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Tana French 18 страница



«E quando ha deciso che doveva andare in collegio? »

Alicia si affondò le dita fra i capelli. «Io…oh, mamma mia. Mi fa stare così male pensarci. »

Aspettammo.

«Avevo appena compiuto trent'anni» riprese. «E avevo capito che non mi piaceva come ero diventata. Facevo la cameriera in un caffè in città mentre Jamie era a scuola, ma non ne valeva la pena, non ci stavo nemmeno con la spesa per i biglietti dell'autobus, e non avevo nessun titolo di studio per potermi trovare un altro lavoro. Non volevo trascorrere il resto della mia vita così. Volevo qualcosa di meglio, per me e per Jamie. Io… oh, in un certo senso ero ancora una bambina anch'io. Non avevo mai avuto la possibilità di crescere. E lo volevo. »

«E per crescere» le suggerì Cassie, «aveva bisogno di un po' di tempo per sé? »

«Sì, proprio così. Ha capito perfettamente. » Alicia strinse il braccio di Cassie con gratitudine. «Volevo trovarmi un lavoro vero, così che non fossi più costretta ad appoggiarmi ai miei genitori, ma non sapevo quale. Avevo bisogno di poterlo scoprire. E una volta che lo avessi individuato, sapevo che avrei dovuto probabilmente fare un corso, e non potevo lasciare Jamie sola tutto il tempo: sarebbe stato diverso se avessi avuto un marito, o una famiglia. Avevo qualche amica, ma non potevo pretendere che…»

Si stava attorcigliando i capelli sempre più stretti intorno alle dita. «Ma certo» disse Cassie, pratica. «Così aveva appena comunicato a Jamie la sua decisione…»

«Be', glielo avevo detto la prima volta a maggio, quando finalmente mi ero decisa. Ma aveva reagito malissimo. Avevo provato a spiegarglielo, l'avevo portata a Dublino per farle vedere la scuola, ma era servito solo a peggiorare le cose. La odiava. Diceva che le ragazze là erano tutte stupide e parlavano solo di ragazzi e di vestiti. Jamie era un po' un maschiaccio, sapete, le piaceva stare fuori nel bosco tutto il giorno. Odiava il pensiero di stare rinchiusa in una scuola di città e di dover fare esattamente quello che facevano tutti gli altri. E non voleva lasciare i suoi amici. Era molto unita ad Adam e Peter, il bambino che è sparito con lei. » Lottai contro l'impulso di nascondere il viso dietro il taccuino.

«Così avete litigato. »

«Cielo, sì. Be', in realtà fu più un assedio che una battaglia. Jamie, Peter e Adam misero in atto un vero e proprio ammutinamento. Bandirono tutti gli adulti per settimane: non parlavano con noi genitori, non ci guardavano neanche, non parlavano in classe, ogni compito di Jamie recava in alto la scritta: NON MANDATEMI VIA…»

Aveva ragione: era stato un ammutinamento. FATE RIMANERE JAMIE, scritto a lettere maiuscole in rosso e di traverso su un foglio a quadretti. Mia madre che cercava inutilmente di farmi ragionare, io che sedevo sul divano, a gambe incrociate, muto, intento a mangiucchiarmi la pelle intorno alle unghie, lo stomaco in subbuglio per l'eccitazione e la paura per l'audacia che mostravo. " Ma vincemmo noi" pensai confusamente. " Di certo vincemmo noi. " Urrà e dammi‑ un‑ cinque sul muro del castello, lattine di Coca alzate in un brindisi di festa. «Ma lei rimase ferma sulla sua decisione» disse Cassie.

«Insomma… non precisamente. Mi avevano esaurita. Era così difficile… Sa, tutta la gente che ne parlava, Jamie che l'aveva messa come se la stessi mandando in un orfanotrofio, come in Annie o roba del genere, io che non sapevo cosa fare… Alla fine mi lasciai sfuggire un: " Va bene, ci penserò ". Dissi loro di non preoccuparsi, che avremmo trovato una soluzione, e interruppero la protesta. Pensai davvero di aspettare un altro anno. Ma i miei genitori si erano offerti di pagare le tasse scolastiche di Jamie e non ero certa che avrebbero fatto la stessa cosa l'anno dopo. So che dicendo questo potrò sembrare una madre terribile, ma pensavo veramente…»

«Per niente» la rassicurò Cassie. Scossi la testa anch'io, automaticamente. «Così quando disse a Jamie che alla fine ci sarebbe andata…»

«Oh, accidenti…» Alicia si torceva le mani. «Era distrutta. Disse che le avevo mentito. Cosa che non avevo fatto, sa, io… e poi scappò fuori a cercare gli altri, e io pensai: " Oh, Signore, ora ricominceranno a non parlare, ma per lo meno sarà solo per una settimana o due…". Avevo aspettato fino all'ultimo momento per dirglielo, capite, perché potesse godersi l'estate… e così, quando non tornò a casa, immaginai che…»

«Immaginò che fosse scappata» finì per lei Cassie. Alicia annuì. «Pensa ancora che possa essere stata un'eventualità? »

«No. Non lo so. Oh, detective, un giorno penso una cosa, il giorno dopo ne penso un'altra… Ma c'era il suo salvadanaio. Lo avrebbe preso con sé, no? E Adam era ancora nel bosco. Se fossero scappati, di certo ora sarebbe… sarebbe…»

Voltò bruscamente la testa, portandosi una mano al viso. «Quando capì che forse poteva non essere fuggita» domandò Cassie, «quale fu il suo primo pensiero? »

Di nuovo, Alicia inspirò ed espirò a fondo, le mani strette in grembo. «Pensai… avevo torto, ma sperai che magari suo padre… sperai che l'avesse presa lui. Lui e sua moglie non potevano avere figli, sapete, così pensai che magari… ma la polizia controllò e mi assicurarono che non era andata così. »

«In altre parole» disse Cassie, «non c'era niente che le facesse pensare che qualcuno potesse averle fatto del male. Nessuno che le avesse fatto paura, o nulla che l'avesse turbata, nelle settimane precedenti. »

«No, a dire il vero, no. C'era stato un giorno… un paio di settimane prima, che era rientrata prima del solito da giocare. Era sembrata un po' sconvolta ed era rimasta stranamente silenziosa per tutta la serata. Quando le avevo chiesto se era successo qualcosa, se qualcuno le aveva dato fastidio, mi aveva risposto di no. »

Qualcosa di oscuro guizzò nella mia mente – a casa presto, " no, mamma, tutto a posto" – ma era troppo lontano da raggiungere. «Lo dissi ai detective» proseguì Alicia, «ma non era un granché su cui lavorare, giusto? E potrebbe non essere stato nulla, dopotutto. Magari aveva bisticciato con gli amici. Forse avrei dovuto capire se si trattava di qualcosa di serio o meno… ma Jamie era una bambina piuttosto riservata, chiusa. Difficile da capire. »

Cassie annuì. «Dodici anni sono un'età complicata. »

«Sì, infatti, è proprio così. Era quello il problema. Penso che non avessi capito che era grande abbastanza per… be', per provare delle emozioni così forti rispetto agli eventi. Ma lei, Peter e Adam… avevano fatto tutto insieme fin da piccolissimi. Penso che non potessero immaginare la vita senza gli altri due. »

Fui quasi accecato da un'ondata di pura indignazione. " Non dovrei essere qui" pensai. " È una vera stronzata. " Avrei dovuto essere seduto in un giardino in fondo alla strada, a piedi nudi e con qualcosa da bere in mano, a scambiarci le storie della giornata di lavoro con Peter e Jamie. Non ci avevo mai riflettuto prima e il pensiero quasi mi mise fuori combattimento: tutte le cose che avremmo potuto avere. Avremmo potuto restare svegli tutta la notte a studiare e a stressarci prima degli esami di maturità; io e Peter avremmo potuto litigare su chi doveva accompagnare Jamie al ballo delle debuttanti per prenderla poi in giro su come le stava il vestito; saremmo potuti tornare a casa insieme, cantando e ballando come matti, dopo notti di ubriacature al college; avremmo potuto prenderci un appartamento, andare in giro per l'Europa, passando a braccetto per incerte fasi modaiole, lavoretti sottopagati e storie d'amore ad alto tasso di drammaticità. Un paio di noi avrebbero potuto essersi sposati e aver dato al terzo un figlioccio. Mi avevano derubato. Mi piegai sul taccuino perché Alicia Rowan e Cassie non potessero vedermi il volto.

«La sua camera da letto è ancora come l'aveva lasciata» disse Alicia. «Nel caso… so che è una cosa sciocca, è ovvio, ma se tornasse non vorrei che pensasse… Volete vederla? Potrebbe esserci… gli altri detective potrebbero non aver notato qualcosa…»

La camera da letto fu come uno schiaffo in pieno viso: pareti bianche con poster di cavalli, tendine gialle che si muovevano al vento, un acchiappasogni sopra al letto. Ne avevo avuto abbastanza. «Io vado ad aspettarti in macchina» dissi, e Cassie mi lanciò una rapida occhiata. «Grazie per il suo tempo, signora Rowan. »

In macchina, appoggiai la testa sul volante fino a quando l'offuscamento non si dileguò. Rialzai lo sguardo, vidi un fluttuare di giallo ed ebbi una scarica di adrenalina quando una testa biondo platino si mosse fra le tende. Ma si trattava semplicemente di Alicia Rowan che orientava il piccolo vaso di fiori sul davanzale verso l'ultima luce grigia del pomeriggio.

 

«La camera da letto è un po' spettrale» commentò Cassie quando ci fummo lasciati l'abitato alle spalle e ci inoltrammo per stradine secondarie piene di curve. «Il pigiama sul letto e un vecchio libro aperto sul pavimento. Niente che mi abbia dato alcuna idea. Eri tu quello nella foto sul caminetto? »

«Immagino di sì » risposi. Continuavo a sentire l'inferno dentro e non avevo alcuna voglia di mettermi ad analizzare i soprammobili di Alicia Rowan.

«Quello che ci ha detto su Jamie, che un giorno era arrivata a casa molto turbata… Ricordi di cosa si trattava? »

«Cassie» le dissi, «ne abbiamo già parlato. E te lo ripeto: non ricordo un beneamato cazzo. Per quello che mi riguarda, la mia vita è iniziata a dodici anni e mezzo, su un traghetto in viaggio per l'Inghilterra, okay? »

«Cristo, Ryan. Era solo una domanda. »

«E ora sai la risposta» ribattei, scalando una marcia. Cassie fece un gesto con le mani che voleva dire " lasciamo perdere", accese la radio a tutto volume e mi lasciò stare.

 

Dopo qualche chilometro, staccai una mano dal volante e le arruffai i capelli.

«Vaffanculo, stronzo» disse lei, senza rancore.

Feci un gran sorriso, sollevato, e le tirai un ricciolo. Mi diede una pacca sulla mano. «Senti, Cass» cominciai, «devo chiederti una cosa. »

Mi guardò con sospetto.

«Secondo te, i due casi sono collegati o no? Se proprio dovessi tirare a indovinare. »

Cassie ci pensò per un bel po', guardando fuori dal finestrino i cespugli, il cielo grigio e le nuvole che si muovevano velocemente. «Non lo so, Rob» rispose alla fine. «Ci sono cose che non combaciano. Katy è stata lasciata dove poteva essere trovata subito, mentre… questa è la differenza più grande, dal punto di vista psicologico. Ma potrebbe esserci una spiegazione, magari il nostro uomo si sentiva perseguitato dal senso di colpa da allora e ha pensato che questa volta lo avrebbe sentito meno se avesse fatto in modo che la famiglia riavesse il corpo. E Sam ha ragione: quante sono le probabilità che ci siano due diversi assassini di bambini nello stesso posto? Se dovessi scommetterci dei soldi… davvero non lo so. »

Frenai di botto, e credo anche che urlammo tutti e due. Qualcosa aveva attraversato la strada sfrecciando davanti a noi – qualcosa di basso e scuro, con l'andatura sinuosa di una donnola o di un ermellino, troppo grande però per essere uno di quegli animali – ed era scomparso tra i folti cespugli dall'altra parte della strada.

Fummo proiettati in avanti; se devo essere sincero, stavo guidando troppo velocemente per una stradina secondaria a doppio senso e a carreggiata singola. Cassie però è una fanatica delle cinture di sicurezza, quelle cinture che avrebbero potuto salvare la vita ai suoi genitori, e anch'io le avevo allacciate. La macchina si fermò di traverso, in mezzo alla strada, con una ruota a pochi centimetri dal fosso. Cassie e io non ci muovemmo, ancora storditi. Alla radio una band di ragazze continuava a ululare con una gioia insensata.

«Rob? » mormorò Cassie, dopo un po', col fiato mozzo. «Stai bene? »

Non riuscivo a staccare le mani dal volante. «Che cazzo era? »

«Cosa? » Cassie aveva gli occhi spaventati.

«Quell'animale» dissi. «Che cos'era? »

Cassie mi stava guardando con qualcosa di nuovo negli occhi, qualcosa che mi spaventò quasi quanto la creatura. «Non ho visto nessun animale. »

«Ci ha attraversato la strada. Devi essertelo perso perché stavi guardando fuori dal finestrino. »

«Sì » fece lei, dopo quello che sembrò un tempo lunghissimo. «Sì, immagino di sì. Magari una volpe…»

Sam aveva trovato il suo giornalista in poche ore: Michael Kiely, sessantadue anni, quasi in pensione dopo una carriera di moderato successo. Aveva raggiunto l'apice alla fine degli anni Ottanta, quando aveva scoperto che un ministro del governo aveva nove membri della sua famiglia sul libro paga come " consulenti", ma poi non era mai più riuscito a eguagliarsi. Nel 2000, quando ne erano stati annunciati i progetti, Kiely aveva scritto un articolo pieno di sarcasmo nel quale sosteneva che l'autostrada aveva già raggiunto un primo obiettivo: quella mattina, in Irlanda c'erano molti operatori immobiliari felici come pasque. A parte una lettera piena di retorica e lunga due colonne del ministro per l'Ambiente, che spiegava come l'autostrada avrebbe reso tutto perfetto per sempre, non c'era stato alcun seguito.

Ma c'erano voluti alcuni giorni prima che Sam riuscisse a persuadere Kiely a incontrarlo. Non appena aveva menzionato Knocknaree, Kiely aveva urlato: «Pensi che sia uno stupido, ragazzo? » e aveva riattaccato. Alla fine, Sam era riuscito a tenerlo al telefono abbastanza a lungo per spiegargli cosa stava cercando e perché. Kiely si era fatto mandare via fax il suo documento di riconoscimento e poi aveva richiamato una scocciatissima Bernadette per avere conferma che il detective Samuel O'Neill esistesse davvero e per chiederle che aspetto avesse. E anche allora si era rifiutato di farsi vedere con Sam in città. Si era fatto raggiungere in un pub di infimo ordine dalle parti di Phoenix Park. «Qui è più sicuro, ragazzo, molto più sicuro. » Era così paranoico che Sam non era riuscito neanche a capire di cosa o di chi avesse paura. «Sembra una storia alla Elmore Leonard» commentai quando Sam ce lo raccontò a cena.

«Già » fece Cassie, passando a Sam il pane all'aglio. «E come te la sei cavata? »

Kiely aveva un naso a becco d'uccello e una folta zazzera di capelli bianchi («Ha l'aria di un poeta»). Sam gli aveva offerto un Bailey e brandy («Buon Dio» esclamai; «Oho» fu il commento di Cassie mentre lanciava un'occhiata meditabonda al suo ripiano degli alcolici) e aveva tentato di portarlo sull'argomento autostrada, ma Kiely si era rinchiuso in sé e aveva sollevato una mano con occhi visibilmente sofferenti. «La voce, ragazzo, abbassa la voce… Oh, c'è qualcosa sotto, non c'è dubbio. Qualcuno – niente nomi – mi ordinò fin dall'inizio di tenermi fuori dalla storia. Ragioni legali, dissero, niente prove… assurdo. Baggianate. Era solo velenoso interesse personale. Questa città, ragazzo… questa vecchia città ha la memoria molto lunga. »

E aveva cominciato a parlare del libro che aveva tentato di far pubblicare senza successo da diversi editori. «Be', qualcuno doveva averli messi sul chi vive, ovviamente. Non è difficile indovinare chi. Non credo di esagerare quando dico che trasformerà il panorama della politica irlandese… è un'immagine ironica, quando si considera il contesto, no? " Fiuto per la verità " lo chiamerò. »

Sam si era mostrato interessato alle tribolazioni del volume e al secondo giro Kiely si era un po' rilassato ed era diventato di umore più malleabile. «Si potrebbe sostenere» aveva detto a Sam, sporgendosi in avanti sulla sedia e facendo ampi gesti, «si potrebbe sostenere che quel posto ha portato male fin da subito. Tanta retorica iniziale sul nuovo centro urbano che sarebbe sorto e poi, dopo alcuni anni, dopo che avevano venduto fino all'ultima casa della zona residenziale, andò tutto a monte. Dissero che il budget non avrebbe permesso nessun altro tipo di ampliamento. Si potrebbe sostenere, ragazzo, che l'unico scopo di quella retorica fosse quello di assicurarsi la vendita delle case a un prezzo di parecchio superiore a quello che ci si potrebbe aspettare per un insediamento che si trova in mezzo al nulla. Non lo sostengo, ovviamente, perché non ho prove. »

Aveva finito il suo drink e aveva guardato il bicchiere vuoto con bramosia. «Quello che posso dirti è che c'è stato qualcosa di strano in quel posto fin dall'inizio. Ma sai i feriti e i morti che ci sono stati durante la costruzione? Quasi tre volte la media nazionale. Ci credi, ragazzo, che un posto possa avere una volontà propria, che possa ribellarsi, diciamo, a un'errata gestione umana? »

«Qualunque cosa si dica di Knocknaree» intervenni, «di certo non ha messo quel cazzo di sacchetto di plastica sulla testa di Katy Devlin. » Ero lieto che Kiely fosse un problema di Sam e non mio. Di solito trovo divertente quel tipo di assurdità, ma visto come mi sentivo quella settimana, probabilmente lo avrei preso a calci negli stinchi.

«Cosa gli hai risposto? » chiese Cassie.

«Gli ho risposto di sì » rispose Sam, serenamente, cercando di arrotolare le fettuccine sulla forchetta. «Avrei risposto di sì anche se mi avesse chiesto se credevo che piccoli omini verdi stessero governando il Paese. »

Nonostante questo, però, quando Sam aveva provato a portare Kiely su dettagli più concreti del recente passato di Knocknaree, il giornalista gli aveva lanciato uno sguardo di avvertimento e aveva agitato un lungo dito verso gli altri tavoli. Si era scolato il terzo bicchiere, in silenzio, con il mento affondato nel petto (chissà come si sarebbe divertito Sam quando avrebbe tentato di farlo rientrare nelle spese), poi si era infilato il cappotto, gli aveva stretto la mano con una presa lunga e calorosa, aveva mormorato un: «Non guardarlo finché non sarai in un posto sicuro» ed era uscito dal pub, lasciandogli nella mano un foglietto tutto spiegazzato.

«Che tipo! » esclamò, cercando nel portafogli. «Penso che gli abbia fatto piacere avere qualcuno che lo ascoltasse, per una volta. Per come è fatto, potrebbe mettersi a gridare un segreto da un tetto e nessuno gli crederebbe. » Estrasse dalla tasca qualcosa di apparentemente metallico, stringendolo fra pollice e indice, e lo passò a Cassie. Appoggiai la forchetta e mi sporsi da sopra la sua spalla.

Era un pezzo di carta argentata, di quelli che si estraggono dai pacchetti di sigarette nuovi, arrotolato molto stretto. Cassie lo dispiegò. Sul retro c'era scritto, a pennarello nero, sbavato e quasi illeggibile: " Dynamo – Kenneth McClintock. Futura – Terence Andrews. Global – Jeffrey Barnes e Conor Roche".

«Sei sicuro che sia affidabile? » chiesi.

«Completamente pazzo» rispose Sam, «ma è un buon giornalista, o almeno lo era. Direi che non mi avrebbe dato questi nomi se non ne fosse stato certo. »

Cassie passò un dito sul pezzo di carta. «Se c'è riscontro» disse, «è la pista migliore che abbiamo al momento. Ben fatto, Sam. »

«È salito su un'auto, ragazzi» fece Sam, un po' preoccupato. «Non sapevo se lasciarlo guidare, dopo tutto quello che aveva bevuto, ma… potrei aver bisogno di parlargli di nuovo. Devo tenermelo buono. Cosa dite… gli telefono per sentire se è arrivato a casa sano e salvo? »

 

Il giorno dopo era un venerdì, erano passate due settimane e mezzo dall'inizio delle indagini, e sul finire della giornata O'Kelly ci chiamò nel suo ufficio. Fuori il freddo era pungente, ma il sole che entrava dalle grandi finestre riscaldava la sala operativa, così che da dentro potevi quasi credere che fosse ancora estate. Sam era nel suo angolo e, fra una telefonata bisbigliata e l'altra, scribacchiava qualcosa; Cassie era al computer, a passare qualcuno al setaccio del sistema Pulse, che contiene tutte le informazioni aggiornate che possono essere utili alle indagini; io e un paio di agenti di supporto avevamo appena fatto un giro di caffè e ci stavamo passando le tazze. Nella stanza si udiva il mormorio impegnato e intento di una classe di studenti al lavoro. O'Kelly mise la testa dentro, si cacciò pollice e indice in bocca e fischiò. Quando il mormorio si spense, sbraitò: «Ryan, Maddox, O'Neill», fece segno con il pollice dietro di sé e richiuse la porta, sbattendola.

Noi tre ci guardammo. Con la coda dell'occhio vidi gli altri agenti scambiarsi di sottecchi occhiate perplesse. Ce lo aspettavamo già da un paio di giorni, o per lo meno, io me lo aspettavo. Avevo ripassato la scena mentalmente mentre guidavo per andare al lavoro, sotto la doccia e perfino mentre dormivo, al punto che m'ero svegliato farfugliando. «Cravatta» feci segno a Sam, indicandogliela. Il nodo gli si spostava sempre verso un orecchio quando era molto concentrato.

Cassie bevve un ultimo sorso di caffè e sospirò. «Okay» disse, «andiamo». Gli agenti di supporto tornarono a fare quello che stavano facendo, ma sentii i loro sguardi che ci seguivano, fuori dalla stanza e lungo tutto il corridoio.

«Allora» cominciò O'Kelly non appena fummo entrati nel suo ufficio. Era seduto dietro la scrivania e stava cincischiando con un orribile giochetto cromato da manager, rimasuglio degli anni Ottanta. «Come procede l'Operazione come cavolo la chiamate? »

Non ci sedemmo e ci lanciammo in un'elaborata descrizione di quello che avevamo fatto per trovare l'assassino di Katy Devlin e del perché non aveva funzionato. Stavamo parlando troppo in fretta e troppo a lungo, ci stavamo ripetendo con dettagli che conosceva già: sapevamo cosa stava per arrivare e nessuno voleva sentirlo.

«Sembra che abbiate controllato tutto per bene» disse O'Kelly quando finalmente tacemmo. Stava ancora manipolando il suo orribile giochetto, clic clic clic… «Avete un sospettato principale? »

«Stiamo pensando ai genitori» dissi. «L'uno o l'altro. »

«Il che significa che non avete niente di concreto su nessuno dei due. »

«Stiamo ancora indagando, signore» disse Cassie.

«E io ho quattro sospetti per le telefonate minatorie» aggiunse Sam.

O'Kelly sollevò lo sguardo. «Ho letto i vostri rapporti. Attenti a dove mettete i piedi. »

«Sì, signore. »

«Bene. » O'Kelly depose il giochetto cromato. «Continuate. Non avete bisogno di trentacinque agenti di supporto per farlo. »

Anche se me l'aspettavo, la botta fu ugualmente molto forte. Quegli agenti non avevano mai smesso di inquietarmi, ma toglierceli sembrava una mossa piena di significato, un primo, irrevocabile passo verso la ritirata. Voleva dire che, dopo qualche settimana, O'Kelly ci avrebbe reinseriti nei turni, ci avrebbe assegnato nuovi casi, e l'Operazione Vestale sarebbe diventata qualcosa su cui lavorare nei ritagli di tempo. Qualche altro mese e Katy sarebbe stata relegata alla cantina, alla polvere e alle scatole di cartone, riesumata una volta all'anno o ogni due anni se avessimo avuto una buona pista. RTÉ avrebbe fatto uno squallido documentario su di lei, con una voce fuori campo fortemente caratterizzata dal respiro e una raccapricciante musica di sottofondo a sottolineare che il caso era ancora irrisolto. Mi chiesi se Kiernan e McCabe avessero sentito quelle stesse parole in quella stessa stanza. Magari da qualcuno che giocherellava con lo stesso inutile aggeggio.

O'Kelly dovette avvertire l'ammutinamento nel nostro silenzio perché domandò: «Che c'è? ».

Tirammo fuori il meglio di noi stessi, i discorsi preparati in anticipo, i più sinceri ed eloquenti, ma anche mentre parlavo sapevo che non sarebbe servito a niente. Preferisco non ricordare la maggior parte di ciò che dissi, sono certo che verso la fine stessi blaterando parole senza senso. «Signore, abbiamo sempre saputo che non sarebbe stato un caso che si sarebbe risolto in un soffio» conclusi. «Ma ci stiamo arrivando, passo dopo passo. Penso davvero che sarebbe un errore mollare ora. »

«Mollare? » chiese O'Kelly, indignato. «Quando mi avete sentito parlare di mollare? Non stiamo mollando un bel niente. Stiamo ridimensionando e basta. »

Nessuno disse niente. O'Kelly si sporse in avanti e tamburellò con le dita sulla scrivania. «Ragazzi» riprese in tono più tranquillo, «questa è una semplice analisi costi‑ benefici. Avete già ottenuto tutto il possibile dagli agenti di supporto. Quante persone vi sono rimaste da interrogare? »

Silenzio.

«E quante telefonate sono arrivate oggi sulla linea delle informazioni alla polizia? »

«Cinque» rispose Cassie dopo un momento. «Finora. »

«Qualcuna utile? »

«Forse no. »

«Precisamente. » O'Kelly allargò le mani. «Ryan, lo hai detto anche tu che non è un caso che si risolve in un soffio. È proprio questo che vi sto dicendo: ci sono casi veloci e casi lenti, e questo richiederà del tempo. Nel frattempo però, ci sono stati altri tre omicidi, c'è una specie di guerra della droga su a nord, e ci sono persone che mi chiamano da ogni parte per sapere cosa sto facendo con tutti gli agenti di supporto di Dublino. Capite cosa voglio dire? »

Lo capivo fin troppo bene. Di O'Kelly si sarebbe potuto dire tutto, ma bisognava dargli credito di questo: un numero spaventosamente grande di sovrintendenti ci avrebbero tolto il caso, a me e a Cassie, fin dall'inizio. Fondamentalmente, l'Irlanda è ancora una piccola città, di solito si ha un'idea del colpevole quasi fin dall'inizio e la maggior parte del tempo e dello sforzo non viene dedicata alla sua identificazione, ma a costruire un caso che non faccia acqua. Nei primi giorni, quando era stato chiaro che l'Operazione Vestale avrebbe rappresentato un'eccezione di alto profilo, O'Kelly doveva aver provato la tentazione di rispedirci ai nostri delinquentelli delle code ai taxi e di passare il caso a Costello o a uno dei colleghi con più di trent'anni di esperienza. Non mi ritengo un ingenuo, ma quando non lo aveva fatto, avevo attribuito la cosa a una qualche forma di lealtà, di riluttanza a mollare… non verso di noi personalmente, ovviamente no, ma verso di noi come membri della sua squadra. Mi era piaciuto come pensiero. Così adesso mi chiedevo se non ci fosse stato dell'altro: se un suo sesto senso segnato dalle cicatrici di numerose battaglie non avesse saputo fin dall'inizio che quel caso era destinato al fallimento.

«Tenetene uno o due» concesse, magnanimo. «Per le telefonate dei cittadini, le scarpinate e roba del genere. Chi volete? »

«Sweeney e O'Gorman» dissi subito. Avevo imparato bene i nomi, ma in quel momento erano gli unici due che ricordavo.

«Andate a casa» ci salutò O'Kelly. «Riposatevi questo weekend. Bevetevi una birra o due, dormite un po'… Tu, Ryan, hai gli occhi che sembrano buchi nella neve fatti col piscio. Passate un po' di tempo con le vostre ragazze o con chi volete e tornate lunedì freschi e pimpanti. »

 

In corridoio non ci guardammo. Nessuno fece per tornare alla sala operativa. Cassie si appoggiò al muro e strisciò la punta della scarpa sulla moquette.

«Ha ragione, in un certo senso» disse infine Sam. «Ce la faremo anche da soli. »

«No, Sam» dissi. «Proprio no. »

«Cosa? » chiese Sam, confuso. «No cosa? » Distolsi lo sguardo.

«È l'idea in sé » spiegò Cassie. «Non dovremmo essere ostacolati in questo caso. Abbiamo il corpo, l'arma, abbiamo… dovremmo avere qualcuno, a questo punto. »

«Be'» intervenni, «io so cosa farò. Troverò il pub meno indecente qui vicino e mi sbronzerò di brutto. Venite con me? »

 

Andammo da Doyle: musica anni Ottanta troppo alta e pochissimi tavoli, impiegati e studenti ammassati al bancone del bar. Nessuno di noi aveva voglia di andare in un luogo frequentato da colleghi dove, inevitabilmente, tutti avrebbero voluto sapere come stava andando l'Operazione Vestale. Al terzo giro, mentre tornavo dal cesso, mi scontrai con una ragazza e il suo bicchiere si ribaltò, bagnando entrambi. Era colpa sua perché mi veniva incontro girata di spalle e intanto rideva per qualcosa che aveva detto un suo amico. Era davvero molto carina, il tipo minuto ed etereo che mi piace. Mi lanciò un'occhiata d'apprezzamento mentre ci scusavamo reciprocamente e controllavamo i danni, così le offrii un altro drink e cominciammo a chiacchierare.

Si chiamava Anna e frequentava un master di storia dell'arte. Aveva una cascata di capelli chiari che mi faceva pensare a spiagge calde, indossava una di quelle gonne bianche di cotone fluttuanti e aveva un virino che avrei potuto stringere tra le mani. Le dissi che ero un professore di letteratura di un'università in Inghilterra, non ricordo quale, venuto per fare ricerche su Bram Stoker. Lei succhiava dal bordo del bicchiere e rideva alle mie battute, mostrando piccoli denti bianchi e un'affascinante malocclusione dentale superiore.



  

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