzgerald a scaldarne altre, le sarei saltato addosso. Deglutì e chiese: «Shane Waters vive ancora a Knocknaree? ».

«Carcere di Mountjoy» rispose l'anziana donna, dando alle parole tutto il loro sinistro peso. «Sta proprio lì. Lui e un altro hanno rapinato un distributore di benzina armati di coltello e hanno spaventato a morte il poveretto che ci lavorava. Sua madre dice sempre che non è un cattivo ragazzo, che si fa influenzare facilmente, ma non c'è scusa per quel tipo di comportamento. » A quel punto avrei voluto presentarla a Sam: si sarebbero piaciuti.

«Disse alla polizia che c'erano anche delle ragazze con loro» la incalzai, preparando il taccuino.

Si succhiò la dentiera con disapprovazione. «Ragazzine sfacciate e impertinenti, tutt'e due. Anche a me non dispiaceva mostrare un po' le gambe quando ero giovane, non c'è modo migliore per farsi guardare dai ragazzi, no? » Mi fece l'occhiolino e rise, una risata rumorosa e rauca ma che le illuminò il viso. Si poteva vedere ancora che era stata una ragazza carina, dolce, un po' sfacciata e pimpante. «Ma i vestiti per quelle ragazzette erano solo soldi buttati via, perché fuori avrebbe potuto esserci un freddo pungente e non si sarebbero coperte di più. Oggi lo fanno tutte, con l'ombelico fuori e i pantaloncini ridottissimi, ma allora c'era ancora un po' di decenza. »

«Ricorda i loro nomi? »

«Aspettate che ci penso. Una era la figlia maggiore di Marie Gallagher. Vive a Londra da quindici anni e torna di tanto in tanto per mostrare i vestiti chic e il suo lavoro di lusso, ma Marie dice che in fin dei conti fa solo la segretaria. Ha sempre avuto un'alta opinione di sé. » Mi cascarono le braccia: Londra! Ma la signora Fitzgerald sorseggiò il tè, alzò un dito e riprese. «Claire, ecco come si chiama. Claire Gallagher. Non si è mai sposata. Ha frequentato un signore divorziato per alcuni anni, ha spezzato il cuore a sua madre, ma poi è finita. »

«E l'altra ragazza? » domandai.

«Ah, lei sta ancora qui. Vive con sua madre qualche strada più avanti, nella Close, la parte alta della zona residenziale, la più brutta, non so se mi spiego. Due figli e niente marito. Certo, cos'altro ci si potrebbe aspettare? Se vuoi i guai, non devi cercare molto per trovarli. È una Scully. Jackie è quella che ha sposato quel tipo di Wicklow, Tracy è quella che lavora nel negozio di scommesse… Sandra, ecco come si chiama. Sandra Scully. Finisci quella focaccina» ordinò poi la signora Fitzgerald vedendo che Cassie l'aveva furtivamente appoggiata e fingeva di essersene dimenticata.

«Grazie, signora Fitzgerald. Ci è stata di grande aiuto» dissi. Cassie colse l'occasione per infilarsi il resto della focaccina in bocca e, con la stessa espressione di un gatto a cui viene somministrato un medicinale, mandarla giù con il tè. Misi via il taccuino e mi alzai.

«Aspettate un momento» disse la signora Fitzgerald, facendo un gesto con la mano. Andò in cucina e tornò con un sacchetto di focaccine surgelate che mise nelle mani di Cassie. «Ecco qua, questo è per te. No, no, no» insistette, alle proteste di Cassie. Gusti personali a parte, non ci è permesso accettare nulla dai testimoni. «Ti faranno bene. Sei una giovinetta molto carina. Dividile con il tuo ragazzo se si comporterà bene. »

 

La parte brutta della zona residenziale non era in realtà tanto diversa da quella bella. Non ci ero mai stato, non che ricordassi, almeno, perché le nostre madri ci dicevano sempre di starne lontani. Le case erano un po' più insignificanti, c'erano erbacce e margherite che crescevano nei giardini e il muro di Knocknaree era coperto di graffiti di tipo innocuo come " Forza Liverpool", " Martina e Conor, per sempre", " Jonesy è gay", quasi tutti apparentemente fatti con un pennarello colorato. Erano quasi pittoreschi paragonati a quelli di zone più difficili. Non mi sarei preoccupato più di tanto se, per qualche motivo, avessi dovuto lasciare lì la macchina, di notte.

Fu Sandra ad aprirci la porta. Per un momento non ne fui certo. Non era come la ricordavo. Era stata una di quelle ragazze che fioriscono presto e altrettanto presto appassiscono. Nella mia confusa immagine mentale, era soda e voluttuosa come una pesca matura, con un'aureola di lucenti riccioli rosso‑ oro stile anni Ottanta, mentre la donna alla porta era sfiorita e molle, con un sguardo stanco e sospettoso e capelli sfacciatamente tinti. Avvertii un forte senso di perdita. Fu questione di un attimo, ma in quell'attimo quasi sperai che non fosse lei.

Poi ci rivolse la parola. «Desiderate? » La voce era più profonda e con qualche asprezza, ma riconobbi il tono dolce e sospirato. " Allora, chi di loro è il tuo ragazzo? ", un'unghia lucente che si spostava da me a Peter, mentre Jamie scuoteva la testa ed esclamava: " Bleah! ". Sandra aveva riso, con i piedi che scalciavano contro il muro: " Cambierai idea molto presto! ".

«Signora Sandra Scully? » domandai. Annuì con diffidenza. Aveva capito che eravamo poliziotti molto prima che mostrassimo il distintivo ed era sulla difensiva. In casa, un bambino stava urlando e sbatteva qualcosa di metallico. «Sono il detective Ryan, e lei è il detective Maddox. La mia collega vorrebbe parlarle per qualche minuto. »

Sentii Cassie muoversi quasi impercettibilmente accanto a me. Aveva capito che l'avevo riconosciuta. Se avessi avuto qualche dubbio, avrei detto " vorremmo" e saremmo andati avanti tutti e due con le domande di routine su Katy Devlin fino a quando non ne avessi avuto la certezza. Ma non era il caso, e Sandra forse sarebbe riuscita a parlare meglio senza un uomo presente.

Sandra indurì la mascella. «Si tratta di Declan? Potete dire a quella vecchia strega che gli ho requisito lo stereo dopo l'ultima volta, quindi se sente qualcosa si tratta sicuramente di voci nella sua testa. »

«No, no, no» rispose prontamente Cassie. «Niente del genere. Stiamo lavorando su un vecchio caso e abbiamo pensato che forse ricordava qualche particolare che poteva esserci d'aiuto. Posso entrare? »

Sandra fissò Cassie per un momento, poi si strinse nelle spalle con un'espressione di sconfitta. «Ho scelta? » Si fece da parte e aprì un po' di più la porta. Sentii l'odore di qualcosa che stava friggendo.

«Grazie. Cercherò di non portarle via troppo tempo. » Mentre entrava in casa, Cassie si voltò a guardarmi e mi fece l'occhiolino per rassicurarmi. Poi la porta si chiuse alle sue spalle.

 

Rimase dentro per molto tempo. Seduto in macchina, fumai ininterrottamente fino a esaurire le sigarette, mi mangiai le unghie, tamburellai Eine Kleine Nachtmusik sul volante e tolsi la sporcizia dal cruscotto con la chiave della macchina. Avrei dato chissà cosa perché Cassie avesse avuto un microfono, o qualcosa del genere, per il caso in cui fosse stata necessaria la mia presenza là dentro. Non che non mi fidassi, ma non c'era stata lei, quel giorno, con Sandra, e Sandra sembrava essersi indurita con gli anni. Non ero certo che Cassie sapesse cosa domandarle esattamente. Avevo abbassato i finestrini e sentivo il bambino che urlava ancora e sbatteva l'oggetto di metallo; la voce alterata di Sandra, il rumore di uno schiaffo; lo strepito del bambino, più per l'oltraggio che per il dolore. Ricordavo i piccoli denti bianchi di Sandra quando rideva, l'incavo in ombra e misterioso nella V del suo top.

Dopo quelle che mi sembrarono ore, sentii la porta chiudersi e vidi Cassie arrivare con l'andatura decisa lungo il vialetto d'accesso. Salì in macchina e lasciò andare rumorosamente il fiato. «Be'… ci hai preso. Le ci è voluto un po' per iniziare, ma poi…»

Il cuore mi batteva forte, non so se per il trionfo o per il panico. Non riuscivo a capirlo. «Cos'ha detto? »

Cassie aveva già tirato fuori le sigarette e stava cercando l'accendino. «Parti e svolta al primo angolo. Ha detto che non le piace la macchina qua fuori, che sembra della polizia e che i vicini poi sparleranno. »

Uscii dalla zona residenziale e parcheggiai nella piazzola di sosta di fronte allo scavo archeologico. «Allora? » chiesi, dopo averle scroccato una sigaretta e aver trovato un accendino.

«Sai cosa ha detto? » Cassie abbassò con violenza il vetro del finestrino e soffiò fuori il fumo. Mi accorsi d'un tratto che era furibonda, scossa. «Ha detto: " Non sono stata violentata, me lo hanno solo fatto fare". Lo ha detto tipo tre volte. Grazie a Dio, i suoi figli hanno solo quindici e quattro anni, troppo piccoli per essere…»

«Cass» la interruppi con il tono più calmo che mi riuscì. «Dall'inizio, se non ti dispiace? »

«L'inizio è che ha cominciato a uscire con Cathal Mills a sedici anni e lui ne aveva diciannove. Era considerato un gran figo, Dio solo sa perché, e Sandra era pazza di lui. Jonathan Devlin e Shane Waters erano i suoi migliori amici. Nessuno di loro aveva una ragazza, a Jonathan piaceva Sandra, a Sandra piaceva lui, e un bel giorno, dopo quasi sei mesi di " rapporto" con Cathal, questi le disse che Jonathan voleva, parole testuali, " farsela" e che secondo lui era una bella idea. Come se stesse offrendo ai suoi amici un sorso di birra o roba del genere. Dio, erano gli anni Ottanta e non avevano neanche i preservativi…»

«Cass…»

Lanciò l'accendino fuori dal finestrino mirando a un albero. Cassie ha un buon braccio: l'accendino centrò il tronco e cadde nella vegetazione. L'avevo già vista arrabbiata – le dico sempre che è colpa del nonno francese, che si tratta della tipica mancanza di controllo tutta mediterranea – e sapevo che, dopo essersela presa con l'albero, si sarebbe calmata. Aspettai. Si riappoggiò allo schienale, tirò una boccata dalla sigaretta e, passato qualche istante, mi sorrise, imbarazzata.

«Mi devi un accendino, diva» scherzai. «Allora, mi racconti tutta la storia? »

«E tu mi devi ancora il regalo di Natale dell'anno scorso. Comunque, per Sandra non fu un grosso problema scoparsi Jonathan. Accadde una volta o due, con entrambi che ne rimanevano un po' imbarazzati, dopo, e tutto filava liscio…»

«Questo quando? »

«All'inizio di quell'estate, nel giugno dell'84. Subito dopo Sandra, Jonathan cominciò a uscire con una ragazza – forse Claire Gallagher – e Sandra ha il sospetto che restituì il favore a Cathal, con il quale ebbe una grossa lite proprio per questo motivo. Sandra ci rimase così male che alla fine decise di dimenticare tutto. »

«Cristo» esclamai. «Ma dove vivevo? Nel Jerry Springer Show? Il programma per giovani scambisti? » A pochi metri e a qualche anno di distanza, io, Jamie e Peter giocavamo a freccette contro il terribile Jack Russell Carmichael. Tutte quelle dimensioni parallele all'interno di un'innocua e piccola zona residenziale. Tutti quei mondi a sé ordinati nello stesso spazio. Pensai agli oscuri strati sotterranei dell'archeologia, alla volpe fuori dalla finestra che chiamava a gran voce una città che a malapena coincideva con la mia.

«Poi però » continuò Cassie, «Shane scoprì cosa stava succedendo e pretese la sua parte. Ovviamente, a Cathal andava bene, a Sandra no. Shane non le piaceva, lo ha chiamato " segaiolo brufoloso". Ho avuto l'impressione che fosse un po' un reietto, che gli altri due stessero con lui per abitudine, perché erano amici fin da piccoli. Cathal insisteva per convincerla – voglio dare un'occhiata alla storia di Cathal su Internet, ricordamelo – e lei continuava a dire che ci avrebbe pensato. Alla fine, la trascinarono nel bosco e, mentre Cathal e il nostro caro Jonathan la tenevano, Shane la violentò. Non è sicura della data esatta, ma sa che aveva dei lividi ai polsi che temeva non le passassero prima di tornare a scuola. Quindi dev'essere stato più o meno in agosto. »

«Ci vide? » chiesi, mantenendo un tono calmo. Che quella storia cominciasse a combaciare con la mia mi disorientava ma era anche tremendamente eccitante.

Cassie mi guardò. Il suo volto non lasciava trasparire nulla ma sapevo che voleva assicurarsi che stessi bene. Cercai di sembrare a mio agio. «Non proprio. Era… be', sai lo stato in cui era. Ma ricorda di aver sentito qualcuno nella boscaglia e poi i ragazzi mettersi a urlare. Jonathan vi ha rincorso e quando è tornato indietro ha detto qualcosa tipo " maledetti mocciosi". »

Scosse la cenere fuori dal finestrino. Dalla sua postura capii che non aveva finito. Sull'altro lato della strada, Mark, Mel e altri due stavano facendo qualcosa con delle aste e un metro giallo. Si gridarono qualcosa l'un l'altro. Mel rise con la sua voce cristallina e gridò di rimando: «Ti piacerebbe! ».

«E? » chiesi, quando non riuscii più a sopportare il silenzio. Tremavo come un cane da caccia che punta una preda. Come dicevo, non ho l'abitudine di malmenare i sospettati, ma con la mente mi vedevo già sbattere Devlin contro un muro, come avrebbe fatto Sipowicz, quello della serie NYPD, urlargli in faccia e riempirlo di pugni fino a cavargli la verità.

«Sai cosa? » continuò Cassie. «Sandra non lasciò Cathal Mills. Continuò a uscire con lui finché non fu lui a lasciarla, alcuni mesi dopo. »

Fui lì lì per sbottare: " E questo è tutto? ". «Credo che il periodo di prescrizione sia più lungo se lei era minorenne» dissi, invece. La mia mente correva a cento all'ora mentre contemplava le diverse strategie di interrogatorio. «Potremmo avere ancora tempo. È proprio il tipo di persona che mi piacerebbe arrestare nel bel mezzo di una riunione importante. »

Cassie scosse la testa. «Non c'è alcuna possibilità che Sandra sporga denuncia. Pensa che sia stata tutta colpa sua perché andava a letto con lui. »

«Andiamo a parlare con Devlin» proposi e misi in moto.

«Aspetta un secondo» mi fermò Cassie. «C'è un'altra cosa. Magari non è niente, ma… Quando ebbero finito, Cathal… penso sinceramente che dovremmo indagare in ogni caso su di lui per trovare qualcosa con cui incriminarlo… Cathal disse: " Brava la mia ragazza" e le diede un bacio. Lei era seduta, tremava, cercava di rimettersi i vestiti e di risistemarsi. E in quel momento sentirono qualcosa fra gli alberi, a poca distanza. Sandra dice di non aver mai sentito niente del genere. Come di un uccello enorme che sbattesse le ali, ha detto, però è sicura che fosse un suono vocale, un richiamo. Sussultarono tutti, urlarono, poi Cathal gridò qualcosa tipo " quei maledetti bambini rompono di nuovo i coglioni" e lanciò dei sassi fra gli alberi, ma il rumore non cessò. Proveniva da una zona in ombra e non riuscivano a vedere niente. Erano paralizzati, spaventati. Riuscivano solo a gridare. Poi finì e la cosa parve allontanarsi tra gli alberi. Sembrava grande almeno quanto una persona, ha detto. Scapparono a casa. E c'era un odore, ha detto, un forte odore di animali, come di capre, o roba del genere, o come quello che si sente allo zoo. »

«Coosa? » esclamai. Ora mi aveva davvero colto alla sprovvista.

«Non foste voi? »

«Non che io ricordi» risposi. Sapevo che eravamo scappati via, che mi mancava il fiato per la corsa, che non ero certo di cosa stesse succedendo ma che di sicuro c'era qualcosa di molto sbagliato. Ricordavo noi tre che ci guardavamo, ansimanti, al limitare del bosco. Dubitavo seriamente che potessimo aver deciso di tornare alla radura per metterci a fare strani rumori d'ali e spandere odore di capra. «Se lo sarà immaginato. »

Cassie si strinse nelle spalle. «Certo, potrebbe esserselo immaginato. Ma mi sono anche chiesta se nel bosco magari non ci fosse un qualche tipo di animale pericoloso. »

L'animale più feroce che c'è in Irlanda è molto probabilmente il tasso, ma ci sono anche storie molto antiche, specie nelle Midland: di pecore morte con la gola squarciata, di viaggiatori notturni che, lungo i sentieri, si imbattevano in grandi ombre o che scorgevano occhi luminosi. La spiegazione di solito fa ricorso a qualche cane da pastore senza padrone, a occhi di gatti visti al buio, ma alcuni fatti rimangono comunque inspiegati. Pensai agli strappi sul dorso della mia maglietta. Senza credere all'esistenza di misteriosi animali selvatici, anche Cassie ne è sempre stata affascinata, perché quelle linee le riportano alla mente il Cane Nero che seguiva i viandanti medievali, e perché le piace l'idea che nel paese ci siano parti sconosciute e non ancora presenti sulle mappe, non ancora regolate e monitorate con telecamere a circuito chiuso. Le piace pensare che ci siano ancora angoli segreti d'Irlanda con animali non addomesticati delle dimensioni di un puma che si aggirano indisturbati.

Anche a me l'idea piace, normalmente, ma in quel momento non avevo proprio il tempo di pensarci. Fin da quando quel caso aveva avuto inizio, fin dal preciso momento in cui eravamo apparsi con la nostra auto in cima alla collina e avevamo visto Knocknaree estendersi di fronte a noi, l'opaca membrana fra me e quel giorno nel bosco si era lentamente ma inesorabilmente assottigliata. Ora era così sottile che riuscivo a sentire i piccoli rumori furtivi dall'altra parte, un battere d'ali e un fruscio, come di una falena intrappolata nelle mani chiuse a coppa. Non c'era spazio per strambe teorie di animali esotici, elfi o mostri di Loch Ness.

«No» le risposi. «No, Cass. Praticamente ci vivevamo, in quel bosco. Lo avremmo saputo se ci fosse stato qualcosa di più grande di una volpe. E quelli che vennero a cercarci ne avrebbero rinvenuto le tracce. O c'era un voyeur con un cattivo odore addosso che li stava osservando, oppure si è immaginata tutto. »

«Potrebbe anche essere» commentò Cassie con un tono neutro. Mi scossi. «Un momento, e ora come ci organizziamo? »

«Di certo questa volta non me ne starò seduto in questa cazzo di macchina ad aspettare» risposi, accorgendomi di aver alzato pericolosamente il volume della voce.

Inarcò leggermente un sopracciglio. «Veramente pensavo di restarci io… Be', non seduta in macchina. Ti scarico e vado a parlare un altro po' con le cugine o roba del genere. Puoi mandarmi un SMS quando vuoi che ti venga a prendere. Tu e Devlin potete farvi una bella chiacchierata fra uomini. Non parlerebbe di stupro se ci fossi anch'io. »

«Oh» mormorai, a disagio. «Okay, grazie, Cass. Mi sembra un buon piano. »

Scese e io cominciai a spostarmi verso il lato del passeggero, pensando che volesse guidare lei. Ma Cassie andò verso gli alberi e si mise a scalciare tra l'erba alta fino a quando non trovò l'accendino. «Eccolo» disse in tono burbero ma con un sorrisetto di sbieco, e me lo allungò. «Adesso però voglio il mio regalo di Natale. »

 

 

Quando mi fermai davanti alla casa dei Devlin, Cassie disse: «Rob, magari ci hai già pensato, ma la cosa potrebbe prendere una direzione completamente diversa».

«In che senso? » chiesi, in tono assente.

«Sai quando dicevo della sensazione di posticcio relativa allo stupro, quello di Katy, intendo, e del fatto che non sembrava avere uno sfondo sessuale? Abbiamo qualcuno con un motivo non di carattere sessuale per volere che la figlia di Devlin fosse violentata e che poteva usare solo un arnese per farlo. »

«Sandra? All'improvviso, dopo vent'anni? »

«L'articolo di giornale potrebbe aver risvegliato qualcosa. »

«Cassie» dissi, inspirando profondamente, «sono un semplice ragazzo di provincia. Preferisco concentrarmi sull'ovvio. E l'ovvio, al momento, è Jonathan Devlin. »

«Dicevo per dire. Potrebbe tornare utile. » Allungò una mano e mi arruffò i capelli, rapida e goffa. «Forza, ragazzo di provincia. In bocca al lupo. »

 

Jonathan era solo in casa. Disse che Margaret aveva portato le ragazze da sua sorella e mi chiesi quando fosse successo e perché. Aveva un aspetto terribile. Era dimagrito così tanto che i vestiti gli pendevano addosso miseramente, e la faccia pure. Si era tagliato i capelli ancora più corti, rasati vicino alla cute. Gli davano un che di solitario e disperato che mi fece pensare alle civiltà antiche dove i parenti dei defunti offrivano i loro capelli sulle pire funerarie degli scomparsi. Mi indicò il divano e si sedette su una poltrona di fronte a me. Era proteso in avanti, con i gomiti sulle ginocchia e le mani strette. La casa sembrava deserta: non c'erano odori di cucina, né si sentiva la TV o la lavatrice in sottofondo; non c'erano libri lasciati aperti sui braccioli, niente che suggerisse che stesse facendo qualcosa quando ero arrivato.

Non mi offrì nulla da bere. Gli chiesi come andavano le cose. «Lei che ne dice? » fu la sua risposta. Gli spiegai che stavamo seguendo varie piste, respinsi le sue brusche domande su dettagli più specifici e chiesi se gli era venuto in mente altro che potesse essere rilevante. La selvaggia e incontenibile urgenza che avevo sentito in macchina era svanita non appena aveva aperto la porta. Mi sentivo più calmo e lucido di quanto non fossi stato per settimane. Margaret, Rosalind e Jessica potevano rientrare da un momento all'altro, ma non so perché ero certo che non sarebbe accaduto. Le finestre erano sporche e la luce del tardo pomeriggio scivolava sui mobiletti con le antine di vetro e sul legno lucido del tavolo da pranzo inondando la stanza di una luminescenza velata. Era come se fossimo sott'acqua. Sentivo un orologio che ticchettava in cucina, pesante e dolorosamente lento, ma a parte quello non si udiva altro, neppure fuori. Tutta Knocknaree poteva essersi riunita per poi svanire nell'aria, lasciando solamente me e Jonathan Devlin. C'eravamo noi due e basta, uno di fronte all'altro, divisi solo dal tavolino segnato dalle impronte tondeggianti lasciate dalle tazze, e le risposte erano così vicine che le sentivo accalcarsi e azzuffarsi negli angoli della stanza. Non c'era alcuna fretta.

«Chi è l'appassionato di Shakespeare? » mi risolsi a domandare, rimettendo via il blocco. Ovviamente la domanda non rivestiva alcuna importanza, ma pensai che potesse servire a fargli abbassare un po' la guardia. Ed era anche una cosa che mi incuriosiva.



  

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