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167 - ENGELS INTRODUZIONE AL III LIBRO DEL CAPITALE 28-05-2008



167 - ENGELS INTRODUZIONE AL III LIBRO DEL CAPITALE 28-05-2008

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PREAMBOLO: I titoli degli incontri seminariali non sono mai rigorosamente indicativi dell’argomento trattato, poiché il tono colloquiale delle lezioni di Stefano Garroni e la stessa natura degli incontri (una serie di seminari collettivamente autogestiti miranti alla formazione marxista di quadri comunisti) fanno sì che la sua esposizione, fatta a braccio e sovente improvvisata, non sia mai sistematica (come sarebbe stata in un intervento scritto), né circoscritta all’argomento richiamato dal titolo, ma sempre aperta ad allargarsi verso ulteriori tematiche, inizialmente non previste; spesso suggerite dagli interventi degli altri compagni che lo seguivano nei seminari.  

NOTA: fra parentesi quadre il Redattore fa delle aggiunte per rendere più semplice la comprensione degli interventi e la stessa esposizione.

 

1/5

Stefano Garroni: […] a me sembra che sia interessante fare bene attenzione sul modo complicato con cui Marx ed Engels parlano della teoria del valore nel senso che intanto Franceschini ricordava che Engels quando scrive sul mercato internazionale, le merci vengono vendute al prezzo di produzione. Ma il prezzo di produzione non è il valore, ma è il valore modificato sulla base dei differenti costi di lavoro nelle singole regioni.

Cioè voglio dire: per fare un abito in Italia ci mettono dieci ore, in Inghilterra ce ne mettono quattro, allora il prezzo di mercato non è né dieci e né quattro ma è qualche cosa di intermedio per cui chi ci mette quattro mangia una parte del plusvalore di chi ci mette dieci, quindi non vende la merce al valore, ma vende la merce sulla base di un criterio medio dovuto ai rapporti disuguali tra le varie produzioni.

Allora intanto questo vuol dire che il valore della merce è dato dalla quantità di lavoro necessario a produrla: questo vale come un orientamento nel senso che poi non è vero mai, perché per esempio, che so, io sono un grande monopolista di una certa merce, ho grandi capitali, e posso immettere sul mercato per una serie di anni quella merce sottocosto. Siccome ho forti capitali alle spalle, io posso reggere il fatto che per anni la vendo sottocosto, con la conseguenza di far fallire gli altri, e quindi mano a mano di conquistare io il plusvalore che gli altri avevano, e quando ho conquistato la posizione monopolistica impongo io il prezzo.

Allora ecco, la vendita rispetto al valore è intanto una linea di tendenza che nei fatti si realizza in modo estremamente complicato, secondo: ci sono due formulazioni che Marx dà, che io non ho ben capito se sono esattamente due varianti di uno stesso concetto o no. Lui dice: “La quantità di lavoro socialmente necessaria a produrre la merce M”, ma dice anche: “La quantità di lavoro che la società è disposta a spendere per la produzione della merce M”.

Ora, questa società che distribuisce il lavoro sociale sulle varie merci, sulla base di un criterio: “Mi conviene investire più denaro nella produzione di questo o di quell’altro? ”, non è una società anarchica, ma è una società che ha un inizio di programmazione, e quindi è molto probabile che nella società attuale capitalistica, il prezzo della merce con il valore c’entri molto poco, ma c’entri molto di più con l’imposizione dei grandi potentati economici sul mercato.

Quello che sicuramente va sottolineato è un passaggio difficile: Engels - ma anche Marx -, sottolineano più volte che le leggi economiche prima del socialismo sono come dei fenomeni naturali: ad un certo momento c’è un uragano, ad un certo momento c’è il crollo del prezzo del petrolio, cioè avvengono variazioni dei prezzi non calcolate e né prevedibili molte volte.

Sono leggi naturali nel senso in cui la dialettica dice ‘naturale’, cioè ciò che non avviene secondo ragione. Però succede che ad un certo punto un imprenditore, che ne so, Sensi che ha a che fare con il petrolio (ma per qualche ragione strana è l’unico industriale che con il petrolio ci rimette invece che guadagnarci) produce una merce che sul mercato è di grande importanza e assicura in genere enormi profitti. Per condizioni particolari - in cui quell’imprenditore si trova - lui non ha il ricavo degli altri. Il che appunto significa che le leggi di mercato sono leggi naturali e non programmate. E anche il tentativo capitalistico, del tardo capitalismo, del monopoly capitalism come dicono gli inglesi, il capitalismo attuale, anche i tentativi di programmazione si scontrano sempre con un elemento: non è possibile abolire la concorrenza del capitale, quindi non puoi mai arrivare a un ordine generale che determini quindi la stabilità dei prezzi.

Non è un caso che in Unione Sovietica per esempio, da quando fecero la rivoluzione al crollo, il prezzo del pane non era mai aumentato.

 

Maurizio Franceschini: Dicevano che era un prezzo politico…

 

Stefano Garroni: Un prezzo politico per Ottanta anni.

E poi una società che si consente un prezzo politico per il pane, bene necessario per centinaia di milioni di uomini, mentre in Italia te lo aumentano il pane, dico: una scelta si può anche fare insomma.

Allora, intanto teniamo presente che le leggi economiche di cui Marx ed Engels parlano – ma non ci facciamo incastrare dal termine ‘leggi’ che sono tendenze verso… E qui c’è il termine tedesco Trieb che è importante perché è come quello inglese che vuol dire viaggio quando uno si droga. E il termine tedesco bestimmen (che vuol dire determinare) origina dal termine stimm, che è la voce di dio che nella tua coscienza parla e ti dice che cosa devi fare, ma lo puoi fare o non lo puoi fare, lo puoi fare del tutto o non del tutto, quindi c’è una spinta oggettiva verso…, che può realizzarsi o non realizzarsi: ci sono delle contromisure, va bene? E questo era il punto primo.

Punto secondo: tutto il discorso non può essere fatto a livello regionale, cioè per esempio nel Latinoamerica o in Europa: no! È a livello mondiale, perché il mercato è mondiale.

E questo – che oggi appare come la scoperta dell’ombrello dopo aver discusso per anni di globalizzazione, mondializzazione ecc. – in realtà era un problema che si poneva già ai tempi del Manifesto di Marx insomma, e che si è posto anche con la Rivoluzione di Ottobre: il socialismo in un paese solo si basa sull’utopia di poter isolare la Russia dal mercato mondiale, e non lo puoi fare, perché l’economia è mondializzata: ecco la necessità di una rivoluzione che superi i confini nazionali.

E le leggi economiche sono appunto queste spinte che interessano il mercato capitalistico nel suo complesso, che non è il nostro mercato. Voglio dire: appunto, quell’imbroglione di Veltroni che una volta faceva le lodi del nord-est italiano proponendo il modello nord-est per tutta l’Italia.

 

2/5

Stefano Garroni: Io gli urlai: “Imbroglione”, perché il nord-est è possibile proprio perché esistono delle zone arretrate che lo rendono possibile.

Il grande sviluppo degli Stati Uniti è possibile in quanto razzolano ricchezza e plusvalore di altri paesi, quindi tu non puoi dire: “Facciamo come loro”, no, perché crei l’India.

 

Pina Micucci: Poi il nord-est è estremismo puro…

 

Stefano Garroni: Oltretutto. Però era già allora un punto di aggancio con Berlusconi.

Allora, primo: ricordiamo sempre che sono leggi tendenziali che si costruiscono in condizioni storiche e che quindi nel quadro di una organizzazione economica generale diversa cambiano, donde appunto la necessità di una plasticità profonda del ragionamento marxista perché deve tener conto continuamente della variazione delle condizioni mondiali.

Lò ria dice un’altra cosa che è interessante: “Se il valore è il risultato di un rapporto – di una merce con un’altra – allora il valore non può essere estrapolato dal rapporto”, e quindi l’idea, mettiamo: tutti i valori delle merci da un lato e tutti i prezzi dall’altro, non ha senso perché i prezzi sono dovuti dall’incontro delle varie merci: se tu togli questo incontro non ci stanno più i prezzi.

Qui è ovviamente molto importante Hegel, nel senso che tutta l’impostazione dialettica è fondata su un processo, come dire, di antirealizzazione. Intendo: “La merce ha questo valore, questo valore è una qualità della merce”. No! Perché intanto la merce non è se non all’interno di un certo clima economico, e il valore è in quanto la merce viene scambiata, quindi nessuno dei due sono entità. È la società capitalistica – e non solo – che tende a trasformare i rapporti in cose: le leggi di mercato sono un’entità obiettiva, e si dice: “Bisogna tener conto delle leggi di mercato”. Ma le leggi di mercato sono quello che sono all’interno di un tipo di società: “La natura umana è fatta così, per cui si, voi comunisti avete anche ragione però è contro la natura umana perché l’uomo è naturalmente egoista”. Oppure: “Fidel Castro ha i soldi da parte”, e alla domanda semplice: “E che ci fa? ” Perché se tu hai molti soldi a Cuba che ci fai? Non ci fai niente!. Dicono: “Ha molti soldi in Romania”, e beh? Non ci fa niente.

Allora ecco, mentre la società capitalistica – ma non solo – tende a far diventare i rapporti [come] delle cose, per cui tu non riconosci più la relazione tra entità diverse, ma vedi quella cosa: il denaro, e non vedi più il fatto che il denaro nasce dallo scambio delle merci, è una relazione.

Il marxismo, la dialettica, fa il contrario: tende a dissolvere la cosa rigida nelle relazioni.

Il problema è questo: dove tu recuperi in qualche modo la dimensione del lavoro astratto - che probabilmente oggi è un problema meno forte che al tempo di Marx perché forse oggi è più risolvibile per il diverso tipo di strumenti tecnici in cui probabilmente è possibile parlare di dispendio di energia psichica in lavori diversi.

Ma il fatto è questo: due caramelle valgono una tazzina. Due caramelle sono due valori d’uso, due cose che servono a soddisfare qualche bisogno. Queste però non hanno solo un valore d’uso, ma hanno anche un valore di scambio e infatti le puoi scambiare con altre cose che non servono allo stesso scopo pratico, quindi il valore di scambio non c’entra con il valore d’uso, e il valore di scambio di questo valore d’uso viene espresso da quest’altro valore d’uso, il quale però nella relazione non funziona come valore d’uso ma come equivalente che mi dice il valore di questi qua, mi spiego?

Siccome le due caramelle possono essere scambiate con un universo intero di merci, è del tutto chiaro che per le necessità pratiche del commercio nasce la necessità di una merce che serva come equivalente generale di qualunque altra merce (il denaro, o che sia oro o argento ecc. ). Allora succede che se io ho due caramelle e sul mercato mi danno solo mezza tazza, io dico: “No, mi vuoi fregare. Fallisco se continuo così ”.

Allora vuol dire che c’è una misura che si impone, che non è né il valore di scambio né il valore d’uso, non è il prezzo (valore di scambio) né il valore d’uso: è qualche altra cosa. Il valore di scambio deve attenersi ad un certo livello perché se va sotto di questo io ci rimetto. Allora ecco che l’introduzione del lavoro qui è utilissima: la quantità del lavoro necessaria a produrre due caramelle equivale alla quantità di lavoro necessario a produrre la tazza: se tu mi dai mezza tazza io ho sprecato metà del lavoro. Ecco perché ci rimetto.

Ovviamente a livello del mercato mondiale la cosa si esprime in denaro, quindi: questo vale dieci Euro, se tu me ne dai nove mi hai fregato, io ci rimetto, e non posso continuare un traffico del genere. Se riesco a prendertene quindici va benissimo. E come posso riuscire a farlo? Appunto, l’esempio di prima: io sono un grande monopolio, ho grandi riserve di denaro e banche disponibili ad appoggiarmi. Io metto sul mercato la merce che comunemente viene venduta a cinque Euro, la metto a tre Euro. Gli altri non riescono più a vendere le loro merci, allora io razzolo anche il loro plusvalore da un lato.

Dall’altro lato – è interessante che Marx ci insiste molto, e non so se è più utile così: 3X = 4Y, cioè la quantità 3 della merce X equivale a 4 della merce Y. Siccome la merce X può essere scambiata con altre merci, allora io posso fare un elenco lunghissimo di tutti quanti gli scambi possibili. Ovviamente questo costa non solo una grossa perdita di tempo, ma a livello del mercato mondiale è chiaro che tutto si semplifica con il denaro che diventa il rappresentante universale del valore, d’accordo?

 

3/5

Stefano Garroni: E con il denaro io posso comprare tutto, per cui paradossalmente, se io uso il denaro per procacciarmi altro denaro – per esempio lo presto a te e poi voglio gli interessi indietro – non c’è stato nessuno scambio di merce: io ti ho dato il denaro che è un equivalente generale, ma non è una merce determinata, e tu mi ridai l’equivalente generale maggiorato, quindi io ho una ricchezza che non è fatta di nulla se non di equivalente.

Allora posso avere anche dei momenti in cui cresce l’economia senza produrre, perché cresce con la speculazione finanziaria.

Ora, io credo che bisogna stare attenti a questo: certo, io posso studiare un certo autore, che ne so, Dante fate conto, e scoprire che la sua concezione della poesia, dell’amore ecc., ha delle radici storiche ben precise, il che vuol dire anche radici di classe. Altre classi sociali nello stesso periodo concepiscono l’amore in un’altra maniera, e la cosa è facile da vedere perché c’è tutta una letteratura erotica dell’epoca, che non è la classica e bella letteratura, però [erano degli] zozzoni, ed era patrimonio del popolo.

Come grandi pittori che rappresentavano su carta le varie posizioni per fare l’amore. La chiesa si arrabbiava, le sequestrava, però in realtà i cardinali se le prendevano e si mettevano a guardarle.

Allora, voglio dire: certo, io posso individuare il legame di classe anche della concezione della poesia, dell’amore o di quello che vi pare di un autore, però attenti quando si dice: “Dunque   quell’autore è in malafede”. Ovviamente è anche possibile, ma non è questo il fenomeno. Il fenomeno vero è che tu costruisci la tua mentalità sulla base dell’esperienza che fai in una società data.

Quando il compagno segretario della sezione mi dice: “Meglio che hanno accoltellato uno dei loro che uno dei nostri”, non ragiona da comunista, ma ragiona secondo quel clima attuale che è di individualismo, di separazione, di frattura, in cui si è perso completamente il valore dell’azione collettiva ecc. Il gruppetto, la mia piccola patria contro la tua, e allora ricava dall’esperienza che fa un certo modo di vedere, e lo ricava perché accetta acriticamente l’esperienza che fa.

Non si pone cioè il problema: “Ma le cose potrebbero essere diverse? ” E qui tocchiamo un punto grandissimo: il ruolo dell’interrelazione intorno alla possibilità, cioè il chiedersi: “Le cose stanno così e così, ma potrebbero stare diversamente? ”, e questo è fondamentale, ecco perché è anche fondamentale lo scetticismo nella storia del pensiero, perché lo scetticismo ti dice: “Vedi, tu ragioni in un certo modo sulla base di alcuni principi logici precisi e deduci correttamente, però guarda che quei principi logici – i quali non sono dimostrabili perché stanno all’inizio della catena dimostrativa, possono essere sostituiti da altri”, e allora si ricavano delle deduzioni diverse, cioè si scopre che è possibile un mondo diverso.

Ora, questa attitudine a porre in questione l’essere in nome del possibile è un’attitudine fondamentale che è congiunta poi con la nascita della scienza moderna, per esempio Leibniz, per esempio Galilei ecc., e non è un gioco di speculazione astratta nel senso che chiedersi: “Un altro mondo è possibile? ” implica una risposta che mostri come essendo questo mondo così come è fatto, è possibile cambiarlo. Cioè io fondo la possibilità del cambiamento sull’analisi obiettiva del mondo com’è, quindi la possibilità non me la cavo dalla mia testa, dai miei desideri, dai miei sogni, ma osservo il mondo: è fatto in questo modo, ha queste contraddizioni e dunque può evolvere in un’altra maniera.

Tempo fa il compagno Diliberto in un Comitato Centrale disse – e ovviamente la cosa mi restò impressa: “Come ci hanno insegnato le femministe, nell’analisi dobbiamo cominciare da noi! ”… […]

 

Maurizio Franceschini: Tu hai detto che non bisogna mai prendere un atteggiamento a priori dicendo: “Io ho ragione e tu hai torto ecc. ”

 

Stefano Garroni: No, scusami, io ho detto questo: non bisogna commettere l’errore di svilire la posizione dell’altro e quindi di liquidarla come malafede perché per quanto ci possa essere malafede c’è qualche motivo oggettivo per cui l’altro assume una posizione, ed è importante capire questo motivo.

 

Maurizio Franceschini: Esatto. Engels però prende Lò ria e lo tratta proprio a pesci in faccia dicendo che è un imbecille e che non capisce niente.

 

Stefano Garroni: Si, però sviluppa un’argomentazione, quindi si, io posso dire che X è un imbecille però mostro perché lo dico, e questa è una cosa diversa. Poi essere imbecille non significa essere in malafede, anzi… se uno è imbecille non ha capito.

 

Maurizio Franceschini: Si ma lui gli dice che è imbecille, in malafede, un piccolo intellettualetto riccone, cortigiano…

 

Stefano Garroni: Si ma scusami, tu per esempio oggi, di fronte al quadro dell’intellettuale italiano potresti dire tutto…

 

4/5

Maurizio Franceschini: Si ma tu adesso hai tirato fuori questa faccenda che mi ha fatto venire un sacco di interrogativi perché la faccenda di tutti i valori da una parte e tutti i prezzi dall’altra mi pare che stai deducendo che quest’accostamento non è esatto.

 

Stefano Garroni: No, io sto dicendo che là dove sbaglia Lò ria è nel non comprendere fino in fondo che appunto il valore scaturisce da una relazione. Lui intende che lo scambio crea il valore, mentre invece Marx ed Engels dicono che lo scambio è l’occasione per…

Insomma: c’è un lato del carattere di Mirko che chiamiamo L. Questo lato del carattere di Mirko generalmente non appare, poi succede qualche cosa e vien fuori quel carattere. Allora non è che quel qualcosa ha creato il carattere, ma quel qualcosa è stata l’occasione perché venisse fuori, d’accordo?

Allora lo scambio è l’occasione per cui viene fuori il valore, ma non è lo scambio che lo crea.

 

Pina Micucci: Questa è l’interpretazione che lui sancisce perché scambia…

 

Stefano Garroni: Certamente. Infatti non è un caso che sempre il signor Veltroni – ed è interessante sotto questo aspetto – recentemente diceva in televisione che “il problema fondamentale è quello della distribuzione e non della produzione”, quindi il momento in cui si produce il plusvalore e si realizza lo sfruttamento, questo no, ma “cerchiamo di intervenire sui prezzi in modo che anche il pensionato possa comprare”.

 

Pina Micucci: Ma la faccenda del monopolio, che comunque è inevitabile in un sistema capitalistico in effetti un po’ va a scardinare questo fatto della tendenza, e come tu stesso dicevi è un modo di pianificare a loro vantaggio e per esempio questo si vede nelle tariffe. Cioè nei beni essenziali poi non è che al mercato dici: “Va beh, io vado da quell’altro oppure non lo compro”, perché in realtà ci sono dei beni per cui io posso solo passivamente accettare quello che dice il monopolista, e quindi anche il valore in sé può non venire mai fuori…

 

Stefano Garroni: Hai ragione, certamente.

 

Pina Micucci: Viene fuori semplicemente il prezzo che ha deciso qualcun altro, e che magari è molto superiore…

 

Stefano Garroni: Certo, infatti, appunto: è una tendenza storica a livello mondiale.

 

Pina Micucci: In cui incide molto la forza dei lavoratori e dei partiti…

 

Stefano Garroni: Evidentemente. E non solo, ma incide anche molto la forza del capitale, nel senso che per esempio oggi, grosso modo dagli anni Settanta, che i giornali della borghesia hanno cominciato a fare i supplementi letterari, cioè la grande capacità che il grande capitale ha oggi di condizionare il cervello, e quindi di indurre a certe spese e a certi modelli.

 

Pina Micucci: Poi questa autoregolazione del mercato per cui se io vendo a prezzi molto alti nessuno compra da me e quindi domanda e offerta. Ma siccome siamo miliardi di persone, il fatto che ne muoiano di fame tante, non è che c’è un’autoregolazione per evitare questo. In realtà basta che una fetta anche piccola di persone che acquista e tiene in piedi tutto il meccanismo…

 

Stefano Garroni: Io credo che si possa dire questo: la FIAT si è arricchita non quando ha fatto la Balilla (automobile popolare) o la 500, ma quando ha fatto le macchine per i signori, perché il mercato non è orientato a soddisfare i bisogni del popolo, ma è orientato a soddisfare i bisogni di chi ha i denari, perché “io da parte mia ho bisogno dei denari vostri, quindi è inutile che faccio le cose per Mirko, perché che mi dà? […]

 

Maurizio Franceschini: L’essere e il possibile…

 

Stefano Garroni: Si, io mi riferisco a una discussione storica che continua intorno al rapporto tra reale e possibile, nel senso che esiste qualcuno che sostiene che il reale è solo un caso del possibile, e quindi prendete per esempio dei libri americani che sono estremamente interessanti [e dicono]: “Immaginiamo che noi siamo degli animali che vivono dentro una vasca piena d’acqua” e cosa ne vien fuori da questo.

Per Hegel il possibile è una variante del reale invece, quindi per lui quello che conta è studiare il reale e qui vedere la possibilità che emerga qualche altra cosa. Ed è – come capite benissimo – il tema della contraddizione in Marx.

E questo credo che valga la pena tenerlo presente: in alcuni anni eravamo tutti innamorati di Althusser, e un grande errore formidabile  - su cui però bisogna riflettere bene - di Althusser è questo: lui distingue un Marx giovane e un Marx della maturità. Dove la cosa si mostra molto dubbia è che poi alla fine il Marx della maturità si riduce alle ultimissime pagine che Marx ha scritto, e il Marx morale è un Marx feuerbachiano che polemizza contro l’alienazione ecc.

Ora, quello che si può dire è che primo: non esiste una cesura tra il Marx giovane e il Marx maturo, e secondo: fa parte delle fesserie storicamente affermatesi che Feuerbach abbia avuto un grande ruolo nella formazione di Marx. Un elemento per rendersi conto che questo non è vero, è consultare il carteggio Marx-Engels alla voce Feuerbach nei vari volumi.

Quello che dicono di Feuerbach è che è un cretino, non capisce niente ecc. ecc., ma quello che più conta al fondo è che Feuerbach è legato a un tipo di materialismo positivistico, illuministico, che non c’entra assolutamente nulla con la dialettica, e quando tu hai il problema di dar corpo all’espressione materialismo dialettico che non è di Marx ma è di Plechanov e di Engels (Marx non lo usa mai); tu ti trovi di fronte alla necessità di far combinare due termini contraddittori, perché appunto ciò che è dialettico è ciò che individua una contraddizione e attraverso un processo oggettivo la supera, quindi non sceglie uno dei due, ma individua il processo che supera quell’opposizione, quindi se Marx fosse materialista non sarebbe idealista ma non sarebbe dialettico perché resterebbe a questi due opposti.

Per carità di patria lasciamo perdere il fatto che secondo il materialismo l’essere ha il primato sul pensiero e secondo l’idealismo non c’era il primato sull’essere, cosa che cade semplicemente con questa domanda: che cos’è l’essere?

 

5/5

Stefano Garroni: E qui scopri che l’essere è un concetto. Tu devi dare una definizione di essere e se dai una definizione, la definizione è un concetto, e allora hai detto in realtà che il concetto è prima dell’essere, perché l’essere è un concetto.

L’enfasi sul materialismo volgare era necessaria per una ragione molto forte, e cioè che il marxismo si è affermato prima di tutto in paesi arretrati, con forti masse contadine, di forte tradizione religiosa e contadina, cioè superstiziosa.

Ed è interessante che se noi andassimo a studiare la religione popolare scopriremmo che è la deificazione immediata dell’empirico. Che ne so: “Questa pietra è divina”, allora in realtà è un empirismo che deifica un che di empirico e quindi quella religione in realtà si porta appresso un empirismo e quindi può essere battuta da un materialismo che sia molto piatto: “La materia che è? La pietra”, Poi succede un casino quando scopri che la pietra è un prodotto di un’energia che si muove…

 

Maurizio Franceschini: Noi siamo fatti di vuoto…

 

Stefano Garroni: Però questo è più credibile, insomma, pensando a La Russa…

L’altro punto è che proprio quell’atteggiamento della dialettica contro la reificazione, cioè contro la trasformazione dei rapporti in cose - cose in latino, e qui anche il papa giustamente usa invece un altro termine: cosificazione, perché in realtà è la traduzione italiana di reificazione ed è la traduzione italiana del termine tedesco Verdinglichung, dove ding è la cosa.

Questa tendenza a trasformare i rapporti in cose, per cui il denaro non è qualcosa che si svolge all’interno di una rete di relazioni economiche ma è un potere in sé. Dice Locke: “Quando gli uomini si convinsero che quel sassolino giallo aveva un valore…” e invece non è questo, è il processo di scambio che porta a un’equivalente universale. Che poi può essere l’oro o può essere un’altra cosa insomma.

Ecco, questo atteggiamento contro la reificazione in Marx è assolutamente costante dall’epoca giovanile fino all’epoca matura. E in questo c’è anche la faccenda dello Stato: se noi parliamo di dissolvimento dello Stato sembra che diciamo una cosa tutta assurda, e lo sembra in particolare in questo momento, perché? Non so se voi lo ricordate ma nel lontano 68 c’era un grande traffico di droga a Milano e i compagni del movimento studentesco fecero la ronda nei quartieri dove avveniva lo spaccio e in breve tempo lo spaccio non c’era più.

A Cuba la ronda nei quartieri la notte la fanno i cittadini e non i poliziotti. Oggi i fascisti hanno introdotto questa ronda dei cittadini, e la sinistra dice: “No, è compito dello Stato” ed è l’assurdità più totale perché proprio il fatto che il cittadino prenda in mano questo momento della sicurezza è un fatto avanzato; e significa dire: “Lo Stato non serve”, quindi noi dovremo essere proprio quelli che vogliono le ronde.

 

Maurizio Franceschini: Si ma quando le ronde sono fatte contro gli immigrati…

 

Stefano Garroni: Ma questo non è necessario nel concetto di ronda: tu puoi denunciare i fascisti che fanno le ronde per colpire gli extracomunitari, anche se in realtà se ne fregano degli extracomunitari ma vogliono colpire i comunisti, come i fatti dimostrano.

Quindi tu la puoi fare questa polemica, e poi insomma, in fin dei conti parlar male del fascismo? Basta parlare della sua storia insomma…

Non so se voi lo sapete, io l’ho saputo giorni fa da mia figlia, a Storia moderna: alla fine della guerra i paesi ex coloniali chiesero che si facesse un processo di Norimberga in cui gli imputati fossero potenze bianche coloniali, e in particolare l’Italia.

 

Maurizio Franceschini: Gli italiani non sono brava gente.

 

Stefano Garroni: Questo però serve anche a far capire meglio il processo di Norimberga perché anche lì accadde che i sovietici dicevano: “Non insistiamo tanto nella condanna dei generali, ma dei mandanti, cioè gli industriali”, e gli americani hanno fatto il contrario.

Ora, appunto, c’è questa continuità profonda che sta proprio in questo atteggiamento contro la cosificazione, per ritrovare il rapporto umano, la storia umana, e quindi anche la presenza attiva dell’uomo nella storia - che non è più dominata da oggetti, da cose – ma è dominata dall’azione degli uomini organizzati. […]

 

 

Stefano Garroni PRIMO RICERCATORE CNR ed ex docente di filosofia a “La Sapienza” università di Roma: collettivo di formazione marxista “Stefano Garroni”. Per informazioni di ogni genere o anche segnalazioni per eventuali errori non esitate a contattarci.



  

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