Хелпикс

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Tana French 12 страница



Jamie e io non eravamo completamente d'accordo. Willy poteva benissimo farsi chiamare Bill e smettere di dire alla gente cosa ne pensava sua madre delle cose, sostenevamo, ma la smettemmo di tormentarlo. Mi sentivo in colpa per cui la volta dopo che lo vidi gli offrii una mezza barretta di Mars, ma lui, comprensibilmente, mi guardò con fare sospettoso e se la filò. Mi chiesi distrattamente cosa ne fosse stato di Willy. In un film sarebbe diventato un genio, vincitore del premio Nobel, con una moglie top model; ma visto che la vita reale era un'altra, probabilmente si stava guadagnando da vivere come cavia per la ricerca medica e continuava a portare maglioni con i coniglietti.

«È una cosa rara» disse Cassie. «La maggior parte dei bambini a quell'età è pestifera. Io di certo lo ero. »

«Credo che Peter fosse un bambino speciale» commentai.

Si fermò a raccogliere una conchiglia di un brillante colore arancione e la esaminò attentamente. «C'è ancora la possibilità che siano vivi, vero? » Ripulì la conchiglia dalla sabbia contro la manica e ci soffiò sopra. «Da qualche parte. »

«Immagino di sì » concessi. Peter e Jamie, là fuori da qualche parte, puntini di volti che si fondevano in una folla dal movimento rapido. Quando avevo dodici anni, in qualche modo, quella era per me l'ipotesi peggiore: che quel giorno avessero semplicemente continuato a correre, che mi avessero lasciato indietro e che non si fossero mai voltati. Ancora oggi mi è rimasta l'abitudine di osservare con attenzione tutte le facce che incontro, e di cercarli in mezzo alla ressa, negli aeroporti, ai concerti, nelle stazioni ferroviarie; adesso meno, ma quando ero più giovane mi prendeva una sorta di panico che mi costringeva a voltare la testa a destra e a sinistra come il personaggio di un cartone animato, terrorizzato all'idea che proprio il viso che stavo perdendo potesse essere di uno di loro. «Però ne dubito, c'era un sacco di sangue. »

Cassie, che si stava mettendo la conchiglia in tasca, mi fissò per un istante. «I dettagli non li conosco. »

«Ti lascio il fascicolo» le risposi. Mi seccò che mi fosse costato un certo sforzo per dirglielo, come se le stessi consegnando il mio diario o qualcosa del genere. «Vediamo cosa ne tiri fuori tu. »

La marea cominciava a salire. La spiaggia di Sandymount discende così dolcemente che con la bassa marea il mare è quasi invisibile, un minuscolo bordo grigio all'orizzonte. Ma poi ripiomba con una velocità da capogiro da ogni direzione, contemporaneamente, e a volte la gente rimane bloccata. Ancora pochi minuti e sarebbe arrivata ai nostri piedi. «Sarà meglio rientrare» disse Cassie. «Viene Sam a cena, ricordi? »

«Ah, giusto» risposi, senza tanto entusiasmo. Sam mi piace, Sam piace a tutti, tranne che a Cooper, ma non ero certo di essere dell'umore per vedere altre persone. «Perché l'hai invitato? »

«Il caso? » fece lei, in tono soave. «Lavoro? Persona morta? » Le rivolsi una smorfia e lei mi ricambiò con un gran sorriso.

I due bambini nel passeggino si stavano picchiando con giocattoli dai colori brillanti. «Britney! Justin! » urlò la loro madre. «Piantatela o v'ammazzo tutti e due, cazzo! » Misi un braccio intorno al collo di Cassie e riuscii a spingerla a distanza di sicurezza prima di scoppiare a ridere.

 

Comunque, alla fine mi adattai alla vita di collegio. Quando i miei genitori mi accompagnarono all'inizio del secondo anno (con me che piangevo, imploravo, mi attaccavo alla maniglia della portiera dell'auto e il direttore che, schifato, mi agguantava alla vita e, a una a una, mi staccava le dita dal mio disperato appiglio) capii che, a prescindere da quello che avessi fatto o da quanto avessi pregato, non mi avrebbero lasciato tornare a casa. Smisi così di provare nostalgia di casa.

In realtà, credo di non avere avuto scelta. L'incessante infelicità del primo anno mi aveva consumato quasi al punto di rottura (mi ero abituato ai momenti di capogiro quando mi alzavo in piedi, momenti in cui non ricordavo il nome di un compagno o come si arrivava alla sala mensa) e anche la resistenza di un tredicenne ha i suoi limiti; ancora qualche mese così e probabilmente mi sarei ritrovato in preda a un imbarazzante crollo nervoso. Non ci arrivai perché nei momenti critici, come dicevo, emerge il mio istinto di sopravvivenza. Dopo quella prima notte del secondo anno, in cui piansi fino a sfinirmi, mi svegliai la mattina successiva e decisi, alla Rossella O'Hara, che non avrei più sentito nostalgia di casa.

Dopodiché scoprii, con un po' di sorpresa, che era relativamente facile abituarsi. Senza volerlo, avevo appreso lo strano slang della scuola, e nel giro di una settimana il mio accento passò dall'intonazione di Dublino a quella della zona intorno a Londra. Divenni amico di Charlie, che era seduto vicino a me durante le lezioni di geografia. Aveva una faccia tonda e solenne e una divertentissima e irresistibile risata chioccia. Quando fummo grandi abbastanza, condividemmo uno studio e delle canne sperimentali che ci aveva dato suo fratello, che stava a Cambridge. Facevamo anche lunghe, confuse e struggenti conversazioni sulle ragazze. I miei risultati accademici erano mediocri, per usare un eufemismo; mi ero così assuefatto all'idea della scuola come di un destino al quale non si poteva sfuggire che avevo difficoltà a immaginare che ci potesse essere qualcosa a quel microcosmo, e quindi mi era quasi impossibile ricordare perché in teoria stessi studiando. Mi rivelai però un bravo nuotatore, tanto da permettermi di entrare nella squadra della scuola, il che mi fece guadagnare molto più rispetto, sia dagli insegnanti sia dagli studenti, di quello che avrei ottenuto con buoni risultati agli esami. Al quinto anno, e non ho mai capito bene perché, divenni perfino prefect. Tendo ad attribuire la cosa, come anche la nomina alla Omicidi, al fatto che ho la faccia perfetta per quella parte.

Trascorsi molte delle vacanze a casa di Charlie, nello Herefordshire, mi innamorai delle sue sorelle e imparai a guidare con la vecchia Mercedes di suo padre: strade di campagna dissestate, finestrini abbassati e Bon Jovi a volume indecente dallo stereo, con noi che cantavamo con tutto il fiato che avevamo in corpo. Scoprii che non avevo più una gran voglia di tornare in Irlanda. La casa di Leixlip non mi diceva nulla, era scura e puzzava di umido. Inoltre mia madre aveva sistemato le mie cose nel modo sbagliato nella nuova stanza; l'impressione che ne ricavavo era come di estraneità, di qualcosa di temporaneo, quasi un rifugio messo assieme in fretta e furia, certamente non quella di trovarmi a casa. Tutti gli altri bambini della strada avevano tagli di capelli da far paura e, cosa per me incomprensibile, mi prendevano in giro per il mio accento.

I miei genitori avevano notato il cambiamento e, invece di essere contenti che mi fossi inserito a scuola, come sarebbe stato normale, sembravano presi alla sprovvista; erano nervosi in presenza di questa persona a cui non erano più abituati e che stava diventando padrona di sé. Mia madre andava in giro per casa in punta di piedi e mi chiedeva timidamente cosa volevo per cena; con colpetti di tosse e fruscii di giornale, mio padre cercava sempre di avviare conversazioni da uomo a uomo che invariabilmente si incagliavano contro il mio silenzio passivo e distratto. Razionalmente, avevo capito che mi avevano mandato in collegio per proteggermi dalle ondate di giornalisti, dai futili interrogatori della polizia e da compagni di classe curiosi. Ero anche consapevole che probabilmente era stata un'ottima decisione; ma nel profondo, una parte irragionevole di me credeva in maniera inoppugnabile e inesprimibile, e forse anche con un minimo di giustificazione, che il vero motivo per cui mi avevano mandato via era che avevano paura di me. Come un bambino deforme che non avrebbe mai dovuto superare i primi momenti di vita o un gemello siamese scampato alla separazione dall'altro, morto sotto i ferri, ero diventato – per il semplice fatto di essere sopravvissuto – uno scherzo della natura.

 

Sam arrivò puntuale, con l'aria del ragazzino al primo appuntamento – aveva anche cercato, invano, di sistemarsi i ciuffi ribelli ‑, portando con sé una bottiglia di vino. «Ecco, tieni» disse, porgendola a Cassie. «Non sapevo cosa avresti cucinato, ma il tipo del negozio ha detto che questa va bene praticamente con tutto. »

«È perfetta» gli disse Cassie, abbassando la musica (Ricky Martin in spagnolo; ha questa compilation che mette a tutto volume quando cucina o quando fa i lavori di casa), e andò a cercare in un armadio i bicchieri adatti. «Sto solo preparando della pasta. Il cavatappi è in quel cassetto. Rob, tesoro, devi anche girarlo, il sugo, non basta tenere il cucchiaio nella pentola. »

«Senti, Martha Stewart, lo faccio io o lo fai tu, questo sugo? »

«Nessuno dei due, a quanto pare. Sam, tu bevi vino o devi guidare al ritorno? »

«Maddox, stiamo parlando di pomodoro in scatola e basilico, non è esattamente haute cuisine… »

«Ti hanno rimosso il palato chirurgicamente alla nascita, o te la sei coltivata con cura quella totale mancanza di raffinatezza? Sam, vino? »

Sam sembrava un po' sconcertato. A volte, Cassie e io ci dimentichiamo che facciamo quest'effetto sulla gente, soprattutto quando siamo fuori servizio e di buonumore, come quella sera. So che suona strano, considerando quello che avevamo fatto durante il giorno, ma dove l'orrore è di casa come alla Omicidi, ai dipartimenti Crimini sessuali e Violenza domestica, o si impara a staccare o ci si fa trasferire alla Protezione del patrimonio artistico e dell'antiquariato. Se pensi troppo alle vittime, a cosa hanno sentito negli ultimi secondi di vita, a ciò che non faranno mai più, alle loro famiglie distrutte, ti ritrovi con un caso irrisolto e l'esaurimento nervoso. Ovviamente, avevo più difficoltà del solito a staccare; ma mi facevano bene la consolatoria routine della preparazione della cena e la possibilità di infastidire Cassie.

«Ehm… sì … grazie» ripose Sam. Si diede un'occhiata in giro un po' a disagio per capire dove appoggiare la giacca; Cassie gliela prese dalle mani e la gettò sul futon. «Mio zio ha una casa a Ballsbridge… sì, sì, lo so» disse, mentre facevamo quelli che rimanevano colpiti da quell'informazione, «e ho ancora la chiave. Qualche volta, quando mi faccio qualche pinta, rimango lì a dormire. » Spostò lo sguardo su noi due, in attesa di un commento.

«Bene» disse Cassie, infilandosi di nuovo nell'armadio e venendone fuori con un bicchiere da bibita con la scritta NUTELLA su un lato. «Non sopporto quando qualcuno beve e qualcuno no; la conversazione è tutta sconclusionata, dopo. A proposito, che gli hai fatto, a Cooper, si può sapere? »

Sam rise, si rilassò e trafficò alla ricerca del cavatappi. «Giuro che non è stata colpa mia. I miei primi tre casi sono arrivati tutti alle cinque del pomeriggio; l'ho chiamato che stava andando a casa. »

«Oh‑ oh» fece Cassie. «Cattivello Sam. »

«Sei fortunato che ti rivolga ancora la parola» rincarai.

«A stento» ammise Sam. «Continua ancora a far finta di non ricordarsi il mio nome. Mi chiama detective Neary o detective O'Nolan, anche in tribunale. Una volta mi ha chiamato con un nome diverso tutte le volte che mi ha citato e il giudice si è confuso a tal punto che quasi ha annullato il processo per vizio di forma. Grazie a Dio, voi due gli piacete, invece. »

«È tutto merito della scollatura di Ryan» disse Cassie, spostandomi con un colpo d'anca e buttando una manciata di sale nella pentola dell'acqua.

«Allora mi compro un Wonderbra» disse Sam. Stappò la bottiglia, versò il vino e ci mise i bicchieri nelle mani libere. «Salute, ragazzi. Grazie per avermi invitato. A che si risolva in fretta e non ci siano brutte sorprese. »

 

Dopo cena ci mettemmo al lavoro. Io preparai il caffè, Sam insistette per lavare i piatti. Cassie aveva gli appunti dell'autopsia e sparse le foto sul " tavolino", una vecchia cassapanca di legno lucidata con cera d'api fino a farla brillare. Lei si sedette sul pavimento e si mise a sfogliare i fogli avanti e indietro, mentre con l'altra mano mangiava ciliegie da una ciotola. Adoro osservare Cassie mentre è concentrata. Quando è totalmente presa, è del tutto assente, assorta come un bambino: si arrotola un ricciolo di capelli con un dito, piega le gambe ad angoli assurdi e apparentemente senza sforzo, cincischia con una penna in bocca e improvvisamente la estrae mormorando qualcosa tra sé e sé.

«Mentre aspettiamo la signorina " Vedo prevedo stravedo" » dissi a Sam, e Cassie mi mostrò il dito medio senza nemmeno sollevare lo sguardo, «come è andata la tua giornata? »

Sam stava sciacquando i piatti con la misurata efficienza dello scapolo. «Lunga. Musichette d'attesa e dipendenti statali che mi dicono di parlare con qualcun altro e poi mi passano una casella vocale. Non sarà facile come sembrava scoprire di chi è il terreno. Ho parlato con mio zio, gli ho chiesto se " Spostiamo l'autostrada" sta ottenendo qualche risultato. »

«E? » lo incalzai, cercando di non apparire cinico. Non avevo nulla in particolare contro Redmond O'Neill, solo la vaga immagine di un omone rubicondo con una selva di capelli argentei, niente di più. Però soffro di una forma di diffidenza generalizzata verso i politici.

«Ha detto di no. Sostanzialmente, dice lui, sono solo una rottura di…» Cassie sollevò lo sguardo e un sopracciglio. «Parole testuali. Sono anche arrivati in tribunale nel tentativo di fermare l'autostrada. Devo ancora controllare le date esatte, ma Red dice che le udienze sono avvenute alla fine di aprile, all'inizio di giugno e a metà luglio. Corrispondono ai periodi in cui Jonathan Devlin ha ricevuto le telefonate. »

«Evidentemente, qualcuno ha pensato che fossero più che una rottura» dissi.

«L'ultima volta, alcune settimane fa, quelli di " Spostiamo l'autostrada" hanno ottenuto un'ingiunzione, ma Red dice che verrà respinta in appello. Non è preoccupato. »

«Be', bene a sapersi» osservò Cassie.

«Quell'autostrada farà un sacco di bene, Cassie» aggiunse Sam con cautela. «Ci saranno case nuove, altri posti di lavoro…»

«Ne sono certa. Solo non capisco perché non potrebbe fare tutto quel bene a qualche centinaio di metri di distanza. »

Sam scosse la testa. «Questo non lo so. Non le capisco queste cose. Ma Red sì, e dice che è assolutamente necessario che passi in quel punto. »

Cassie stava per aprir bocca e aggiungere qualcosa, ma io colsi il luccichio nei suoi occhi e la fermai: «Smettila di rompere e tira fuori un profilo».

«Okay» cedette, mentre passavamo al caffè. «La cosa più interessante è che secondo me questo tipo non ci ha messo impegno. »

«Cosa? » esclamai. «Maddox, le ha dato due botte sulla testa e poi l'ha soffocata. Era molto, molto morta. Se non avesse voluto fare sul serio…»

«No, aspetta» intervenne Sam. «Voglio sentire. » Il mio lavoro nelle nostre sedute amatoriali di definizione dei profili è di fare l'avvocato del diavolo e Cassie è più che in grado di zittirmi se ci prendo troppo gusto, ma Sam ha una forma di cavalleria radicata e all'antica che trovo ammirevole, anche se un po' seccante. Risultato: Cassie a me lanciò una trionfante occhiata di traverso e a lui sorrise.

«Grazie, Sam. Come vi stavo dicendo, guardate: il primo colpo è stata solo una botta, neanche sufficiente per buttarla giù, figuriamoci per stenderla. Katy gli dava la schiena ed era ferma, cosicché lui avrebbe potuto fracassarle la testa, ma non l'ha fatto. »

«Non sapeva quanta forza fosse necessaria» disse Sam. «Non l'aveva mai fatto prima. » Sembrava infelice. Non per mancanza di sensibilità, ma spesso preferiamo che gli indizi portino verso un serial killer per avere un numero maggiore di prove da confrontare, più controlli incrociati da fare in caso di delitti successivi. Se il nostro uomo fosse stato alla sua prima volta non avremmo avuto altro se non ciò di cui disponevamo già.

«Cass? » chiesi. «Pensi che sia stata la sua prima volta? » Ma già mentre lo chiedevo, mi resi conto di non sapere quale risposta desiderare.

Allungò una mano verso le ciliegie, distrattamente, con gli occhi sempre sugli appunti, ma vidi che sbatteva le ciglia: sapeva cosa le stavo domandando. «Non ne sono certa. Non l'ha fatto spesso, o di recente, sennò non sarebbe stato così titubante; magari può averlo già fatto una o due volte, un po' di tempo fa. Non possiamo eliminare con certezza il legame con il vecchio caso. »

«È inusuale che un serial killer stia fermo vent'anni» dissi.

«Be'» proseguì Cassie, «di sicuro non sembrava averne troppa voglia questa volta. Lei lotta, lui le mette una mano sulla bocca, la colpisce di nuovo… magari mentre tenta di strisciare via, o qualcosa del genere, e quel colpo la stordisce. Invece di continuare a colpirla, anche se hanno lottato e lui a quel punto deve avere un tasso di adrenalina che gli arriva agli occhi, getta via il sasso e la soffoca. Non la strangola neppure, cosa che sarebbe stata molto più semplice: usa un sacchetto di plastica, e da dietro, così da non doverla guardare in faccia. Sta cercando di prendere le distanze dal crimine, di farlo sembrare meno violento. Più gentile. » Sam fece una smorfia.

«Oppure non vuole fare troppo casino» proposi.

«Okay, ma allora perché colpirla? Perché non saltarle addosso e metterle il sacchetto sulla testa? Credo che volesse che perdesse i sensi per non vederla soffrire. »

«Magari riteneva di non avere la forza sufficiente per sopraffarla se non fosse svenuta» suggerii. «Magari non è uno molto forte o, chissà, come ha detto Sam, era alla sua prima volta e non sapeva quanta forza ci volesse. »

«Va bene, forse un po' di tutt'e tre le cose. Sono d'accordo che siamo alla ricerca di una persona che non ha una lunga storia di violenze alle spalle, qualcuno che non ha nemmeno mai litigato con i compagni di ricreazione, che non verrebbe mai considerato aggressivo e che forse non ha neanche precedenti per violenza sessuale. Non credo che lo stupro sia stato realmente un reato sessuale. »

«Come? Solo perché ha usato un oggetto? » chiesi. «Lo sai che ci sono quelli che non riescono a farselo venire dritto. » Sam sbatté le palpebre e bevve un sorso di caffè per nascondere l'imbarazzo.

«Certo, ma allora sarebbe andato più … a fondo. » Tutti facemmo una smorfia. «Da quello che dice Cooper, è stato un gesto simbolico, un inserimento, niente sadismo, niente parossismo, solo qualche centimetro di abrasione, solo per rompere l'imene, ed è stato post mortem. »

«Potrebbe essere stato per scelta. Necrofilia. »

«Cristo» esplose Sam, mettendo giù la tazza del caffè.

Cassie cercò le sue sigarette, cambiò idea e ne prese una delle mie, più forti. Il suo volto, mentre reclinava la testa per accendere la sigaretta, apparve stanco e spento; mi chiesi se quella notte avrebbe sognato Katy Devlin, bianca, con le unghie che si spezzavano, bloccata a terra e nell'atto di gridare. «L'avrebbe tenuta più a lungo e, ripeto, ci sarebbero segni di violenza sessuale più chiari. No, non voleva farlo. L'ha fatto perché doveva. »

«Ha messo in scena uno stupro per metterci su una falsa pista? »

Cassie fece segno di no. «Non so… se avesse voluto depistarci, l'avrebbe svestita, le avrebbe divaricato le gambe. Invece, le tira su i pantaloni, glieli allaccia di nuovo… No, stavo pensando a qualcosa più sul genere della schizofrenia. Non sono quasi mai violenti, ma se per caso te ne becchi uno che ha smesso di prendere i farmaci e si trova nel bel mezzo di una fase paranoica, non si può mai dire. Magari ha creduto, per qualche motivo imponderabile, che Katy doveva essere uccisa e stuprata, anche se lui non riusciva a farlo. Questo spiegherebbe perché ha cercato di non farle del male, perché ha usato un oggetto, perché non sembra una violenza sessuale fino in fondo… non voleva che fosse… esposta e non voleva che nessuno pensasse a lui come a uno stupratore… Spiega perfino perché l'ha lasciata sull'altare…»

«E cioè? » Mi ripresi il pacchetto delle sigarette e lo lanciai a Sam, che sembrava proprio averne bisogno. Ma lui scosse la testa.

«Voglio dire, avrebbe potuto portarla nel bosco o chissà dove, e non l'avremmo trovata per secoli, o più semplicemente lasciarla lì, a terra. L'altare sembra una cosa studiata per metterla in mostra, ma non credo: non l'ha messa in posa, a parte appoggiarla sul lato sinistro, così da nascondere la ferita alla testa e, ancora una volta, nel tentativo di minimizzare il crimine. Credo che abbia voluto trattarla con cura, con rispetto… tenerla lontana dagli animali, accertarsi che fosse trovata in fretta. » Cassie si allungò verso il posacenere. «La cosa positiva è che se si tratta di uno schizofrenico che sta crollando, dovremmo poterlo individuare con facilità. »

«E se fosse un killer prezzolato? » chiesi. «Anche questa ipotesi spiegherebbe la riluttanza. Qualcuno, magari il telefonista misterioso, lo ha assoldato e lui si è trovato a fare un lavoro che non necessariamente doveva piacergli. »

«In effetti, un killer prezzolato – non un professionista ma un dilettante che aveva disperatamente bisogno di soldi – ci starebbe meglio» ammise Cassie. «Katy Devlin sembrava una ragazzina quadrata, non diresti, Rob? »

«La persona più a posto in quella famiglia. »

«Già, pare anche a me. Sveglia, decisa, con forza di volontà …»

«Non il tipo da uscire di notte con un estraneo. »

«Esatto. Specialmente con uno che non sembra avere tutte le rotelle funzionanti. E uno schizofrenico che sta andando in pezzi forse non sarebbe in grado di comportarsi in maniera sufficientemente normale da convincere un bambino sensato a seguirlo. È più probabile che questa persona sia presentabile, piacevole, buona con i bambini… magari qualcuno che conosceva da tempo. Qualcuno con cui si sentiva a suo agio. Uno che non sembrava rappresentare una minaccia. »

«O una lei» dissi io. «Quanto pesava Katy? »

Cassie scartabellò. «Quaranta chili. In base al luogo fin dove è stata trasportata… sì, una donna avrebbe potuto farcela, ma doveva essere una donna abbastanza forte. Sophie non ha trovato segni di trascinamento, quindi, statisticamente parlando, scommetterei su un uomo. »

«Stiamo eliminando i genitori? » chiese Sam, speranzoso.

Cassie fece una smorfia. «No. Diciamo che uno di loro abusava di lei e lei minacciava di rivelarlo: il genitore abusante, o magari l'altro, ha pensato che dovesse morire, per proteggere il resto della famiglia… magari ha cercato di inscenare un reato a sfondo sessuale ma poi non ha avuto cuore di andare fino in fondo. In sostanza, l'unica cosa di cui sono più o meno sicura è che non stiamo cercando uno psicopatico o un sadico. Il nostro tipo non è riuscito a disumanizzarla e non le piaceva vederla soffrire. Stiamo cercando qualcuno che non voleva farlo; qualcuno che l'ha fatto per necessità. Non credo che si infilerà nell'indagine, non per attirare l'attenzione o cose del genere, e non credo che lo rifarà molto presto, a meno che non si senta in qualche modo minacciato. E poi, quasi sicuramente, è uno della zona. Un vero profiler potrebbe essere molto più specifico ma…»

«Ti sei laureata al Trinity, vero? » chiese Sam.

Cassie fece segno di no con la testa e prese altre ciliegie. «Ho mollato al quarto anno. »

«E perché mai? »

Cassie sputò un nocciolino nel palmo della mano e rivolse a Sam un sorriso che conoscevo, un sorriso talmente dolce che le schiacciava la faccia al punto che non le si vedevano più gli occhi. «Perché altrimenti voi come avreste fatto senza di me? »

Avrei potuto dirglielo io, a Sam, che Cassie non avrebbe risposto. Le avevo fatto la stessa domanda un sacco di volte, nel corso degli anni, e avevo ricevuto risposte che andavano da " Non c'era nessuno del tuo calibro da scocciare" a " Il rancio della mensa faceva schifo". C'è sempre stato qualcosa di enigmatico in Cassie; questa è una delle cose che mi piacciono di lei e mi piace soprattutto, paradossalmente, perché si tratta di una qualità che non è subito evidente: evasività elevata a livello di invisibilità. Ti dà l'impressione di essere aperta come un bambino, ed è vero, perché quello che vedi è effettivamente quello che ti becchi. Ma quello che non ti becchi è quello che vedi e non vedi, ed è il lato di Cassie che mi ha sempre intrigato. Anche dopo tutto quel tempo, sapevo che c'erano delle stanze dentro di lei di cui non avrei mai supposto l'esistenza e in cui, meno che mai, sarei potuto entrare. C'erano domande alle quali non rispondeva, argomenti che discuteva solo in astratto; se cercavo di incastrarla lei sgusciava via ridendo, con lo sguardo ironico, agile come una pattinatrice.

«Sei brava» concluse Sam. «Laurea o non laurea. »

Cassie sollevò un sopracciglio. «Aspetta di vedere se ho ragione prima di dirlo. »

«Perché l'ha tenuta un giorno intero? » chiesi. Questo aspetto continuava ad assillarmi a causa delle ovvie e orribili possibilità e per il fastidioso sospetto che, se per un qualche motivo non avesse dovuto disfarsene, avrebbe potuto tenersela più a lungo, forse per sempre; Katy sarebbe svanita nello stesso modo definitivo e silenzioso di Peter e Jamie.

«Se ho ragione sul resto, cioè sul fatto che si tenga a una certa distanza dal crimine, allora non è accaduto perché l'ha voluto lui. Se ne sarebbe sbarazzato anche prima, se l'è tenuta solo perché non aveva altra scelta. »

«Magari vive con altra gente e ha dovuto attendere che si togliessero dai piedi? »

«Sì … potrebbe essere. Ma, chissà, forse lo scavo non è stato una scelta casuale; magari doveva lasciarla lì, o forse era parte del grandioso piano che sta seguendo, oppure non dispone di un'auto e lo scavo era l'unico posto comodo. Questo collimerebbe con quanto ha dichiarato Mark, cioè che non ha visto passare un'auto, e significherebbe anche che il luogo dell'uccisione è nelle vicinanze, probabilmente in una delle case in fondo all'abitato. Magari ha cercato di abbandonare il cadavere il lunedì notte, ma c'era Mark nel bosco, col suo falò. L'assassino potrebbe averlo visto ed essersi spaventato. Ha dovuto nascondere Katy di nuovo e riprovarci la sera seguente. »

«Oppure il killer potrebbe essere proprio lui» dissi.

«Alibi per martedì sera. »

«Fornito da una ragazza che stravede per lui. »

«Mel non è la tipica scemetta che farebbe di tutto per il suo uomo. Ha una testa che funziona ed è abbastanza sveglia per rendersi conto che si tratta di una faccenda seria. Se Mark fosse saltato fuori dal letto nel bel mezzo dell'azione per farsi una lunga passeggiata, ce l'avrebbe detto. »

«Potrebbe avere un complice. Mel o qualcun altro. »

«E poi cosa? Hanno nascosto il corpo sulla collinetta erbosa? »

«Quale movente avrebbe avuto? » chiese Sam. Era rimasto a mangiare ciliegie e a guardarci con interesse.

«Che è matto come un cavallo» risposi. «Tu non l'hai sentito. È normalissimo per la maggior parte delle cose, abbastanza normale da rassicurare un bambino, Cass, ma fallo parlare del sito e comincia a blaterare di sacrilegio e adorazione… Il sito è minacciato dall'autostrada. Magari ha pensato che un bel sacrificio umano agli dei, proprio come ai bei tempi andati, li avrebbe fatti intervenire per salvarlo. Quando si tratta del sito, va fuori di testa. »

«Se saltasse fuori che è un sacrificio pagano» disse Sam, «non vorrei proprio essere io a dirlo a O'Kelly. »

«Io voto perché sia lui stesso a dirglielo: noi ci occuperemo di vendere i biglietti dello spettacolo. »

«Mark non è fuori di testa» sostenne Cassie con fermezza.

«Sì, invece. »

«No, non è matto. Il suo lavoro è il centro attorno al quale ruota tutta la sua vita. Questo non vuol dire essere matti. »

«Avresti dovuto vederli» continuai, rivolto a Sam. «Sembrava più un appuntamento che un interrogatorio. Maddox che annuiva, sbatteva gli occhioni, gli diceva che capiva esattamente quello che provava…»



  

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