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Tana French 9 страница



Ci stringemmo attorno al tavolo come studenti ubbidienti; il rumore dei nostri passi rimbalzò sulle pareti piastrellate. L'assistente si appoggiò a uno dei lavandini e incrociò le braccia, continuando imperturbabile a masticare una gomma. Un lembo dell'incisione a Y restava ancora aperto, scuro e impensabile, l'ago infilato a caso in un lembo di pelle perché non pungesse qualcuno.

«Qualche chance col DNA? » chiesi.

«Un passo alla volta, se permette» rimarcò puntigliosamente Cooper. «Allora, abbiamo due colpi al capo, entrambi ante mortem… precedenti la morte» aggiunse sussiegoso per Sam, il quale annuì solennemente. «Entrambi sono stati inferti con un oggetto duro e ruvido che ha protrusioni ma non bordi distinti, coerente con il sasso che la signora Miller mi ha presentato per ispezionarlo. Uno, leggero, sulla parte posteriore della testa, vicino alla volta cranica. Ha causato una piccola area di abrasione e sanguinamento, ma nessuna fessurazione del cranio. » Voltò la testa di Katy da un lato, per mostrarci il piccolo rigonfiamento. Le avevano lavato via il sangue dal volto per controllare che non vi fossero ferite sottostanti, ma c'erano ancora delle tracce leggere.

«Quindi forse lo ha schivato oppure stava correndo via mentre lui colpiva» azzardò Cassie.

Non abbiamo specialisti in profili di assassini, quando ci servono davvero li chiamiamo dall'Inghilterra, ma essenzialmente molti dei ragazzi della Omicidi ricorrono a Cassie sulla base del fatto che ha studiato psicologia al Trinity per tre anni e mezzo. A O'Kelly questo non lo diciamo perché lui considera i profiler poco più che dei sensitivi e di malavoglia ci lascia anche solo ascoltare gli esperti inglesi; comunque penso che Cassie sia abbastanza brava perché di solito fornisce suggerimenti nuovi e utili e alla fine salta fuori che è andata abbastanza vicino a centrare l'obiettivo.

Cooper ci mise un po' di tempo a rispondere, forse per punirla dell'interruzione. Alla fine scosse la testa. «Lo considero improbabile. Se fosse stata in movimento al momento in cui il colpo veniva inferto, ci sarebbero graffi periferici e non ci sono. Al contrario, l'altro colpo…» Voltò la testa di Katy dall'altro lato e con un dito uncinò i capelli per tenerli indietro: sulla tempia sinistra, una parte di pelle era stata rasata per mettere in evidenza una lacerazione ampia e frastagliata, con schegge d'osso che fuoriuscivano. Qualcuno, Sam o Cassie, deglutì.

«Come potete osservare» continuò Cooper, «l'altro colpo è stato molto più potente. È arrivato proprio dietro e sopra l'orecchio sinistro, determinando una frattura depressa del cranio e un ragguardevole ematoma subdurale. Qui e qui» fece guizzare le dita, «potete osservare i graffi periferici ai quali facevo riferimento prima, sul bordo prossimale del punto di impatto primario. Mentre il colpo veniva inferto, lei deve avere spostato la testa, così che l'arma ha strisciato lungo il cranio prima dell'impatto finale. Sono stato sufficientemente chiaro? »

Annuimmo tutti. Diedi un'occhiata di sottecchi a Sam e mi rincuorò vedere che anche lui non sembrava passarsela troppo bene.

«Questo colpo sarebbe stato sufficiente a causare la morte nel giro di qualche ora. L'ematoma però è progredito molto poco, quindi possiamo affermare con tranquillità che è morta per altre cause poco tempo dopo che le è stata inferta questa ferita. »

«Sa dirci se guardava il suo aggressore o se era voltata? » chiese Cassie.

«Tutto lascia supporre che fosse supina quando il colpo più forte le è stato inferto: c'è stata una notevole perdita di sangue e il flusso era diretto verso l'interno a partire dal lato sinistro del volto, con un'evidente stagnazione intorno alla linea centrale di naso e bocca. » Quella era una buona notizia, se si può usare quest'espressione in un tale contesto: doveva esserci del sangue sul luogo del delitto, bisognava solo trovarlo. Inoltre voleva dire che forse dovevamo cercare una persona mancina e anche se qui non eravamo in un'ambientazione all'Agatha Christie e i casi veri raramente si basano unicamente su un dettaglio del genere, a quel punto qualsiasi pista, anche minima, era un passo avanti.

«C'è stata lotta… prima di questo colpo, posso aggiungere, perché le avrebbe fatto perdere i sensi subito. Ci sono ferite da difesa alle mani e agli avambracci, lividi, abrasioni, tre unghie rotte della mano destra, probabilmente causati dalla stessa arma da cui cercava di difendersi. » Cooper sollevò uno dei polsi di Katy tra pollice e indice e ruotò il braccio per mostrarci i graffi. Le unghie erano state tagliate cortissime e portate ad analizzare; disegnato con un pennarello, sul dorso della mano c'era un fiore stilizzato sbiadito con una faccina sorridente nel mezzo. «Ho trovato anche delle contusioni attorno alla bocca e i segni dei denti all'interno delle labbra, coerenti con il fatto che l'aggressore le ha premuto una mano sulla bocca. »

Fuori, nel corridoio, una donna si stava lamentando di qualcosa a voce alta; una porta sbatté. L'aria nella stanza delle autopsie era pesante e ferma, difficile da respirare. Cooper ci guardò, ma nessuno proferì parola. Sapeva che non era ciò che avremmo voluto sentire. In un caso come quello, c'era solo da sperare che la vittima non si fosse accorta di cosa le stava accadendo.

«Mentre era priva di sensi» proseguì freddamente Cooper, «del materiale, probabilmente plastica, le è stato messo attorno al collo e ritorto in cima alla colonna vertebrale. » Le tirò il mento all'indietro: c'era un debole segno attorno al collo, striato dove la plastica aveva formato delle pieghe. «Come potete osservare, il segno della legatura è ben definito, da qui la mia conclusione che sia stata applicata dopo che la vittima era stata immobilizzata. Non ci sono segni di strangolamento e ritengo improbabile che la legatura fosse così stretta da impedire il passaggio dell'aria, tuttavia l'emorragia petecchiale negli occhi e sulla superficie dei polmoni indica che effettivamente è morta per anossia. L'ipotesi che sosterrei è che qualcosa come un sacchetto di plastica le sia stato posto sulla testa, legato dietro il collo e tenuto così per molti minuti. È morta per soffocamento, con la complicazione di un trauma per un colpo ricevuto alla testa e inferto con un oggetto contundente. »

«Aspetti un attimo» intervenne di botto Cassie. «Quindi non è stata violentata? »

«Ah» fece Cooper. «Pazienza, detective Maddox, ci stiamo arrivando. Lo stupro è avvenuto post mortem ed è stato eseguito con un arnese di un qualche tipo. » Fece una pausa, godendosi l'effetto con malcelata soddisfazione.

«Post mortem? » ripetei. «Ne è certo? » Chiaramente la notizia era un sollievo in un certo qual senso, eliminava alcune delle immagini mentali più strazianti; ma, al tempo stesso, significava che avevamo a che fare con uno che non ci stava con la testa. La faccia di Sam si contorse in una smorfia involontaria.

«Ci sono delle abrasioni fresche nella parte esterna della vagina e nei primi sette centimetri della parte interna, oltre a una rottura recente dell'imene, ma non vi è stato sanguinamento, nessuna infiammazione. Post mortem, è fuori di dubbio. » Sentii la fitta collettiva di panico che ci prese (nessuno di noi voleva confrontarsi con quella cosa, il solo pensiero era osceno), ma Cooper ci rivolse uno sguardo divertito e rimase dove si trovava, alla testa del tavolo.

«Che tipo di arnese? » chiese Cassie. Continuava a fissare il segno sulla gola di Katy, senza espressione.

«All'interno della vagina abbiamo trovato dei granelli di terra e due minuscole schegge di legno, una notevolmente annerita, l'altra con quello che sembra un sottile strato di vernice trasparente. Direi qualcosa di almeno dieci centimetri di lunghezza e fra i tre e i cinque di diametro, di legno verniciato e notevolmente usurato. Presenterebbe anche tracce di bruciato e bordi non appuntiti, tipo il manico di una scopa. Le abrasioni erano distinte e ben definite, il che implica un inserimento unico. Non ho riscontrato nulla che suggerisca anche penetrazione di un pene. Retto e bocca non mostrano segni di violenza sessuale. »

«Quindi niente fluidi corporei» commentai, torvo.

«E pare non esserci sangue o pelle sotto le unghie» aggiunse Cooper, con un pizzico di pessimistica soddisfazione. «I test non sono completi, naturalmente, ma l'impressione che ho è che non dovreste riporre troppe speranze nella possibilità di recuperare dei campioni di DNA. »

«Ha controllato il resto del corpo per eventuali presenze di sperma, giusto? » disse Cassie.

Cooper le riservò uno sguardo austero e non si premurò nemmeno di rispondere. «Dopo la morte» continuò, «è stata messa più o meno nella stessa posizione in cui l'abbiamo trovata, adagiata sul fianco sinistro. Non ci sono lividità secondarie, a dimostrazione del fatto che è rimasta in quella posa per almeno dodici ore. La relativa mancanza di attività degli insetti mi porta a credere che sia stata tenuta in uno spazio chiuso, o forse avvolta in un materiale di qualche tipo, per un considerevole lasso di tempo prima della scoperta del corpo. Scriverò tutto nella mia relazione, naturalmente, ma per il momento… avete qualche domanda? »

Il commiato, anche se appena accennato, era chiaro. «Qualcosa di nuovo sull'ora del decesso? » chiesi.

«I contenuti gastrointestinali mi permettono di essere un po' più preciso di quanto non sia stato sulla scena, sempre che possiate determinare l'orario del suo ultimo pasto. Aveva mangiato biscotti al cioccolato meno di mezz'ora prima della morte e consumato un pasto completo… il processo digestivo era abbastanza avanzato, ma c'erano dei fagioli… più o meno tra le quattro e le sei ore prima. »

Fagioli in salsa di pomodoro con pane tostato, intorno alle otto. Quindi, con una buona approssimazione, era morta tra mezzanotte e le due del mattino. Il biscotto doveva provenire dalla cucina dei Devlin, preso al volo mentre usciva di casa, oppure era stato il killer a darglielo.

«Il mio team finirà di ripulirla tra qualche minuto» concluse Cooper. Raddrizzò la testa di Katy con un manierismo preciso e soddisfatto. «Se volete avvisare la famiglia. »

 

Una volta fuori dall'ospedale ci guardammo. Una giovane donna molto magra, con una coda di cavallo alta e stretta, camminava avanti e indietro nel parcheggio, beveva da una lattina di 7‑ Up, trafficava nella borsa e, al tempo stesso, parlava velocemente al cellulare. «Pensavo che mi stesse prendendo per il culo, capito, no? Così gli ho detto: " Vaffanculo, Dermot, sto cercando di dormire". Ma lui ha detto: " No, fa male, sul serio…". »

«È da un po' che non vengo in un posto così » disse Sam, in tono sommesso.

«E adesso ti ricordi perché » chiarii.

«Post mortem… » Cassie aggrottò l'espressione in direzione della ragazza con la coda («Non lo lasciano uscire nemmeno per una paglia, cinque maledettissime ore, sta andando fuori di testa, cazzo…»). «Che accidenti voleva fare quel tipo? »

Sam se ne andò a scoprire qualcosa di più sull'autostrada e io chiamai la sala operativa e dissi a due degli agenti di supporto di accompagnare i Devlin all'ospedale. Cassie e io avevamo già visto la loro prima reazione alla notizia, quella cruciale, e non desideravamo né avevamo bisogno di rivederla. E poi dovevamo assolutamente parlare con Mark Hardy.

«Vuoi che ce lo portiamo con noi? » chiesi, una volta in auto. Non c'era motivo per non interrogare Mark nella baracca dei reperti, ma lo volevo lontano dal suo territorio e sul nostro, in parte come forma di vendetta per le mie scarpe rovinate.

«Oh, sì » rispose Cassie. «Dice che hanno solo poche settimane di tempo, no? Se ho capito come funziona con lui, il modo più rapido perché gli si sciolga la lingua è fargli sprecare un giorno di lavoro. »

Approfittammo del tragitto in auto per redigere una bella lista di motivi da dare a O'Kelly in base ai quali non ritenevamo che " Knocknaree ama Satana" fosse responsabile della morte di Katy Devlin. «Non dimenticare " assenza di posizionamento rituale" » dissi. Mi misi di nuovo al volante. Ero ancora molto teso e se non avessi avuto qualcosa da fare avrei fumato senza interruzione fino a Knocknaree.

«E niente… animali… squartati» scrisse Cassie.

«Cosa dirà alla conferenza stampa? " Non abbiamo trovato un pollo morto"? »

«Puoi scommetterci che lo farà. Non perderà una battuta. »

La giornata era cambiata mentre eravamo da Cooper: la pioggia era cessata e un bel sole caldo stava già asciugando le strade. Gli alberi lungo la carreggiata scintillavano di gocce d'acqua e quando scendemmo dall'auto l'aria profumava di nuovo, come se avessero fatto il bucato, e c'era un'atmosfera vitale, con foglie e terra umide. Cassie si tolse la felpa e se la legò in vita.

Gli archeologi erano sparsi nella sezione inferiore del sito, impegnati in attività con piccozze, badili e carriole. Si erano tolti le giacche, che avevano buttato sulle rocce, e alcuni perfino le magliette. Erano tutti inclini alla frivolezza, presumibilmente per reazione allo shock e all'inattività del giorno prima. Da un grosso stereo portatile uscivano le note basse e pompanti, a volume altissimo, degli Scissor Sisters e cantavano tutti in coro, tra un colpo di piccozza e l'altro; una delle ragazze stava usando il badile come microfono. In tre si facevano guerra con bottiglie d'acqua e manichetta, gridando e schivandosi.

Mel stava spingendo una carriola piena su per una montagnola di terra. Arrivata in cima, la svuotò con movimenti esperti e ridiscese beccandosi proprio allora una spruzzata d'acqua sulla faccia. «Stronzi! » gridò e, lasciata andare la carriola, si mise a rincorrere una ragazzetta dai capelli rossi che, con la manichetta, l'aveva inondata. La rossa strillò e fece per mettersi in salvo ma inciampò nelle spire della manichetta. Mel l'agguantò con una presa tra collo e testa e lottò con lei per toglierle la manichetta mentre grandi getti d'acqua volavano per tutto il sito tra le risate generali.

«Mitico» gridò uno dei ragazzi. «Lesbiche in azione. »

«Dov'è la macchina fotografica? »

«È un succhiotto quello che hai sul collo? » gridò la rossa. «Ragazzi, Mel ha un succhiotto! » Seguì un boato di grida e risate di congratulazioni.

«Vaffanculo» berciò Mel, rossa come un peperone anche se rideva di gusto.

Mark richiamò tutti all'ordine in modo brusco e loro gli gridarono qualcosa tutti insieme per prenderlo in giro, ma si rimisero al lavoro, cercando di scrollarsi di dosso l'acqua che s'erano presi. Provai un improvviso moto d'invidia per la libertà priva di impacci delle loro grida, delle loro zuffe, per l'energia muscolare che mettevano nelle loro piccozze, per i loro vestiti infangati lasciati ad asciugare al sole mentre lavoravano, per la rilassata ed efficiente sicurezza che mostravano nel loro lavoro. «Mica male come modo per guadagnarsi da vivere» commentò Cassie, rovesciando leggermente la testa all'indietro e rivolgendo al cielo un suo piccolo e privato sorriso felice.

Gli archeologi ci avevano notato; uno dopo l'altro abbassarono gli attrezzi e ci guardarono, schermandosi gli occhi dal riflesso del sole con le braccia nude. Ci dirigemmo verso Mark sotto uno stupito sguardo collettivo. Mel si raddrizzò dall'interno di una trincea, perplessa, togliendosi i capelli dalla faccia e lasciandovi sopra una striscia di fango; Damien, inginocchiato tra la sua falange di ragazze, aveva ancora l'aspetto afflitto e un po' desolato, ma Sean, lo Scultore, si rianimò quando ci vide e ci salutò col suo badile. Mark si appoggiò alla sua piccozza come un vecchio e taciturno montanaro e ci rivolse un'occhiata furtiva e impenetrabile.

«Sì? »

«Vorremmo scambiare due chiacchiere con te» dissi.

«Stiamo lavorando. Non potete aspettare almeno fino all'ora di pranzo? »

«No. Prendi le tue cose, andiamo alla stazione di polizia. »

Tese ferocemente la mascella e per un istante pensai che si sarebbe opposto, ma poi scaraventò a terra l'attrezzo, si pulì la faccia con la maglietta e si incamminò per risalire la collina. «Ciao» salutai gli archeologi, mentre lo seguivamo. Neppure Sean rispose.

In auto, Mark estrasse il suo pacchetto di tabacco. «Non si fuma» lo avvisai.

«Cazzo! » esplose. «Voi due fumate, vi ho visti ieri. »

«Le auto del dipartimento sono equiparate ai luoghi di lavoro. È vietato fumarci dentro. » Non me lo stavo neppure inventando; ci vuole una commissione per formulare una regola così ridicola.

«Dai, e che cavolo, Ryan, lascia che si fumi questa sigaretta» disse Cassie. Poi, con un bisbiglio dal volume ben calcolato, aggiunse: «Ci risparmieremo di doverlo portare fuori per una pausa fumo, tra qualche ora. » Colsi lo sguardo sbigottito di Mark nello specchietto retrovisore. «Posso averla anch'io una sigarettina delle tue? » proseguì Cassie, voltandosi per infilarsi tra i sedili.

«Quanto ci vorrà? » chiese l'archeologo.

«Dipende» gli risposi.

«Da cosa? Non so neppure di che si tratta. »

«Ci arriveremo. Mettiti comodo e fatti la tua paglia prima che cambi idea. »

«Come sta andando lo scavo? » domandò Cassie con fare amichevole.

Un angolo della bocca di Mark si torse amaramente. «Tu che dici? Abbiamo quattro settimane per fare il lavoro di un anno. Abbiamo usato i bulldozer. »

«E non va bene? » chiesi.

Mi guardò, torvo. «Ti sembriamo per caso il fottutissimo " Time Team"? »

Non ebbi la risposta pronta, visto che per quello che mi riguardava lui e i suoi compari sembravano proprio il fottutissimo " Time Team", quelli che spiegano alla TV l'archeologia a noi uomini della strada. Cassie accese la radio e Mark la sigaretta. Soffiò fuori dal finestrino una boccata di fumo, rumorosa e disgustata. Sarebbe stata una lunga giornata, non c'era dubbio.

 

Non dissi granché durante il tragitto di ritorno. Mi rendevo conto che poteva essere proprio l'assassino di Katy Devlin quello che se ne stava con il broncio sul sedile posteriore della mia auto, e non sapevo cosa provavo al riguardo. Naturalmente, per vari motivi, mi sarebbe piaciuto parecchio che fosse lui il nostro uomo: mi aveva fatto girare le scatole sul serio e a quel punto avremmo potuto liberarci di un caso sinistro e imprevedibile quasi prima che iniziasse. Avremmo avuto la possibilità di chiuderlo quel pomeriggio stesso e io avrei potuto rimettere a posto il vecchio fascicolo, in cantina. Mark infatti, che nel 1984 aveva circa cinque anni e viveva ben lontano da Dublino, non poteva essere un sospetto credibile per quel fatto. Se così fosse andata sarei stato costretto ad accontentarmi della pacca sulle spalle da O'Kelly, riprendermi i segaioli da taxi da Quigley e dimenticarmi di Knocknaree.

Ma, in qualche modo, avevo l'impressione che ci fosse qualcosa di sbagliato. In parte dipendeva dal modo imbarazzante in cui quella cosa minacciava di sgonfiarsi: avevo trascorso gran parte delle ultime ventiquattr'ore a prepararmi ai luoghi in cui avrebbe potuto portarmi quel caso e avevo immaginato qualcosa di molto più drammatico di un interrogatorio e un arresto. Non era solo quello, però. Non sono superstizioso, ma, insomma, se la chiamata fosse arrivata qualche minuto prima o dopo, o se Cassie e io non avessimo appena scoperto Worms, o se fossimo andati a fumarci una sigaretta, quel caso sarebbe finito a Costello o a chissà chi, comunque non a noi, e sembrava impossibile che una cosa così potesse essere solo una coincidenza. Avevo la sensazione che rotelline invisibili si fossero messe in moto, che le cose si stessero muovendo, risistemandosi in maniera impercettibile. Credo che, per ironia della sorte, una piccola parte di me, nel profondo, non ce la facesse più ad aspettare di vedere cosa sarebbe successo.

 

Quando tornammo al lavoro, Cassie non solo era riuscita a ottenere l'informazione che i bulldozer venivano usati esclusivamente nelle emergenze perché distruggono prove archeologiche di valore e che quelli di " Time Team" erano una massa di prezzolati poco professionali, ma si era procurata anche il mozzicone di una delle sigarette arrotolate da Mark per lei, il che significava che se fosse stato necessario avremmo potuto comparare il suo DNA con quello dei mozziconi trovati nella radura del bosco, senza dover ottenere un mandato. Era chiaro come il sole chi avrebbe interpretato i ruoli di poliziotto buono e poliziotto cattivo quel giorno. Perquisii Mark, che teneva la mascella serrata e scuoteva la testa, e lo misi in una delle stanze per gli interrogatori, mentre Cassie portava sulla scrivania di O'Kelly la nostra lista Knocknaree desatanizzata.

Lasciammo Mark a cuocere per qualche altro minuto prima di entrare. Lui era stravaccato sulla sedia e tamburellava con gli indici un motivetto ripetitivo e sempre più irritante sul tavolo. «Ciao di nuovo» disse Cassie allegramente. «Vuoi un tè o un caffè? »

«No. Voglio tornare al lavoro. »

«Detective Maddox e Ryan, a colloquio con Mark Conor Hardy» dichiarò Cassie rivolta alla telecamera posta in alto, in un angolo. Mark si girò velocissimo, sbigottito; poi fece una smorfia e si risistemò comodamente.

Presi una sedia, gettai sul tavolo un fascio di fotografie scattate sulla scena del crimine e le ignorai. «Non sei obbligato a dire nulla a meno che non lo desideri, ma qualsiasi cosa dirai verrà messa per iscritto e potrebbe essere usata come prova. Capito? »

«Ma che cazzo… sono in arresto? »

«No. Bevi vino rosso? »

Mi lanciò una breve occhiata sarcastica. «Cos'è, un'offerta? »

«Perché non vuoi rispondere alla domanda? »

«È questa la mia risposta. Bevo quello che c'è, perché? »

Annuii pensieroso e trascrissi.

«A che serve il nastro? » chiese Cassie con curiosità, sporgendosi sul tavolo per indicare il nastro adesivo che Mark si era avvolto attorno alle mani.

«Per le vesciche. I cerotti non stanno attaccati quando si usa la piccozza sotto la pioggia. »

«Non potresti metterti i guanti? »

«Alcuni lo fanno» rispose Mark. Il tono conteneva l'insinuazione che quelle persone avevano un basso livello di testosterone, in un modo o nell'altro.

«Ti spiace mostrarci cosa c'è sotto? » domandai.

Mi lanciò un'occhiata sospetta, ma srotolò il nastro, mettendoci tutto il tempo necessario, e lo lasciò cadere sul tavolo. Mostrò le mani nude con uno svolazzo sardonico. «Visto qualcosa che vi piace? »

Cassie si sporse, appoggiandosi sulle braccia, osservò con attenzione, gli fece cenno di girarle. Non vide graffi o tracce di unghie, e c'erano effettivamente i segni di grosse vesciche, in via di guarigione, alla base di ciascun dito. «Ahi» fece Cassie. «Come te le sei procurate? »

Mark scrollò le spalle, disinteressato. «Di solito ho i calli, ma mi sono dovuto fermare qualche settimana perché mi faceva male la schiena e così mi sono messo a catalogare reperti. Le mani mi si sono ammorbidite e quando sono tornato a lavorare in trincea ecco cosa mi sono beccato. »

«L'inattività deve averti mandato fuori di testa» commentò Cassie.

«Certo» rispose seccamente Mark. «Un periodo di merda. »

Presi il nastro tra pollice e indice e lo lasciai cadere nel cestino. «Dove ti trovavi lunedì sera? » chiesi, appoggiandomi al muro dietro di lui.

«Alla Team House, la casa del gruppo. Come vi ho detto ieri. »

«Fai parte di Spostiamo l'autostrada? » intervenne Cassie.

«Sì, come molti altri di noi. Quel tipo, Devlin, è venuto un po' di tempo fa, ci ha chiesto se volevamo aderire. Non è ancora illegale, per quel che ne so. »

«Quindi conosci Jonathan Devlin? » chiesi.

«È quello che ho appena detto. Non siamo amici del cuore, ma sì, lo conosco. »

Mi sporsi sopra la sua spalla e sfogliai le varie foto della scena del crimine, lasciandogli intravedere qualche scorcio ma senza che potesse guardare bene. Trovai uno degli scatti più inquietanti e glielo misi davanti. «Ma ci hai detto di non conoscerla. »

Mark prese la foto con la punta delle dita e la osservò a lungo, senza espressione. «Vi ho detto che l'avevo vista qualche volta in giro per lo scavo, ma non sapevo il suo nome e non la conosco. Dovrei? »

«Sì, credo di sì » risposi. «È la figlia di Devlin. »

Si girò per fissarmi, con le sopracciglia che andavano aggrottandosi; poi guardò nuovamente la foto. Dopo un momento scosse la testa. «Macché, ho conosciuto una figlia di Devlin a una protesta, in primavera, ma era più grande. Rosemary, Rosaleen… qualcosa del genere. »

«Che opinione ti sei fatto di lei? » chiese Cassie.

Mark si strinse nelle spalle. «Ragazza carina. Parlava molto. Stava al tavolo delle adesioni, faceva firmare la gente, ma non credo fosse particolarmente coinvolta nella campagna, le interessava di più fare la smorfiosa con i ragazzi. Infatti, dopo non si è più vista. »

«L'hai trovata attraente» dissi, avvicinandomi allo specchio unidirezionale per controllarmi la rasatura.

«Molto carina, ma non il mio tipo. »

«Ma hai notato che alle proteste successive non c'era. Perché, la cercavi? »

Riuscivo a vederlo, nel vetro, che fissava sospettoso la mia nuca; alla fine spinse via la foto e si risistemò sulla sedia, imbronciato. «No, non la cercavo. »

«Hai tentato di contattarla di nuovo? »

«No. »

«Come facevi a sapere che era la figlia di Devlin? »

«Non me lo ricordo. »

Stavo cominciando ad avere una brutta sensazione. Mark era impaziente e incazzato e la doccia di domande scollegate le une dalle altre lo stava rendendo guardingo, ma non appariva nemmeno lontanamente nervoso o spaventato o nulla del genere. Ciò che sembrava provare era essenzialmente irritazione. Insomma, non si stava comportando da colpevole.

«Ascolta» disse Cassie, ripiegando un piede sotto di sé, «cosa sta succedendo realmente per quello che riguarda lo scavo e l'autostrada? »

Mark rise, un piccolo sbuffo malinconico. «È proprio una bella favola della buonanotte. Il governo ha annunciato i progetti nel 2000. Tutti sapevano che c'erano una marea di reperti intorno a Knocknaree, così hanno chiamato un gruppo per condurre un'indagine. Questi sono tornati e hanno detto che il sito era ben più importante di quanto si fosse mai pensato e solo un idiota ci avrebbe potuto costruire sopra. Bisognava deviare l'autostrada. Il governo rispose che era tutto molto interessante, grazie mille e, no, non intendevano spostarsi di un centimetro. Ci sono volute discussioni mostruose prima che ammettessero anche solo la possibilità di realizzare " uno scavo". Alla fine sono stati così clementi da dire okay, potevamo condurre una campagna di scavi di due anni… anche se ce ne vorrebbero almeno cinque per rendere giustizia al sito. Da allora, migliaia di persone hanno cercato di opporsi in tutti i modi possibili: petizioni, dimostrazioni, azioni legali. Al governo non frega un cazzo. »

«Ma perché? » chiese Cassie. «Perché non si limitano a spostarla? »

Mark scrollò le spalle e storse la bocca in una smorfia furibonda. «Non chiedetelo a me. Lo scopriremo in un tribunale, quando ormai saranno passati dieci o quindici anni e sarà troppo tardi. »

«E martedì sera? » domandai. «Dove ti trovavi? »

«Alla Team House. Posso andare adesso? »

«Tra un po'» risposi. «Quando è stata l'ultima volta che hai trascorso la notte al sito? »

Irrigidì le spalle, quasi impercettibilmente. «Non ho mai trascorso la notte al sito» affermò, dopo un istante.

«Non sottilizziamo, nel bosco di fianco al sito. »

«Chi lo dice che ci ho dormito? »

«Senti, Mark» intervenne Cassie, improvvisamente e senza preamboli, «tu eri nel bosco lunedì o martedì sera. Possiamo dimostrarlo con prove della Scientifica se dovremo farlo, ma la cosa ci farà perdere un sacco di tempo e, credimi, ci impegneremo per farne perdere un bel po' anche a te. Non credo che tu abbia ucciso quella ragazzina, ma dobbiamo sapere quando sei stato nel bosco, cosa ci facevi e se hai visto o sentito qualcosa di utile. Quindi, potremmo trascorrere il resto della giornata per tirartelo fuori a forza, oppure potresti farla breve e tornartene al lavoro. La scelta è tua. »



  

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